SULLE  TRACCE 
DELLE  RELIQUIE 
DI  SAN 
BENEDETTO
Estratto da “Sant’Elia Fiumerapido. Il Sannio, Casinum e dintorni” di Benedetto Di Mambro - Cassino,
Arte Stampa Editore, 2017 – pagg. 111-116
Un osso quale oggetto di potere e di dominio. La lotta per il 
possesso di quella tibia fra ominidi di 4 milioni di anni fa, come qualcuno 
ricorderà, è l’emblematica scena iniziale del famoso e affascinante film di 
fantascienza del regista americano Stanley Kubrick del 1968 “2001: 
odissea nello spazio” (2001: space 
odyssey). Accade anche oggi, da oltre 13 secoli. Da più di 1300 anni, 
infatti, vaga in Europa, fra l’Abbazia di Montecassino e l’Abbazia di Fleury, a 
Saint Benoit-sur-Loire in Francia, il dubbio e la diatriba per il possesso delle 
sacre reliquie di San Benedetto. Sono chiaramente in ballo il potere e il 
prestigio di ognuna con conseguenti e secolari avvincenti dibattiti storici e 
agiografici che non pochi dubbi e curiosità hanno suscitato anche in me nel 
vedere nel settembre 2016, nell’austera cripta di una 
grande Basilica romanico-gotica dell’ XI - XIII secolo dedicata a San 
Benedetto, nell’Abbazia di Fleury in Francia, nella cittadina di Saint 
Benoit-sur-Loire, a 170 chilometri a sud di Parigi, un possente forziere con la 
scritta “Reliques de Saint Benoit”: un reliquario contenente, a dire del mio 
occasionale interlocutore Padre Louis Marie, le ossa di San Benedetto!
Un’Abbazia, quella di Fleury, con un monastero che ospita 
attualmente ben 32 monaci benedettini con a capo l’abate Etienne II Ricaud. A 
questo punto, allora, è bene partire da un dato di fatto inoppugnabile: 
Benedetto da Norcia fondò il monastero di Montecassino nel 529 e vi morì nel 547 
(VI secolo), a 67 anni di età, e lì fu sepolto accanto alla sorella gemella 
Scolastica, morta poco più di un mese prima. E’ importante tener presenti queste 
date per quanto, di vero o di falso, si susseguì negli anni e nei secoli 
successivi, stando a narrazioni e agiografie sorprendenti di tradizione 
floriacense tramandateci, con non poche dissonanze e contraddizioni fra di loro. 
Un coacervo di date e di nomi che mal si conciliano fra di loro e su cui molti 
sono stati gli studiosi che vi hanno dibattuto nel corso dei secoli. 
Storicamente accertato è anche che nel 577, trenta anni dopo la morte di San 
Benedetto, l’Abbazia di Montecassino fu devastata e distrutta da orde di 
Longobardi e che i monaci benedettini superstiti si rifugiarono a Roma. Qualche 
anno dopo, intanto, nel 590, sarebbe approdato nella Francia del nord, 
proveniente dal monastero di Bargon nell’Irlanda del Nord, il monaco (San) 
Colombano con 12 suoi confratelli. La sua Regola era l’austerità, l’ascetismo, 
la lettura e la scrittura: uno strano incrocio, forse inconsapevole, con la 
Regola benedettina.
Dall’inizio del 600, il successivo VII secolo, Colombano iniziò a 
fondare comunità monastiche a Annegray, Luxeuil e Fontaine sui monti delle 
Ardenne. Si recò quindi in Svizzera dove, ai confini con l’Austria, pose mano 
all’istituzione del complesso monastico di Breguiens. Nel 614 scende in Italia e 
fonda un monastero a Bobbio, in Provincia di Piacenza, presso cui nel 643, da 
Roma, ripararono i monaci di Montecassino dove la comunità religiosa rimase fino 
al 717 quando con l’abate Petronace tornò a Cassino per ricostruire il monastero 
e l’Abbazia che però sarebbe stata di nuovo distrutta nell’883 dai Saraceni e 
ricostruita solo nel 949. Viene da chiedersi: mai nessuna violazione delle tombe 
di San Benedetto e Santa Scolastica nel corso di queste devastazioni e 
distruzioni dell’Abbazia cassinese e oltre due secoli di abbandono? Nel 
frattempo nella Francia Meridionale si va diffondendo la Regola benedettina ad 
opera del monaco (San) Venerando che nel 626 fonda la prima Abbazia benedettina 
ad Altaripa in Aquitania (sud-ovest della Francia) con l’assenso del Vescovo 
Costanzo della Diocesi di Albi, nella regione dei Pirenei. Da qui ha inizio 
l’inestricabile e confuso ginepraio dei “si dice” e dei “sembra che”. Le storie 
tramandateci dai monaci benedettini Paolo Diacono (Historia Longobardorum - VIII 
secolo) e Aldrevaldo (Miracula Sancti Benedicti - IX secolo), vogliono che 
proprio attorno al 626 l’abate (San) Leodebodo di Saint’Aignan a Orleans (altri 
lo chiamano Leodebaldo), al tempo del Vescovo Leodegario, in contrasto con i 
suoi confratelli che non vollero abbracciare la Regola di San Benedetto, 
abbandonò l’Abbazia di Saint’Aignan e si fermò 
a Fleury-sur-Loire dove, accanto alla preesistente chiesa di Santa Maria 
edificò la chiesa di San Pietro fondandovi l’Abbazia di Fleury.
