Regola del monastero Tarnantense
CAPITOLO PRIMO
1
Se qualcuno, infiammato con ardore di fede e rinunciando al mondo, ha scelto di
dirigersi verso un monastero di notevole osservanza, non si conceda subito al
nuovo arrivato l'autorizzazione ad entrare, 2 ma, prima, si indaghi con
molta attenzione se mai sia venuto volontariamente o costretto da qualche
necessità, oppure se si trova soggetto ad una qualche forma di servitù.
3
Per questo motivo, quando la notizia arriva all’abate informato dal preposito,
il nuovo arrivato deve essere affidato ad un anziano, con l’ordine di servire
coloro che giungono finché la sua devozione non sia dimostrata con la
testimonianza della sua pazienza. 4 Sia poi informato degli
insegnamenti della regola, affinché sappia che cosa debba fare e chi deve
servire, secondo ciò che è stabilito. 5 In seguito gli si rileggano
tutte le disposizioni della regola e gli vengano comandate cose dure ed aspre
6 al fine di mettere a prova la sua obbedienza.
7
Non terrà nulla di ciò che ha portato con sé in suo possesso, 8 ma se
il suo desiderio è quello di dare quello che ha per le esigenze del monastero,
presenti tutta la sua offerta con sincero fervore e 9 la collochi
sull'altare, in modo che qualsiasi richiesta di riaverla sia considerata un
sacrilegio.
10
Se ha portato in monastero con sé del bestiame di ogni genere, riceva dall’abate
il denaro corrispondente e non gli si neghi di fare ciò che vuole di quel
denaro. 11 Se poi l'abate non desidera acquistare il bestiame, sia
autorizzato a venderlo a chi vuole o, meglio ancora, l'abate affidi il compito
di venderlo al preposito. 12 Colui a cui apparteneva il bestiame
distribuisca poi quel denaro, come già è stato detto, in modo che nulla rimanga
in sua proprietà. 13 E’, infatti, una cosa nefasta che, colui che
chiede di sfuggire alle insidie di questo mondo, si riservi qualcosa che
contribuisca ad essere sedotto dalla molestia del diavolo.
14
Se poi [un fratello], portando con sé un suo protetto, o un servo, o un parente,
chiede che costui sia ammesso alla comunità monastica, è bene che venga aggregato agli altri
fratelli solo dopo una prova simile a quella sostenuta dal proponente. 15 E colui che in
precedenza gli era stato assoggettato come servo deve essere considerato
come un fratello nel servizio del Signore
(Fm 15-16), perché presso Dio, come
insegna l'Apostolo, non c'è nessuna
preferenza di persone (Rm 2,11).
16
Tuttavia, colui che, da una condizione umile, è accettato nella fraternità in
parità di condizione, non diventi superbo esaltandosi con arroganza 17
ma, grazie all'umiltà, deve fortificarsi nelle cose buone. 18 E serva
con compassione e umiltà, non solo colui di cui è diventato uguale, ma l'intera
fraternità, come un vero servitore di Cristo. 19
Poiché, come
colui che nel mondo era giudicato più grande è ora chiamato fratello, da signore
che era, a causa del suo sentimento di umiltà, 20 così costui,
ricordandosi di quel che era, non degradi la sua condizione col desiderio di
cose più sublimi, ma la esalti dimostrando umiltà, per trovare grazia presso Dio
(Cfr. Sir 3,20).
21
E non gli sia permesso di cambiare l’abito prima della scadenza di un anno.
22 Se poi la compunzione del richiedente fosse così grande da non
potergli negare ciò, a causa della sua costante supplica, tuttavia non deve
essere considerato come legittimo ciò che è stato dato a chi chiedeva con
sincerità. 23 Per quanto riguarda gli abiti portati con sé, e che non
è stato in grado di consumare nel corso di questo primo anno, ne sia valutato il
prezzo e venduti a giudizio dell'abate. 24 Poiché, avendo ricevuto
altri vestiti, non potrà più disporre dei suoi precedente abiti, in modo che il
cambiamento dell'uomo esteriore si accordi pienamente con la crescita di quello
interiore.
25
Non gli sia lecito scambiare niente di ciò che ha ricevuto, né cose di poco
valore per favorire l’abiezione, né cose di maggior valore che rechino conforto,
26 ma consideri di suo esclusivo uso tutto ciò che gli sarà
consegnato, con rendimento di grazie.
CAPITOLO II
1
Nessuno ha il diritto di scegliersi una dimora privata, né sia permesso a
nessuno di rivendicare come proprio uno stipetto, o qualcosa di simile, che
possa essere chiuso come fosse personale.
