Pacomio e i Tabennesioti
Estratto da "Vita dei Santi – La Storia Lausiaca" a cura di Christine Mohrmann,
Arnoldo Mondadori Editore 1985
32,
1. Tabennisi
[1]
è una località della Tebaide in cui è esistito un certo Pacomio
[2],
un uomo da annoverare tra quelli vissuti rettamente, al punto da ricevere il
carisma della predizione e delle visioni angeliche. Egli fu estremamente
ricco di umanità e di spirito di fratellanza. Or dunque, mentre sedeva nella
sua grotta, un angelo gli apparve e gli disse: «In ciò che riguarda te
stesso, sei pienamente riuscito; è quindi inutile che tu resti inerte nella
tua grotta: suvvia esci, raduna tutti i giovani anacoreti e abita con loro e
seguendo il modello che sto per darti imponi loro delle leggi». E gli
consegnò una tavola di bronzo su cui erano incise queste parole:
2.
«Permetterai ad ognuno di mangiare e di bere in proporzione alle sue
energie. Commisurate alle energie di coloro che mangiano saranno anche le
opere che tu porrai loro in mano; e non impedirai né di digiunare né di
mangiare, ma agirai in questo modo: poni in mano i lavori di forza ai più
forti e a quelli che mangiano, e i lavori più lievi ai più deboli e a coloro
che praticano maggiormente l’ascesi. Costruisci diverse celle nel cortile
[3],
e tre monaci abitino ciascuna cella. In quanto al cibo di tutti, si andrà a
cercarlo in una stanza comune. 3. Non devono dormire
sdraiati, ma fabbricarsi dei sedili di semplice struttura, più inclinati del
consueto, e là mettere le loro coperte e dormire seduti. Di notte portino
delle tuniche di lino con una cintura. Ciascuno di loro abbia una melote
[4]
fatta con pelle di capra, e non mangi mai senza di essa. Ma quando vanno
alla comunione, il sabato e la domenica, sciolgano le cinture, depongano le
pelli di capra ed entrino solo con le cocolle». Queste cocolle egli volle
che fossero senza pelo, come quelle dei bambini, e sulle cocolle fece
imprimere un marchio di porpora, a forma di croce. 4. Stabilì che vi fossero
ventiquattro classi di monaci, e ad ogni classe assegnò una lettera greca:
alfa, beta, gamma, delta e così di seguito. Perciò, dovendo porre delle
domande e occuparsi di una così grande folla di monaci, il superiore
chiedeva al suo secondo: «Come va la classe alfa?». Oppure: «Come va la
zeta?». E ancora: «Saluta il rho»:
seguivano un certo valore simbolico proprio delle lettere. «Ai più semplici
e ai più puri imporrai lo iota, a quelli che hanno un carattere più
difficile e più tortuoso attribuirai lo csi.»
5.
E così, corrispondentemente alla natura dei propositi, dei caratteri e dei
modi di vita, adattò a ciascuna classe una lettera; e solo i padri
spirituali ne conoscevano il valore simbolico. Inoltre, era scritto sulla
tavoletta: «Un ospite di un altro monastero che abbia un’altra regola non
mangi e non beva assieme ai monaci, e non entri nel monastero, a meno che
non sia trovato nel corso di un viaggio». A chi invece entra per restare con
i monaci, non consentono per tre anni di accedere alla parte più sacra; ma
dopo aver eseguito lavori prevalentemente manuali, allora il novizio vi è
ammesso, alla fine del triennio. 6. «Mentre mangiano si coprano il capo con
le cocolle, affinché un fratello non veda un altro fratello in atto di
masticare. Mentre si mangia non è lecito parlare, né volgere l’occhio
altrove, al di fuori del piatto e della tavola.» Prescrisse inoltre di
recitare durante il giorno dodici preghiere, dodici durante l’ufficio
serotino, dodici in quello notturno e tre all’ora nona; quando la comunità
si avvia a mangiare, egli aggiunse la norma di cantare un salmo prima di
ciascuna preghiera.
7. Poiché Pacomio obiettava all’angelo che le
preghiere erano poche, l’angelo gli rispose: «Ho fissato queste norme per
ottenere che anche i mediocri possano adempiere la regola senza soffrire.
Chi ha raggiunto la perfezione non ha bisogno di leggi: solo con se stesso,
nella propria cella, dedica tutta la propria vita alla contemplazione di
Dio. Le leggi, io le ho stabilite per coloro che non hanno una mente aperta
alla conoscenza più alta; in tal modo essi, poiché anche servendo umilmente
adempiono la disciplina della vita monastica, saranno posti in una
condizione di fiduciosa serenità».
