San Francesco di Paola
Di Padre
Francesco Russo
M.S.C.
(estratto da “Bibliotheca sanctorum”, Vol. 5 - Città Nuova
Editrice 1964)
FRANCESCO
di
Paola,
santo. Nacque a Paola (Cosenza) il 27 marzo 1416 da Giacomo Alessio, detto «
Martolilla », e da Vienna di Fuscaldo. I suoi genitori, di modeste
condizioni, ma fervidamente religiosi, l’ottennero in tarda età per voto
fatto a s. Francesco d’Assisi, di cui gli diedero il nome. Lo educarono
nell’esercizio delle virtù cristiane e nell’amore alla preghiera, trovando
nel fanciullo un terreno fertile e ben preparato ad accogliere i germi
dell’ascesi cristiana, che germogliarono in lui e diedero buoni frutti fin
dall’infanzia.
Era appena dodicenne, quando, nel 1428, fu condotto nel convento dei Minori
Conventuali di S. Marco Argentano per vestirvi l’abito francescano per un
anno in adempimento al voto fatto dai genitori. La permanenza in quel luogo,
governato da religiosi degnissimi, non mancò di rivelare l’eccezionale virtù
di quel giovanetto, che mostrò una maturità spirituale quale invano si
sarebbe attesa da persone molto più anziane ed esperte di lui. I biografi
mettono in risalto le sue prime manifestazioni soprannaturali, che presto
faranno di lui l’autentico taumaturgo del sec. XV. Tra l’altro si accenna al
dono della bilocazione, per cui fu visto servire la Messa in chiesa e nello
stesso tempo intento ad apparecchiare la tavola nel refettorio. Un’altra
volta, avendo posto la pentola coi legumi sul fornello spento, se ne andò in
chiesa a pregare, e s’immerse talmente nell’orazione che il tempo passò
velocemente e all’ora del pasto la pentola era ancora sul fornello spento,
ma i legumi erano cotti. Infine si racconta che, andato in cucina a cercarvi
dei carboni accesi da mettere nel turibolo all’ora della funzione sacra,
giunse in sagrestia con le braci raccolte in un lembo della sua tonaca. Erano le prime avvisaglie che non mancarono di
attirare su di lui l’attenzione dei frati e del popolo, in mezzo ai quali si
andava formando l’idea di trovarsi dinanzi ad un adolescente eccezionale,
che percorreva a grandi passi le vie della santità. La fama raggiunse anche
il vescovo, il benedettino Luigi Imbriaco, che volle conoscerlo di persona,
andando diverse volte a conversare con lui. Trascorso l’anno votivo, F.
volle ritornare a Paola, superando le insistenze dei frati, che cercavano di
trattenerlo in convento.
Nel 1429, insieme con i suoi genitori, intraprese il pellegrinaggio ad
Assisi, toccando anche Montecassino, Loreto, Monte Luco, presso Spoleto, e
Roma.
Nella città eterna si trovò dinanzi ad uno spettacolo sorprendente per la
sua anima ingenua di giovanetto, vissuto in una terra vergine e assetato di
ideali evangelici. Si incontrò con un lussuoso corteo cardinalizio, composto
di carrozze tappezzate di velluto, scortate da servi in livrea, che lo
impressionò profondamente. Si accostò con audacia a una di quelle berline e,
affacciatosi al finestrino, fece osservare al porporato quanto quel corteo
fosse contrario allo spirito di umiltà e di povertà, inculcato dal Vangelo.
Il cardinale, che era Giuliano Cesarini, non se l’ebbe a male, ma si
giustificò dicendo: « Non ti scandalizzare per questo lusso. Se ne facessimo
a meno, ai nostri giorni, la dignità ecclesiastica ne scapiterebbe nella
stima degli uomini e verrebbe additata allo sprezzo dei mondani ».