2
Nessuno si metta per strada da solo, se non accompagnato da un fratello 3
Coloro che tornano non osino riferire ciò che hanno visto al di fuori, a meno
che non sia qualcosa di edificante per gli ascoltatori (Ef 4,29).
4
In presenza di un anziano, un giovane non presuma di abbandonarsi alla loquacità
con presunzione 5 ma, come spesso accade, se l’anziano è di natura
più semplice di lui, il giovane faccia ciò che gli verrà ordinato.
6
Al monaco non sarà permesso di andare ad una festa affollata, a meno che non sia
stato autorizzato, poiché il Signore, secondo la testimonianza del Vangelo,
promette notoriamente di ascoltare colui che prega in segreto (Cfr. Mt 6,5-6).
CAPITOLO III.
1
Se invece uno dei fratelli venisse inviato, per qualche incarico e con l’ordine di
un superiore, in una città o in un borgo o in un villaggio, non presuma di
andare se non dove è stato destinato.
2
Non accetti assolutamente di fare il padrino senza l’ordine dell'abate. 3
Ma se ci sarà un motivo di grande necessità o se, chino di fronte alle preghiere
di una qualunque persona fedele, non sarà in grado di evitare ciò che è vietato,
bisogna assolutamente concedergli di fare ciò, considerando il fatto con
benevolenza, dato che la cosa gli è stata imposta contro la sua volontà.
CAPITOLO IV.
1
I colloqui con una donna estranea senza testimoni sono proibiti dalla legittima
autorità dei concili; 2 non sia assolutamente concesso di unirsi in
chiacchere neanche con le loro madri e sorelle, 3 affinché, per le
aspirazioni mondane, non si turbino coloro che sono entrati di recente in questa
milizia.
4
Nessuno vada da qualche parte se non ha una licenza rilasciata da un superiore.
5 E neppure qualcuno presuma di condurre una barca verso l'altra riva
senza l'autorizzazione del superiore; 6 e non tagli capelli o barba,
né osi fare una corda o qualcosa d'altro, se il superiore non gli ha dato il
permesso.
7
Durante le ore serali e notturne in cui gli altri fratelli riposano, chi non
sarà trovato nella sua dimora o nel suo letto sarà punito dagli anziani che lo
sorprenderanno: 8 e durante lo stesso tempo di riposo non parlino tra
di loro.
CAPITOLO V.
1
Colui che, dopo il segnale, arriva in ritardo all'Ufficio Divino od a qualsiasi
lavoro, ne rimanga escluso affinché si vergogni per aver commesso una così grave
mancanza.
2
Per quanto possa essere grave il biasimo che potrà ricevere per una qualsiasi colpa,
consideri cosa nefasta il rispondere a chi lo accusa ma, umiliandosi, impari a
far seguire alla mancanza la propria correzione, 3 poiché Dio ha
promesso di donare la sua grazia agli umili (Cfr. 1 Pt 5,5).
4
Nessuno osi parlare a chi, per una colpa riconosciuta, viene escluso dalla
partecipazione alla preghiera od ai pasti, ad eccezione di chi è in grado di
addolcire l'amarezza del fratello escluso con una combinazione di dottrina e
carità.
CAPITOLO VI.
1
Durante le vigilie, quando tutti leggono le lezioni stando seduti, o quando si
applicano alla preghiera, nessuno pensi che gli sia permesso di entrare o di
uscire. 2 Chi invece si sente costretto a farlo a causa di una necessità
comunitaria, esca senza paura di commettere un peccato mentre gli altri
salmeggiano, tornando poi immediatamente all'ufficio che si sta celebrando.
3 E chi osa chiacchierare mentre gli altri pregano o salmeggiano, non
dubiti di essere colpevole non solo nei confronti dei fratelli, ma anche nei
confronti di Dio. 4 Bisogna anche stare attenti al fatto che le mani
inattive invitano al sonno: 5 per questo motivo i lavori da svolgere
durante le vigilie non devono occupare la mente di chi lavora e neppure devono
indebolire la sua capacità di ascolto, ma invece devono poter respingere il
torpore della sonnolenza.
6
Inoltre, nulla bisogna anteporre alla preghiera ed alla parola di Dio (Cfr. At
6,4). Nella notte di domenica, invece, per rispetto alla resurrezione del
Signore, si fermino i lavori manuali. Tale pratica sarebbe opportuno osservarla anche in
certe solennità.
CAPITOLO VII.
