Francesco d’Assisi
Estratta da "Il Cristo. vol V. Testi teologici e
spirituali da Riccardo di san Vittore a Caterina da Siena". A cura di
Claudio Leonardi - Fondazione Lorenzo Valla / Arnoldo Mondadori Editore,
2006
Nato ad Assisi nel 1181, ricevette il nome di Giovanni, che il padre
mercante, tornando da Parigi, volle mutare in Francesco. Il giovane si trovò
presto coinvolto nella vita cittadina, che attraversava, negli anni tra
l’undicesimo e il dodicesimo secolo, momenti di forte tensione, sia nei
confronti dell’esterno sia all’interno del Comune che si stava allora
costituendo. Francesco partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia, nel 1202,
e venne fatto prigioniero. Nel 1205 voleva partire per la crociata, ma una
visione lo trattenne. Fu l’inizio di un altro modo di vita, dove
l’entusiasmo per le piccole e grandi imprese umane si interiorizzò, diventò
desiderio di una trasformazione intima prima ancora che storica, mentre
l’impegno per la sua città diventò dedizione a un ideale universale. Le
tappe di questa trasformazione furono la voce che egli sentì nella chiesa
fuori porta di San Damiano, sempre nel 1205 (una voce che egli attribuì al
crocifisso che vi si conserva, e che gli ordinò di «riparare» la sua
chiesa), e poi l’ispirazione che ebbe nel 1208 alla Porziuncola, la piccola
chiesa nella piana d’Assisi, quando la sua vocazione trova il nome che la
distinguerà per sempre: la povertà come perfetta imitazione di Cristo. Solo
nella sua opera più solenne, il
Testamento, scritto poche settimane prima della morte, nel
maggio o giugno del 1226, egli rivelò il fatto che fu all’origine della sua
nuova vita: l’avere potuto - dopo averne avuto un totale ribrezzo -
abbracciare e baciare con gioia dei lebbrosi, avendo improvvisamente intuito
e compreso come solo attraverso il loro volto sfigurato gli si rivelava il
volto stesso della divinità.
Con Francesco si opera un singolare approfondimento che rappresenta e
rappresenterà in tutta la storia cristiana una novità difficilmente sotto
valutabile. Il confronto prima con la paganità e poi la convivenza con il
potere esercitato con segni cristiani avevano portato a un primato del Dio
veterotestamentario, che è aldilà della storia, nella luce sfolgorante della
sua potenza, e a un’immagine di Cristo come partecipe di questa luce e di
questa potenza. Nel nuovo tempo della Chiesa di Gregorio VII, l’immagine di
Dio è più vicina a quella neotestamentaria; immagine di un Dio appunto che
si fa uomo e diventa l’amico e l’amante dell’uomo. La cristologia
cisterciense è forse il maggiore frutto di questa diversa concezione. Nei
primi scritti di Francesco, la cui autenticità può essere data come sicura
benché siano trasmessi spesso non direttamente ma attraverso
reportationes o altri mezzi, l’eredità cisterciense è
facilmente riconoscibile. La novità di Francesco è tuttavia altrove:
nell’aver compreso sino in fondo come l’ultima e vera prova che Dio si è
incarnato in Cristo sia nella divinità dell’uomo, nella presenza del divino
in ogni uomo, anche nella sua dimensione più tragicamente umana:
nell’impotenza del bambino (si ricordi il culto di Francesco per il
presepio), nella drammaticità del male (il lebbroso), nel nulla della morte
(il crocifisso). Dio non è più visto come luce, potenza, giudizio, neppure
come dolcissimo amore, ma come semplice e schietta umanità, con gli amori e
i dolori di ogni vita; Cristo è visto come fratello, sposo, padre, e insieme
figlio, come avviene nella varietà e complessità della vita e dei rapporti
tra gli uomini.
Il segno più alto di questo Dio è la povertà. Se Dio è presente in ogni
uomo, ogni uomo è degno del più alto rispetto, ogni oppressione dell'uomo
sull’uomo, che il denaro rappresenta, è inammissibile. La povertà di
Francesco è di natura mistica, non più di natura ascetica, e per questo non
può essere che totale: non è una povertà faticosa, come quella monastica, ma
gioiosa e beata, perché è il riconoscimento e il rispetto della grandezza di
ogni uomo (come nel
Cantico delle creature si ha il riconoscimento della bellezza
di ogni cosa creata, del cosmo intero, della vita come della
morte). Così gli
atti-simbolo di Francesco sono il suo spogliarsi sulla piazza
di Assisi davanti al vescovo e ai cittadini, quando inizia la sua nuova vita
(1206), e il chiedere di essere messo nudo sulla nuda terra per morire
(1226). E l’episodio più straordinario e significativo è quell’assimilazione
a Cristo da lui provata all’eremo della Verna, sulla montagna aretina, nel
1224, in quel corpo a corpo tra lui e il serafino-crocifisso che ha generato
nel suo corpo le stimmate, il segno
fisico, nella povertà della carne, del
Dio-fatto-uomo uno con l’uomo-fatto-Dio.
