San Bernardo - Breve biografia
di Giorgio Picasso O.S.B.
Estratto dal sito “sanpaolostore.it”, Gruppo Editoriale San Paolo 2020.
Bernardo ha lasciato un grande ricordo nella storia della Chiesa del secolo
XII e nella posterità a più di un titolo, ma specialmente per la sua elevata
spiritualità e per la sapienza biblica che ha trasmesso nei suoi scritti.
Gli viene anche attribuito il merito di aver attuato la riforma monastica
dei cistercensi all’interno dell’Ordine benedettino; come meglio si precisa
seguendo le tappe principali della sua biografia. Nacque nel 1090 a
Fontaines-Les-Dijon, nelle vicinanze di Digione. Terzogenito di una numerosa
famiglia aristocratica, imparentata con la feudalità borgognona, da
fanciullo frequentò le scuole, tenute dai canonici secolari, ottenendo una
solida formazione nelle discipline del trivium (grammatica, retorica e
dialettica), manifestando nel contempo una notevole inclinazione per una
vita di pietà, nella pratica delle virtù. Pare abbia goduto in una notte
di Natale della dolcissima visione di Gesù Bambino. Ma la morte precoce
della madre, Alette di Montbard, nel 1107, causò nel giovane che la amava
teneramente un acuto dolore. Non si conosce bene come abbia trascorso i
quattro anni successivi, sappiamo soltanto che nel 1111 egli decise di
ritirarsi nella casa di Châtillon dove ben presto lo raggiunsero i suoi
cinque fratelli e vari congiunti. Tutti insieme, l’anno dopo, entrarono a
Cîteaux. Era il monastero, fondato sulla fine del secolo XI, da tre
monaci provenienti dall’abbazia di Molesmes, di osservanza cluniacense:
Roberto, Alberico e Stefano, non soddisfatti della loro disciplina, che
trascurava il lavoro manuale previsto nella Regola di san Benedetto e
una pratica più austera della povertà. I tre monaci, con il consenso
dell’autorità ecclesiastica locale, lasciarono Molesmes nella primavera del
1098 e si ritirarono in una valle quasi deserta, a sud di Digione, e
diedero vita al nuovo monastero che poi fu chiamato Cîteaux, caratterizzato
dall’osservanza stretta della Regola di san Benedetto, in assoluta povertà.
I primi anni furono difficili; il leader, l’abate Roberto, dopo solo un anno
dovette rientrare a Molesme. Le vocazioni giungevano in numero ridotto, ma
quando arrivò Bernardo con circa trenta compagni, in gran parte suoi
congiunti, le sorti mutarono. Bernardo assimilò il genuino spirito della
nuova fondazione, ne fu entusiasta propagatore e già nel 1115, con
dodici monaci, venne inviato a fondare la nuova abbazia di
Chiaravalle(Clairvaux), nella Champagne, sulle rive dell’Aube, non lontano
da Troyes. Da allora la sua principale cura fu quella di essere abate di
Clairvaux, ufficio che non volle mai abbandonare, nonostante non gli
fossero mancate proposte di più alte responsabilità ecclesiastiche. Della
sua abbazia favorì uno straordinario sviluppo, ne curò le numerose
filiazioni che, proprio attraverso di essa, in Francia e altrove,
aderirono alla riforma cistercense. Alla morte di Bernardo, nel 1153, le
abbazie dipendenti da Clairvaux erano sessantotto. Bernardo non fu il
fondatore dei cistercensi, ma nessuno quanto lui seppe interpretarne lo
spirito e diffonderne l’osservanza. All’interno del mondo monastico i
cistercensi entrarono ben presto, se non proprio in conflitto, almeno in
concorrenza con Cluny, a causa delle riforme introdotte a Cîteaux. La
tensione si acuì a causa del ritorno a Cluny di un monaco cistercense,
cugino di Bernardo. Egli stesso entrò nella polemica perché quel passaggio
lo addolorò molto, ma fu anche per lui occasione di conoscere e di stringere
amicizia con l’abate di Cluny, Pietro il Venerabile, un monaco di umanità e
di cultura straordinarie. Nonostante la salute fragile, Bernardo dette
prova di un’energia inesauribile, e, pur rimanendo monaco, seppe inserirsi
nei problemi che la Chiesa di allora dovette affrontare, e ne difese con
fermezza le cause che riteneva giuste. Quando, a metà febbraio del 1130
siebbe a distanza di poche ore, una duplice elezione papale, prima Innocenzo
II e subito dopo Anacleto II, egli non esitò a sposare la causa di
Innocenzo, e per promuovere adesioni a questo papa si recò in Inghilterra e
in Germania; fu ripetutamente anche in Italia, nel 1133 e nel 1135,
guadagnando alla causa innocenziana Pisa e Genova, e in un secondo tempo
anche Milano.
