Regole del Monastero del Santo Padre Giovanni,
Presbitero e
Superiore di Pantelleria
Estratto e tradotto da “Byzantine monastic
foundation documents”, Vol. I,
edited by John Thomas and Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks Research
Library and Collection Washington, D.C., 2000
Traduzione
- Nota originale del libro:
la traduzione in lingua inglese riportata di seguito è basata sull'edizione di
Mansvetov del manoscritto della Libreria di Stato Russa, integrata da sezioni
tra parentesi uncinate
(< >)
basate sul facsimile di Dujcev del manoscritto della Bodleian Library di Oxford.
- Nota del traduttore:
la traduzione italiana è basata sul testo inglese di cui sopra.
Dai sacri libri che insegnano la salvezza a tutti [gli uomini]. Chi ha rifiutato
[questo mondo] ed è entrato nello stato monastico per amore della [sua] salvezza
non può essere salvato se non osserva [le regole] che intendo scrivere [qui].
[1.] Al suono del [sacro] simandro
[1], [i monaci] si radunino sotto il portico
della chiesa
[2] ed entrino in chiesa non appena arrivano
gli anziani. Si inchinino
[3] tutti insieme davanti alla croce e
comincino a cantare la Preghiera del Signore e ad eseguire nel giusto ordine gli
inni del mattutino o dei vespri o delle ore. Ognuno rimanga costantemente nel
posto che corrisponde al suo grado e non abbia il permesso di spostarsi da
questo posto e rimanere in un altro. Se comincia a comportarsi in questo modo,
lasciando il proprio posto e rimanendo in un altro, gli venga mostrato [il suo
posto] una, due e tre volte. Se [nonostante ciò] non ascolta, sia espulso dalla
congregazione della chiesa.
[2.] Allo stesso modo, [i monaci] si accostino alla comunione, al pasto ed al
saluto secondo l'ordine
[4] del loro stato. Ancora una volta,
mantengano il giusto ordine anche durante il giorno. Recitino le loro preghiere
tre volte dalla prima alla terza ora, tre o quattro volte dalla terza alla
sesta, due volte dalla sesta alla nona, fino ai vespri e tre volte durante la
notte.
[3.] Si recitino le preghiere come segue: dopo la Preghiera del Signore, [i
monaci] stiano fermi un po' di tempo e poi si inchinino nove volte, se sono in
buona salute, ed ogni volta che si alzano di nuovo alzino le mani a Dio
implorando la sua grazia. {Si inchinino tre volte e alzino anche le mani tre
volte.} Quando hanno finito, si inchinino tre volte, quindi si inchinino l'un
l'altro e si congedino. (Se non sono in grado di inchinarsi, come è già stato
detto, nove volte, si inchinino tre volte [solo], e alzino anche le mani tre
volte, e poi si congedino). In tutto ammonterà a dodici [volte]. Ordiniamo di
farlo nei giorni invernali, ma nei giorni estivi aumentiamo le preghiere.
Quindi, quando i giorni si allungano, si aggiunga un'altra preghiera ad ogni
[ulteriore] ora.
[4.] Di nuovo, chi cerca la salvezza ed entra nello stato monastico, se è
fisicamente sano, [cioè] in grado di farlo, digiuni durante il giorno
[5]. Se [egli] invece dovesse svolgere un
lavoro pesante, [gli] si conceda di mangiare un quarto [della porzione normale]
ed un bicchiere di vino prima del pasto. Invece, se il suo corpo si smagrisse e
diventasse debole, digiuni [solo] lunedì, mercoledì e venerdì. Chi non è
disposto a rispettare queste prescrizioni non otterrà la salvezza.
[5.] Quando [i monaci] si riuniscono nelle celle dove dormono o mentre fanno un
servizio, è sconveniente sia che si visitino l'un l'altro e che si seggano sul
letto, sia che chiedano informazioni su qualsiasi questione. Se i propri beni
sono trattenuti con la forza da qualcun altro, si rivolgano ai sorveglianti
ecclesiastici, che ripareranno questo torto [per loro]. Se qualcuno dovesse
manifestamente ignorare tale regola e non dare ascolto due o tre volte alle
ammonizioni, sia espulso dal monastero. Se qualcuno dovesse essere visto
allontanare uno dei suoi fratelli e portarlo nella sua cella per conversare con
lui, costui sia ammonito [due o tre volte], quindi, se non è disposto ad
ascoltare, sia spogliato dei suoi abiti e bandito dal monastero. Di nuovo, se
fosse necessario che [qualcuno] parli di una qualsiasi questione, stia in piedi
a parlare [all'altro] fuori dalla chiesa davanti ai fratelli, in modo che
nessuno sia indotto in errore.