1
A nessuno sia consentito di occuparsi di altre cose mentre i fratelli studiano;
2 neppure si pensi libero di allontanarsi dalla sala di lettura o dal
luogo dove i fratelli stanno studiando. 3 Chiunque cadrà in questa
presunzione soggiacerà, come merita, alla scomunica.
4
E’ proibito entrare nella cella di un altro senza prima bussare, tranne che per
l'abate ed il preposito, 5 dal momento che solo a loro è permesso di
conoscere i segreti dei fratelli e di esaminare come ognuno si comporta,
indagando mediante osservazioni segrete. 6 Inoltre, nessuno, tranne le
persone sopra menzionate, abbia la presunzione di entrare dove lavorano gli
artigiani.
7
Inoltre, il giovane fratello non mostrerà nulla a coloro che arrivano, al di
fuori di un senso di umiltà e di servizio, 8 e non pretenda di
interessarsi del motivo della loro visita e di quando se ne andranno, 9
poiché di ciò si deve interessare la sollecitudine degli anziani, non la
presunzione di giovani.
CAPITOLO VIII.
1
Un giovane non osi rimproverare un anziano, 2 ma se viene a
conoscenza che sta per essere compiuto o che è stato compiuto qualcosa al di
fuori della regola, lo riferisca solo all'abate o al preposito, affinché
l’azione riprovevole sia corretta con una correzione regolare.
3
Se qualcuno commetterà un errore qualunque senza testimoni e l’abate lo verrà a
sapere, sia corretto in segreto. 4 Se ciò sarà noto a tutti, il
colpevole venga ripreso della colpa commessa di fronte a tutti.
5
Non si deve disprezzare chiunque confessa in segreto gli assalti dei suoi pensieri, al fine di esserne
consolato, e neanche bisogna comunicare ciò ad altri
ma, per quanto si può, venga confortato con una delicata esortazione.
6
Colui che parlerà in modo sconveniente mentre gli altri salmeggiano con una
silenziosa meditazione, sia ripreso in accordo con la regola. 7
Pertanto, durante qualsiasi lavoro [i fratelli] meditino cose sante o rimangano
in silenzio.
8
Soprattutto a tavola nessuno presuma di poter parlare, a meno che non sia
interrogato. 9 Spetta senza dubbio al preposito sapere ciò che è
necessario per il vitto. Costui comandi in silenzio che sia somministrato ciò che manca
secondo la consuetudine. 10 Stando seduti a tavola, [i
fratelli] ascoltino in silenzio la lettura che verrà letta. 11 Se,
invece, manca colui che si occupa della lettura, si rumini, come fosse cibo, la
meditazione delle sante Scritture, 12 affinché non sia solo il corpo
a ricevere il nutrimento, ma anche l'anima, affamata della parola di Dio, sia
sfamata.
13
Dedicatevi alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti; mentre pregate il
Signore con
salmi ed inni, piantate nel cuore ciò che esprimete con la voce.
14 Il fratello contadino, tenendo il manico dell'aratro, canti l'Alleluia, il
fratello mietitore sudato si ritempri con i Salmi e, mentre taglia con la falce il
tralcio ricurvo, il fratello vignaiolo canti un salmo di Davide. 15 Siano
queste le vostre canzoni; questi, come si dice comunemente, i vostri canti
d'amore; questo lo zufolo dei pastori, questi gli attrezzi agricoli. 16
Ai monaci non interessi assolutamente ciò che fanno gli uomini di questo mondo,
ma i pensieri del loro cuore siano rivolti al timore del Signore (Cfr. Sal 19
(18),15).
CAPITOLO IX.
1
In ogni stagione [i fratelli] si dedichino due ore al giorno alla meditazione
spirituale 2 In estate, dopo aver celebrato i mattutini secondo
l’usanza, e dopo aver recitato prima, tutti si dedichino ai lavori cui sono
stati comandati.
3
Poi, dopo aver celebrato l'ora terza, tornino a portare a termine ciò che avevano
iniziato 4 E non si occupino in chiacchiere su sciocchezze mondane, a
meno che il discorso di chi parla non comunichi ciò che forse può edificare
l'anima di chi ascolta (Cfr. Ef 4,29).
5
Da sesta a nona dormano o si dedichino alla lettura.
6
Però dopo l’ora nona, e fino all'ora del lucernario, tutti si forniranno
assistenza reciproca nell’orto o dove sarà utile.
7
In inverno, invece, celebrato il mattutino e l'ora prima, è concesso a tutti di
dedicarsi alla lettura fino all’ora terza. 8 Celebrata la terza, si
affrettino a compiere di buon grado ciò che è stato loro ordinato, fino all’ora
del lucernario, come abbiamo già detto.
