LA REGOLA DI PAOLO E STEFANO
Considerazioni generali
Estratto e tradotto da: "Regula Pauli et Stephani: edició crítica i comentari",
a cura di J. Evangelista M. Vilanova, O.S.B., Publicaciones
del Monasterio de Montserrat, 1959.
Non ci resta che raggruppare brevemente i risultati del nostro studio e coordinare i
dati sparsi nelle tre parti che lo strutturano.
1. Studio del testo della RPS
2. Edizione critica del testo della RPS
3. Commento dottrinale e monastico della RPS
Le conclusioni influenzano la storia e la dottrina della RPS.
Per quanto riguarda la prima parte, occorre molta cautela.
Tuttavia, l'unanimità della tradizione giustifica la considerazione che
Paolo e Stefano, probabilmente abati di uno stesso monastero, siano gli
autori della nostra regola. Nessun argomento decisivo è stato fornito contro
questa attribuzione. Il nome, tuttavia, è l'unica cosa che conosciamo di
queste persone; nessuno scrittore contemporaneo, o almeno dell'età antica,
ci ha trasmesso il minimo dettaglio su di loro.
Sfortunatamente, mancano anche prove apodittiche per stabilire
l'ambiente in cui hanno scritto la loro regola. Tuttavia, la convergenza di
prove raccolte nel presente studio, desunto dalla tradizione manoscritta, le
fonti, la lingua, la dottrina e le istituzioni, autorizzano a concludere che
l'Italia è la patria della nostra regola e che è la fine del VI secolo che
l'ha visto nascere. Sarà indubbiamente utile elencare queste indicazioni. La
tradizione manoscritta, almeno fino a quando è stato possibile controllare,
non ne designa il luogo di provenienza; indica, tuttavia, l'esclusione della
penisola iberica e delle isole britanniche. Quanto alla data viene indicato
il secolo VII come il termine
post quem non è
stata composta la RPS. Per
quanto riguarda le fonti, si deve rilevare l'incostanza nell'uso delle
versioni della Bibbia (propria degli autori del secolo VI); in aggiunta,
utilizza il Salterio romano, con varianti tipiche attestate da codici
utilizzati nei dintorni di Roma; cita un responsorio dell'antifonario romano
e contiene alcune reminiscenze dei sacramentari Gregoriano e Gelasiano
[1]
(per la data attribuibile alla RPS,
queste citazioni e reminiscenze sono concepibili solo a Roma e dintorni).
Sebbene si impongano una riserva ed una discrezione estreme quando
si tratta di rendere argomentazioni sulla lingua e sullo stile, sembra
lecito affermare che la RPS utilizza la lingua del VI secolo (in ogni caso
esclude quella dei paesi germanici in un'epoca così arretrata); in aggiunta,
l'uso frequente del cursus ritmico
[2]
probabilmente indica
l'Italia come punto di partenza. Si devono anche notare le indicazioni
liturgiche e dottrinali: il divieto di cantaro antifone e responsori degli
Atti dei martiri colloca indubbiamente la nostra regola in un ambiente
d'influenza strettamente romana; lo stesso vale per quanto riguarda la
posizione ortodossa che emerge riguardo alla questione semipelagiana,
portando a
collocarla in una
regione non interessata al problema ed in un momento in cui era già stata
risolta.
Anche il confronto tra la RPS e la tradizione monastica conferma
queste conclusioni. In effetti, i principali documenti che hanno influenzato
la nostra regola (RPach (Regola di Pacomio), RBas (Regola di Basilio), RA
(Regola di Agostino), Cassiano) erano ben noti in Italia; le regole dei
vescovi gallici ed ispanici, d'altra parte, hanno lasciato nella RPS
un'impronta: si allontanano da essa nella divisione dell'anno e dell'orario
monastico. D'altra parte, i contatti istituzionali con la RM (Regola del
Maestro) e, in misura minore, con la RB (Regola di Benedetto) indicano una
comunità di tradizioni locali o, perlomeno, un ambiente affine. Dobbiamo
ancora pensare ad un altro dettaglio che dimostra che i monaci destinatari
della regola vivevano in un paese del meridione: il lavoro veniva interrotto
dalla siesta che si svolgeva nello stesso campo. Tutti questi indizi,
quindi, ci guidano in Italia dove, nel VI secolo, il monachesimo era
splendido.