Ritornato in Calabria, all’età di appena tredici anni, abbandonò i suoi
genitori e si ritirò a menar vita eremitica in un campicello di proprietà
paterna a breve distanza da Paola. Il suo metodo di vita era in tutto simile
a quello degli antichi anacoreti che nel Medio Evo bizantino avevano reso
celebre la zona monastica del Mercurion, poco a nord di Paola. Preghiera,
digiuno, mortificazione corporale, lavoro e contemplazione caratterizzarono
questo periodo della sua giovinezza, che va dal 1429 al 1435.
Ma la lucerna ardente non poteva restare sotto il moggio. Incominciarono
infatti ben presto ad affluire anime generose che intendevano associarsi al
suo metodo di vita. Si formò così la prima comunità di dodici membri, che
presero la denominazione di « Eremiti di fra Francesco ».
Il santo si vide costretto a costruire delle celle per ospitarli e una
chiesetta per gli uffici liturgici. Ma se l’origine degli Eremiti, con
l’assenso dell’arcivescovo di Cosenza, risale al 1436, la costruzione della
chiesa fu iniziata solo nel 1452. Gli aiuti da parte di persone facoltose
non mancarono e perciò la costruzione fu terminata in tempo relativamente
breve. Ad essa F. affiancò un chiostro quadrato, riconosciuto come
casa-madre o protoconvento dell’Istituto, al quale, in seguito, diede i lineamenti di un Ordine
religioso mendicante.
È degno di nota che Giacomo Alessio, padre del santo, in seguito alla morte
della moglie, avvenuta nel 1450, entrò a far parte della comunità padana,
alla scuola del proprio figlio, nella quale perseverò fino alla morte
avvenuta in tarda vecchiaia.
Rivelatisi insufficienti i locali per accogliere le nuove reclute, F. si
vide costretto a costruirne altri più grandi e più idonei alle finalità
prefissesi. In questa costruzione i fatti meravigliosi si susseguirono a
ritmo accelerato : tutta la zona retrostante la chiesa del protoconvento è
ancor oggi conosciuta come la « zona dei miracoli ». In essa si mostrano la
fornace, in cui il santo entrò due volte per ripararla uscendone illeso,
nonostante bruciasse a pieno ritmo; l’« acqua della cucchiarella », fatta
sgorgare col tocco del suo bastone ad uso degli operai; il «sasso pendolo»,
fermato nella sua caduta precipitosa dall’alto della montagna e che
ancor’oggi rimane immobile in una singolare posizione.
Altri numerosi miracoli accompagnarono la costruzione dei primi conventi
dell’Ordine a Paterno, a Spezzano della Sila, a Corigliano e altrove. Nello
stesso tempo il potere taumaturgico di F. si esplicava a favore degli
infermi e dei bisognosi, che con fiducia facevano appello alla sua
intercessione. Vengono ricordate le guarigioni prodigiose di paralitici, di
lebbrosi, di ciechi, di indemoniati e anche la risurrezione di un morto
nella persona del nipote, Nicola, figlio di sua sorella Brigida. Tra i
beneficati figurano anche Giacomo e Galeazzo di Tarsia, ben noti poeti
petrarcheschi.
Ma l’azione benefica di F. si estese in modo particolare agli operai, ai
poveri e agli oppressi, che in quei tempi subivano tutte le angherie e i
soprusi dei baroni locali che la giustizia non riusciva a perseguire. Il
santo non mancò di denunziare apertamente le malversazioni dei potenti; non
desistette dall’invocare giustizia e comprensione per la povera gente; non
si stancò di minacciare i castighi divini a chi abusava del potere a scapito
della giustizia e della carità. Le sue lettere, specie quelle dirette al suo
insigne benefattore, Simone Alimena di Montalto, manifestano i sentimenti
dell’animo suo, tutto compreso della triste situazione sociale del suo
tempo. Uomo coraggioso e intrepido non meno del Savonarola, suo
contemporaneo, non esitò a levare la voce contro lo stesso re di Napoli,
Ferrante d’Aragona, per indurlo a più miti consigli e non teme di lodare
apertamente l’Alimena che, giudice in Puglia, era riuscito ad assicurare
alla giustizia dei malfattori, spudoratamente protetti dal manto reale.