9
Quelli, poi, che si vedono assegnati al lavoro nei campi, non possono essere
costretti a questa osservanza delle regole a causa dell’incombenza di questi
lavori: 10 ma, a seconda di come esigerà la stagione o di quali
saranno gli sforzi richiesti dal lavoro, siano seguiti con meticolosa cura dal
preposito, affinché si possano dedicare almeno due ore alla lettura.
11
Quando si devono raccogliere le messi o si deve vendemmiare, ricevano la
refezione due volte al giorno, cioè all’ora sesta e alla dodicesima. 12
Tuttavia, il mercoledì ed il venerdì si devono moderare i lavori in modo che, per
quanto possibile, non si trascurino i digiuni stabiliti.
13
Ma tutte le cose siano disposte, a seconda di come richiede l'utilità o il
lavoro, a giudizio dell’anziano.
14
Tuttavia nessuno mangi o beva fuori dal monastero; infatti la disciplina della
Regola richiede che non si mangino neanche dei semplici frutti. 15 I
[fratelli] non pensino di bere anche solo acqua prima del pasto regolare.
CAPITOLO X.
1
Quando fanno il pane o durante ogni incarico manuale si diano sollievo a vicenda
nei loro sforzi. 2 E, sebbene siano impegnati in vari lavori, non
trascurino il tempo della preghiera e della salmodia, 3 in modo che,
mentre si dedicano alla preparazione di cibi carnali, si nutrano spiritualmente
della Parola di Dio e della meditazione di una retta coscienza morale.
4
E’ però opportuno che nessuno si sottragga a questi lavori, se non chi viene
trattenuto dalla malattia, 5, o chi ha ricevuto l’incarico dal
preposito di svolgere un altro compito.
6
In particolare sarà nominato cellerario colui che, a giudizio dell'abate e col
parere degli anziani, non prende in considerazione le volontà di alcuni ma le
esigenze di tutti, nel timore di Dio e nell'amore dei fratelli. 7
Tuttavia, quando il preposito è assente, si presti a lui obbedienza
concordemente 8 e, quando lo esigerà la necessità, non gli si rifiuti
l'aiuto.
CAPITOLO XI.
1
E’ opportuno che come amministratori del monastero siano scelti e nominati
coloro che con l'esempio della loro vita hanno dato prova di edificare gli
altri; 2 costoro conservino con la massima cura, e nel timore del
Signore, le elemosine offerte al monastero o quelle guadagnate col lavoro dei
fratelli. 3 Poiché, se trascurano di custodire i beni dei servi di Dio
ad essi affidati, come dicono alcuni Padri, danneggiano Dio e, se li dissipano,
saranno ritenuti responsabili davanti a Dio. 4 Infatti, ciò che sarà
loro donato come offerta al monastero per amore di Dio deve servire a tutta la
comunità. 5 Noi che abbiamo scelto la vita apostolica, perché
rivendichiamo come di nostra proprietà quelle cose che sappiamo essere
senz’altro destinate alla rovina?
CAPITOLO XII.
1
Deve essere destinato all’orto un [fratello] che venga poi alleviato dall’aiuto
del preposito e del cellerario. 2 E dato che i guadagni delle verdure
servono per le spese del cellerario, è opportuno che le verdure siano vendute e
coltivate in egual misura, in accordo con il cellerario. 3 È
opportuno che tutti gli attrezzi ed i restanti utensili siano custoditi da
entrambe le persone, [il fratello ortolano ed il cellerario], 4 in modo che ciascuno custodisca con diligenza
e con grande cura ciò che gli viene consegnato.
5
Nessuno presuma di portar via dalla cella di un altro ciò che non gli appartiene
senza il permesso di chi l’aveva ricevuto in consegna. 6 E chi avrà
la presunzione di fare ciò con perfida autorità, perché non ha paura di creare
degli scandali per cose infime, si renda conto che, infrangendo la Regola, è
colpevole verso l'intera comunità.
7
E neppure qualcuno si scelga il lavoro da fare quel giorno, dal momento che il
lavoro deve dipendere dalla decisione dell’anziano che, a suo giudizio,
ordinerà di fare ciò che avrà ritenuto utile. 8 Nessuno faccia
qualche cosa mormorando, affinché non abbia come conseguenza il destino dei
mormoratori di cui segue l’esempio (Cfr. 1 Cor 10,10).
9
A nessuno è permesso di visitare frequentemente i parenti: 10
tuttavia, alla persona che dimostra di prendersi cura della salute dei
familiari sia concesso di andarli a visitare in determinati tempi. 11
Nondimeno costoro devono stare molto attenti alle insidie del mondo per il
timore che, ritenendo di poter guadagnare altri al Signore, diventino
invece essi stessi estranei a Lui.