[6.] Analogamente, chiunque stia camminando con un altro su una strada e sia
visto tenersi per mano o abbracciarsi o baciarsi, se costui non dà ascolto alle
ammonizioni, sia espulso dalla confraternita, in modo che gli altri non siano
corrotti alla vista [di costui].
[6]
[7.] Inoltre due monaci non cavalchino insieme bestie da soma, ma ciascuno
cavalchi a turno.
[7] Lo stesso criterio [vale] sia nello stare
seduti che nel dormire.
[8] Chiunque conversi spesso con uno, ma non
è chiaro di cosa si tratta, sia soggetto alla suddetta punizione.
[8.] Quando [i monaci] si recano al coro, se uno di loro arriva prima
[dell'inizio del] canto, lo si lasci entrare, recitare la preghiera e prendere
il suo posto. Se qualcuno dovesse impigrirsi o, per qualsiasi motivo, fosse in
ritardo e non si presentasse, rimanga fuori dalla chiesa e, mentre i fratelli
escono, si prostri davanti a loro e spieghi il motivo per cui non era presente,
in modo che i fratelli [lo] vengano a sapere.
[9] Il superiore lo interroghi e, se il
perdono è opportuno, lo perdoni. Se non lo è, gli infligga la punizione. Ciò
avvenga per i mattutini, i vespri o qualsiasi altro servizio; per i quali però
chi è arrivato presto deve aspettare con gli altri fratelli.
[9.] Se dovesse accadere che uno fosse impegnato per qualsiasi motivo, si unisca
al [canto] del Canone
[10] più tardi; e per questo motivo i
fratelli cantino le odi, sempre nella totalità dei loro versi, e poi inizino a
cantare i tropari
[11].
Quando le notti sono [troppo] brevi, facciamolo dopo l'ora di pranzo
<come abbiamo detto>. Abbiamo anche ordinato che voi, se possibile, cantiate le
odi nella totalità dei loro versi insieme ai
tropari, ma questo è [lasciato] all'autorità degli anziani.
Certamente è sempre vantaggioso esercitarsi sia nei giorni dei santi che in
quelli del Signore <d'estate>, ma anche d'inverno
[12] sforziamoci di cantare le odi dal primo
all'ultimo verso così come i tropari.
Il precetto ecclesiastico è il seguente: quattro
kathismata
[13] e due lezioni durante l'inverno, due
kathismata e una lezione durante
l'estate (per quanto riguarda la lezione, [la si legga] purché i fratelli non
siano ritenuti sovraccarichi di lavoro), e ulteriori preghiere.
[10.] Quando state <in piedi> in chiesa per l'inno, ascoltate ciò che dice il
precettore e cantate [esattamente] come lui prescrive. Nessuno abbia il potere
di cambiare una parola o di cantare un inno diverso. Anche se vi accorgete che
il precettore è in errore, solo coloro che sono davanti avranno il diritto di
cambiare qualsiasi parola o di iniziare un inno diverso. Tutti gli altri
[osservino] l'ordine corretto. Se qualcuno osa infrangere la presente regola,
sia soggetto alla punizione di sdraiarsi con la faccia verso terra. Di nuovo,
ordiniamo di cantare nell'ordine corretto, secondo la disposizione acquisita dal
diacono Giovanni. Che tutti cantino in questo modo. Se qualcuno di voi fosse
abituato a cantare in modo diverso, gli chiediamo di abbandonare la sua
abitudine e di adattarsi a quella dei suoi fratelli,
[11.] Quanto alla liturgia collettiva, se qualcuno non dovesse venire [in tempo]
senza alcun motivo, la comunione non gli si addice. Se inizia a farlo spesso,
sia passibile della punizione di sdraiarsi con la faccia verso terra.
[14]
[12.] Correte con zelo alla chiesa e ancor di più alla santa liturgia. Non state
troppo vicini gli uni agli altri. Quando vi inchinate e recitate la preghiera,
nell’inchinarsi ciascuno si tenga lontano dal fianco di suo fratello e non gli
si avvicini in modo tale che quando si inchina vada addosso al fratello.
[13.] Di nuovo, ogni volta che un superiore convoca [i fratelli] ai pasti,
permetta [loro] di spostarsi come [se andassero] in chiesa. Se alcuni arrivano
prima degli altri, aspettino un po' i loro compagni [monaci] e dopo si inizi a
recitare la preghiera sul cibo. I sorveglianti interroghino chiunque arrivi in
ritardo.