Il monastero per il quale fu stata scritta la RPS stava già
seguendo le "Regole dei Padri"
[3], molto probabilmente stimate più per il loro valore dottrinale che
per quello legislativo. L'occasione che dovette muovere Paolo e Stefano a
scrivere la loro opera doveva essere un sopravvenuto rilassamento dello
spirito e della disciplina contenute nelle citate Regole dei Padri. Questo
fatto spiega il fatto che la RPS non è un codice completo, accurato e
meticoloso che ordina nelle sue linee principali la vita del monaco come fa,
per esempio, la RB. È soprattutto un'esortazione generale alle pratiche
della vita perfetta ed alle virtù monastiche. Come supplemento alle
Regole dei Padri,
la RPS indica solo i punti dell'osservanza che sembrano essere in pericolo,
soprattutto a causa del desiderio di innovazione e di individualismo dei
monaci.
Il monastero di Paolo e Stefano, forse messo sotto la protezione
degli apostoli Pietro e Paolo, doveva essere circondato da campi coltivati
dagli stessi monaci. Della struttura esterna del monastero, non stabilita in
nessuna regola, la RPS non dettaglia nulla. Menziona solo l'oratorium
(oratorio), il
cellarium (dispensa), le
officinae artificum (laboratorio degli artigiani), il
pistrinum (mulino o forno);
nessuna allusione alla
cella novitiorum,
infirmorum, hospitum (locali dedicati ai novizi, ai malati ed agli ospiti), ricordate da San Benedetto. Si dà per scontata l'esistenza di un
refettorio comune; tuttavia, non vi è alcuna indicazione riguardante un
dormitorio comune.
L'autorità del monastero era posta nelle mani dell'abate, del
quale, tuttavia, non si delinea la figura; solo marginalmente si riferisce
dei suoi poteri in materia di ordine esterno e disciplinare. Non si può
dire, quindi, che il concetto di abate nella RPS differisca da quello della
restante tradizione. L'abate a volte prende il titolo di
Pater (Padre);
tuttavia,
l'identificazione con
senior (anziano) e
prior (superiore) non
è sempre
chiara. Se è necessario distinguerlo dall'abate, anche il
senior entra a far parte della gerarchia monastica. Degli ufficiali del
monastero si ricorda il
cellararius, il servitore della mensa - sotto la sua direzione - ed il
custos ferramentorum (custode degli attrezzi);
si riferisce anche degli
artifices (artigiani) e dei
dictatores
(insegnanti), impegnati nel lavoro manuale ed in quello intellettuale
rispettivamente.
Il lavoro manuale includeva la coltivazione del campo, dove i
monaci facevano il sonnellino e recitavano l'ufficio divino (questo
dettaglio significa che il monastero era un po' lontano). In aggiunta a
questa occupazione non mancavano nel monastero le officine dove i monaci
esercitavano le
terrenae artes (mestieri secolari).
Tutto
questo lavoro era distribuito dopo l'ora prima; non sappiamo, tuttavia,
quale fosse la durata del giorno monastico. Accanto a questo
terrenus labor
(lavoro
materiale), la RPS distingue lo
spiritale opus
(attività
spirituale)
che doveva comprendere
l'ufficio divino e lo studio del salterio delle lettere. Sebbene sia
difficile specificare la portata del lavoro intellettuale, è degna di note
l'importanza che esso assume nel monastero della RPS, nel quale ogni giorno
si svolgevano le lezioni appropriate. La cultura del monaco doveva
estendersi anche al canto, in modo che l'opus
Dei potesse essere eseguita
magnificamente ed all'unanimità. In questo modo, la vita spirituale dei
monaci poteva essere nutrita con dignità dall'ufficio divino e dalla lettura
dei Padri. Ma l'incoronamento e la perfezione di questa vita spirituale
erano offerti dall'Eucaristia, forse quotidiana.
La dottrina della RPS è abbastanza tradizionale, sebbene sia
rivestita da uno stile personale perfettamente integrato in essa. Ma per
la sua stessa natura di esortazione al rispetto delle Regole dei Padri
osservate nel monastero, la RPS non offre tutti gli elementi di una
testimonianza completa e coerente della vita monastica. Ciò spiega anche il
fatto che si astenga dal parlare dei vari gradi di perfezione e dallo
specificare la formalità dello stato religioso. Non si dimentichi che la RPS
viene presentata non come il risultato di una riflessione astratta, ma come
un risultato di una convivenza concreta con uomini che seguono già le Regole
dei Padri. Questo è il motivo per cui l'idea della comunità monastica è già
fondata.