CAPITOLO XIII.
1
Nessuno vada ad un banchetto nuziale, 2 affinché non si rammenti
delle cose del mondo a causa della dissolutezza della gente del mondo e, ciò che
non sia mai, non sia richiamato alla vita di questo mondo nel suo animo,
ancorché non nel corpo, 3 come disse il beatissimo Cipriano: "Mentre
si vede l'adulterio, lo si apprende".
4
Colui che durante l’incontro con i fratelli abbia la pretesa di scherzare o di
ridere, oppure vorrà riferire parole oziose con i giovani o vorrà stringere
amicizia con quelli in tenera età, sia assoggettato al biasimo di cui è degno.
5
Se qualcuno trova qualcosa, non nasconda la cosa trovata e non occulti ciò che
deve essere conosciuto. 6 Se sarà consapevole di aver trattenuto la
cosa trovata durante un solo giorno, sappia che si è macchiato del contagio
morale del furto.
7
Se qualcuno verrà a sapere di [un fratello] che medita la fuga perché non può
sopportare la vita austera del monastero e se non lo renderà immediatamente
noto, sappia che sicuramente sarà partecipe della sua perdizione. 8
Costui sarà escluso da qualsiasi riunione dei fratelli per tutto il tempo
necessario per trovare [il fuggitivo].
9
Se qualcuno non tenderà con tutte le sue forze ad osservare queste [imposizioni]
gradite al Signore e se, rimproverato una prima ed una seconda volta, non vi
rimedierà, le sue colpe siano punite in modo conforme alla sua età.
CAPITOLO XIV.
1
Queste sono le cose che è bene che osservino coloro che sono stabiliti nel
monastero, per amore e timore di Dio.
2
Per il fatto che siete riuniti in unità nel timore del Signore, è bene che
viviate unanimi nella casa del Signore e che
abbiate una sola anima ed un solo cuore,
vigilando nel timore del Signore; 3
non considerate di avere nulla di
proprio, ma tutto sia in comune tra di voi. 4 Ciò che vi sarà
distribuito in base al comando dell'abate non sarà uguale per tutti, ma come lo
esigerà un certo criterio di ripartizione, o uno stato di malattia; 5
tuttavia a ciascuno sarà assegnato secondo le sue necessità, 6 come
si legge negli Atti degli Apostoli: "Fra
loro tutto era comune, e veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno"
(At 4,32-35).
7
Infatti, coloro hanno qualcosa nel mondo, quando saranno degni di venire ammessi
al monastero consegnino volentieri questi doni a disposizione di tutti, 8
facendo in modo che, con l’abbandono dei beni materiali, contemporaneamente
spoglino se stessi del desiderio di possedere e, 9 abbandonando il
possesso, rinuncino anche alla passione.
10
Coloro invece che non possedevano niente, è cosa turpe che cerchino di possedere
ciò di cui non hanno nemmeno il ricordo di aver lasciato. 11 E per
questo motivo non si considerino felici perché hanno trovato nel monastero cose
che fuori non potevano trovare. 12 Neppure si insuperbiscano perché
si uniscono a loro quelli a cui prima, per l'abbondanza delle ricchezze o per
nobiltà di nascita, non potevano avvicinarsi. 13 Abbiano invece il
cuore rivolto verso l’alto e non cerchino ciò che è transitorio e ciò che
perisce velocemente. 14 Invece, dove i ricchi si umiliano, i poveri
non si gonfino, affinché i monasteri non comincino ad essere più utili ai ricchi
che ai poveri.
15
E anche coloro che erano visti come ricchi nel mondo non accolgano sdegnosamente
i fratelli che vengono alla santa comunità dalla povertà, 16 ma
rendano grazie della comunione e della familiarità di queste persone.
17
E non si inorgogliscano se hanno giovato alle spese della fraternità, portando
una qualunque parte dei loro beni, poiché così cadono dal punto da dove prima
desideravano salire [più su]. 18 A cosa serve distribuire le
ricchezze e diventare poveri, donandole ai poveri, se la meschina anima,
disprezzando le ricchezze, diventa più orgogliosa di quanto non lo fosse
possedendole? 19 Tutti, quindi, persistendo unanimemente, onorate Dio
in voi, avendo meritato di essere diventati suoi templi.
20
Prima di tutto amiamo Dio con tutta la nostra forza d'animo e poi amiamo il
prossimo; questi infatti sono i comandamenti dati a noi in modo particolare
(Cfr. Mt 22,36-40; Mc 11,28-34).
