VITA E REGOLA DELLE MONACHE DELL'ORDINE DEI MINIMI
DI FRA FRANCESCO DI PAOLA
Dal sito “santuariopaola.it”, ottobre
2022
Capitolo I:
Osservanza
salutare dei precetti e dei voti
1. Tutte le monache di quest'Ordine dei Minimi - che s'impegnano a seguire più
da vicino la via, la Regola e la vita della salvezza eterna, e che, mediante la
proficua osservanza dei dieci comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa,
cercano di innalzarsi alla pratica dei consigli evangelici - obbediscano
fedelmente al Sommo Pontefice Giulio II ed ai suoi successori canonicamente
eletti; promettano di vivere con perseveranza sotto i sacri voti di obbedienza,
castità, povertà e vita quaresimale, secondo le modalità specificate più avanti;
e rimangano chiuse in idonea clausura.
2. Inoltre obbediscano umilmente al Generale ed ai Provinciali in carica dello
stesso Ordine ed alla loro Madre Correttrice, né si allontanino mai da questa
Regola e vita, memori che invano si comincia il bene se lo si lascia prima della
morte, e che la corona viene data solo ai perseveranti.
Capitolo II:
Candidati da
ricevere nell'Ordine
3. Coloro che, per amore alla vita quaresimale e nell'intento di fare maggiore
penitenza, desiderano entrare in quest'Ordine dei Minimi, siano accolte in
qualità di monache coriste o oblate dalle Madri Correttrici, purché tali
aspiranti risultino in possesso dei requisiti necessari ed abbiano almeno
quindici anni di età.
4. Inoltre, trascorso un anno ininterrotto di prova e non prima (su ciò è
assolutamente vietata qualsiasi dispensa dalle Correttrici di quest'Ordine), se
avranno referenze favorevoli dalle monache professe e soprattutto dalla loro
Maestra, potranno essere ammesse alla professione. Quelle che saranno così
ammesse, resteranno per sempre nello stato della loro professione.
Capitolo III:
Indumenti di
questa congregazione
5. Tutte le monache coriste e oblate di questa piccola Congregazione non
coltivino i loro capelli, ma li taglino spesso o li radano. Inoltre l'abito di
tutte le monache coriste sia lungo fino ai talloni e decoroso, di panno vile,
tessuto con lana naturalmente nera e non tinta. Così pure il loro cappuccio sia
dello stesso colore e arrivi fino alle spalle o più o meno sopra i veli
decorosi, ma tale da potersi cingere. Abbiano pure un cordone rotondo di lana
dello stesso colore, che rechi cinque semplici nodi. Tanto il cordone, quanto
l'abito e il cappuccio, non sarà lecito alle suddette monache toglierseli, né di
giorno, né di notte, se non per cambiarli, pulirli, ripararli o per qualche
evidente malattia, riconosciuta in coscienza dal medico.
6. Usino pure, a loro piacere, zoccoli o sandali fatti di ginestra o di palma o
di paglia o di corda o di giunchi, oppure scarpe aperte di sopra, secondo la
diversità delle Province, a meno che un'urgente necessità o una dispensa
concessa con discrezione dal superiore abbia sciolto dall'obbligo di andare
scalze. Di tali indumenti faranno uso le novizie coriste, salvo che queste, come
le novizie oblate, invece del cordone rotondo, porteranno semplicemente una
fascia del colore del loro abito. Le novizie non portino però il cappuccio, ma
al suo posto, pongano una cuffia di colore dimesso, coperta da un velo decoroso.
Anche le oblate, dopo la loro professione, usino un cordone rotondo come le
monache coriste professe, con un nodo in meno soltanto. Inoltre portino il loro
abito un po' più corto di quello delle monache coriste e veli decorosi con
cuffia adeguata.
