2. Pantelleria:
Typikon di Giovanni
per il Monastero di San Giovanni il Precursore a Pantelleria
Estratto e tradotto da
“Byzantine
monastic foundation documents”, Vol.
I, edited by John Thomas and Angela Constantinides Hero, Dumbarton Oaks Research
Library and Collection Washington, D.C., 2000
Data:
probabilmente fine dell’VIII secolo.
[1]
Traduzione in lingua inglese a cura di:
Gianfranco Fiaccadori
Edizione russa impiegata:
Ivan D. Mansvetov, Tserkovnii ustav (tipik), ego
obrazovanie i sudba v grečeskoi i russkoi tserkvi (Mosca, 1885), pp.
441-45; si confronti anche l’edizione italiana di Ivan Dujčev, “Il
Tipico del monastero di S. Giovanni nell'isola di Pantelleria”,
Bollettino
della
Badia Greca
di
Grottaferrata,
n.s. 25 (1971), pag. 3-17, con facsimile non trascritto del manoscritto
bodleiano alle pag. 5-12.
Manoscritti:
Ms. Libreria di Stato Russa (Mosca), un tempo Accademia Teologica 54, foglio 91v
e seguenti (XVI-XVII sec.). Ci sono altri due manoscritti: Museo storico statale
(Mosca), un tempo Biblioteca patriarcale, Collezione Undol'skij, 110 della Lista
di Controllo Sinodale, foglio 549 e seguenti (XVI-XVII sec.), e Bodleian Library
(Oxford), 995-92, fogli 124r-127v (XVI-XVII sec.).
Altre traduzioni:
italiano, di Dujcev, "Riflessi della religiosità italo-greca nel mondo slavo
ortodosso”, in La chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo, Padova, 1973",
pp. 208-12, e "Il Tipico" (citato sopra), pp. 13-17, dal manoscritto bodleiano.
Storia istituzionale
Si sa molto poco di questa fondazione e non si può dire molto con certezza
neanche su questioni fondamentali come il periodo in cui visse il suo fondatore
Giovanni, da quanto tempo esistesse il suo monastero e quando scomparve. Il
fondatore, oltre all'attuale
typikon, è noto anche per la sua
apparizione in varie synaxaria della
chiesa greca, nelle quali viene abitualmente descritto come “confessore” oltre
che superiore di questo monastero di Pantelleria.
[2] Ciò ha portato alcuni studiosi a
ipotizzare che potesse essere stato un rifugiato dall'iconoclastia e che il suo
monastero doveva quindi risalire a un periodo successivo al 726.
[3] Anche il successore di Giovanni, Basilio,
fu commemorato come santo ed esiste un canone a lui dedicato che sembra
riferirsi alle regole monastiche di Giovanni.
[4] Il canone presenta la dura vita ascetica
condotta da Basilio, che appare in consonanza con il tenore severo del
typikon di Giovanni (vedi sotto). Il
canone ovviamente deve essere successivo al typikon, ma poiché la sua datazione è ipotetica, non aiuta a datare
quest'ultimo documento.
Alcuni fatti noti sulla stessa isola di Pantelleria suggeriscono la probabile
durata ed il destino ultimo della fondazione. Situato a sud-ovest della punta
più occidentale della Sicilia ed ad est della Tunisia, in quanto possedimento
italiano è ancora oggi un sito remoto e scarsamente popolato. Conosciuto in
epoca classica come Cossyra, divenne noto come Pantellaria intorno al 700,
[5] che è più o meno il periodo in cui il
dominio arabo si stabilì saldamente a Ifriqiya sulla vicina costa africana con
la caduta di Cartagine nel 698. Aveva servito da rifugio per i Cristiani in fuga
dagli arabi dalla seconda metà del VII secolo, ma intorno al 700 fu
temporaneamente sequestrato da questi ultimi, che lo utilizzarono come base per
le incursioni in Sicilia.
[6] Il periodo del suo recupero da parte dei
Bizantini, non databile con precisione, è il periodo più probabile per la
fondazione del monastero di Giovanni. Durante gli anni 803-806, tre gerarchi
ecclesiastici dissidenti, Eutimio di Sardi, Teofilatto di Nicomedia ed Eudosso
di Amorion, furono esiliati sull'isola per ordine dell'imperatore Niceforo I
(802-811).
[7] Un riferimento casuale in una cronaca
carolingia riporta che nell'806 predoni dalla Spagna musulmana catturarono
sessanta monaci a Pantelleria, presumibilmente dal monastero di Giovanni date le
piccole dimensioni dell'isola, alcuni dei quali l'imperatore franco Carlo Magno
riuscì a riscattare un anno dopo e consentì loro di ritornare a casa.
[8] Per quanto tempo il monastero
sia sopravvissuto non può essere determinato. L'isola era ancora in mano
bizantina al momento di una battaglia navale tra le forze inviate da Ziyâdat
Allâh (817-838) contro una flotta bizantina in 835.
[9]
A questo punto i musulmani si erano già stabiliti nella stessa Sicilia a
Palermo, dove avevano stabilito una capitale nell'831, anche se la conquista
dell'isola più grande richiese diversi decenni. Siracusa cadde solo nell'878 e
Taormina nel 902 (successivamente rioccupata e persa di nuovo nel 962). Von
Falkenhausen (“Patellaria”, p. 1594) assegna in linea di massima la conquista
araba della minuscola Pantelleria al periodo tra l'836 e l'864. Sebbene Malta
non sia caduta fino all'870, una data anticipata all’interno della selezione
proposta sembra preferibile.