La voce molesta di F. irritò Ferrante, il quale — non riuscendo a farlo
tacere con le buone —- cercò di farlo con la forza. Minacciò la distruzione
delle case dell’Ordine col pretesto che era mancata la preventiva
approvazione regia; mandò i suoi soldati a Paola per assediare il
protoconvento e imprigionare il santo. Questi sfuggì alle loro ricerche in
modo straordinario, rendendosi invisibile ai loro sguardi, mentre era in
orazione davanti al S.mo Sacramento. I soldati riferirono al sovrano
l’accaduto, rendendosi interpreti del sentimento comune di stima e
venerazione, di cui F. era circondato.
Intanto la fama dei prodigi del paolano varcavano i confini della Calabria.
Venne dalla Sicilia una commissione di persone rispettabili, per invitarlo a
fondare un convento a Milazzo. Il santo acconsentì e intraprese il viaggio
nel 1464. Giunto a Catona, presso Reggio, insieme con due discepoli, chiese
ad un barcaiolo, di nome Pietro Colosa, di traghettarlo per amor di Dio
all’altra sponda. Avutone un rifiuto, stese sulle acque il proprio mantello,
ne legò un’estremità alla cima del suo bastone e, facendone in tal modo una
vela, si allontanò celermente verso Messina.
Il prodigioso passaggio dello stretto, attestato da diversi testimoni
oculari, tra cui lo stesso barcaiolo e suo figlio, ha colpito i letterati,
gli artisti e i musicisti, che l’hanno immortalato con la produzione del
loro genio.
Al ritorno dalla Sicilia l’attendeva una novità. Il papa Paolo II, informato
della sua vita e dei suoi miracoli, nonché dell’austerità dell’Ordine da lui
fondato, fece aprire un’inchiesta, affidandola a un prelato della sua camera
apostolica, il genovese Girolamo Adorno, il quale si recò a Paola a
conferire direttamente con lui. Nell’incontro questi fece il gesto di
baciargli la mano; ma il santo lo prevenne, dicendo : « Per carità,
monsignore, sono io piuttosto che devo baciare le vostre mani consacrate da
trentatré anni». Tale risposta meravigliò l’Adorno, il quale restò ancor più
sorpreso quando, avendo esortato il santo a mitigare i rigori della regola,
ritenuti eccessivi per l’umana sopportazione, lo vide prendere dei carboni
accesi dal braciere e presentarglieli con queste parole: «Non temete,
monsignore; a chi ama e serve Dio con sincerità di cuore tutto è possibile.
Tutte le creature diventano docili al volere di colui, che attende
fedelmente a compiere la volontà del Creatore ». L’inchiesta perciò si
chiuse favorevolmente, ma Paolo II, morto nel 1471, non ebbe il tempo di
dare la sanzione canonica alla nuova regola, che fu approvata, invece,
dall’arcivescovo Pirro Caracciolo con Bolla del 1471, nella quale l’Ordine
viene denominato « Congregazione dei Frati Eremiti di Francesco di Paola ».
Subito dopo partì per Roma il confessore stesso del santo, Baldassare Spino,
con l’incarico di avviare le pratiche per l’approvazione pontificia; ma il
nuovo papa, Sisto IV, prima di pronunziarsi, ordinò una seconda inchiesta,
affidandola a Goffredo De Castro, vescovo di S. Marco, con Breve del 19
giug. 1473, col compito di approvare la nuova Congregazione qualora lo
credesse opportuno accordandole i favori e i privilegi dell’Ordine degli
Eremiti del b. Pietro da Pisa. L’esito fu favorevole e il De Castro diede
l’approvazione che ebbe la solenne sanzione pontificia col Breve
Sedes Apostolica
del 27 magg. 1474.