7. Ancora, le singole monache coriste e oblate, sotto tale loro abito, potranno
lecitamente portare (secondo il bisogno) tuniche lunghe o corte di panno umile o
di stamigna, come pure calze decorose, convenientemente distese sopra le
ginocchia, nonché un mantello del colore del loro abito (senza alcuna cocolla),
da usare liberamente. Tale mantello però, lo porteranno con umiltà lungo fino al
malleolo le monache coriste, mentre le oblate più o meno fino a metà gamba.
8. Inoltre, tutte le oblate, sia prima che dopo la loro professione, potranno
lecitamente esercitare (come le altre) uno o più uffici minori (secondo la
disposizione del capitolo locale). Ancora, sia le monache coriste che le oblate
(senza l'autorizzazione della Correttrice) non inviino lettere fuori dei loro
monasteri.
Capitolo IV:
Ufficio
divino, riconciliazione capitolare, confessione e comunione
9. Le monache coriste di quest'Ordine deputate idonee alla Celebrazione delle
Ore canoniche, impegnandosi con spirito di santo timore ed esultanza nelle
divine lodi, assolvano all'obbligo dell'Ufficio divino recitandolo
semplicemente, cioè leggendolo lentamente (senza canto), con riverenza e con le
[debite] cerimonie, secondo il rito della Curia Romana. Tutte, poi, osservino in
modo uniforme, in tutto l'Ordine, il Calendario comune approvato per loro dalla
Chiesa Romana. Si potrà pure celebrare la Messa, ogni giorno, dinanzi alle
suddette monache coriste e oblate, che guarderanno e ascolteranno
convenientemente dal loro coro chiuso. Mai però si celebri Messa cantata davanti
a loro, ma solo recitata, ossia letta; né a qualunque Messa si risponda in
canto, da parte di chiunque, nelle loro chiese. Che se ricorre qualche festa di
particolare solennità, si potrà celebrare dinanzi a loro la Messa conventuale
corrispondente, con la commemorazione della festa del giorno che ricorre nel
calendario o viceversa. Dal loro coro chiuso potranno pure ascoltare le
prediche.
10. Inoltre, tutte ugualmente celebrino, nella prima domenica libera del mese di
luglio, l'anniversario della dedicazione di tutte le chiese dell'Ordine. Le
suddette monache non accettino obblighi specifici di suffragi, se non in genere,
ossia nell'insieme di tutti i suffragi dell'Ordine, oppure che non eccedano il
limite di cinquant'anni o al di sotto di questo.
11. Inoltre tutte le monache impedite alla celebrazione dell'Ufficio divino,
uniformandosi con diligenza alla santa Congregazione, recitino per il Mattutino
trenta "Pater noster" e trenta "Ave
Maria", per le Lodi dieci, per i Vespri dodici e sette per ciascuna delle
altre Ore, aggiungendo, dopo l'ultima "Ave
Maria" di ciascuna Ora, i versetti "Gloria
Patri" e "Sicut erat". Per
l'Ufficio dei defunti recitino ogni giorno dieci "Pater
noster" e dieci "Ave Maria" con l'aggiunta del versetto "Requiem
aeternam" all'ultima "Ave Maria".
Le monache oblate invece recitino per il Mattutino venti "Pater
noster" e "Ave Maria", per le
Lodi sette, per i Vespri dieci e cinque per ciascuna delle altre Ore,
aggiungendo ugualmente i versetti "Gloria
Patri" e "Sicut erat" dopo
ciascuna ultima "Ave Maria". Per
l'Ufficio dei defunti dicano ogni giorno altri cinque "Pater
noster" e "Ave Maria",
aggiungendo anche il versetto "Requiem
aeternam" all'ultima "Ave Maria".
12. Le oblate poi, non abbiano voce negli atti capitolari, ma attendano con
sollecitudine e assiduità al servizio delle consorelle e, nel giorno della loro
professione, promettano in capitolo fedeltà all'Ordine, e (come le monache
coriste) si obblighino, nel modo a loro proprio, ai quattro voti del medesimo
Ordine. Tuttavia potranno toccare ogni specie di denaro e, col permesso della
Correttrice, riceverlo lecitamente all'occorrenza, da chiunque, attraverso le
strette grate del monastero, e disporne secondo l'ordine della stessa
Correttrice; non escano mai però dalla clausura del loro monastero, come neppure
le monache coriste. I procuratori o qualsiasi altra persona pia provvedano le
suddette monache coriste e oblate di ogni cosa loro necessaria, secondo la loro
possibilità, attraverso le dette grate.