Inoltre, l'insegnamento di Basilio e di Agostino hanno così
permeato lo sfondo ascetico della RPS, che tale sfondo è stato focalizzato
sui concetti di temperanza e vita comune, che sono le caratteristiche della
RBas e della RA rispettivamente. Anche se le circostanze specifiche del
monastero per il quale è stata scritta la RPS possano richiederlo, la nostra
regola è stata in grado di stabilire le sue disposizioni in questi principi
fissi della dottrina ascetica monastica che si adattano alle esigenze degli
uomini di sempre.
La vita comune è evocata in diversi passaggi dove si parla dei
difetti dell'individualismo, che tanto la danneggia, e per ciò che riguarda
l'organizzazione del lavoro. Non occorre scendere nei dettagli, ma si tenga
presente solo che nella RPS la dottrina e le prescrizioni sono sempre
presentate in un contesto sociale e comunitario. L'obbedienza, la preghiera
ed il lavoro, i principali doveri dell'ascetismo monastico, rispondono nella
nostra regola a questo orientamento.
In aggiunta, facendo dell'obbedienza la virtù della vita monastica,
la RPS, fedele alla tradizione cenobitica, conferisce all'ascetismo un
valore eminentemente interiore: la rinuncia alla propria volontà poi assume
un'importanza maggiore della mortificazione corporale. Ecco perché la nostra
regola non impone mortificazioni ai monaci. Non parla nemmeno del digiuno,
che ha sempre occupato un posto importante nell'ascetismo monastico. Non si
menzionano punizioni, né si parla di scomunica. Ci sono molte cose che sono
proibite e molte altre che richiedono un permesso dell'abate, ma la
punizione vera e propria non viene ricordata se non quella appropriata ai
negligenti nello studio.
L'esigenza monastica è generalmente presentata come un'espressione
della temperanza, secondo il pensiero di San Basilio. Si estende
all'abbigliamento, al l'uso di cibo e di altre cose, al parlare ed al
ridere, agli affetti umani. La temperanza sembra essere per la RPS la virtù
fondamentale che favorisce lo sviluppo delle altre in ogni grado della vita
spirituale. D'altra parte, già in tutta la regola, viene introdotta l'idea
di "misura", specialmente nei metodi ascetici. Per un certo numero di monaci
è prescritta una regola fissa, un regime praticabile per tutti, lasciando
spazio ad iniziative di fervore individuale.
Queste sono le arterie della dottrina monastica della nostra
regola. Vi si riconosce senza dubbio la mano di un maestro, di un uomo di
dottrina e di esperienza; insegna ed esige ciò che ha già vissuto. Senza
voler esagerare il significato della RPS, è certo che la sua conoscenza
aiuta a chiarire l'atmosfera dell'antica tradizione monastica occidentale.
Ci auguriamo che la presente monografia sia qualcosa di più che un
punto di partenza negli studi riguardo la RPS; tuttavia, alcuni degli
aspetti esaminati devono essere soggetti a nuove indagini individuali al
fine di arrivare a conclusioni sufficientemente sicure che superino le
congetture più o meno probabili presentate in queste pagine.
[1]
Il sacramentario è un libro liturgico che viene utilizzato dal
celebrante, vescovo o presbitero, e che contiene le formule di
preghiera per l'eucaristia ed i sacramenti. I sacramentari
Gregoriano e Gelasiano sono attribuiti a papa Gregorio Magno (papa
dal 590 al 604) ed a papa Gelasio I (papa dal 492 al 496), anche se
non vi è certezza che siano loro i veri autori.
[2]
Cursus,
sostantivo maschile,
lat. (pl.
cursus). – Nella prosa latina medievale, l’andamento
ritmico del periodo; in particolare, la clausola o cadenza che
chiude armoniosamente il periodo o la frase, risultando dall’unione
di due parole, ognuna con proprio accento. (da
Enciclopedia Treccani)
[3]
Con "Regole dei Padri" si intende una collezione di regole antiche
utilizzate dai fondatori di monasteri come base per le pratiche
della vita religiosa. Tra di esse quelle attribuite ad Agostino,
Basilio, Pacomio, Cassiano, Macario, ecc. .
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11 maggio 2017 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net