Mentre il santo attendeva al consolidamento del suo Istituto, la fama della
sua santità e dei suoi miracoli raggiunse la Francia, dove il re Luigi XI,
afflitto da grave e incurabile malattia, espiava su un letto di dolore i
crimini della sua vita. Venuto a conoscenza delle virtù taumaturgiche del
paolano, decise senz’altro di chiamarlo al suo capezzale, per ottenere da
lui quel che invano aveva sperato dai medici più famosi del tempo. Mandò in
Calabria il suo maggiordomo, Guynot de Bussières, con ricchi doni per
convincere F. a recarsi in Francia. Questi però fu irremovibile nel rifiuto:
non valse a persuaderlo nemmeno una lettera del re Ferrante, al quale il
Bussières aveva fatto appello. Luigi XI si rivolse allora al papa Sisto IV e
questi, convinto che l’andata di F. in Francia fosse utile alla Chiesa per
il regolamento di diverse questioni pendenti, con apposito Breve, di cui
diede notizia allo stesso sovrano in data 11 giug. 1483, ingiunse a F. di
accontentare il re.
Di fronte alla richiesta del papa, il santo piegò umilmente il capo e partì.
Lungo il viaggio, i miracoli si moltiplicarono; a Napoli fu accolto con un
trionfo di cui non si conosceva l’uguale negli annali di quella città; la
ressa del popolo fu tale che solo l’energico intervento del fratello del re
poté salvarlo dal soffocamento; Ferrante l’accolse onorevolmente nella
propria reggia di Castel Nuovo e cercò d’ingraziarselo, offrendogli delle
monete d’oro in un ricco vassoio, che furono recisamente rifiutate, anche se
date col pretesto di servirsene per la fondazione di un convento a Napoli.
Poiché egli insisteva, il santo prese una di quelle monete, la spezzò con le
dita sotto gli occhi attoniti del re, che ne vide sprizzar sangue, ed
esclamò : « Sire, questo è il sangue dei tuoi sudditi che tu opprimi e che
grida vendetta al cospetto di Dio ». Ferrante fece accompagnare il santo da
alcuni suoi cortigiani, tra i quali era il poeta Francesco Galeota, che poi
l’esaltò con i suoi versi. A Roma ebbe calorosa accoglienza da Sisto IV, che
s’intrattenne a colloquio con lui e gli propose l’ordinazione sacerdotale;
ma egli ricusò per umiltà e si contentò di chiedere la facoltà di benedire
delle corone e degli oggetti di devozione. Il papa gli affidò delicati
compiti presso la corte francese, che ebbero buon esito, come risulta dalle
mutate disposizioni di Luigi XI e dallo scambio di lettere che intervennero
tra il santo e il papa.
Messo piede in Francia liberò Bormes e Fréjus da una terribile epidemia.
Luigi XI gli fece una cordiale accoglienza e lo colmò di favori, specie per
la diffusione del suo Ordine in Francia. Lo consultava di frequente e
pendeva dalle sue labbra, ma non ottenne la sospirata guarigione. Ottenne in
compenso la grazia di una buona morte, dopo aver riparato non pochi soprusi
e aver regolato anche le questioni pendenti con la S. Sede.
Dopo la morte di Luigi XI, F. chiese di ritornare in Calabria, ma la
reggente Anna di Beaujeu, prima, e Carlo VIII poi vi si opposero. Entrambi
furono benevoli verso di lui e ottennero anche da Innocenzo VIII una nuova
conferma dell’Ordine col Breve
Pastoris officium
del 21 marzo 1485.
Tra gli ammiratori del santo in Francia, oltre i membri della famiglia
reale, sono da ricordare: il medico Filippo de Commynes, autore delle famose
Mémoires,
in cui lo ricorda con entusiasmo; alcuni professori della Sorbona; il p.
Francesco Binet, che poi gli successe nella direzione dell’Ordine, e infine
s. Giovanna di Valois, fondatrice dell’Ordine dell’Annunziata, che ebbe in
lui il consolatore nelle sue terribili prove e il grande maestro della sua
vita spirituale.
Durante la lunga permanenza in Francia egli perfezionò le sue
Regole,
che ebbero l’approvazione di Alessandro VI con la Bolla
Meritis religiosae vitae
del 26 febb. 1493; fondò il « Secondo » e il « Terz’Ordine », diede inizio
alla « Devozione dei tredici venerdì della Passione », infine compose il
Correttorio,
che fu approvato da Giulio II il 28 lugl. 1506.