[15] Se è arrivato in ritardo per pigrizia,
lo rimandino indietro senza cibo. Se è la Quaresima o il digiuno di Natale,
costui rimanga [in questa condizione] fino alla stessa ora esatta del giorno
successivo. Se non è un giorno di digiuno, rimanga [così] fino a sera; poi,
ottenuto il perdono, lo si lasci mangiare. Se non si pente della sua colpa, non
mangi, perché abusa degli altri e per questo rifiuta di umiliarsi davanti a
chiunque.
[14.] Ogni volta che i fratelli sono chiamati a lavorare, si affrettino [a
farlo] come fanno con il cibo.
[16]
[15.] I sorveglianti scandiscano il tempo per le preghiere e non colpiscano [il
simandro] ogni volta che è il momento di prostrarsi davanti a Cristo. Ci saranno
due sorveglianti, per annunciare il giusto ordine dei misteri, e se la
confraternita si accorge che sono pigri, alla fine della giornata, là dove si
riuniscono per mangiare, infliggano loro la punizione dicendo: " Poiché le
nostre preghiere non sono state perfette, [allo stesso modo] non mangiate ".
[16.] Sia proibito andare a qualsiasi tipo di lavoro senza chiedere [il
permesso] agli anziani. Facciano presente ciò ai monaci che devono partire per
andare a lavorare ed a chi, invece, viene ordinato di sedere nella sua cella
mentre lavora anche per gli altri, come è giusto. In effetti, è giusto che per
amore <facciate il lavoro di Cristo> l'uno per l'altro.
[17.] Se qualcuno espone la sua veste all'esterno e il sole splende su di essa
per tre mattinate, sia soggetto alla punizione appropriata.
[17] Vada lui stesso a chiedere la punizione,
confessando il suo peccato, poiché ha trasgredito. Si faccia così per qualsiasi
tipo di colpa, se si vuole essere salvati. Anche se gli anziani non vengono a
sapere [del suo peccato], lui stesso deve essere consapevole di ciò che è e del
suo deserto. Chi per pigrizia non si cura di subire il castigo, possa la sua
anima avere la vita!
[18.] Non bisbigliate tra di voi, poiché sussurrare presuppone il peccato di
furto.
[18] Ma se ci fosse la necessità di
conversare, allora conversate tra di voi in modo chiaro, non gridando ma con
voce moderata. Nessuno scriva una parola su carta ad un altro, a meno che non ne
abbia un grande bisogno, oppure sia Quaresima. Tanto più che abbiamo già detto
di parlare con voce chiara.
[19.] Ti ingiungiamo di riverire i tuoi sorveglianti come [riveriresti] Dio
stesso. Continuate ad amare e riverire non solo gli anziani, ma tutti voi
reciprocamente. Come abbiamo detto, così le vostre anime avranno la vita,
altrimenti difficilmente potranno avere la vita.
[20.] Se un fratello dichiara: "Non posso stare con questo fratello nella stessa
cella o [sedere] alla stessa tavola", gli si chieda a causa di quale peccato fa
(ciò). Se dovesse rispondere [che è] a causa di estrema fragilità, per paura che
suo fratello susciti scandalo, chiediamo che venga fatta un'indagine su questo
argomento. Quest'ultimo dovrebbe affermare: "[Sì], sto causando scandalo", e
questo è il motivo per cui si separa dal giusto ordine dei fratelli, e [perché
anche lui] dice: "Desidero sedermi da solo nella mia cella," portino da lui i
sacerdoti della chiesa e che sia istruito in mezzo ai fratelli. Se continua a
non dare ascolto, si tolga le vesti monastiche davanti alla chiesa e poi lo
espellano dal monastero.
[21.] Infatti chi non osserva tutte le regole monastiche e, nello stesso tempo,
non osserva e non segue le presenti norme si allontana dalla Chiesa. Questo è
ciò che viene detto nel libro e così si faccia! Chi ama il prossimo fino alla
morte <sarà disposto a> dare la propria vita (per lui), lo servirà e rimarrà
[19] con lui. Chi si attiene a tali regole
dei nostri Padri e le osserva, avrà la vita.
Note sulla traduzione (con l’aggiunta di alcune note del traduttore in lingua
italiana).
