Sant'Aureliano d'Arles

Regole di Aureliano per i monaci e per le monache

Breve riassunto

 

La regola di Aureliano per i monaci è divisa in cinquantacinque articoli o corti capitoli, preceduti da una prefazione e seguiti da due lunghi capitoli con l’ordine della salmodia e dei pasti. Essa è stata tratta in gran parte da quelle di s. Cesario e di s. Benedetto ma, per molti aspetti, le sorpassa in austerità. La prova che Aureliano conoscesse la regola di s. Benedetto è data dal fatto che anche lui prescrive l'Ufficio di Compieta, che deve la sua origine a Benedetto. Inoltre, egli prescrive un maggior numero di salmi per ciascuna ora canonica ed ordina una clausura così rigorosa, che non prevede che coloro che vivono nel monastero possano mai uscire per nessun motivo. Chi entra nel monastero non ne uscirà fino alla morte e dovrà donare tutti i suoi beni a chiunque vorrà. Nell'atto di ricevere la tonsura, secondo l'uso monastico, dovrà mettere una parte dei suoi capelli nell'urna dove ci siano le reliquie di qualche santo affinché gli renda testimonianza. Nessun secolare, di qualunque condizione egli sia, può entrare nel monastero e neppure nella chiesa. Se deve parlare con un religioso, si deve intrattenere insieme a lui nel parlatorio, che è situato vicino alla porta, e sempre con presente 1'abate, il prevosto o qualche anziano. Ai monaci è vietata ogni comunicazione con le donne, tanto che non è loro permesso di parlare neppure alle loro madri. Le chiavi della dispensa, della cantina, del granaio, della porta e dell'oratorio, non devono essere consegnate se non a persone provate, le quali devono riceverle sull'altare o sull'evangelario, in modo che sappiano che di ciò devono rendere conto al Signore. Per l'altare non si devono comprare teli di seta e guarniti di oro e di gemme: se un tale ornamento fosse stato offerto da qualche fedele, l'abate può venderlo per le necessità del monastero. Dopo avere soddisfatto le esigenze dei fratelli, l'abate distribuisca ciò che avanza in denaro, in vesti e in alimenti ai poveri, ai pellegrini o per la redenzione degli schiavi. Il consumo delle carni è proibito, tranne per gli infermi a cui si possono dare polli e volatili. Anche i pesci siano serviti solamente in alcune solennità ed in casi particolari a discrezione dell'abbate. La regola ingiunge a tutti di studiare le lettere e di occuparsi nella lettura dall'ora prima fino all'ora terza. L’articolo ventesimo nono richiede che, mentre si recitano le lezioni dei notturni, ognuno si occupi in qualche lavoro manuale, con giunchi o canape, per non lasciarsi vincere dal sonno. Questa regola ci può far pensare a quanto fossero lunghe le letture dell’officio notturno. Non essendo permesso il lavoro manuale durante la domenica e nei giorni di festa, coloro che si sentono appesantiti dal sonno duranti le letture, devono stare in piedi senza alcun appoggio. Il vescovo Aureliano conclude dicendo che il monastero è provvisti dei beni sufficienti e l'abate, nel cospetto di Dio e de suoi Angeli, viene invitato a dare ai monaci quanto loro basta, sia in vestiario che e nel vitto. Se in ciò l'abate sarà negligente e darà motivo ai fratelli di mormorare per qualche loro indigenza, ne renderà conto dinanzi al tribunale di Cristo. Nel determinare i giorni di digiuno, il santo fondatore dice, tra le altre cose, che dall'Epifania fino a Pasqua è opportuno digiunare tutti i giorni, salvo le grandi solennità, il sabato e la domenica. Da Pasqua a Pentecoste si deve digiunare solo il venerdì. Alla fine della sua regola, si leggono queste parole, che indicano la grande umiltà dell'Autore: "Io, Aureliano peccatore, ho stabilito questa regola nel nome di Cristo".

Nello stesso periodo, probabilmente nel 648, il nostro santo fondò un altro monastero nella sua città vescovile, il quale fu destinato a riunire le giovani donne che desideravano dedicarsi a Dio nel ritiro. Egli lo mise sotto il patrocinio della santa Vergine, e diede alle religiose che vivevano in questo luogo una regola che fu copiata da quella dei monaci quasi parola per parola. Essa contiene quaranta capitoli e vi differisce solo per alcuni cambiamenti dei nomi maschili in femminili o per aver tolto certi articoli che apparvero troppo austeri per delle giovani donne o non adatti al loro sesso. La regola permette alle religiose di parlare ai loro parenti e 1’entrata nella loro chiesa non è vietata ai secolari poiché devono cantare 1'ufficio divino all'interno di un coro chiuso da cui né possono vedere fuori, né possono essere viste.

Al termine della regola per i monaci che si trova nel Codex Regularum di Benedetto di Aniane vi sono i cosiddetti "dittici" del monastero. In questi si prega per i morti che erano vissuti nel monastero o che avevano fatto del bene al monastero: Aureliano che l'aveva fondato, Fiorentino che fu il primo abate, Childeberto e Ultrogota (o Vultrogota) sua moglie che l'avevano dotato di beni, altri abati e religiosi come Redento, Costantino, ecc.. Inoltre si prega per la pace dell'anima loro con l'intercessione della Vergine Maria, degli Apostoli e dei santi martiri Genesio, Sinforiano, Baudelio, Vittore. Ed ancora dei santi Martino di Tour, Ilario di Poitiers, Cesario d'Arles.

 


Ritorno alla pagina su "Sant'Aureliano e le sue Regole"

Ritorno alla pagina iniziale "Regole monastiche e conventuali"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


10 febbraio 2018                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net