A quel punto tutto doveva combaciare con la cronotassi degli 
abati così come da tradizione floriacense: primo abate fu Rigomaro dal 627 al 
632, secondo abate (San) Mummolo dal 632 al 663, terzo Leodard dal 663 al 673 e 
quindi altri fino ai nostri giorni. Si dà il caso però che, da fonti storiche, 
sappiamo che nella realtà, se è vero che Leodebodo lasciò Orleans nel 626, a 
quel tempo Leodegario, che visse all’epoca di re Clotario III, non era ancora 
Vescovo di Orleans ma lo sarebbe stato solo dal 663,
57 anni dopo 
gli eventi di Leodebodo e di Fleury. Inoltre, un antico manoscritto risalente 
all’VIII secolo, rinvenuto nel 1685 nell’Abbazia di Saint Emmeran a Ratisbona, 
in Germania, dal monaco benedettino Jean Mabillon del monastero di Saint Remy de 
Provence in Francia, fraterno amico dell’archivista di Montecassino Erasmo 
Gattola, e da lui trascritto (Narratio brevis), l’Abbazia di Fleury non era 
stata fondata nel 626 ma bensì nel 651, così come attesta anche la Carthopedia 
Cattolica. Nello stesso periodo la giovane Regina Bathilde, moglie del Re dei 
Franchi, Clodoveo II, si fa promotrice della fusione della Regola di San 
Colombano con quella di San Benedetto. Intanto tradizione floriacense vuole che 
l’Abate Mummolo di Fleury, volendo dotare l’Abbazia di reliquie di San Benedetto 
e a seguito di visioni, in una notte insonne, che lo avvertivano dell’abbandono 
in cui versavano da circa 80 anni le tombe di San Benedetto e di Santa 
Scolastica dopo la distruzione dell’Abbazia di Montecassino da parte dei 
Longobardi, ebbe l’idea di recuperarne le reliquie inviando quindi una 
spedizione guidata dal monaco (San) Aigulfo. A Fleury datano la spedizione 
nell’anno 672, ma a quell’epoca l’abate Mummolo era già morto da ben 9 anni. I 
conti non tornano. Jean Mabillon, infatti, proprio in base ai documenti di 
Ratisbona, nega l’iniziativa di Mummolo e Aigulfo ma parla di un “dotto 
presbitero francese cum sociis”. Già nel 1643, intanto, il monaco gesuita belga 
Jean Bolland aveva “bollato”, negli “Acta Sanctorum”, la storia dell’abate 
Mummolo e del monaco Aigulfo come “semplice favola”. A sua volta, nel 1719, il 
Pro Vicario del Santo Uffizio di Bologna, Antonio Valle, scrisse in un suo 
studio che parte delle ossa di San Benedetto erano state riconsegnate da Fleury 
a Montecassino nel 1496.
Comunque, seguendo la tradizione floriacense, nel 672 Aigulfo, 
assieme ad altri monaci provenienti dal Vescovato di Le Mans, trovò le tombe 
abbandonate dei due Santi di Norcia e ne sottrasse le ossa traslandole a Fleury 
ben divise in una stessa cassa con due scomparti. Il viaggio, a cavallo, durò 
tre mesi all’andata e tre al ritorno, scalando le Alpi, come dimostrato da una 
prova effettuata nel 1980. Come visto, l’aneddoto parla dell’anno 672, quando 
abate di Fleury non era più Mummolo ma Leodard. Mabillon e la Carthopedia 
Cattolica riportano la traslazione al più credibile anno 655. 