21
L’abate sia onorato dopo Dio e gli si riservi rispetto: 22 al
preposito, come conviene ai servi di Dio, si accordi un amore pieno ed
un’obbedienza unanime.
CAPITOLO XV.
1
Nell'oratorio non si faccia nulla al di fuori del culto della preghiera e della
salmodia, affinché anche ciò che si esegue senza sosta si accordi con questo nome
2 Quindi, se qualcuno entra a pregare il Signore al di fuori delle ore
prescritte, il suo desiderio non sia ostacolato da un’occupazione sfavorevole.
3
Non cantate se non ciò che leggete che deve essere cantato.
4
Mortificate il vostro corpo con l'astinenza e domatelo con digiuni e veglie; ma
purificate la vostra anima con lo splendore di una buona condotta.
CAPITOLO XVI.
I. Se un
fratello, indebolito dall’astinenza, non è in grado di sopportare i digiuni che
ha iniziato, consideri che è sconveniente prendere qualcosa, a meno che sia
giunta l’ora del pasto. 2 Sia invece concesso il permesso a coloro
che non possono osservare le ore stabilite di digiuno essendo colpiti da una malattia:
prendano il cibo quando sono in grado di farlo.
3
E neppure deve dar fastidio agli altri [fratelli] se viene dispensato un cibo
più abbondante a coloro che nella vita del mondo erano trattati più sontuosamente;
4 e perciò non li giudichino più fortunati di loro, poiché essi sono
diventati più forti grazie alla loro modesta nascita o ad un’altra abitudine di
vita. 5 E neppure giudichino più fortunati coloro ai quali, per la
loro infermità, viene offerto ciò che viene sottratto ai sani, ai fini della
rigorosa osservanza. 6 E, se vengono concessi vitto e vestiti in
abbondanza a coloro che sono stati allevati dai genitori in modo più raffinato,
la fraternità non deve rimanere infastidita dal fatto che, per disposizione
della regola, a chi è forte nel corpo viene negato ciò che è accordato a quelli
in considerazione della carità. 8 Poiché bisogna considerare quante
cose hanno tenuto in poco conto per amore della vita religiosa ed a quale
umiliazione si sono assoggettati per ispirazione divina. 9 Tanto meno
la menzionata deroga, accordata a pochi, deve essere considerata quasi come una
regola valida per tutti. Ed infatti non è giusto che in questa beata casa, dove
i ricchi si abbassano, si elevino i poveri.
11
Senza dubbio [i fratelli] colpiti dalla malattia devono essere trattati in modo
che un regime generoso rinvigorisca rapidamente le forze indebolite dal disagio
della malattia. 12 Ma, per coloro che continuano ad essere malati non
vi sia alcuna discriminazione nel vitto, in funzione della differenza di
condizione delle persone.
13
Tuttavia, coloro che hanno riguadagnato tutta la loro forza fisica osservino i
soliti vincoli dell’astinenza, 14 poiché si addice ai servi di Dio
non di diminuire, ma di aumentare la consuetudine alle buone opere.
CAPITOLO XVII.
1
Il vostro abbigliamento non attiri l'attenzione e non aspirate ad essere graditi
per i vestiti, ma per il vostro modo di vivere.
2
Inoltre, quando uscite procedete insieme. 3 Quando arriverete al
luogo prefissato, con la protezione del Signore, stiate tutti insieme da
fratelli.
4
Nel camminare, nello stare fermi ed in ogni movimento del corpo, non ci sia
nulla di sconveniente che offenda lo sguardo di chi vi guarda, 5 ma
abbiate una condotta che conviene alla vostra santità (Ef 3,5).
CAPITOLO XVIII.
1
Se i vostri occhi, da qualunque parte siano rivolti, incontrano un volto di
donne, l’animo, dedito a Dio, non si sporchi con la pur minima macchia di lussuria.
2 Pertanto, poiché mentre camminate non vi si proibisce e neppure
potreste sfuggire dalla vista di donne, è un peccato grave desiderale
ed essere desiderati da esse. 3 Si incorre nella concupiscenza verso
le donne non solo con il tatto e col sentimento, ma anche con lo sguardo. 4
Non pensate di avere gli occhi puri se avete l'animo impuro, 5 perché
l'occhio impuro è indicativo di un cuore impuro.
