PRAEFATIO. |
TRADUZIONE LATINA DI SAN GEROLAMO DELLA REGOLA DI SAN PACOMIO PREFAZIONE |
(Estratto da "Patrologia Latina Database" - Migne) |
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[0061A] 53 1. Quamvis acutus gladius et levigatus, si diu in
vagina conditus fuerit, sordescit rubigine, et splendorem pristini
decoris amittit. Unde et ego moerens super dormitione sanctae et
venerabilis Paulae, non quo contra praeceptum Apostoli facerem, [0062A]
sed quo multorum incisa illius morte refrigeria suspirarem, accepi
libros ab homine Dei Silvano presbytero mihi directos, quos ille
Alexandria missos susceperat, ut etiam [Al. mihi] injungeret
transferendos. Aiebat enim quod in Thebaidis coenobiis, e [0063A] in
monasterio Metanoeae, quod de Canopo in poenitentiam
felici nominis conversione mutatum est, habitarent plurimi Latinorum,
qui ignorarent Aegyptiacum Graecumque sermonem, quo Pachomii et Theodori
et Orsiesii praecepta conscripta sunt. Qui primi per Thebaidem et
Aegyptum coenobiorum fundamenta jecerunt juxta praeceptum Dei, et
Angeli, qui ad eos ob hanc ipsam institutionem missus venerit.
Venerabilis quoque virgo filia ejus Eustochium haberet quod sororibus agendum tribueret, nostrique fratres Aegyptiorum, hoc est, Tabennensium monachorum exempla sequerentur,
qui habent per singula monasteria patres, et dispensatores, et
hebdomadarios, ac ministros, et singularum domorum Praepositos, ita ut
in una domo quadraginta plus minusve fratres habitent, qui obediant
Praeposito; sintque pro numero fratrum triginta, vel quadraginta domus
in uno monasterio, et ternae, vel quaternae domus [0063C] in unam tribum
foederentur, ut vel ad opera simul vadant, vel in hebdomadarum
ministerio sibi succedant per ordinem. |
1. Una spada, per
quanto tagliente e scintillante, se resta a lungo nel fodero si macchia
di ruggine e perde lo splendore e la bellezza primitiva. E così anch’io,
afflitto per la morte della santa e venerabile Paola, non perché
volessi contraddire il precetto dell’Apostolo (cf. 1Ts 4,13), ma perché
rimpiangevo quella consolazione che essa offriva a molti e che con la
sua morte era venuta meno, ho accettato volentieri i libri inviatimi
dal presbitero Silvano, uomo di Dio che li aveva ricevuti a sua volta da
Alessandria per farmeli tradurre. Diceva infatti che nei cenobi della
Tebaide e nel monastero della Metanoía, a cui il nome di Canopo con
felice conversione era stato mutato in quello di monastero della
Penitenza, vivevano molti latini che non conoscevano né il copto né il
greco, lingue in cui sono state scritte le regole di Pacomio, di Teodoro
e di Orsiesi, che per primi gettarono le fondamenta dei cenobi nella
Tebaidee in Egítto secondo un ordine ricevuto da Dio e da un angelo da
Dio a questo scopo.
E dunque, poiché a lungo avevo taciuto e nel silenzio ero divorato dal
dolore e d’altra parte il presbitero Leonzio e gli altri fratelli,
inviati insieme a lui proprio per questa ragione, mi sollecitavano, feci
chiamare uno scrivano e gli dettai nella nostra lingua (questi testi)
già tradotti dal copto in greco. E l’ho fatto per obbedienza, non dico
alle suppliche ma agli ordini di uomini così ragguardevoli e per rompere
il mio lungo silenzio, come si suol dire, sotto un buon auspicio. E così
ritornai ai miei antichi studi e diedi consolazione all’anima di quella
santa donna che sempre era stata infiammata d’amore per i monasteri e
che aveva meditato qui sulla terra ciò che doveva contemplare in cielo.
E inoltre sua figlia Eustochio, venerabile vergine di Cristo, avrebbe
avuto qualcosa da offrire alle sue sorelle come norma di vita e i nostri
fratelli avrebbero potuto seguire gli esempi degli egiziani, cioè dei
monaci di Tabennesi.