[1]
Ndt. Il simandro o simandra,
(ovvero il semanterium) è uno strumento a percussione utilizzato
fino al X secolo nell'area dell'Impero bizantino, costituito da una
tavola di legno o di metallo, appesa, che veniva percossa per produrre
un suono da richiamo, ancora in uso in alcuni monasteri ortodossi.
(Fonte "Wikipedia")
[2]
Portico della chiesa: forse qui si intende il nartece.
Ndt. Il nartèce (o ardica) è
una struttura tipica delle basiliche dei primi 6-7 secoli del
Cristianesimo. È uno spazio posto fra le navate e la facciata principale
della chiesa e ha la funzione di un corto atrio, largo quanto la chiesa
stessa. (Fonte "Wikipedia")
[3]
Per gli inchini si veda anche “La
regola dell'osservanza del monastero di Studion (o Studios)”.
Ndt. L’inchino accompagnato dal segno
della croce, (in greco μετανοίας -
metania) costituisce un segno
frequente di riverenza e di penitenza. Viene utilizzata soprattutto dai
fedeli di rito bizantino al posto della genuflessione. (Fonte "Prosefchitarion,
Manuale di preghiere del Rito Bizantino", di Damiano Como, ed. Lulu
Com 2014)
[4]
Un riferimento alla disposizione delle ore canoniche (l'akolouthia).
[5]
Richiedere ai monaci di digiunare durante il giorno è un requisito
straordinario nel contesto di ciò che si conosce da altri nostri
documenti della Fondazione Monastica Bizantina.
[6]
Ricorda vagamente i
Praecepta
di Pacomio. Precetto 95: “Nessuno
tenga la mano di un altro, ma sia in piedi, sia in cammino o seduti ci
sarà sempre la distanza di un cubito tra l'uno e l'altro”. (Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli" - a cura di Lisa Cremaschi della
Comunità di Bose - Edizioni QIQAJON 1988).
[7]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 109: “Non
siederanno in due sopra un asino senza sella, né sopra il timone di un
carro”
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[8]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 95: “Nessuno
dorma sulla stuoia con un altro”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[9]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 17: “Quando
un superiore recita i salmi, cioè legge il salterio se uno è assente, si
sottoponga subito, davanti all’altare, alla regola della penitenza e
della correzione”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[10]
Ndt. Il Canone è una composizione poetica suddivisa in nove odi,
articolate a loro volta in tre o più stanze o inni. Il canto del Canone
costituisce la struttura portante dell'attuale Mattutino bizantino
(Fonte: Icone delle dodici grandi feste bizantine, Gaetano Passarelli,
Jaca Book, 1998
[11]
Ndt. Un troparion nella musica
bizantina e nella musica religiosa del cristianesimo ortodosso orientale
è un breve inno di una strofa, o organizzato in più forme complesse come
serie di strofe. (Fonte "Wikipedia")
[12]
Cioè, nelle feste del Signore.
[13]
Ndt. Un kathisma (dal greco
antico:
κάθισμα)
è una divisione dei salmi in uso nelle Chiese orientali -
Chiese ortodosse e Chiese cattoliche di rito bizantino. Con il
cenobitismo si diffuse la pratica di cantare i centocinquanta salmi in
comune durante la settimana. Per facilitare questa pratica, i
centocinquanta salmi furono divisi in venti sezioni chiamate
kathismas, letteralmente "sedute". Questo termine deriva dal fatto
che i salmi venivano letti da uno dei fratelli e gli altri, seduti,
ascoltavano attentamente. (Fonte "Wikipedia")
[14]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 9: “chi di
giorno arriverà dopo la prima preghiera verrà rimproverato come nel caso
precedente e resterà in piedi nel refettorio”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[15]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 32: “Se
uno verrà a mangiare in ritardo a meno che sia stato trattenuto da un
ordine di un superiore, farà la stessa penitenza oppure ritornerà nella
sua casa a digiuno”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[16]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 58: “Se
verrà dato il segnale di uscire per il lavoro, il preposito della casa
li precederà e nessuno resterà in monastero, se non chi ne ha ricevuto
l’ordine dal padre”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[17]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 68: “Non
vadano a lavare senza che sia stato dato un segnale a tutti; seguiranno
il loro preposito e laveranno in silenzio e in buon ordine”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[18]
Cfr.
Praecepta
di Pacomio n. 94: “Nessuno
parlerà ad un altro nell’oscurità”.
(Estratto
da "Pacomio
e i suoi discepoli").
[19]
In slavo ljazhet, cioè essere
sepolto
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23 novembre 2020 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net