A sua volta, intanto, la tradizione floriacense ci parla di eventi 
miracolosi. Durante il viaggio di ritorno, si dice che il lino in cui erano 
avvolte le ossa dei due Santi si intrise di sangue. I monaci ne rimasero 
sorpresi e sconvolti, tanto che, quando qualche giorno dopo giunsero a Bonnèe, 
ad appena 6 chilometri da Fleury, e si imbatterono con un mesto funerale per un 
ragazzo e una ragazza, provarono ad accostare le ossa di Santa Scolastica alla 
fanciulla che subito si rianimò e la stessa cosa avvenne per il giovinetto 
tramite le ossa di San Benedetto. Il gesuita Bolland definisce anche questo 
evento “una favola”. Comunque in quel luogo fu innalzata, qualche secolo dopo, 
una Cappella di ordine gotico, tuttora esistente, in devozione a Santa 
Scolastica. Le supposte ossa di San Benedetto furono deposte nella chiesa di San 
Pietro a Fleury e quelle di Santa Scolastica nella Collegiata di San Pietro a Le 
Mans. Un secolo dopo, per quanto ci tramandano Paolo Diacono, Aldevaldo e, nel 
XII secolo, Ugo di Fleury (Historia Ecclesiastica), il tutto raccolto a cura di 
Martin Bouquet nel 1741 nella sua “Recueil des histories des Gaules et de la 
France” e studiato nel 2014 dalla Professoressa Amalia Galdi dell’Università di 
Salerno in “San Benedetto tra Montecassino e Fleury”, un evento diviene 
importante elemento a favore delle tesi floriacensi. Nel 1955, il monaco 
benedettino britannico Paul 
Meyvaert, in un lungo saggio sul “Dictionnaire d’Archéologie Chrétienne”, 
relativamente al possesso del corpo di S. Benedetto, si diceva convinto della 
traslazione delle reliquie in Gallia come da testimonianza di Paolo Diacono e 
Ugo di Fleury secondo la tesi floriacense e a riprova riporta il discusso 
episodio riferito sia da Aldrevaldo, nel I libro dei “Miracula Sancti Benedicti” 
che da Ugo di Fleury, in base ai quali nel 751 un’ambasceria cassinese sarebbe 
giunta in Francia recando una lettera di papa Zaccaria all’episcopato franco per 
chiedere la restituzione delle reliquie a Montecassino, lettera scritta su 
preghiera dell’abate Optato e di Carlomanno, fratello di Pipino il Breve e 
monaco benedettino a Montecassino. La questione è stata molto dibattuta ma, come 
si può immaginare, la lettera è stata tacciata di falsità dai Cassinesi e 
ritenuta autentica da altri, tra cui nel 1974 il monaco benedettino Jacques 
Hourlier che l’ha datata proprio intorno al marzo del 751. Nell’818 il Re dei Franchi Ludovico 
il Pio, figlio di Carlo Magno e Imperatore del Sacro Romano Impero, ebbe ad 
affermare che “Sancti Benedicti corpus requiescit in Fleury” (Paolo Diacono 
trascrive “requiescebat” nell’VIII secolo e non nel IX, riferendosi a 
Montecassino!) e impose la Regola Benedettina a tutti i monasteri dell’Impero.
Circa le reliquie di Santa Scolastica, che intanto riposavano a 
Le Mans, nell’874 avvenne che, su desiderio della Regina Richilde, moglie del Re 
dei Franchi Carlo il Calvo, parte di esse fossero trasferite a 
Juvigny-sur-Loison, in Lorena, dove la stessa Regina aveva istituito un apposito 
convento di suore benedettine. La disputa di Montecassino con l’Abbazia francese 
di Fleury per il reale possesso delle reliquie di San Benedetto toccò l’apice 
prima nel IX secolo con l’abate Bertario e quindi, con più vigore, nell’XI 
secolo con l’abate Desiderio che voleva ristabilire il primato di Montecassino 
sul monachesimo benedettino in Europa. La disputa continua ancora oggi. Nel 
1999, lo storico cassinate Emilio Pistilli, facendo riferimento a quanto 
all’epoca riportato circa le reliquie di San Benedetto nella “Storia Universale” 
delle Edizioni Mondadori, scrive sull’allora settimanale “L’ Inchiesta”: 
”L’ignoto redattore della Mondadori, con i suoi studi si è fermato al medioevo 
ed esattamente all’ VIII e IX secolo quando, senza alcun fondamento storico, si 
favoleggiava di fantastiche traslazioni di ossa di Santi da ogni parte d’Italia 
