LIBRETTO ESTRATTO DALLA REGOLA DI BENEDETTO

Lisa Cremaschi

Estratto da “Regole monastiche femminili”, Einaudi Editore 2003


 

Nel corso della prima metà del X secolo si assiste in Spagna a una colonizzazione dei territori riconquistati dal regno di Navarra, in particolare nella regione della Rioja, sulla riva destra dell’Ebro. In questo processo di colonizzazione vengono fondati dei monasteri che, in sintonia con il monachesimo dell’intera Europa, adottano la regola benedettina. In questo contesto si inserisce il Libellus a regula sancti Benedicti subtractus, una compilazione della regola di Benedetto e del suo commento da parte di Smaragdo.

Chi è l’autore del Libellus? Da taluni autori [1] il Libellus è stato identificato con la regola redatta da un certo Salvus, abate del monastero di San Martino di Abelda tra il 953 e il 956. L’abbazia di San Martino, fondata nel 924 nella regione di Roija, era divenuta nel volgere di pochi decenni un centro di irradiamento della cultura spagnola; primo monastero che aveva adottato la regola benedettina, potrebbe costituire il luogo di nascita anche del Libellus. Tale ipotesi viene giudicata non sufficientemente fondata dall’editore del Libellus [2]. L’incipit del manoscritto contenente questo testo non riporta il nome dell’autore; a chiusura del manoscritto, tuttavia, nel colophon, il prete Eneco Garseani, residente nel monastero femminile delle Sante Nunilone e Aiodia, presso Nájera, afferma di aver terminato la trascrizione di questa regola (Ndr. il 25 novembre 976), di cui potrebbe essere o, semplicemente, il copista, o l’autore stesso.

Quale l’importanza di questo testo? «L’interesse di quest’opera molto modesta è dovuto al fatto di essere un nuovo rappresentante e pressoché l’ultimo, di un genere letterario che sembrava ormai concluso, press’a poco, da due o tre secoli», così afferma Adalbert de Vogué [3]. In effetti il Libellus si presenta, come già si è detto, come una compilazione simile alle regole precarolingie raccolte da Benedetto di Amane, in particolare a quella di Donato di Besançon.

Il Libellus riprende la regola di Benedetto riletta con il commento di Smaragdo (c. 760 - c. 826), abate di Castellion prima e di San Michele della Mosa (Francia) poi, e riformatore del monachesimo benedettino al tempo di Carlomagno e di Ludovico il Pio. Il commento di Smaragdo dipende a sua volta dalla Concordia Regularum di Benedetto di Aniane (750-821), opera destinata a diffondere la regola di Benedetto letta in sinossi con le altre regole monastiche antiche. Tra i numerosi scritti di Smaragdo, il più importante è l’Expositio in Regulam Benedicti [4], composto in occasione del sinodo di Aix-la-Chapelle (817); l’Expositio utilizza le fonti patristiche e monastiche antiche: Agostino, Gerolamo, Gregorio, Isidoro, Cassiano, Pacomio, Ferreolo, Fruttuoso e altri, e per suo tramite l’antica tradizione monastica e patristica giunge nel Libellus. A questa tradizione vengono affiancati costumi e usi visigotici e la regola benedettina viene adattata a un ambiente monastico femminile.

La struttura dell’opera è diseguale: i cc. 1-3, che costituiscono la sezione spirituale, rappresentano più della metà del testo. I cc. 4-32 raccolgono gli elementi istituzionali della regola. La sezione della regola di Benedetto relativa all’ufficio divino è omessa; così pure i capitoli disciplinari e il capitolo relativo all’accoglienza dei novizi (sostituito dal c. 26 d’origine visigotica). Cadono inoltre i testi ritenuti privi di interesse per una comunità femminile di clausura: i passi relativi alle uscite dal monastero, all’accoglienza degli ospiti, dei preti, dei decani, dei bambini offerti al monastero, degli studi. Il c. 26, relativo all’ammissione delle novizie, fa menzione della carta pacti, documento d’origine germanica e visigotica che sigillava l’appartenenza alla comunità. Secondo tale usanza la novizia si consegnava a Dio e alla propria badessa affidando loro la propria libertà. Il c. 30 sostituisce i capitoli disciplinari della regola di Benedetto; si tratta di un testo che risente dell’ispirazione di Colombano e che desta non poche perplessità. La severità e la violenza di queste pagine ci pare francamente molto lontana dall’evangelo; se Adalbert de Vogüé afferma che le penitenze previste suppongono «un vigore spirituale e un’ammirevole generosità» [5], a noi sembra che esse rappresentino piuttosto un cedimento al clima culturale del tempo, l’accettazione di una violenza incompatibile con lo spirito dell’evangelo. Ma, a parte questo cedimento, il Libellus testimonia un ardente amore per il Signore e indica l’amore per i fratelli, per le sorelle, come il vero segno del desiderio di Cristo.

L’influenza esercitata dal Libellus si limita all’epoca di composizione e all’area geografica nella quale fu redatto.

 


[1] Ch. J. Bishko, Salvus of Albelda and Frontier Monasticism in Tenth-century Navarre, in «Speculum. A Journal of Medieval Studies», XXIII, 4 (1948), pp. 559-90.

[2]A. Linage Conde, Una Regla monastica riojana femenina del siglo X: el “Libellus a Regula sancti Benedicti subtractus”, Acta Salmanticensia, Filosofia y Letra 74, Salamanca 1973, p. 142. Per una traduzione francese si veda Règles monastiques au féminin cit., pp. 177-265.

[3] s.v. «Libellus», in Dizionario degli Istituti di perfezione cit., V, 1978, p. 641.

[4] PL 102, 689-932 oppure si veda l’ed. a cura di A. Spannagel e P. Engelbert, Corpus consuetudinarum monasticarum 8, Siegburg 1974.

[5] Saint Colomban, Règles et pénitentiels monastiques, Bellefontaine 1989, Vie monastique 20, p. 32.

 


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11 febbraio 2023        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net