Tra le particolarità che caratterizzano la sua opera legislativa, è da
ricordare il « Quarto voto di quaresima perpetua », per il quale i minimi si
obbligano ad osservare un regime di vita quaresimale per tutti i giorni
dell’anno, senza eccezione.
Morì il 2 apr. 1507 a Plessis-lès-Tours, dove fu sepolto. Era il venerdì
santo — egli che era tanto devoto della Passione di Gesù — ed erano circa le
dieci del mattino: in quel momento egli seguiva il canto del
Passio
e il suo ultimo respiro coincise con le parole: « Et inclinato capite,
tradidit spiritum ». Aveva novantuno anni e sei giorni.
S. F. di Paola, taumaturgo del sec. XV, è una delle figure più
rappresentative e più popolari della Chiesa cattolica. Umile e penitente,
rappresenta una risposta anticipata alla ribellione di Lutero; uomo di fede
e di vita spirituale intensamente vissuta fu l’antidoto alle teorie
naturalistiche del suo tempo. Fu amato dal popolo, riverito e conteso dai
potenti della terra, malgrado la libertà con cui riprendeva i loro vizi e le
loro prepotenze.
Non era dotto e c’è pure chi dubita — ma senza fondamento — che sapesse
leggere e scrivere, tuttavia conosceva a perfezione la scienza dei santi e
sapeva argomentare, convincere e penetrare nei cuori più e meglio dei più
dotti teologi.
La sua spiritualità si avvicina a quella del suo omonimo d’Assisi, sulla
scia del quale egli si mosse durante tutta la vita: spirito di umiltà e di
povertà, amore a Dio e alle creature, carità verso il prossimo senza limiti,
profondo spirito di orazione, tenera devozione al Crocifisso,
all’Eucaristia, alla Madonna. Una sola caratteristica lo distacca dal santo
di Assisi: lo spirito di mortificazione, che fu giudicato eccessivo, di
fronte all’equilibrio e alla moderazione dell’assisiate. Ma egli ebbe a
provare col miracolo che in questo non vi era nulla di esagerato: la storia
dell’Ordine dei Minimi conferma che quel genere di vita, da lui voluto e
difeso, conferisce alla salute fisica e spirituale un sigillo di longevità.
Nel suo Ordine, infatti, non sono pochi i longevi e non si è mai
riconosciuta la necessità di un allentamento delle disposizioni del santo
fondatore.
La forte personalità di F. si è imposta alla stima e all’ammirazione dei
posteri.
Il processo di beatificazione fu iniziato subito dopo la sua morte. Giulio
II, con Breve del 13 magg. 1512, affidò il compito di istruire il processo
canonico a Giovanni Sersale, vescovo di Cariati, per la Calabria, e ai
vescovi di Parigi, Auxerre e Grenoble per la Francia. La beatificazione si
ebbe il 7 lugl. del 1513 e la canonizzazione il 1° magg. del 1519, entrambe
ad opera di Leone X.
Alla canonizzazione seguì il culto pubblico, che si affermò un po’
dappertutto : numerose chiese sorsero in suo onore; si può dire che non ci
fu paese dell’Italia meridionale che non avesse un tempio, una cappella o un
altare a lui dedicato; molte città della Francia, della Spagna e
dell’Italia, tra cui Tours, Fréjus, Torino, Genova e Napoli, lo scelsero per
loro protettore; la Spagna, il Regno di Napoli, la Sicilia e la Calabria lo
acclamarono loro principale patrono; a Parigi, a Torino, a Palermo, a Napoli
sorsero le magnifiche basiliche reali nel centro cittadino; particolarmente
bella è quella di Napoli, in stile neo-classico, che ricorda il
Pantheon
di Roma; infine il papa Pio XII, col Breve
Quod Sanctorum Patronatus,
del 27 marzo 1943, lo proclamò « Patrono della gente di mare » della nazione
italiana.
