Bernardo di Clairvaux
Estratto da “IL 
CRISTO” Volume IV, a cura di Claudio Leonardi
Fondazione Lorenzo 
Valla – Arnoldo Mondadori Editore 2001
Nato nel 1090 a 
Fontaine-les-Dijon, in Borgogna, da una ricca e potente famiglia, Bernardo 
fu avviato a buoni studi a Châtillon-sur- Seine; incerto poi sulla via da 
intraprendere, e forse colpito dalla morte della madre (e già allora come 
divorato da un desiderio di perfezione che coinvolgeva anche chi gli era 
vicino), decise di farsi monaco. Con un gruppo di fratelli, parenti e amici 
visse per qualche tempo in una singolare forma monastica privata, per poi 
entrare, nel 1112, a Cîteaux. Era questo un monastero fondato pochi anni 
prima, nel 1094, da Roberto di Molesme, che aveva preso posizione di fronte 
alla crisi spirituale del monachesimo benedettino, che Cluny mostrava con 
tutta evidenza: troppa ricchezza, troppo potere mondano, troppo lusso e 
sfarzo. A Cîteaux era abate Stefano Harding, che nel 1115, tre soli anni 
dopo il suo ingresso, inviò Bernardo con dodici monaci a fondare un nuovo 
monastero a Clairvaux. Da allora fino alla morte, sopravvenuta il 20 agosto 
del 1153, dai venticinque ai sessantatré anni, Bernardo pur rimanendo abate 
di un monastero dove continuamente accorrevano nuovi monaci (e che in 
nemmeno quarant’anni generò altri settanta monasteri), passò circa due terzi 
della sua vita fuori di Clairvaux in un continuo viaggio per la Francia e 
l’Europa, a servire «la causa di Dio», come egli pensava, senza troppo 
preoccuparsi della sua salute: tra digiuni, austerità e fatiche, spesso 
ammalato e sempre fisicamente fragile.
Dotato di una 
fortissima personalità e di uno straordinario fascino, predicatore e 
scrittore di grande qualità, consigliere abile e ascoltato, uomo di spirito 
profondo e vibrante, Bernardo si addossò una serie di problemi 
politico-ecclesiastici tra i più gravi del suo tempo. Combatté il 
monachesimo di Cluny, cercando di riformare la vita monastica del suo tempo; 
sostenne fra il 1130 e il 1137 papa Innocenzo II contro papa Anacleto, 
determinando la vittoria del primo e conquistando a Roma un ascolto del 
tutto eccezionale, che mantenne quando venne eletto Eugenio III, il quale 
era monaco cisterciense ed era stato per qualche anno a Clairvaux. Nel 1135 
prese netta posizione contro le opinioni teologiche di Abelardo e costrinse 
con qualche inganno il concilio di Sens a condannarlo (1140), mentre non gli 
riuscì, qualche anno dopo, di far condannare da un concilio tenuto a Reims 
(1148) Gilberto Porretano. Predicò in Linguadoca e Provenza contro varie 
forme religiose che riteneva eretiche (1145) e predicò la crociata per 
liberare il santo Sepolcro di Gerusalemme, infiammando le folle (1146).
Bernardo agiva come 
un uomo di stato, e in una sua lettera confidò che molti si rivolgevano a 
lui per dirimere questioni ecclesiastiche negli stessi termini in cui ci si 
rivolgeva al papa; e aggiungeva di non potere e volere rifiutare il ruolo 
che gli veniva assegnato. Egli si sentì il riformatore della Chiesa e 
innanzitutto del monachesimo - il luogo in cui la Chiesa è esemplarmente 
perfetta -, ma voleva riformare anche la cristianità. Accanto alla figura 
ideale del monaco egli vide così la figura ideale del cavaliere; la presenza 
di Cristo è così riproposta da Bernardo fuori del mondo e dentro il mondo. E 
senza dubbio la sua coscienza era quella di chi regge le sorti della Chiesa.