8. Dunque, i monasteri che hanno adottato questa
regola sono molti, e si estendono sino a settemila uomini. Il primo, grande
monastero è quello in cui abitava lo stesso Pacomio, e che diede appunto
origine agli altri: ospita milletrecento uomini. Fra di essi si trova anche
il buon Aftonio, che è divenuto mio sincero amico e che ora è il secondo nel
monastero: immune com’è da ogni macchia, viene inviato ad Alessandria per
vendere i prodotti dei monaci e comprare ciò di cui hanno bisogno. 9. Vi
sono altri monasteri
[5]
che ospitano ciascuno duecento e trecento monaci; per esempio, essendo
andato a Panopoli
[6],
trovai un monastero con trecento uomini. [In esso ho visto quindici sarti,
sette fabbri, quattro carpentieri, dodici cammellieri, quindici
gualchierai.] Esercitano ogni arte, e con
quello che loro resta mantengono i monasteri femminili e le prigioni.
10.
[Allevano anche dei porci, e poiché io criticavo quest’uso, mi dissero:
«Abbiamo appreso dalla tradizione che vanno nutriti con la crusca, con le
parti eliminate delle verdure, con i rifiuti gettati via, affinché non
vadano sprecati. I porci devono poi venire macellati, la carne venduta, e le
estremità vengono consumate dai malati e dai vecchi, perché il paese è di
modesta estensione e tuttavia è ricco di
abitanti»; infatti il popolo dei Blemmi
[7]
risiede lì vicino.]
11.
I monaci addetti ai turni giornalieri, alzatisi di mattina presto, vanno chi
a lavorare in cucina, chi alle tavole. Le preparano fino ad una determinata
ora, ponendo su ciascuna tavola pani, erbe messe in conserva, olive,
formaggi bovini, verdure. Alcuni vengono a mangiare all’ora sesta, altri
all’ora settima, altri all’ora ottava, altri all’ora nona, altri all’ora
undicesima, altri di sera tardi, altri ogni due giorni, di modo che ogni
lettera conosce la propria ora. 12. Così erano anche i loro lavori: chi
lavora la terra da contadino, chi fa il giardiniere, chi il fabbro, chi il
panettiere, chi il falegname, chi il gualchieraio, chi intreccia grossi
panieri, chi fa il conciatore di pelli, chi il calzolaio, chi il calligrafo,
chi fabbrica piccoli cestelli. E imparano a memoria per intero le Scritture
[8].
Il monastero femminile
33,1.
Hanno anche un monastero di donne
[9],
circa quattrocento, in cui vigono le stesse regole e lo stesso sistema di
vita, tranne per ciò che riguarda la melote. Il monastero delle donne si
trova al di là del fiume, quello degli uomini di fronte. Quando muore una
vergine, le altre, dopo averla preparata per la sepoltura, la trasportano e
la depongono sulla riva del fiume; e i confratelli attraversano il fiume con
un’imbarcazione, recando foglie di palma e ramoscelli di olivo, e al canto
dei salmi la trasportano dall’altra parte e la seppelliscono nel proprio
sepolcreto.
2. All’infuori del
presbitero e del diacono nessuno traversa il fiume per recarsi al monastero
delle donne; e questo avviene solo ogni domenica.
[1]
Regione a nord di Tebe, presso Dendera, sulla riva destra del Nilo.
[2]
E' il fondatore della vita cenobitica. Verso il 320 fondò un cenobio
a Tabennisi ed in seguito divenne anche superiore di altre
fondazioni. Morì verso il 346.
[3]
I monasteri pacomiani avevano un cortile, circondato da un muro di
cinta.
[4]
Sorta di rozzo mantello.
[5]
Verso il 330 Pacomio fondò un secondo convento non lontano da
Tabennisi: Pbow (Faw), che divenne in seguito la casa principale.
Altri monasteri furono fondati a Shenêset, Pesterposen, Thmoushons,
Tebéne, Tsê, Tesmme, Phnoum.
[6]
Akhmîm, città situata sulla riva destra del Nilo nell'Egitto
superiore.
[7]
Etiopi nomadi della regione del Nilo superiore.
[8]
Esistono altre testimonianze relative al fatto che i Tabennesioti
imparavano a memoria la Bibbia. Secondo la Regola di Pacomio non era
consentito a nessuno di rimanere nel monastero se non sapeva a
memoria per lo meno il Salterio e il Nuovo Testamento. Già nella
prima metà del quarto secolo sarebbe esistita una versione saidica
di tutta quanta la Bibbia.
[9]
Nella regione di Tabennisi si trovavano tre monasteri femminili.
Maria, sorella di Pacomio, prese la direzione del convento femminile
che egli aveva fondato nelle vicinanze di Tabennisi. Anche il
monastero ricordato in questo capitolo fu fondato da Pacomio, mentre
un terzo monastero fu fondato da Teodoro. Pacomio avrebbe composto
anche una Regola per le monache.
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11 febbraio 2019 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net