6
D’altra parte, chi rivolge coscientemente uno sguardo libidinoso verso una
donna, non pensi di nascondere ciò che concepisce uno spirito appesantito dai
peccati. 7 Ma, supposto di essere certi che rimanga nascosto e che
senz’altro non sia visto da nessun uomo, cosa succederà di fronte a
quell'Osservatore che non viene ingannato da cose segrete ed a cui non possono
sfuggire le cose nascoste?
8
Perciò, l’uomo santo tema di essere sgradito a Dio, cui vuole presentarsi come
servo fedele. 9 Sia disposto a fare in modo che nel suo animo non si
insinui disgraziatamente un senso di piacere verso le donne. 10 Tema
Colui che vede tutto, a cui nessun atto umano è in grado di nascondere nulla.
11 Abbia così costantemente presente il timore di lui, di cui sta
scritto: "E’ in abominio al Signore
colui che fissa lo sguardo" (Pr 27,20: Volg.).
12
Perciò, quando siete insieme in chiesa od in qualunque luogo dove possono essere
presenti anche delle donne, avendo ognuno cura di tutti, custodite attentamente
la vostra compostezza.
13
Infatti, il Dio che abita in voi (Cfr. 1 Cor 3,16) si degnerà di proteggervi se mostrerete questa
sollecitudine . 14 E se qualcuno fra voi
percepirà in un altro questa impudenza dell’occhio di cui ho parlato, ammonitelo
immediatamente, in modo che in futuro si corregga. 15 E
[colui che ammonisce] non si
consideri malevolo per aver fatto notare ciò, 16 per il motivo che
deve essere reso noto colui che si comporta in questo modo, affinché non vada a finire
in peggio.
17
Se poi, dopo essere stato ammonito, trascurerà di emendarsi, sia denunciato
all'abate affinché gli infligga una punizione correttiva. 18 E se non
si correggerà neanche così sia espulso dalla vostra comunità come una pecora
infetta, affinché altri non si perdano a causa del suo esempio.
19
Allo stesso modo occorre certamente essere vigili riguardo al vizio della
cupidigia, in modo tale che, quando si riscontra che qualcuno soffre di tale
vizio, venga ripreso davanti a molti, con amore per il prossimo e odio per i
vizi.
CAPITOLO XIX.
1
Chi avrà l'arroganza di ricevere da chiunque lettere e piccoli doni, se non rende
noto immediatamente da chi li ha ricevuti e ciò che ha ricevuto, subisca una
severissima correzione. 2 Per quanto riguarda gli oggetti che sono
stati inviati, saranno assegnati ai pellegrini ed ai forestieri, oppure in ogni
caso saranno bruciati nel fuoco. 3 Se poi qualcuno porta [nel
monastero] qualcosa ai propri figli o a chiunque sia in relazione di parentela,
ciò sia versato nel bene comune e conferito a chi ne avrà bisogno. 4 Se,
al contrario, l'abate comanda di assegnarlo a chi l’ha ricevuto, costui lo
riceva con rendimento di grazie, come fosse un qualunque dono dei fedeli.
5
Dobbiamo anche stare attenti che l'anima non contragga un sudiciume interiore a
causa del troppo desiderio di tener pulito l'abito. 6 Per questo
motivo gli abiti devono essere lavati secondo l'ordine del preposito.
7
Questi devono essere acquistati di un colore così semplice e naturale, in modo
che la differenza nell’abito non alimenti il vizio dell’arroganza. 8
Di conseguenza gli abiti [usati] devono essere distribuiti ai poveri in modo che
non si manifesti l’imprudenza di voler provvedere ognuno per se stesso, avendoli trattenuti
per il vizio dell’avarizia.
9
Se, per di più, qualcuno pensasse di chiederne in modo sprezzante, sia corretto
da parte del preposito come dilapidatore dei beni del monastero.
10
Innanzitutto fate attenzione a non avere mai delle liti. 11 Se, su
istigazione del diavolo, si verificheranno, vengano rimediate da una rapida
soddisfazione, 12 tirando fuori i rimedi da dove sono uscite le
ferite 13 E non tramonti il
sole sopra la vostra ira (Ef 4,26).
14
Respingete la consuetudine di giurare (Cfr. Sir 23,9); 15 “Il
vostro parlare sia “si, sì”, “no, no”; “ 16 perché, come dice il
Signore, “il di più viene dal Maligno”
(Mt 5,34-37).
CAPITOLO XX.
1
Le donne non frequentino le vostre dimore, 2 Ma, se raggiungono il
monastero per la loro
devozione o per l'amore della vostra vita monastica,
non venga loro concesso di entrare attraverso le porte interne del monastero.
3 Sia invece loro reso onore e cordialità nell’oratorio o nella casa
per gli ospiti, 4 non per timore nei loro confronti, ma per
disposizione della regola e la disciplina del monastero.