Nutrirono stima e amore per lui gli uomini più rappresentativi del
rinascimento da Sisto IV a Leone X, dal card. Simonetta al card. Sadoleto,
dai re di Napoli ai re di Francia, di Piemonte e di Spagna, dal Commynes
allo Stendonk; sommi oratori, dal Bossuet al Fénélon, dal Bourdaloue al
Ventura ne esaltarono le gesta; scienziati di gran fama, tra cui il
Mersenne, lo venerarono; scrittori insigni, quali il Toscano, il De Coste,
il D’Attichy, il De la Noue, il Dondé, il Perrimezzi, il Roberti, il
Giordani, il Minozzi, ecc., ne stesero la biografia.
Il culto del santo ha un carattere prevalentemente popolare, sia per la
difesa delle classi meno abbienti da lui patrocinata, sia per la grande fama
dei miracoli, che hanno contraddistinta la sua vita. La sua festa perciò
viene celebrata con molta solennità, in modo particolare nell’Italia
meridionale, con i caratteri della devozione popolare, piuttosto espansiva.
A Paola e in molte città marinare si suole portare la sua statua in
processione sul mare, in ricordo del prodigioso passaggio dello stretto di
Messina. In Calabria i fatti salienti della sua vita sono esaltati nella
poesia dialettale. In Francia è conosciuto come il
bon homme,
in Spagna come il
padre della vittoria,
in Sicilia come
il santo padre.
L’arte ha consacrato a lui splendide basiliche in Europa e in America. La
sua statua di marmo, opera di G. B. Maini, ha, fin dal 1732, un posto
d’onore nella basilica vaticana di fronte a quella di s. Pietro. Sommi
artisti ne hanno riprodotto le sembianze e le scene principali della vita.
Sarà sufficiente riandare: il Bourdichon, Giulio Romano, il Solimena, Luca
Giordano, Mattia Preti, Francesco Cozza, Ignazio Danti, Guido Reni, Giuseppe
Ribera, il Piazzetta, il Murillo, il Velasquez, il Rubens, il Goya, il
Sassoferrato, ecc.
La letteratura si è ispirata alla sua persona, narrandone la vita in poemi o
esaltandone le virtù e le imprese gloriose in versi. Ricordiamo, tra i
principali autori, il Delavigne, Victor Hugo, il Frugoni, il Benetelli, il
David, il Giunta.
Anche la musica non ha mancato di glorificarlo con le sue note armoniose.
Esistono non meno di dieci oratori musicali in suo onore e un numero
imprecisato di composizioni, mottetti, messe. Tra i maestri maggiori sono da
ricordare Scarlatti, Leo, Liszt, Leoni.
F. è autore delle
Regole
dei tre Ordini da lui fondati, in una triplice redazione, e del
Correctorium,
che è in appendice alla
Regola
del Primo Ordine. A lui si fa risalire — almeno nelle linee fondamentali —
anche il
Ceremoniale.
La
Regola
fu inserita da Alessandro VI e da Giulio II nelle Bolle di approvazione del
1501 (Bullarium
Romanum,
III, 3, pp. 245-55) e del 1506 (ibid, pp. 273-82). Tra le varie ed.,
ricordiamo quella del Roberti,
S. Minimorum Ordinis S. Francisci de Paula Regulae
(Roma 1906), seguita da varie ristampe. La regola del Terz’Ordine è stata
curata dal p. Moretti, nel
Manuale ad uso dei Terziari Minimi
(Roma 1933), di cui esiste anche un ed. spagnola (Manual
del Terciano Minimo,
Barcellona 1950). Il
Correctorium
fu inserito nella Bolla
Pastoralis Officii
di Giulio II, del 28 lugl. 1506 (cf.
Digestum Sapientiae Minimitanae,
53-90; Roberti, op. cit., pp. 57-137).
Il
Ceremoniale
è generalmente associato al
Correctorium
(cf.
Digestum,
cit.; Roberti, op. cit., 138-228; G. Carbone,
Vademecum pro Fratribus Ord. Minimorum,
Paola 1933).
Esiste una raccolta di
Lettere,
piuttosto ampia, attribuite a F., ma non tutte sono autentiche. Lo stesso si
dica della raccolta di
Ricordi, esortazioni, detti memorabili,
che vanno sotto il suo nome, (cf.