13. Inoltre, salvo che per legittima causa, le suddette monache coriste e
oblate, si confessino devotamente almeno una volta ogni settimana, ai confessori
loro assegnati. Tre volte per settimana poi, cioè il lunedì, il mercoledì e il
venerdì, si riuniscano in capitolo per dire le proprie colpe e trattare gli
affari del monastero. Così riunite, (convenientemente per ordine di religione)
prima le novizie, poi le oblate già professe, quindi le monache coriste
professe, ciascuna dica con riverenza le sue colpe pubbliche (dinanzi alla Madre
Correttrice) e accolga benignamente la salutare penitenza che provvidenzialmente
le venga ingiunta.
14. Ancora, almeno nelle festività del Natale del Signore, della Purificazione
della Vergine Maria, della Cena del Signore, di Pentecoste, dell'Assunzione
della Vergine Maria, della dedicazione di san Michele Arcangelo e nella
solennità di Tutti i Santi, le singole monache coriste e oblate, se non vi sia
legittimo impedimento, si riconcilino in capitolo e, così riconciliate, ricevano
devotamente la santa Comunione.
Capitolo V:
Obbedienza,
castità e povertà volontaria
15. Le monache coriste e oblate di quest'Ordine, sapendo d'avere rinunziato alla
propria volontà, obbediscano umilmente alla loro Madre Correttrice in tutto ciò
che non è contro la salute della propria anima, né contro questa sacra Regola; e
la venerino esprimendosi con umiltà e contegno rispettoso. Dovendo vivere pure
in perpetua castità, si astengano da ogni sguardo pericoloso ed evitino ogni
sospetta relazione e cattivo suggerimento.
16. Inoltre, militando le suddette monache nella povertà evangelica, non
tocchino affatto denaro, né lo portino coscientemente con se in alcun modo.
Pure, su deliberazione della Correttrice e del capitolo locale (secondo la
possibilità di ciascun monastero) si provveda con carità sia alle riparazioni
della chiesa che al dovuto sostentamento di queste monache coriste e oblate.
17. Ancora, a tutte le monache coriste e oblate vietiamo assolutamente, per
quanto lo possiamo in Dio, di ospitare in qualunque monastero di quest'Ordine,
qualsiasi persona dell'uno o dell'altro sesso, né permettano in alcun modo che
queste stesse persone entrino da loro o nei loro orti, anche se fossero i
confessori propri delle inferme o medici o qualsiasi prelato ecclesiastico o
signori di qualunque rango, ma potranno accedere solamente alle grate strette e
doppiamente strutturate della chiesa, del monastero e dell'infermeria. (Di tali
grate, infisse alla stessa parete, una sia situata di fuori, l'altra di dentro).
Quando poi capitasse che qualche persona si avvicini a tali grate per parlare
con qualcuna delle monache coriste e oblate di quest'Ordine, si consenta che
esse (ottenuta prima la benedizione della Correttrice) vi siano accompagnate
convenientemente, su designazione della stessa Correttrice, e queste persone
possano parlare loro brevemente, in modo tale però che non sia assolutamente
concesso loro di vederle.
18. Si permetta pure (a consolazione delle inferme anzidette e per necessaria
visita) che i loro confessori e i medici (ogniqualvolta ce ne fosse bisogno) si
avvicinino alla suddetta grata stretta dell'infermeria, alla quale le stesse
ammalate potranno accostarsi o (se necessario) farsi portare convenientemente
con un lettino portatile, perché il medico le possa lì stesso vedere e toccare.