verso la Francia. Il Nostro evidentemente
- continua 
Pistilli - con i suoi studi si è fermato al medioevo ed esattamente all’VIII e 
IX secolo, quando si favoleggiava di fantastiche traslazioni di ossa di santi da 
ogni parte d’Italia verso la Francia. Queste fantasie, come spesso stranamente 
accade per alcuni falsi storici, hanno avuto lunga vita (e continua ad averne, a 
quanto pare), forse perché alimentate dalla cultura transalpina, impareggiabile 
promotrice di se stessa: vedi i codici ultramontani, quasi sempre di origine 
francese, pubblicati nei Monumenta Germaniae Historica (MGH), che alimentano la 
falsa notizia traendola da Paolo Diacono. Un fatto storico acclarato, invece, è 
che l’abate di Montecassino Optato nel 759, su richiesta di re Desiderio, inviò 
a Leno (Brescia) un gruppo di monaci con alcune reliquie di S. Benedetto, segno 
evidente che le ossa del santo erano ancora a Montecassino: da queste reliquie 
fu preso il radio sinistro riportato a Montecassino nel 1878 e che annualmente 
si porta in processione per le vie della città di Cassino”. Più avanti Pistilli 
aggiunge: “Altre reliquie poi presero varie vie da Montecassino”. Insomma: non 
tutto sta a Montecassino! Ma in ogni caso sono in gioco il primato e il 
prestigio dell’Abbazia detentrice delle reliquie ma ne va soprattutto il 
prestigio di Montecassino. A tal proposito la Professoressa Amalia Galdi, 15 
anni dopo, nel 2014, scrive nel suo libro sopra citato “Il possesso del corpo di 
San Benedetto, vero o presunto che fosse, costituiva un formidabile volano di 
affermazione del proprio prestigio e nel contempo contribuiva non poco ad 
affermare ancor più il ruolo svolto dall’Abbazia detentrice a livello 
ecclesiastico, politico e, non ultimo, patrimoniale” e ci parla anche di grandi 
traffici di reliquie, vere e false, in epoca carolingia dall’Italia verso la 
Francia. Nello stesso 2014, la medievalista romana Nicoletta De Matthaeis, nel 
suo studio “Il mistero delle reliquie di San Benedetto” , ricostruendo il tutto 
tramite gli scritti di Paolo Diacono (VIII secolo) e il manoscritto dell’VIII 
secolo rinvenuto a Ratisbona da Jean Mabillon, mette in dubbio l’autenticità 
delle spoglie attribuite a San Benedetto 
conservate a Montecassino: “Contrariamente 
alla tesi che sostengono i monaci di Montecassino, ci sono molti dubbi 
sull’autenticità delle spoglie del santo che riposano attualmente in detto 
monastero. La maggior parte delle ossa trafugate attribuite a San Benedetto e a 
Santa Scolastica sono presenti a Fleury e a Juvigny, salvo alcune prelevate in 
tempi diversi e donate a vari monasteri. Gli studi realizzati su questi resti 
confermano che sono appartenuti ad un uomo e una donna vissuti nel VI secolo e 
quindi non sarebbero incompatibili con la tradizione della traslazione”.
Nel 1026 un’invasione normanna distrusse l’Abbazia di Fleury e 
dette alle fiamme la chiesa di Santa Maria. L’anno dopo ebbe inizio la 
costruzione, in stile romanico, di una nuova e grandiosa Basilica che fu 
terminata nel 1280 con la definitiva costruzione della navata con arcature 
ogivali gotiche. La Basilica fu dedicata a San Benedetto e Fleury-sur-Loire mutò 
il nome in Saint Benoit-sur-Loire rimanendo il nome Fleury all’Abbazia 
ricostruita. Le supposte reliquie di San Benedetto furono riposte in un forziere 
nella cripta della Basilica e, nel corso degli anni, in parte distribuite e 
conservate in altri santuari. Nel corso della Rivoluzione Francese del 1789, 
l’Abbazia di Fleury fu definitivamente distrutta mentre la Basilica divenne 
parrocchia. Dal 1865 i benedettini dell’Abbazia di La Pierre-Qui-Vire 
garantirono una presenza monastica presso il reliquiario di San Benedetto fino 
al 1944, anno in cui si restaurò la vita conventuale a Fleury. Nel 1946, un 
secolo e mezzo dopo la Rivoluzione Francese, riprese vita l’Abbazia di Fleury. 