Centuria di Lettere del Glorioso S. F. di P.,
ed. Francesco [Preste] da Longobardi, Roma 1655;
Beatissimi Francisci de Paula
[...]
Opuscolo quaedam, Epistolae, Oracula, Sententiae,
ed. Francesco da Sedi, Napoli 1624, 16922;
Il postiglione,
Napoli 1615, ultima ed., ibid. 1843). Per la critica delle
Lettere,
cf. E. Pontieri,
Il Problema critico delle Lettere di S. F. di Paola,
in
Per la storia di Ferrante I d’Aragona,
Napoli 1947, pp. 277-85.
Di recente abbiamo scoperto, tra i manoscritti italiani della Biblioteca
Nazionale di Parigi, un
Poema della Passione,
in ottava rima, che porta il suo nome. L’età del ms., lo stile piuttosto
rozzo e i numerosi calabrismi, che vi si riscontrano, potrebbero
giustificare l’attribuzione (cf. F. Russo,
Bibliografia di S. F. di Paola,
Roma 1957, p. 35).
Fonti
: Le fonti principali sono quattro :
1) Processi informativi, fatti in Calabria e in Francia, di cui esistono gli
originali nell’Archivio Generalizio dei Minimi in Roma e copie nel
protoconvento di Paola (del 1596), alla Vaticana, alla Vallicelliana, alla
Nazionale di Napoli, di Bruxelles ecc. e pubblicati con il titolo
I codici autografi dei processi Cosentino e Turonense per la canonizzazione
(1512-1513) di S. F. di Paola,
Roma 1964.
2) Giacomo Simonetta
[ex auditoribus Rothae],
Relatio facta ad Summum Pont. Leonem X super vita et miraculis B. Francisci
de Paula... ad effectum Canonizationis eiusdem
(an. 1518): nell’Archivio Vaticano (fondo Borgh., Sez. II, 65), ed. Roma
1625 e varie altre ristampe, l’ultima delle quali, di Patrizi-Accursi, Roma
1907 e 1919. Si trova anche pubblicato in Surio, II, pp. 492-500; in
Lanovio,
Chronicon Generale Ord. Minimorum,
Parigi 1635, pp. 166-77; e in Perrimezzi,
Vitae S. Francisci de Paula,
I, Roma 1707, pp. 303-57.
3) Bolle di Leone X per la beatificazione (1513) e per la canonizzazione
(1519), nell’Archivio Vaticano (Reg. Lat. 1011, f. 179; Reg. Lat. 1198, f.
53; Reg. Vat. 1194, ff. 23-30), ed. nel
Bullarium Romanum,
III, 3, pp. 475-82;
La Canonisation de Sainct François de Paule,
Parigi 1581; Surio, cit.
4) Lorenzo Clavense (Delle Chiavi) da Regina,
Libellus de vita et miraculis S. Francisci de P.
pubblicato, come anonimo, dal Papebroch, in
Acta SS. Aprilis,
I, Venezia 1737, pp. 106-19, e dal Perrimezzi,
Vitae,
cit., I, pp. 34-306.
Altre fonti in Victon,
Vita et miracula S. Fr. de P. ad fidem veterum eorumque authenticorum
manuscriptorum et monumentorum conciliata et descripta,
Roma 1625 (ed. francese, Parigi 1625).
Bibliografia:
è copiosissima e, accanto alle molte biografie di carattere popolare, ne
allinea molte critiche e scientifiche.
(Ndr. Il testo originale riporta un lungo elenco di opere dedicate al santo)
Per maggiori riferimenti bibliografici cf. F. Russo,
Bibliografia di S. Fr. di P.,
Roma 1957.
Padre Francesco Russo M.S.C.
(Ndr.: Castrovillari, 28 febbraio 1908 – Roma, 28 agosto 1991) è stato uno
storico e religioso italiano studioso di Storia della Chiesa.
Ritorno alla pagina iniziale "Regole di san Francesco di Paola"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
15 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net