Queste
ultime due città lo avrebbero voluto pure loro arcivescovo.
I milanesi in segno di venerazione verso Bernardo eressero poco fuori le
porte della città, l’abbazia di Chiaravalle, che già nel nome conservava
il ricordo della sua visita. Egli però preferì tornare, come sempre, alla
sua abbazia; dei suoi confratelli sentiva sincera nostalgia. Dopo
qualche anno lo troviamo ancora attivo per ottenere al concilio di Sens del
1140 la condanna di Pietro Abelardo, monaco e maestro che riscuoteva
notevole successo nelle scuole del suo tempo. Di lui l’abate non condivideva
la necessità di introdurre nella riflessione teologica l’apporto della
filosofia aristotelica, che sarà invece una caratteristica della teologia
scolastica di san Tommaso d’Aquino e di altri grandi maestri dell’università
di Parigi. Bernardo sarà ancora a Roma nel 1144-1145 per ottenere
l’obbedienza del Senato romano al papa Lucio II e poi a Eugenio III, un
monaco cistercense, discepolo di Bernardo, divenuto papa. Da lui l’abate
di Clairvaux ricevette l’incarico di predicare la seconda crociata a seguito
della caduta di Edessa. Bernardo ottenne adesioni dai grandi del suo
tempo, ma nonostante ciò l’impresa fallì, ed egli ne fu amareggiato, ma
continuò ad occuparsi dei problemi della Chiesa e combatté le prime
manifestazioni della ripresa dell’eresia, specialmente nel sud della
Francia. Quando nella Valle del Reno un monaco scatenò una violenta reazione
contro la comunità ebraica, Bernardo si recò sul posto e riuscì a porre fine
ai massacri; per lui il popolo ebraico era stato il portatore dell’umanità
di Cristo. Negli ultimi anni si dedicò alla sistemazione di alcune sue opere
che cominciavano a circolare, confermando la fama di cui ormai godeva
l’autore. Nel 1148, al concilio di Reims, presente Eugenio III, Bernardo
ebbe di nuovo parte attiva nella tentata condanna del vescovo di Poitiers,
Gilberto Porretano. Bernardo, nelle questioni di fede, fu sempre convinto
assertore della necessità di aderire alla dottrina dei Padri che egli
ripropose nel contesto di quella teologia che è stata detta monastica,
perché elaborata specialmente nei monasteri attraverso la preghiera e la
meditazione della Scrittura. Abelardo e Gilberto furono invece precursori
della teologia scolastica; Bernardo, certo in buona fede, li avversò.
Il santo consunto dalla malattia,
stremato dalle fatiche e dalle austerità, morì nella sua abbazia il 20
agosto 1153, all’ora Terza. Come scrittore, Bernardo ha lasciato un insieme
di opere di alto valore spirituale. Cominciò presto a intrattenere
corrispondenza con i monaci ai quali si rivolse generalmente per trattare
problemi della loro vita; fu anche in rapporto con altri personaggi, re e
conti, papi e vescovi, laici. In tutti i suoi scritti dà prova di una
singolare capacità persuasiva; possiede uno stile elevato. Compose varie
opere di carattere mistico e ascetico; tra queste, un trattato sui gradi
dell’umiltà e della superbia (Commento al capitolo VII della Regola
benedettina), uno sull’amore per Dio, inteso come risposta all’amore di Dio
per noi; mentre nell’opera Sulla grazia e il libero arbitrio, di ispirazione
agostiniana, considera ciò che la libertà era stata in Adamo prima del
peccato, e come sia stata reintegrata da Cristo. Scrisse un elogio della
nuova milizia – i Templari – istituiti per la custodia del santo Sepolcro.
Ma il trattato più notevole è senz’altro Sulla considerazione,
indirizzato al papa Eugenio III, sulla necessità di riconoscere il posto che
compete a Dio e il posto che compete all’uomo. Nel 1135 cominciò a
commentare ai suoi monaci il Cantico dei Cantici e proseguì per tutta la
vita: sono 86 sermoni che esprimono il meglio della sua attitudine
spirituale: “La mia filosofia più intima” dice nel sermone 43 “è conoscere
Cristo e Cristo crocifisso”. Ci sono pervenuti altri 350 sermoni, rivolti
parimenti ai monaci. Gli scritti mariani non sono numerosi, anche se
frequenti sono i riferimenti a Maria. Compose la sua prima opera con i
quattro sermoni sul Missus est, cioè sull’annunciazione a Maria, che sono un
capolavoro per l’intensità spirituale manifestata dal giovane abate. La
sua fama di mistico, attestata ben presto dalle sue biografie (Vite), ha
colpito anche Dante che lo ha scelto come guida nell’incontro con la
Vergine. Alessandro III lo proclamò santo il 18 gennaio 1174.
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1 novembre 2021 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net