Una ricognizione del 1950 sulle reliquie di Fleury, Juvigny e Montecassino dette 
per esito, in base al numero e ai tipi di ossa esistenti, la presenza, se 
ricomposte, di uno scheletro di donna, dell’altezza di m. 1,60, e di un uomo 
alto m. 1,65 dell’età media di oltre 75 anni: i due Santi erano morti a
67 anni, 
anche se tale fatto potrebbe essere considerato secondario alla luce 
dell’invecchiamento precoce a cui erano sottoposte all’epoca ossa e organi degli 
esseri umani.  Nel 1955 e nel 1960, 
confrontando ancora le foto dei resti delle ossa di Fleury, Juvigny e 
Montecassino, ci si trovò davanti a doppioni di ossa dello stesso tipo e ossa 
maschili mescolate a ossa femminili. Chi fra tutti era San Benedetto e chi Santa 
Scolastica e dove stavano? O si trattava di ossa di comuni defunti del VI o VII 
secolo? A Fleury, Padre Louis Marie mi disse con franchezza: “La difficoltà di 
superare il problema, confrontando i due reperti contemporaneamente, a tutt’oggi 
non ha avuto nessun esito per la poca propensione, da parte di entrambe le 
Abbazie, a volere simultaneamente una ulteriore ricognizione, tramite anche le 
analisi del DNA, e arrivare, di fatto, ad individuare con chiarezza i resti del 
santo”. Nel 1972 e nel 1980, il Professor A. Beau dell’Università di Nancy ne 
fece un inventario. Per quelle attribuite a San Benedetto: un frammento di 
costola presso il monastero delle Benedettine del Calvario a Orlèans e sempre a 
Orlèans parte del radio sinistro nel Grande Seminario, un altro frammento di 
costola presso le Benedettine del Santo Sacramento a Parigi, parte centrale di 
un osso lungo sempre a Parigi nell’Abbazia di Sainte Marie, parte del radio 
sinistro nell’ Abbazia  di Saint 
Wanrdille, falange dell’alluce sinistro presso l’Abbazia di La Garde, parte 
centrale di un altro osso lungo nell’Abbazia di Timadeux, radio destro e perone 
sinistro nell’Abbazia di Pierre-qui-Vire, rotula sinistra presso l’Abbazia di 
Aiguebelle e parte dell’omero sinistro nell’Abbazia di Grande Trappe. Tornando 
ai nostri giorni, già nel 1951 lo studioso monaco cassinese Tommaso Leccisotti
circa le 
ricognizioni condotte nel 1950 sulle supposte reliquie dei Santi di Norcia, 
scriveva della piena attribuzione delle ossa (pochi resti seppur interi) 
conservate a Montecassino a due persone di sesso maschile e femminile, 
“certamente i resti di San Benedetto e di Santa Scolastica”. Sono, d’altronde, 
in ballo le tradizioni agiografiche e il prestigio di Montecassino!
Il Monastero di Montecassino è fuori ogni dubbio opera e casa di 
San Benedetto che lì visse, operò e morì assieme a sua sorella Scolastica. 
Montecassino è per antonomasia il faro e il centro focale dell’azione religiosa 
e culturale benedettina. Da Montecassino si è inarrestabilmente irradiato in 
tutta Europa e nel Mondo il monachesimo benedettino con la sua Regola. Ma dalle 
ricognizioni effettuate fino al 1960 dove e quante sono le ossa ritrovate dei 
due Santi? A Montecassino ci sono, per Santa Scolastica, l’osso iliaco sinistro 
e tre pezzi della scapola sinistra; per San Benedetto, il coccige, la clavicola 
destra, due costole sinistre, il radio sinistro (l’osso laterale 
dell’avambraccio, quello della processione annuale entro Cassino, come ricorda 
Pistilli) e piccole ossa di mani e piedi. Nell’Abbazia di Fleury, in Francia vi 
sono, per San Benedetto, la mandibola, un frammento della regione parieto 
occipitale del cranio, due frammenti di costole, la rotula sinistra e altri 
frammenti più piccoli. Di Santa Scolastica è rimasto poco a Le Mans, a seguito 
di un incendio nel 1134: l’omero sinistro. L’omero destro è nel Seminario a 
Nancy, una parte del radio sinistro a Verdun, la tibia destra a Dunfrie in 
Scozia, il perone destro a Sainte-Cècile de Solesmes. Resti di gambe sono a 
Juvigny ma presentano: un astragalo femminile e uno maschile !!?. Ora, a patto 
che “tutte” queste ossa siano di vera o falsa appartenenza, dispute e 
rivendicazioni al limite del feticismo rischiano di divenire solo elementi di 
puro campanilismo e di pura idolatria. E poi: così tante briciole di resti 
ossei, anche doppioni, sparsi fra l’Italia, la Francia e la Gran Bretagna, sono 
anch’esso un fatto che lascia molto su cui riflettere!!
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