2. In ogni monastero essi hanno padri, economi, ebdomadari, incaricati e
prepositi alle singole case. Una casa riunisce circa quaranta fratelli
che obbediscono al preposito e, secondo il numero dei fratelli, in un
monastero ci sono da trenta a quaranta case; tre o quattro case sono
riunite in una tribù e queste tribù si recano insieme al lavoro e si
alternano in ordine nei servizi settimanali
3. Chi poi è entrato nel monastero per primo per primo si siede, per
primo si muove, per primo recita il salmo, per primo si serve a tavola,
per primo riceve la comunione in chiesa. Fra di loro non conta l’età, ma
la (data della loro) professione.
4. Nelle celle
non hanno nulla tranne una stuoia e i seguenti oggetti: due tuniche,
cioè una specie di veste egiziana senza maniche e un’altra tunica già
consumata per dormire o per lavorare, un mantello di lino, due cocolle,
una pelle di capra chiamata melote, una cintura di lino, i sandali e un
bastone, compagni di viaggio.
5. I malati sono assistiti con cure particolari e con cibi preparati con
ogni abbondanza. I sani osservano un regime più severo: due volte la
settimana, il mercoledì e il venerdì, tutti digiunano, tranne nel tempo
di Pasqua e di Pentecoste. Gli altri giorni, quelli che vogliono
mangiano dopo mezzogiorno e anche a cena si prepara il pasto per chi è
affaticato, per i vecchi, i bambini e nei periodi di gran caldo. Alcuni,
la seconda volta, mangiano poco, altri si accontentano di un pasto solo,
del pranzo oppure della cena; alcuni se ne vanno dopo aver mangiato
soltanto un po’ di pane. Mangiano tutti insieme. Chi non vuole andare a
tavola riceve nella sua cella un po’ di pane, acqua e sale, per uno o
due giorni, come vuole.
6. I fratelli che esercitano lo stesso mestiere sono riuniti nella
stessa casa sotto un solo preposito. Per esempio, quelli che tessono il
lino stanno insieme, quelli che intrecciano stuoie sono considerati una
sola famiglia. I sarti, i carpentieri, i lavandai, i calzolai sono
guidati dai loro prepositi e ogni settimana rendono conto del loro
lavoro al padre del monastero.
7. I padri di
tutti i monasteri hanno un solo capo che abita nel monastero di Pbow.
Nei giorni di Pasqua si radunano tutti presso di lui tranne quelli che
sono indispensabili nei monasteri e così circa cinquantamila uomini
celebrano insieme la festa della Passione del Signore.
8. Nel mese detto di mesore, cioè in agosto, a imitazione del
giubileo (cf. Lv 25), si celebrano i giorni del condono; a tutti vengono
perdonati i peccati e quelli che hanno avuto motivi di discordia si
riconciliano. Sono inoltre nominati i capi dei monasteri, gli economi, i
prepositi, quelli che adempiono i diversi servizi secondo le necessità.
9. Quelli della Tebaide dicono anche che un angelo insegnò a Pacomio,
Cornelio e Sourous, di cui si dice viva ancora oggi ed abbia più di
centodieci anni, un linguaggio segreto che permetteva loro di scriversi
e di parlarsi con un alfabeto spirituale, celando sotto segni e simboli
dei significati nascosti. Queste lettere le abbiamo tradotte nella
nostra lingua, fedeli alla lettura che ne fanno gli egiziani e i greci
lasciando i segni come li abbiamo trovati. Prova della fedeltà della
nostra traduzione è il fatto che abbiamo imitato la semplicità della
lingua copta perché un linguaggio retorico non offrisse un’immagine
falsa di quegli uomini apostolici ripieni della grazia dello Spirito.
Non ho voluto neppure sfiorare altre cose contenute nei loro trattati,
perché quelli che amano studiare la santa vita cenobitica le imparino
dai loro stessi autori bevendo direttamente alle fonti piuttosto che a
rigagnoli. |
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28 aprile 2015 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net