CAPITOLO XXI.
1
Ai malati ed a coloro che soffrono di qualche infermità deve essere preposta una
persona assai fidata ed operosa, 2 che serva i malati con amore, che
custodisca regolarmente la disciplina del monastero e che distribuisca
ragionevolmente ciò che serve agli infermi.
CAPITOLO XXII.
1
In particolare coloro a cui sono affidate le provviste ed i libri servano i
fratelli senza mormorare.
2
Coloro che chiedono i libri fuori orario non li ricevano; 3 e coloro
che li avessero trattenuti più a lungo rispetto a quanto stabilito, non osino
trattenerli oltre.
4
Facendo queste cose nel nome di Cristo, sappiate che progredirete e
permarrete nel monastero piacevolmente e serenamente.
5
Inoltre, quando la necessità della disciplina vi obbliga a dire parole
dure al fine di correggere certi comportamenti, 6 anche se vi
accorgeste che forse avete superato il limite della disciplina, non si pretende
che chiediate perdono, 7 affinché non si comprometta l’autorità del
governare, riservando troppa umiltà verso coloro che devono sentirsi sottomessi.
8 Dobbiamo, però, chiedere perdono al Signore di tutti, a Lui che sa
con quanta benevolenza amate anche coloro che forse rimproverate più del giusto.
9
Anche in questa circostanza si può capire che non viene trascurata quella carità
di cui sta scritto che "non cerca ciò che
è suo" (1 Cor 13,5). 10 Infatti, coloro che tentano di umiliare
la superbia altrui, non riescono ad umiliare se stessi nella misura in cui lo
desiderano. 11 E questo poiché l'amore tra voi non deve essere
carnale, ma spirituale.
12
Perciò aspirate con diligenza alla salvezza di tutti, dal momento che ognuno
dovrà rendere conto a Dio delle anime affidategli (Cfr. Eb 13,17).
CAP. XXIII.
1
Si obbedisca soprattutto al preposito e molto di più all'abate, cui è affidata
la direzione di tutti voi, 2 poiché chi li disprezza, disprezza colui
che ha detto: "Chi ascolta voi ascolta
me, e chi disprezza voi disprezza me" (Lc 10,16).
3
Fate in modo che tutte queste cose siano rispettate e, se qualcosa non sarà
rispettato, non sia trascurato con negligenza, ma si faccia in modo di
rimediarvi e di correggerlo: ciò è specialmente di pertinenza del preposito.
4 Quest’ultimo attribuirà all’abate, che ha maggiore autorità su di
voi, ciò che supera il suo ambito e le sue forze.
5
Chi vi dirige, inoltre, non si consideri felice se domina con autorità, ma se
serve con carità; 6 sia innalzato per il rispetto nei vostri
confronti e sia prostrato ai vostri piedi davanti a Dio. 7 Nei
riguardi di tutti offra se stesso come
esempio di opere buone (Tt 2,7). 8
Corregga gli inquieti, consoli i deboli,
accolga i fragili, sia paziente con tutti (1 Ts 5,14), 9 Mantenga
con piacere la disciplina e infonda rispetto. 10 E sebbene ambedue siano
necessarie, tuttavia cerchi di essere più amato che temuto, 11
pensando sempre che dovrà rendere conto a Dio in relazione a voi (Cfr. Eb
13,17).
12
Perciò, obbedendo maggiormente, avrete misericordia non solo di voi, ma anche di
lui, poiché quanto più la sua posizione è sopra di voi, tanto più si trova in
una situazione di pericolo maggiore.
13
Il Signore vi dia la grazia di osservare tutte queste cose con amore, come
amanti delle bellezze spirituali e profumando del buon profumo di Cristo (2 Cor
2,15), grazie alla vostra buona conversione di vita, 14 stabiliti
sotto la grazia non come schiavi sotto la legge, ma come uomini liberi.
15
Affinché vi possiate osservare in questo piccolo libro come in uno specchio e
perché non avvenga che trascuriate qualcosa per dimenticanza, vi venga letto una
volta alla settimana. 16 E quando vi troverete a compiere quanto
scritto, rendete grazie a Dio, elargitore di ogni bene. 17 Nel caso
che qualcuno di voi vedesse che gli manca qualcosa, pianga per il passato e provveda
per il futuro, 18 pregando affinché gli
sia rimesso il debito e
non sia indotto in tentazione (Mt
6,12-13).
Ritorno alla pagina iniziale: "Regole monastiche e conventuali"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
24 febbraio 2017 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net