Per questo la cristologia è al centro dell’idea e dell’immaginario su Dio di
Francesco. Più di un critico ha osservato come le preghiere di Francesco e
gli altri suoi scritti si rivolgano preferibilmente al Padre, non al Figlio
incarnato, e come il Dio trinitario sia sempre il quadro entro cui si svolge
ogni sua riflessione su Cristo. Su questo non c’è dubbio. Ma lo si può
affermare solo attraverso una lettura molto letterale e meccanica dei suoi
scritti. In realtà Francesco si pone di fronte al Padre e all’interno della
Trinità come se egli stesso fosse il Figlio; soprattutto negli ultimi anni,
si sente talmente unito, o meglio trasformato in Cristo, anche fisicamente
oltre che nella psiche e nello spirito, da avere sì netta la differenza ma
anche presente l’identità con Cristo. Con Francesco, per la prima volta in
termini perentori, la formula del concilio di Calcedonia in Occidente appare
lontana, sebbene non esplicitamente contraddetta. Cristo è certo Dio, ma la
sua umanità è così evidente che, imitandola, si assimila la divinità stessa.
In verità la vita di Francesco appare come la vita di Cristo: egli è un
nuovo-Cristo come mai era avvenuto prima, nei secoli precedenti. Dal
1208-1209 egli percorre a piedi l’Italia con pochi discepoli per predicare
il Vangelo; nel 1212 accoglie la giovane Chiara e la veste dell’abito
religioso e alla giovane donna resterà legato fino alla fine in uno
straordinario rapporto; nel 1219-1220 si reca in Egitto e in Palestina per
predicare al Sultano e per convertire l’Islam, non più con le armi ma con la
parola e l’esempio; nel 1220 rinuncia ad essere il superiore dei suoi frati,
divenuti in pochissimi anni un’enorme schiera, ai quali è sempre molto
legato e dai quali insieme sembra volersi distinguere; nel 1225, quasi
totalmente cieco, detta il
Cantico delle creature. Il 3 ottobre 1226 muore alla
Porziuncola. Già nel 1228 l’amico di Francesco, il cardinale Ugolino di
Segni, divenuto papa Gregorio IX, viene ad Assisi per proclamarlo santo
della Chiesa romana.
A Francesco si debbono pochi scritti, alcuni direttamente altri solo
indirettamente autentici: oltre poche lettere, preghiere e laude (tra cui il
Cantico delle creature, con il quale si può far iniziare la
letteratura italiana), le due regole, il
Testamento e poche altre cose. Qui riportiamo la singolare
parabola sulla perfetta letizia, una scelta dalle
Admonitiones, dalla
Lettera ai fedeli e dalla
Regala non ballata e infine il
Testamento, con la lettera a Chiara d’Assisi. Il testo latino
è quello stabilito da K. Esser,
Die Opuscola des hi. Franziskus von Assisi, Grottaferrata
1976; per la traduzione italiana abbiamo usato, con qualche correzione che
ci è parsa opportuna, quella di F. Mattesini,
in
Fonti Francescane, Assisi 1978.
Bibliografia: la storiografia moderna su Francesco si può
far iniziare con la
Vie de S. François d'Assise di P. Sabatier, Paris 1894 (trad.
it. 1978, sulla edizione francese postuma del 1931,
Vita di San Francesco d’Assisi, Milano 1978). La letteratura
su Francesco e il primo francescanesimo è diventata, in un secolo, una
biblioteca intera. Oltre le bibliografie specializzate, si veda
San Francesco nella ricerca storica degli ultimi ottanta anni,
Todi 1971. Qui segnaliamo solo alcuni lavori più recenti che trattano il
nostro tema o che più sono stati utilizzati.
Per le biografie e i saggi biografici si ricordano:
G.K. Chesterton,
St. Francis of Assisi, London 1932 (trad. it.
