LA «REGULA MONASTERII TARNANTENSIS
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Estratto da F. Villegas. "La Regula monasterii Tarnantensis. Texte, sources et datation"
Revue Bénédictine Tome LXXXIV N° 1-2 1974 - Abbaye de Maredsous (Belgique)
(Libera traduzione dal francese. Nota )
I. INTRODUZIONE
Di autore ignoto, la Regula Monasterii
Tarnantensis (sigla R Tar, Clavis
1851) si ricollega per la sua denominazione ad un luogo difficile da collocare,
perché l'unico indizio sicuro che abbiamo è la posizione del monastero a bordo
di un corso d’acqua abbastanza importante da essere attraversato in barca (R
Tar 4, 5). J.-M. Theurillat
[1] esclude l’identificazione con il
monastero di Saint-Maurice d'Agaune e M. Besson
[2], a seguito di Mabillon
[3], inclina per Ternay sulle rive del
Rodano, nel cantone di Saint-Symphorien-d'Ozon (Isère). Tuttavia, questa ipotesi
resta da dimostrare, così come quella di L.-R. Delsalle
[4], che vede il monastero nell’alto
Tarn o Tarnon.
Anche la tradizione manoscritta non è molto coerente sull’ortografia del nome
stesso. La forma Tarnantensis adottata
qui è tratta dal più antico manoscritto conosciuto del
Codex regularum, attualmente a Monaco di Baviera (Clm 28118), e
della sua copia di Colonia (WF 231). Tuttavia diverse grafie coesistono nei
titoli degli estratti ripartiti nei manoscritti del
Concordia regularum, in particolare nell’esemplare di Fleury
(ORLÉANS B.M. 233 [203]), dove troviamo per esempio
Tarnatens, Tarnatensie, Taratensi, Taratanensi, Tarnensis , Tarnatensi
...
[5]. Le edizioni a stampa, hanno
preferito Tarnatensis (Ménard, Holste,
Martène, Migne), benché a volte si trovi anche
Tarnensi (Trithème).
Ci piacerebbe anche essere meglio informati circa i
quibusdam codicibus della
Tarnantensis di cui parla vagamente H. Ménard (PL 103, di autore ignoto, 709
d), così come su quel “manoscritto di Corbie del VII secolo” che sarebbe,
secondo J.-M. Theurillat (op. cit., p. 27), il primo testimone del nostro testo.
Fino a prova contraria, l'unico manoscritto antico che ci sia pervenuto è il
Codice di Benedetto di Aniane (Clm 28118), menzionato prima.
Queste incertezze e queste lacune delle nostre informazioni sono tanto più
deplorevole per il fatto che la R Tar
è una delle più singolari produzioni della letteratura monastica occidentale.
L'eclettismo del suo autore ha prodotto in essa una straordinaria sintesi di
elementi provenienti dalle tre principali correnti tradizionali che risalgono a
Pacomio, Basilio ed Agostino.
La parte che comprende i capitoli 1-13 è un mosaico piuttosto insolito, composto
da molteplici piccoli prestiti dalle regole latine anteriori, di citazioni
patristiche dichiarate (Cipriano, 13, 3) o non dichiarate (Gerolamo, 8, 14-15),
e di alcuni riferimenti ai canoni dei concili gallici, il tutto disposto in modo
molto personale, in funzione di una situazione umana e monastica molto concreta.
Per contro, lungo tutti i capitoli dal 14 al 23, l'autore utilizza
deliberatamente il Praeceptum
agostiniano; appare chiaramente che, come Cesario d’ Arles nel suo
Regula uirginum, l’autore conosce ed
utilizza l’insieme designato sotto il nome di
Praeceptum longius, che comprende
l'Ordo Monasterii seguito dal
Praeceptum
[6]
. Tuttavia questa parte è meno monolitica di quanto sia stato considerato
[7]. Vi si trovano, infatti, degli
sviluppi originali indipendenti dalla fonte agostiniana, come nel capitolo 21.
Talvolta, in particolare nel capitolo 23, la copia è addirittura servile,
mentre per esempio nel capitolo 19 è molto più libera. Tuttavia, l'unità
di stile e di vocabolario, da un capo all'altro della regola, è indiscutibile.
