IL PROGETTO FRANCESCANO TRA UTOPIA E CODIFICAZIONE:

GLI ANNI DELLE REGOLE (1221-1223)


Estratto e tradotto da “Francis of Assisi”, di André Vauchez

Yale University Press 2012


La questione delle regole francescane è così complessa che ancora oggi gli specialisti sono lontani dal raggiungere un accordo su alcuni punti. Nel 1209 Francesco aveva fatto approvare da Innocenzo III un testo che sembrava comprendere una serie di brani evangelici uno dopo l'altro. Non si trattava di una regola ma di un semplice programma di vita (propositum vitae), privo di qualsiasi forza giuridica, non essendo stato promulgato dalla cancelleria pontificia in un documento ufficiale munito di sigillo di piombo (in latino medievale: bulla, donde la parola italiana “bolla”). Negli anni successivi la fraternità aveva vissuto in una sorta di vaghezza istituzionale poiché, sebbene la maggioranza dei vescovi autorizzasse i frati a predicare nella loro diocesi e la confraternita avesse l'appoggio del papato, essa non costituiva, giuridicamente, una famiglia religiosa approvata dalla Chiesa. Nella Leggenda dei Tre Compagni (raccolta di detti e avvenimenti riguardanti Francesco e i suoi compagni) leggiamo che Francesco aveva scritto “molte regole” prima del 1223, e alcuni autori moderni avevano supposto che papa Onorio III avesse emanato testi normativi relativi ai Minori nel 1216 o nel 1218. Ciò non è impossibile, ma poiché nessuna traccia di tali fatti è pervenuta fino a noi, non ci soffermeremo su queste ipotesi.

 I capitoli generali, infatti, erano stati l'occasione per elaborare con attenzione statuti o costituzioni intese a risolvere questo o quel problema. Fino al 1220 Francesco aveva probabilmente sperato che questi “emendamenti” aggiunti al testo del 1209 consentissero ai Minori di evitare di dover scrivere una vera e propria regola che, ai suoi occhi, avrebbe fossilizzato lo spirito all'interno di un testo ed allineato il suo movimento ad altri ordini religiosi. Ma, dopo il suo ritorno dall'Oriente non gli ci volle molto per capire che non poteva più sottrarsi alle pressioni della Curia. Il canone 13 del Laterano IV, promulgato nel 1216, obbligava di fatto tutti i nuovi ordini ad adottare una delle regole esistenti: o quella di san Benedetto, che governava la vita dei monaci, o quella di sant'Agostino, seguita dai canonici regolari. Quando i ministri provinciali ed il cardinale Ugolino gli ricordarono questa esigenza, Francesco si oppose ad essi con un netto ed anche strenuo rifiuto, poiché era convinto che Dio gli avesse rivelato una nuova forma di vita religiosa — una vita secondo il Vangelo — che non aveva nulla a che vedere con le regole che l'avevano preceduta. Così egli dichiarò:

 

«Fratelli, fratelli miei, Dio mi ha chiamato a camminare la via della semplicità e me l'ha mostrata. Non voglio quindi che mi nominate altre Regole, né quella di sant'Agostino, né quella di san Bernardo (Ndr.: In realtà San Bernardo non scrisse alcuna regola monastica, si fa qui riferimento all’esperienza cistercense) o di san Benedetto. Il Signore mi ha rivelato essere suo volere che io fossi un pazzo nel mondo: questa è la scienza alla quale Dio vuole che ci dedichiamo!». (Compilazione di Assisi o Leggenda Perugina,1673 114 - dal sito assisiofm.it)

 

Il cardinale non insistette; ma il Poverello d'Assisi, avendo imparato da ciò che era accaduto, si impegnò con i suoi compagni a redigere il testo detto della “prima regola”, terminato nel 1221. Questa regola appare come una mescolanza di esortazioni, riflessioni spirituali e norme di comportamento, arricchito da numerose citazioni bibliche. Francesco l’aveva pensata, infatti, non come un documento giuridico, ma come un richiamo ai principi fondamentali di una vita in minoritas, accompagnata da alcune indicazioni sui mezzi per metterla in pratica e sugli errori da evitare. Così questa norma, del tutto atipica e insoddisfacente agli occhi dei canonisti, non fu gradita al papato, che rifiutò di promulgarla. Questo spiega il nome di regula non bullata (regola non promulgata) che viene talvolta usato per designarla. Rifiutando di lasciarsi scoraggiare, Francesco riprese il compito e finì con un testo più conciso e rigoroso, che Onorio III approvò il 23 novembre 1223, nella bolla Solet annuere - da cui il nome di regula bullata - il cui originale si conserva oggi nella Basilica Inferiore di Assisi. Questa viene spesso indicata come seconda regola, ed è rimasta, nei secoli, regola dei Frati Minori.

La bolla Solet annuere conferiva all'ordine francescano il fondamento giuridico che gli era mancato, grazie ad un pio sotterfugio. Essa si presenta come una semplice conferma, banale e senza carattere, del testo che papa Innocenzo III aveva approvato nel 1209 (poiché il papato non volle contravvenire ai provvedimenti presi dal Concilio Lateranense IV consistenti nel vietare la creazione di nuovi ordini religiosi). In realtà si trattava solo di una finzione salvifica, perché la regula bullata del 1223 aveva poco in comune con il testo del 1209. Ma si discostava anche sensibilmente dalla norma del 1221, da cui era stato eliminato un certo numero di misure. Evidentemente, questo documento ufficiale, che rappresentava il massimo di ciò che la Curia poteva accettare, era molto meno di quanto voleva Francesco, pur restando fedele alle sue intuizioni fondamentali. Fino alla fine si sforzò di realizzarne tutte le possibilità, sia attraverso la sua personale testimonianza, sia soprattutto attraverso le indicazioni precise che diede a questo testo nel suo Testamento del 1226. La norma che rispecchia l'intenzione ed il programma del Poverello d'Assisi non è quindi la regula bullata del 1223 ma quella del 1221, che può essere considerata il “documento fondativo” o carta della fraternità.

Infatti, è a partire da questo testo che si può tentare di ricostituire il progetto di Francesco nella sua profonda coerenza, poiché qui egli si esprime con totale libertà e grande spontaneità. Notiamo anzitutto che il Poverello d'Assisi non ha cercato di raggiungere la perfezione morale o le vette dell'ascesi. Per certi aspetti più dettagliati e molto più ampi, si proponeva piuttosto di definire quella che si potrebbe chiamare un'utopia francescana (nel senso che si parla dei socialismi utopici dell'Ottocento). Vale a dire: un progetto collettivo di cui alcuni aspetti possono sembrare appena realizzabili, ma la cui profonda ispirazione ha continuato ad ispirare esperienze fertili fino ai nostri giorni. Francesco ha, infatti, cercato di creare tra i Frati Minori un'esistenza umana e cristiana caratterizzata da comportamenti alternativi rispetto a quelli della società circostante e finalizzata a stabilire un rapporto forte ed autentico tra uomini e donne, alla luce di ciò che esiste tra loro e Dio.

 

 


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11 ottobre 2022   a cura di Alberto "da Cormano"   Grazie dei suggerimenti   alberto@ora-et-labora.net