San Francesco d’Assisi,
Milano 19673);
O. Englebert,
Vie
de Saint François d’Assise,
Paris 1956;
G. Pepe,
Francesco d’Assisi tra Medioevo e Rinascimento,
Manduria 1965;
J. Joergensen,
S. Francesco d'Assisi, Assisi 1968;
R. Manselli,
S. Francesco d’Assisi, Roma 1980;
E. Balducci,
Francesco d'Assisi, Fiesole 1989;
E. Cardini,
Francesco d'Assisi, Milano 1989.
Tra i molti studi dedicati specificamente alla cristologia segnaliamo
almeno:
Franciscan Christology. Selected Texts, Translation and Introductory Essays,
a cura di D. McElrath, New York 1980 (è un’antologia di testi da Francesco a
Bernardino da Siena, con un saggio introduttivo di E. Doyle e D. McElrath,
St. Francis of Assisi and the Christocentric Character of Franciscan Life
and Doctrine, pp. 1-13);
C.M. Teixeira,
L'immagine del Dio vivo. Linee fondamentali della visione di Dio negli
scritti di San Francesco d’Assisi,
Roma 1981;
O. Van Asseldonk,
François
d'Assise, imitateur du Christ crucifié, Dieu-homme, dans la tradition
franciscaine et capucjne,
«Collectanea Franciscana» LII 1982, pp. 117-43;
J. Lang, «Das Christusbild des hi. Franziskus», in
Persönlichkeit des hi.
Franziskus von Assisi,
Weil i.W. 1982, pp. 42-56;
M. Hubaut,
Le Christ de saint François.
Quelle vision du Christ se dégage
des écrits de François?,
«Carmel» XXXIII 1984, pp. 24-31;
N.
Nguyèn-Và-Khan,
Gesù Cristo nel pensiero di S. Francesco secondo i suoi scritti,
a cura di F. Olgiati, Milano 1984.
Segnaliamo infine tra le più recenti pubblicazioni:
Stanislao da Campagnola,
L'angelo del sesto sigillo e l'«alter
Christus»,
Roma 1971;
R. Manselli,
Nos qui cum eo fuimus. Contributo alla questione francescana,
Roma 1980;
Stanislao da Campagnola,
Francesco d’Assisi nei suoi scritti e nelle sue
biografie dei secoli XIII-XIV,
Assisi 19812;
L'esperienza di Dio in Francesco d'Assisi,
Roma 1982 (Laurentianum XXIII);
C. Leonardi,
Il vangelo di Francesco e la Bibbia di Antonio, «Il Santo»
XXII 1982, pp. 299-318;
C. Leonardi, «L’eredità di Francesco d’Assisi», in
Francesco d'Assisi.
Documenti e archivi, codici e biblioteche, miniature,
Milano 1982, pp. 111-5;
M. Mees,
Das Verständnis
des Neuen Testaments in den Schriften des hi. Franziskus,
«Miscellanea Francescana» LXXXII 1982, pp. 311-25;
E.
Miccoli,
La proposta cristiana di Francesco d’Assisi. Un problema di lettura,
«Studi medievali» XXIV 1983, pp. 17-73;
G.G. Merlo,
Tensioni religiose agli inizi del Duecento,
Torre Pellice 1984;
O.
Schmucki,
Schrittweise Entdeckung der evangeliumsgemässen
Lebensform durch den hl. Franziskus von
Assisi,
«Franziskanische Studien» LXVI 1984, pp. 368-421;
G. Basetti Sani,
Mohammed, St. Francis, and
Alvema,
Firenze 1985;
Francescanesimo e profezia,
a cura di E. Covi, Roma 1985 (Laurentianum XXVI);
O. Schmucki, «Zur Mystik des hl.
Franziskus von Assisi im Lichte seiner Schriften», in
Abendländische Mystik im Mittelalter, a cura di K. Ruh,
Stuttgart 1986, pp. 241-68;
Z. Zafarana, «Francesco d’Assisi nei suoi scritti», in Ead.,
Da Gregorio VII a Bernardino da Siena. Saggi di storia medievale,
Firenze 1987 (Quaderni del Centro per il collegamento degli studi medievali
e umanistici nell’Università di Perugia XVII), pp. 93-110;
E. Franceschini,
Nel segno di Francesco, a cura di F. Casolini e G. Giamba,
prefazione di E. Menestò, Santa Maria degli Angeli 1988;
G. Miccoli,
Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un'esperienza cristiana,
Torino 1991.
Ritorno alla pagina iniziale "San Francesco"
| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |
| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |
11 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net