Capitolo VI:
Come vivere in
regime quaresimale e come curare opportunamente gli infermi
19. Tutte le monache di quest'Ordine si astengano completamente dai cibi di
grasso e nel regime quaresimale facciano frutti degni di penitenza, sì da
evitare del tutto le carni e quanto da esse proviene. Pertanto a tutte e a
ciascuna è assolutamente e inesorabilmente proibito di cibarsi di carni, di
grasso, di uova, di burro, di formaggio e di qualsiasi specie di latticini e di
tutti i loro composti e derivati (salvo le seguenti modifiche).
20. Quando, infatti, qualcuna delle suddette monache si ammalasse, sia
benevolmente accompagnata dalla monaca corista o oblata deputata o da deputarsi
come infermiera, all'infermeria claustrale ed ivi, secondo le possibilità del
monastero, venga soccorsa per obbedienza e con diligenza e premura, prima con
alimenti quaresimali più idonei (secondo l'arte medica) alla sua malattia.
21. Se poi tale infermità così curata si aggravasse, col parere del medico, si
conduca l'ammalata nell'infermeria esterna, situata entro 1'ambito della
clausura e lì, (secondo la prescrizione dello stesso medico) per ordine della
Correttrice, sia assistita con premura e carità, con qualsiasi alimento per
ristabilirne al più presto la salute; ciò si faccia sempre secondo la
possibilità del monastero e tramite i procuratori o le procuratrici dell'Ordine
o altre devote persone. Si guardino però tutte le monache coriste e oblate di
indurre, esse stesse o per interposta persona, il medico a farsi dispensare
dalla vita quaresimale per quella pasquale, cioè di grasso: tanto più che è
giuridicamente vietato anche agli stessi medici di consigliare ai malati, per la
salute corporale, ciò che potrebbe convertirsi in pericolo dell'anima.
Risultando poi chiaramente che l'inferma si è tanto ristabilita da potersi
sostenere con i consueti alimenti quaresimali, dopo ponderata decisione, ritorni
al più santo regime della vita precedente, memore della propria salutare
professione.
22. A nessuna monaca pertanto, è permesso, contro la presente stabile legge,
alimentarsi (in qualsiasi tempo) dei suddetti cibi pasquali, ossia di grasso: e
cioè di carni, di uova, di formaggio, di burro, né di latticini di ogni tipo, né
di loro composti o derivati, né si permetta in alcun modo che sia introdotto
alcuno di questi alimenti, che possano servire da cibo. Quando però, come si è
detto, fosse necessario cibarsene, siano portati per altra via e non per il
chiostro o monastero, alla suddetta infermeria esterna. Questa sia da ogni lato
circondata da muri e separata alquanto dallo stesso monastero, e non si permetta
assolutamente che sia situata tra le officine interne del medesimo. Ivi poi,
(standovi le inferme) nessuna entri senza il permesso della Correttrice.
Capitolo VII:
Digiuno
corporale
23. Poiché il digiuno corporale purifica la mente, sublima i sensi, sottomette
la carne allo spirito, rende contrito e umiliato il cuore, disperde i pascoli
della concupiscenza, spegne gli ardori della libidine e accende la fiaccola
della castità: perciò, tutte le monache coriste di quest'Ordine, impegnate a
crocifiggere le loro membra insieme con i vizi e le concupiscenze, digiunino
indistintamente dal lunedì dopo Quinquagesima fino al Sabato Santo compreso, e
dal giorno di Tutti i Santi fino alla vigilia del Natale del Signore. Digiunino
pure negli altri giorni in cui è stabilito il digiuno dalla Chiesa e in tutti i
mercoledì e i venerdì dell'intero anno, eccetto solo nei mercoledì che
intercorrono tra la Pasqua e la Pentecoste, e tra la Natività del Signore e la
Purificazione della Beata Vergine Maria, e anche il giorno della suddetta
Natività del Signore, quando capitasse di venerdì. Le oblate invece digiunino
indistintamente soltanto nei venerdì di tutto l'anno e dal giorno dopo la festa
di santa Caterina vergine fino alla vigilia del Natale del Signore; come pure
negli altri giorni in cui è prescritto il digiuno dalla Chiesa.