La sua teologia 
mistica, specialmente dopo la rivalutazione che ne ha fatto Gilson, appare 
come un luogo decisivo della storia intellettuale e spirituale del secolo 
dodicesimo, senza contare l’enorme influenza che egli ha avuto nel divulgare 
un’immagine del cristianesimo, e dunque una implicita cristologia di 
rilievo. La sua immagine di Cristo è quella tradizionale del monachesimo, 
che viene condotta a un vertice mistico di grande intensità e novità. Cristo 
è il mediatore tra Dio e l’uomo: tra un Dio che Bernardo continua a vedere 
come onnipotente, giudice severo («dove c’è il Signore, c’è il timore»), e 
l’uomo, che è nella condizione del peccatore. Anche la cristologia di 
Bernardo come quella di Anselmo è tutta centrata sulla salvezza. Ma più che 
soteriologica (Ndr. Relativo ad una dottrina o idea sulla salvezza) si 
potrebbe definire mistica, poiché il suo tema dominante è quello della 
pienezza dell’amore che viene a compiere la più profonda aspirazione 
dell’uomo, il suo desiderio più autentico.
Tutto il 
monachesimo, fin dal quarto secolo, aveva questo problema; ma solo Bernardo 
(e con lui Guglielmo di Saint-Thierry) ha espresso il vecchio tema monastico 
della contemplazione nei termini dell’unione d’amore tra l’uomo e Dio. Per 
questo la sua parola chiave è l’amore (e il suo testo ispiratore la prima 
lettera dell'apostolo Giovanni, dove Dio viene definito come amore). Nei 
suoi 
Sermoni sul Cantico dei cantici (di cui presentiamo qui una 
piccolissima parte), una serie di testi dalle prediche che tenne, con 
interruzioni continue, dal 1135 alla morte, ai monaci di Clairvaux, 
l’incarnazione è definita un bacio: la bocca che bacia è il Verbo che si fa 
carne e chi viene baciato è la carne assunta dal Verbo
(Sermone 2). E l’amore è gratuito, non ha altri scopi che sé 
stesso. Esso trionfa anche su Dio, sulla sua terribilità
(Sermone 64). L’esperienza di Dio, la mistica, ha portato 
Bernardo a questa alta rappresentazione del Cristo come luogo dell’amore 
(non della giustificazione dovuta al peccato, come in Anselmo). In Cristo 
appare non più solo il timore di Dio, la sua potenza: appare piuttosto la 
sua misericordia, che è la vera qualità divina.
Di questa mistica 
Cristo è il centro. «La mia filosofia più intima è conoscere Cristo e Cristo 
crocifisso», confessa Bernardo nel
Sermone 43. La crocifissione è il gesto supremo che mostra la 
natura misericordiosa della divinità, e chi accoglie questo gesto vede la 
luce perfetta della resurrezione. Poiché Cristo genera e richiede un 
rapporto d’amore, egli diventa il modello da imitare: l’amante imita l’amato 
per forza d’amore. La stessa mortificazione non è più una privazione 
ascetica, ma una mistica imitativa di amore. Cristo è lo sposo, l’umanità (o 
l’anima umana) la sposa. Il linguaggio del Cristo è la misericordia, il 
linguaggio dell’anima è il desiderio e la devozione (Sermone 
43). La forza dinamica messa in atto dal Cristo si realizza nell’uomo quando 
si affida allo Spirito santo, che gli rivela il Figlio e attraverso il 
Figlio il Padre. Così il Cristo viene a visitare l’uomo, a parlargli 
d’amore, non a rimproverarlo
(Sermone 57), e Cristo può dire della terra: «questa è la 
nostra patria», non perché sia diventato come uno di noi, ma perché è 
diventato uno di noi
(Sermone 59).
In Bernardo e in 
Guglielmo di Saint-Thierry la mistica d’amore significa potenzialmente la 
fine del monachesimo come istituzione. Se Dio è veramente sceso nella carne 
così da renderla «sua», non si vede perché la carne sia un limite e un 
ostacolo. Ma questa contraddizione rimane in Bernardo. Anche per lui il 
«corpo» è un ostacolo
(Sermone 26), e la carne di Cristo è solo un’ombra in lui, la 
carne non ha un ruolo alto nella divinità, lo ha solo lo spirito
(Sermone 20). L’eredità origeniana è giunta a questo punto di 
non soluzione. L'umanità di Cristo occupa ormai tutto lo spazio, il suo 
amore rivela la sua natura divina, mentre il dolore rivela la collera di Dio 
(Sermone 
26). Solo di fronte alla morte dell’amatissimo fratello Gerardo, Bernardo 
scrive una pagina commossa e bellissima in cui arriva a vedere come Dio non 
sia indifferente al dolore; anche il dolore, se ha fatto parte della vita di 
Cristo, potrebbe far parte della vita di Dio.