Al fine di poter situare con maggiore precisione la
R Tar nella tradizione monastica e determinare ciò che essa le
apporta e ciò che prende da questa, risulta indispensabile indagare sulle sue
fonti letterarie. L'oratoriano C. Le Cointe, nei suoi
Annali ecclesiastici francorum
[8], ne ha ben visto le tre
principali: Pacomio, Agostino e Cesario, ma egli non indica abbastanza
esplicitamente i passaggi o le espressioni tratte da queste fonti. Allo stesso
modo la sinossi che egli ha stabilito per i capitoli 14 e seguenti tra la
R Tar e la
Regula Augustini non mette in luce sufficientemente ciò che è preso
in prestito e ciò che è proprio dell'autore. Inoltre, C. de Clercq,
nell’articolo L'influence de la Règle de
saint Pachôme en Occident
[9], fa notare delle somiglianze tra
la R Tar e le
Pachomiana. Spesso si tratta di fonti
letterarie dirette e non solo di “reminiscenze per lo meno verbali”. Non era
dunque inutile ripetere queste indagini in un modo più accurato. Questo lavoro,
iniziato da E. Rouet e S. Simonin ha portato a questo saggio costituito da una
sinossi, accompagnata da un apparato critico, da un apparato scritturale e da
una raccolta di note
[10].
I. Storia del testo
Il testo integrale della R Tar si trova unicamente, a nostra conoscenza, nella
collezione delle Regole dei Padri, unico esemplare contemporaneo attualmente
noto di ciò che si chiama il Codex
regularum di Benedetto d’Aniane
[11]. Situato tra la
Regula Cassiani ( Inst. 4, 13) e la
Regula Orientalis
[12], la
R Tar è una delle Regole che l'editore carolingio ha salvato
dall'oblio.
La numerazione dei capitoli è quella del
Codex. Per permettere una più conveniente citazione, questi ultimi sono
stati divisi in versetti.
L’autore precisa poi di avere utilizzato il manoscritto Clm 28118 che
si trova presso la Bayerische
Staatsbibliothek di Monaco, con altre precisazioni.
L'Introduzione è riportata per intero, mentre il capitolo riguardante la storia del testo solo in minima parte.
Il capitolo II, ovvero la parte più sostanziosa dell’articolo, da pag. 11 a pag. 46, è dedicato alla sinossi del testo della Regola che non viene riportato. Ho solo utilizzato i riferimenti biblici e patristici citati.
NOTE
[1] L'abbaye de
Saint-Maurice d'Agaune, des origines à la réforme canoniale
515-830, Vallesia,
Sion, 1954, p. 27-29.
[2] Monasterium
Acaunense, Fribourg, 1913, p. 116-118.
[3] Annales OSB,
t. 1, Lucques, 1739, p. 27 et 625-626.
[4] Comparaison,
datation, localisation relatives des Règles monastiques de saint Césaire
d'Arles, saint Ferréol d'Uzès et de la « Regula Tarnantensis
monasterii », in
Augustiniana II (1961), p. 26.
[5]
Quest'ultima forma è la più comunemente utilizzata dai manoscritti della
Concordia di Vendôme (BM 6o).
Ma la legatura NT, che si vede nel titolo dei due estratti (P. 231 e
247), trovandosi nella parte primitiva del manoscritto di Fleury (quella
copiata sotto gli occhi di Benedetto d’Aniane), sostiene la lezione di
Munich.
[6] Cfr L. VERHEIJEN, La
Règle de saint Augustin, t. 2,
Études augustiniennes, Paris, 1967, p. 216.
[7] Si veda per esempio L.R. DELSALLE, op. cit., p. 8-10, 17,
21 ; et G. HOLZHERR, Regula
Ferioli, Ein Beitrag zur Entstehungsgesckichte und zur Sinndeutung der
Benediktinerregel, Benziger Verlag, Einsiedeln, 1961, p. 92.
[8]
Tome 1, anno 536, Paris, 1665,
p. 521-533.
[9] Mélanges Louis
Halphen, t. 1, Paris, 1951, p. 174-175.
[10]
E’ grazie all’iniziativa ed al sostegno del P. Adalbert de Vogüé che
queste pagine vedono la luce. Esse hanno largamente beneficiato della
sua grande esperienza.
[11]
Cfr J. NEUFVILLE, La Règle de
saint Benoît, t. 1, Paris, 1972 (SC 18r), p. 330, Il. 37·
[12] Cfr M.-E. BOUILLET,
Le vrai « Codex regularum » de saint Benoît d'Aniane, in
Revue bénédictine 75 (1965), p. 345-349.
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24 febbraio 2017 a cura
di Alberto "da Cormano"
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