LA REGOLA DEL MAESTRO
IL MONASTERO
Estratto e tradotto da
"La Règle du Maître.
Introduction, texte, traduction et notes par Adalbert de Vogüé.
Sources Chrétiennes 105–7. Paris: Cerf, 1964–65
L’esiguità dei locali
è in rapporto col piccolo numero di fratelli. La dispensa è così vicina
all'oratorio che il cellerario può ascoltare i fratelli in preghiera senza
lasciare il posto di lavoro.
[1]
La maggior parte dei fratelli lavorano a pochissima distanza dall'oratorio. Si
radunano così in fretta per l'Ufficio che ogni religioso che sta a più di
cinquanta passi di distanza (circa 75 metri) è dispensato dal recarvisi:
altrimenti nel correre rimarrebbe senza fiato ed arriverebbe in ritardo (RM cap.
54-55).
Quali sono questi locali? Prima l'oratorio, nel quale si trova
l'altare, vero centro del monastero. Qui i fratelli sono divisi in due cori,
ognuno formato da una decania, così sembra. Il posto dell'abate non è al centro
ma in uno dei due lati
[2]
in modo tale che uno dei prepositi si trova normalmente accanto a lui. Questo
posto tanto invidiato “al fianco dell'abate” viene assegnato ogni giorno ad un
diverso preposito o anche ad un fratello. (RM 22,1 e 9. Cfr.
RM 92,35-36)
Probabilmente si deve pensare alle due decanie l’una di fronte all’altra, con
uno spazio sufficiente perché i fratelli possano prostrarsi con tutto il corpo
dopo ogni salmo.
Il refettorio con i servizi annessi (cucina e dispensa), sembra
trovarsi molto vicino all'oratorio.
[3]
Infatti, questo locale non ha un nome proprio, ma per designarlo si utilizza la
parafrasi ad mensas
[4].
Là l'abate ha la sua cathedra. Egli
invita alla sua tavola, oltre agli ospiti, i fratelli che conoscono il salterio,
avendo cura, come nell’oratorio, di cambiare ogni giorno il vicino. Ogni decania
è seduta ad un tavolo presieduto dai due prepositi. Il lettore non ha un posto
fisso, ma prende posto su di un sedile portatile che dispone al centro dei
tavoli.
Il dormitorio è chiamato
atrium lectorum o semplicemente atrium.
La disposizione a forma di ferro di cavallo dei suoi letti ricorda le antiche
sale da pranzo. Al centro c'è l'abate, che veglia su tutti. Una lampada o una
luce notturna illumina il luogo. Qui si fa la lettura dopo i Notturni alla fine
delle lunghe notti invernali e ciò non impedisce di riposare a chi dorme. Il
fatto che ci sia solo un dormitorio conferma ciò che già sappiamo dal piccolo
numero di fratelli. Anche questo luogo sembra essere adiacente all'oratorio (RM
32,7-8).
Anche un unico ripostiglio è sufficiente per accogliere tutti i
beni del monastero (RM 17). Non ha un nome particolare, ma a volte è chiamato
uestarium (RM 81,10). È elencato anche un
alloggio vicino alla porta per i portinai, un'altra
cella o edificio separato per gli ospiti ed i fratelli che vegliano
su di loro, i laboratori (officinae),
un forno e le latrine (refrigerium):
queste ultime situate, a quanto pare, all’esterno dell’edificio abitativo. Tutti
questi locali devono trovarsi all'interno di un recinto con una sola una porta (regia)
d'ingresso. Questo recinto contiene un giardino coltivato dai monaci. Nessuna
fattoria si trova adiacente al monastero (RM 86,1-2), ma vi sono alcuni cani e
cavalli che alloggiano non lontano dalla porta (RM 95,10-11).
In questo elenco saremo sorpresi di non aver trovato alcuni luoghi
tradizionali, come la biblioteca, lo scriptorium e la sala capitolare. I libri
sono conservati nell'unico ripostiglio, citato in precedenza, che contiene tutta
l’attrezzatura del monastero (RM 17,13). Il lavoro degli
scriptores (RM 54,1) si svolge senza dubbio in una delle
officinae. La lettura fatta in comune
suppone almeno due locali diversi, una per ogni decania (RM 50,10), ma forse a
questo scopo vengono impiegate stanze comuni come il dormitorio ed il
refettorio. In questi locali si tengono certamente le riunioni del consiglio
(RM 2,41-50). Tutti questi luoghi sembrano situati al livello del suolo; non si fa
mai menzione di una scala.
[1]
Nota: RM 16,48-49 (l’argomento è presunto); RM 20,10-11 (concerne non solo
il cellerario, ma ogni assente, cfr. 20,1-2). Si noti che l’assente
sembra in grado di seguire l’Ufficio dal posto di lavoro.
[2]
Si veda RM 93,64: l’abate dirige uno dei cori ed il suo secondo, nel
caso ci sia, dirige l’altro.
[3]
Si veda quanto detto per il cellerario e si confronti RM 22,2-7: questo
andirivieni dall’oratorio alla cucina deve essere molto rapido, a
scapito di interrompere la cerimonia.
[4]
Si veda il titolo del cap. 24 e 24,1, ecc. Si trova anche
ad mensam (RM 24,38), mensis
(titolo cap. 23) ed altre locuzioni che utilizzano la parola
mensa. Questa non perde mai il
suo primo significato di “tavola”. Può anche designare, oltre al
refettorio, il pasto stesso (RM 23,40-42; 77,5).
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28 dicembre 2020 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net