Di fronte alle 
nuove prospettive teologiche di Abelardo e di Gilberto, Bernardo oppone 
semplicemente un rifiuto. Egli stesso è stato contestato e rifiutato dagli 
studenti di Parigi quando nel 1139 predicò loro a Notre-Dame. Si trattava 
ormai di due mondi diversi? di due modi radicalmente diversi di intendere il 
cristianesimo? Come negli affari politici, anche in quelli ecclesiastici e 
intellettuali Bernardo si comportava impulsivamente, sicuro di essere 
ispirato e guidato dal suo Dio in ogni intervento. Il vecchio monachesimo, 
come quello di Cluny, dominava o cercava di dominare la storia con il 
potere. La logica di Bernardo non è quella del potere, e la sua immagine è 
quella di Cristo amore, che è luce e pace e dolcezza; ed egli desidera con 
violenza che il mondo sia segnato da questa immagine, che il mondo voglia 
farla sua, e conformarsi ad essa. In realtà non solo il vetero-monachesimo 
ma anche il neo-monachesimo, pur dando una grande testimonianza cristiana, 
non erano più in grado di risolvere il problema di una storia cristiana, 
così come era stato ormai impostato dalla riforma che prende il nome da 
Gregorio VII. In tal modo si spiega il rifiuto di Abelardo e il rifiuto 
della funzione che la ragione umana può svolgere nella comprensione di Dio, 
dell'uomo e del mondo.
Le opere di 
Bernardo sono molto numerose e di vario genere. Abbiamo preferito proporre 
qui una scelta di testi tratta dai
Sermones super Cantica canticorum. La traduzione è di Luca 
Robertini.
Bibliografia:
l’edizione classica delle opere di Bernardo è quella curata da J. Mabillon e 
riprodotta nella PL del Migne, voll. CLXXXII-CLXXXV. L’edizione critica 
moderna è stata curata da J. Leclercq e H. Rochais,
S. Bernardi Opera I-VIII, Romae 1957-77, che abbiamo adottato. 
È in corso un’edizione,
Opere di San Bernardo, a cura di F. Gastaldelli, presso lo 
«Scriptorium Claravallense», Milano, dal 1984 (sinora sono usciti tre 
volumi).
La letteratura 
critica su Bernardo è sterminata. Per un orientamento, si veda, tra l’altro, 
H. Rochais ed E. Manning,
Bibliographie générale de l'Ordre cistercien. Saint Bernard, 
Rochefort 1979-1982.
Sulla vita e i 
singoli avvenimenti, si consulti L. Dal Prà,
Cronologia della vita di san Bernardo di Clairvaux, «Rivista 
Cistercense» I 1984, pp. 275-328.
Una monografia 
ormai classica, dopo quella di E. Gilson,
La théologie mystique de Saint Bernard, Paris 1934; Paris 19804 
(trad. ital.
La teologia mistica di San Bernardo, introduzione di J. 
Leclercq, Milano 1987), è da considerarsi quella di J. Leclercq,
Saint Bernard et l'ésprit cistercien, Paris 1966 (trad. ital., 
Torino 1976).
Segnaliamo almeno:
J.C. Didier,
La devotion à l'humanité du Christ dans la spiritualité de Saint Bernard, «La Vie 
spirituelle. 
Supplement» XXIV 1930, pp. 1-19;
J.C. Didier, 
L’imitation de l'humanité du Christ selon Saint Bernard, 
ibid. XXV 1930, pp. 79-94;
J.C. Didier, 
L'ascension mystique et l'union mystique par l'humanité du Christ selon 
Saint Bernard, 
ibid. XXV 1930, pp. 140-55;
J.-M. Déchanet, «La christologie de Saint Bernard», in
Bernhard von Clairvaux, Mönch und Mystiker, hrsg. v.J. Lortz, 
Wiesbaden 1955, pp. 63-75; G. Constable, «Cluny - Cîteaux - La Chartreuse.