24. Nessuna poi, fisicamente sana, si esima da tutti i predetti digiuni.
Nondimeno le Prelate o Correttrici potranno ragionevolmente dispensare le
monache coriste e oblate dai singoli digiuni. Si osservi pure, sempre con
carità, che tutte quelle che il cielo visita con continuo e naturale languore,
siano benignamente alleviate non solo nei predetti digiuni, ma anche in tutte le
veglie e in ogni altro onere dell'Ordine, e siano rifocillate con cibi
quaresimali (più abbondantemente che le sane). Esse però, che sono così visitate
dal cielo, gioiscano e rendano grazie per il tempo che ancora viene loro
concesso per fare penitenza.
25. E perché sia eliminata più efficacemente ogni occasione di ingordigia, si
proibisce, a chiunque sia sana, di mangiare, senza il permesso della
Correttrice, fuori l'ora solita della refezione comune. Inoltre non è permesso
ad alcuna di mangiare furtivamente.
Capitolo VIII:
Amore
all'orazione e all'osservanza del silenzio
26. Ciascuna sia pure esortata a non trascurare di applicarsi alla santa
orazione, ricordandosi che la pura e assidua orazione dei giusti è una grande
forza e, come un fedele messaggero, compie il suo mandato, penetrando là dove
non può arrivare la carne. E perché tutte abbiano maggiore possibilità di
pregare, ciascuna sia ammonita ad osservare con cura il silenzio evangelico.
Perciò pratichino sempre il silenzio in chiesa, nel chiostro e nel dormitorio,
durante la prima e la seconda mensa in refettorio, e da Compieta fino a Prima.
In altri tempi e luoghi badino di parlare sommessamente e religiosamente.
Tuttavia, se nei suddetti luoghi e tempi dedicati al silenzio, vi fosse
necessità di parlare, lo si faccia discretamente, sottovoce e in breve.
27. Tutte siano pure esortate ad essere benigne, modeste ed esemplari, non
giudicando gli altri, ma se stesse, ed evitando il troppo parlare, che non è mai
esente da colpa.
Capitolo IX:
Prelati di
questa congregazione e loro assistenti e loro incaricati
28. Coloro che attendono al governo di quest'Ordine e forma di vita, si
conformino alle altre, per quanto è possibile, nel vitto e nel vestiario; nel
correggere usino prudentemente la verga con la manna e l'olio con il vino, cioè
la giustizia con la misericordia e viceversa. E poiché, per mancanza di
esperienza, non è conveniente che sia sottoposta all'onere di Correttrice ed
assuma il governo della Congregazione, colei che non abbia prima sperimentato la
lotta delle tentazioni e non si sia riconosciuta suddita, per questo motivo
nessuna sia preposta in quest'Ordine, né abbia voce nell'elezione e nella
deposizione delle Prelate o Correttrici e delle sorelle maggiori, se prima non
abbia vissuto lodevolmente come professa in quest'Ordine, almeno per due anni ed
abbia non meno di venticinque anni di età.
29. Quelle che dal capitolo saranno elette come sorelle maggiori diano
prudentemente alle loro Correttrici, nel proprio monastero, consiglio e aiuto in
tutto ciò che riguarda la presente Regola e vita. Inoltre, la sagrestana e tutte
le altre incaricate dei monasteri siano debitamente elette dalle loro
Correttrici, insieme con il capitolo locale, in ciascun monastero di
quest'Ordine. Quelle, poi, che risultano così elette, attendano con diligenza
agli uffici loro affidati.
Capitolo X:
Titoli ed
elezioni dei superiori di questa congregazione
30. Infine, tutte coloro che sono preposte alla direzione di queste monache
dell'Ordine dei Minimi, non senza motivo vengono chiamate Correttrici: perché
correggendo anzitutto se stesse, correggano con comprensione le monache coriste
e oblate loro affidate, sicché piamente compatiscano i loro difetti e cerchino
insistentemente piuttosto il loro emendamento che la punizione.
