San Francesco
Testamento
(settembre 1226)
Estratta da "Il Cristo. vol V. Testi teologici e
spirituali da Riccardo di san Vittore a Caterina da Siena". A cura di
Claudio Leonardi - Fondazione Lorenzo Valla / Arnoldo Mondadori Editore,
2006
Francesco ha scritto questo suo Testamento nel maggio o giugno del 1226, vicino a Cortona, in un eremitaggio; morì pochi mesi dopo, il 3 ottobre, alla Porziuncola. In questo testo solenne è evidente anche la preoccupazione che la sua regola non sia fraintesa o mutata dai suoi frati o da altri. Il Testamento viene per questo inteso come una integrazione necessaria della regola (si leggano i paragrafi 36-8), la sola chiave di lettura di essa.
1. Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare in
questo modo a far penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava
cosa troppo amara vedere i lebbrosi; 2. e il Signore stesso mi condusse tra
loro e usai con essi misericordia. 3. E allontanandomi da essi, ciò che mi
sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi,
stetti un poco e uscii dal mondo. 4. E il Signore mi dette tanta
fede nelle chiese, che cosi semplicemente pregavo e dicevo: 5. Ti adoriamo,
Signore Gesù Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti
benediciamo, poiché con la tua santa croce hai redento il mondo.
6. Poi il Signore mi dette e mi dà tanta fede nei sacerdoti che vivono
secondo la forma della santa Chiesa romana, a causa del loro ordine, che se
mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi. [...]
8. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei
signori, 9. e non voglio in loro considerare il peccato, poiché in essi io
vedo il Figlio di Dio e sono miei signori. 10. E faccio questo perché,
dell’altissimo Figlio di Dio nient’altro io vedo corporalmente, in questo
mondo, se non il santissimo corpo e il sangue suo, che essi soli consacrano
ed essi soli amministrano agli altri. [...] 13. E dobbiamo
onorare e rispettare tutti i teologi e coloro che annunciano la divina
parola, come coloro che ci danno lo spirito e la vita.
14. E dopo che il Signore mi donò dei frati, nessuno mi mostrava
che cosa dovessi fare; ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere
secondo la forma del santo Vangelo. 15. Ed io con poche parole e
semplicemente lo feci scrivere, e il signor Papa me lo confermò.
16. E quelli che venivano per ricevere questa vita, davano ai poveri «tutte
quelle cose che potevano avere»
(Tob. 1, 3) ed erano contenti di una sola tonaca rappezzata dentro e
fuori, del cingolo e delle brache. 17. E non volevamo avere di più. 18. E
dicevamo l’ufficio, i chierici come gli altri chierici; i laici dicevano i
Pater noster; e assai volentieri rimanevamo nelle chiese. 19. Ed
eravamo illetterati e soggetti a tutti. 20. E io lavoravo con le mie mani e
voglio fermamente lavorare, e tutti gli altri frati voglio che lavorino di
un lavoro quale si conviene all’onestà. [...] 23. Il Signore mi rivelò che
dicessi questo saluto: Il Signore ti dia pace.
24. Si guardino i frati di non accettare assolutamente chiese,
povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non siano come
si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella regola, sempre
ospitandovi come «forestieri e pellegrini»
(1 Ep. Pet. 2, 11). 25. Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, ovunque sono, non
osino chiedere lettera alcuna nella curia romana, direttamente o per mezzo
di interposta persona, né per le chiese, né per altri luoghi, né per motivo
della predicazione, né per la persecuzione dei loro corpi, 26. ma, dove non
saranno ricevuti, fuggano in altra terra a far penitenza con la benedizione
di Dio.
27. E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa
fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di darmi. [...]
34. E non stiano a dire i frati che questa è un’altra regola;
poiché questa è un ricordo, un’ammonizione, una esortazione e il mio
testamento, che io frate Francesco poverello faccio a voi, fratelli miei
benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la regola che abbiamo
promesso al Signore.
35. E il ministro generale e tutti gli altri ministri e custodi per
obbedienza siano tenuti a non aggiungere e a non togliere niente a queste
parole. [...]
40. E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione
dell’altissimo Padre, e in terra sia ripieno della benedizione del diletto
Figlio suo col santissimo
Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. 41.
Ed io, frate Francesco, il più piccolo dei frati, vostro servo, come posso,
confermo a voi, dentro e fuori, questa santissima benedizione.
Ultima volontà, scritta a Chiara
l. Io, frate Francesco, voglio seguire la vita e la
povertà dell’altissimo Signor nostro Gesù Cristo e della sua santissima
madre, e perseverare in essa fino alla fine. 2. E prego voi, mie signore, e
vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. 3. E
guardatevi attentamente dall’allontanarvi mai da essa, in nessuna maniera,
per l’insegnamento o il consiglio di alcuno.
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11 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net