San Bernardo e la diversità delle 
forme di vita religiosa nel XII secolo», in
Studi su S. Bernardo di Chiaravalle nell'ottavo centenario della 
canonizzazione, Roma 1975, pp. 93-114;
M.N. Häring, «San 
Bernardo e Gilberto vescovo di Poitiers», in
Studi su S. Bernardo, cit., pp. 75-91;
P. Zerbi, «San 
Bernardo di Chiaravalle e il concilio di Sens», in
Studi su S. Bernardo, cit., pp. 49-73;
J. Leclercq, 
Nouveau visage de Bernard de Clairvaux. 
Approches psychohistoriques, 
Paris 1976;
A. Altermatt, 
Christus pro nobis. Die Christologie Bernhards von Clairvaux 
in den Sermones per annum, 
«Analecta 
Cisterciensia»
XXXIII 1977, pp. 3-176;
P. Delfgaauw,
La doctrine de la perfection chez saint Bernard, «Collectanea 
Cisterciensia» XL 1978, pp. 111-27;
D. Farkasfalvy, 
Use and lnterpretation of St. John ’s Prologue in the Writings of St. 
Bernard, 
«Analecta Cisterciensia» XXXV 1979, pp. 205-26;
B. McGinn, 
Resurrection and Ascension in the Christology of the Early Cistercians, 
«Cîteaux» XXX 1979, pp. 5-22;
A.H. Bredero, 
The Conflicting Interpretation of the Relevance of Bernard of Clairvaux to 
the History of His Own Time, 
«Cîteaux» XXXI 1980, pp. 53- 81;
U. Köpf, 
Religiöse Erfahrung in der Theologie Bernhards von Clairvaux, 
Tübingen 1980;
T.J. Renna, «Bernard versus Abelard: an Ecclesiological Conflict» in
Simplicity and Ordinariness. Studies in Medieval History IV, 
Kalamazoo Mich. 1980, pp. 94-138;
A.M. Haas, 
Christliche Aspekte des “Gnothi seauton”. Selhsterkenntnis und Mystik, 
«Zeitschrift fiir deutsches Altertum und deutsche Literatur» CX 1981, pp. 
3-19;
A. Altermatt, «Einführung in die Theologie Bernhards von Clairvaux am 
Beispiel der Christologie in den Sermones per annum», in
Höre, mein Sohn. Sammelband von Gastvorlesung und Festakademie, 
Heilgenkreuz 1982, pp. 63-95;
G.R. Evans, 
“Cur Deus homo”;
St. Bernard's Theology of the Redemption. A Contribution to the Contemporary 
Debate, 
«Studia Theologica. Scandinavian Journal of Theology» XXXVI 1982, pp. 27-36;
G.S. Twoney, 
St. Bernard's Doctrine of the Human Person as the Image and Likeness of God 
in Sermons 80-83 on the Song of Songs, 
«Cistercian Studies» XVII 1982, pp. 141-9;
J. Verger e J. Jolivet, 
Bernard – Abélard ou le cloître et l'école, 
Paris 1982;
G.R. Evans, 
The Mind of Saint Bernard of Clairvaux, 
Oxford 1983;
L. Brésard, 
Bernard et Origène commentent le Cantique, Nuits-Saint- 
Georges et Forges 1983;
P. Felix, 
Spiritualité de saint Bernard, 
Maredsous 1984;
J. Leclercq,
Le Christe-Moine, «Studia missionalia» XXXIII 1984, pp. 
402-11; 
L. Brésard, 
Bernard et Origène. Le symbolisme nuptial dans leurs oeuvres sur le 
cantique, «Cîteaux» XXXVI 1985, pp. 129-51;
R. Fassetta, 
Le mariage spirituel dans les Sermons de saint Bernard sur le Cantique des 
Cantiques, 
«Collectanea Cisterciensia» XLVIII 1986, pp. 155- 80, 251-65;
B. Jaspert, 
Weltliche Frömmigkeit im Mittelalter, «Erbe und Auftrag. 
Benediktinische Monatschrift» LXII 1986, pp. 259-84;
J. Leclercq,
Gleichgestaltung mit Christus und seinen Mysterien, 
«Cisterciense Chronik» XCIII 1986, pp. 25-37.
Un indice completo 
delle forme lessicali e una concordanza di tutta l'opera di Bernardo si 
trovano in 
Thesaurus sancti Bernardi Claraevallensis, curata dal CETEDOC, 
Turnhout 1987.
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16 aprile 2022 
  a cura 
di
 Alberto "da Cormano"   
   alberto@ora-et-labora.net