31. Inoltre, ogni tre anni, nella festa dell'Ascensione del Signore, (in tutti i
monasteri di quest'Ordine e in ciascuno di essi) si tenga una riunione
specialissima delle monache coriste, alla quale convengano in capitolo tutte le
monache coriste professe. Dall'universalità di tale capitolo, escluso
assolutamente ogni favoritismo e risentimento, eleggano con saggia riflessione
una, quale loro Madre Correttrice, che sia come serva buona e fedele, onesta,
virtuosa e prudente, che per soli tre anni continui sia preposta prudentemente
al governo della locale comunità.
32. La suddetta Correttrice poi, così eletta, venga debitamente confermata per
il suddetto triennio dal Generale dello stesso Ordine dei Minimi o dal
Correttore Provinciale di tale Provincia. Così confermata, quindi, corregga le
mancanze di tutte le monache coriste e oblate a lei affidate, nella vera
giustizia, sì da non separare da essa la misericordia, ma usi tale misericordia
da non dividere da essa la giustizia. Alla suddetta Correttrice, in qualsiasi
monastero, siano opportunamente affiancate tre compagne timorate, che saranno
chiamate sorelle maggiori e, sostenuta dal loro provvido consiglio, svolga con
discrezione e saggezza gli affari della Religione a lei affidati e con abilità
li tratti e li risolva. Subito appena elette, nel modo sopra indicato, la Madre
Correttrice e le sue compagne promettano, nel capitolo del loro monastero,
fedeltà all'Ordine. Terminato il triennio delle suddette Prelate, prima di
procedere a nuova elezione, esse rinunzino umilmente agli uffici di governo loro
affidati e, almeno per il triennio immediatamente successivo, non abbiano tale
mandato e restino suddite.
33. Inoltre, né alle stesse Correttrici, né ad alcuna monaca corista o oblata
sia mai lecito uscire dalla clausura del loro monastero, salvo che si tratti di
erigere in qualche altro luogo un nuovo monastero dello stesso Ordine. Allora,
il Generale del medesimo Ordine dei Minimi o il Correttore Provinciale di tale
Provincia o per loro mandato e autorizzazione, potranno far uscire dai loro
monasteri alcune monache coriste e oblate di quest'Ordine e mandarle lecitamente
al suddetto monastero di nuova erezione, per instaurarvi la regolare osservanza
e accogliervi convenientemente novizie coriste e oblate da istruire, dirigere e
formare salutarmente, secondo il Correttorio di quest'Ordine.
34. Ancora, né le stesse Correttrici, né qualsiasi altra monaca corista o oblata
abbia l'ardire, sotto qualsiasi pretesto, di impetrare o far impetrare, con
parole o con scritti, alcunché contrario a questa Regola e vita; né di comporre
o fare comporre, innovare o fare innovare altre norme.
35. Infine, per ascoltare le confessioni delle suddette monache, il Generale di
quest'Ordine dei Minimi o il Correttore Provinciale di tale Provincia assegnino
opportunamente ai singoli monasteri dell'Ordine, sacerdoti idonei e probi
confessori, che potranno essere cambiati per ordine dello stesso Generale o del
proprio Vigile o del Provinciale. Abbiano almeno cinquant'anni di età, a meno
che, a discrezione dello stesso Correttore Generale o tramite il suo Vigile o il
Provinciale, siano da costituirsi in età di quarant'anni, oppure la necessità
dei luoghi costringa ad assumere confessori di età inferiore. Tali confessori
poi, ascoltino attentamente le confessioni di ciascuna di queste monache coriste
e oblate e impongano loro la salutare penitenza per le mancanze commesse.
E' questa, carissime Sorelle, la legge e Regola mite e santa, che vi esortiamo
ad accogliere con umiltà e a custodire con fedeltà e perseveranza, affinché,
mediante la sua osservanza, possiate alla fine conseguire felicemente dalla mano
del Signore, quale perenne benedizione, la grazia e la gloria.
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22 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net