[10] In qualunque momento l'isola fosse
caduta sotto gli arabi, la comunità monastica non poté essere sopravvissuta a
lungo poiché Pantelleria è stata completamente islamizzata in seguito.
Analisi
Questo documento è l'unico typikon
monastico che precede la riforma monastica studita.
Ampiamente ritenuto (senza prove certe) solo un frammento di un documento più
lungo, è stato conservato solo in un'antica versione slava, sicuramente il mezzo
di conservazione più curioso di qualsiasi nostro documento dato il suo luogo di
composizione originario nella remota Pantelleria. A differenza di molti altri
typika successivi,
il documento non mostra alcun interesse a regolamentare questioni
costituzionali, amministrative e finanziarie. Invece, come (3)
Teodoro Studita ed anche (4)
Stoudios, i documenti ad esso più
vicini per data, la sua preoccupazione principale è l’organizzazione della vita
dei monaci del monastero per il quale è stato scritto.
Il typikon raffigura una comunità che
vive sotto un rigido dominio autoritario (n.b. [18], che limita i mormorii e le
comunicazioni scritte) in una delle parti più remote dell'Impero bizantino. I
monaci vivevano una vita enfatizzando la preghiera, il canto, le genuflessioni,
il digiuno rigoroso ed il faticoso lavoro manuale. Questa era una fondazione
organizzata gerarchicamente, sotto il fermo governo di un superiore, dei
sorveglianti e degli anziani. Anche ai monaci venivano assegnati posti nella
chiesa in base al loro rango. A chiunque avesse osato dissentire gli si "faceva
vedere quale fosse il suo posto" [1]. L'enfasi del documento è sui doveri e
sulle pene per le infrazioni alle regole, in particolare i ritardi e le assenze.
[11] Le punizioni includono: sdraiarsi con la
faccia a terra, privazione del cibo ed espulsione dalla comunità. La
soppressione dell'omoerotismo era una preoccupazione particolare dell'autore.
[12] L'enfasi penale, presente in precedenza
nel Penitenziale erroneamente
attribuito a Basilio di Cesarea, trova alcuni echi in documenti bizantini del IX
e X secolo (come (4) Stoudios e (11)
Ath. Rule), poi scompare dalla vista
ancora fino al XII secolo, quando (31) Areia
[T9] mostra la sua influenza. Le citazioni basiliane dirette si ripresentano in
Cypriot typika (34)
Machairas e (45)
Neophytos dell'inizio del XIII secolo.
Tuttavia, in nessun altro luogo tra i documenti della fondazione monastica
bizantina medievale o dei loro predecessori tardo-antichi ci sono prove di un
regime così cupo per la vita quotidiana e la disciplina come si trova qui. La
possibilità che questa fosse in realtà una prigione monastica potrebbe benissimo
sembrare degna di nota, se non fosse per l'inclusione dell'espulsione tra le
pene raccomandate.
Nel complesso, questo è un documento di una certa raffinatezza, un
typikon riconoscibile anche se breve (e
forse incompleto) , tanto più notevole
per la sua antica datazione, la provenienza remota ed i mezzi bizzarri di
conservazione - in una traduzione approssimativa in slavo ecclesiastico (nessun
originale greco è stato ancora trovato) che, a giudicare dal suo linguaggio e
dal suo carattere arcaici, fu probabilmente realizzato nel IX secolo; la forma
attuale del testo, spesso corrotta e di difficile comprensione, può tuttavia
essere dovuta alla tradizione e alle successive copie. L'influenza Pacomiana
astutamente osservata da von Falkenhausen
[13]
è un'indicazione che questo è uno dei primissimi documenti nella nostra
collezione, ma non dovrebbe essere sottovalutato. Il lavoro manuale, assente o
comunque apparentemente meno importante nei documenti successivi, ha ancora un
posto qui come nelle tradizioni Pacomiana, basiliana e (in misura minore)
siriaca. Tuttavia caratteristiche come l'uso del vino [4] e gli inchini che
accompagnano le preghiere [3] così come i regolamenti per le osservanze
liturgiche (da [8] a [10]) dimostrano che, nonostante i legami con Pacomio e
Basilio, questo è un documento di epoca successiva.
Bibliografia
-
Acconcia Longo, Augusta,
Analecta hymnica Graeca e codicibus eruta Italiae inferioris,
vol. 10: Canones Iunii (Roma, 1972), pp.
163-76, 375-81.
-
Dujčev, Ivan, “Riflessi della religiosità italo-greca nel mondo slavo
ortodosso,” in La chiesa greca in Italia dall’VIII
al XVIsecolo. Atti del Convegno storico interecclesiale (Bari, 30 apr.—4 magg.
1969), vol. 1 (Padua, 1973), pp. 181—212.
-
Falkenhausen, Vera von, "Patellaria", ODB,
p. 1594.
-
Falkenhausen,
“Il monachesimo greco in Sicilia,” in
La Sicilia rupestre nel contesto delle civiltà
mediterranee: Atti del sesto Convegno Internazionale
di studio sulla civiltà rupestre medioevale nel Mezzogiorno d‘Italia
(Catania-Pantalica-Ispica, 7-12 settembre 1981) (Galatina, 1986), pp.
135-74, esp. 152-57.
-
Odorico, Paolo, “La sanzione del poeta: Antioco di S. Saba e un nuovo carme di
Arsenio di Pantelleria,” BS 49 (1988),
1-21, esp. 11-13.
-
Rougeris, Petros, “Ricerca bibliografica sui ‘Typika’ italogreci,”
BBGG, n.s., 27 (1973), 11-42, esp. 14.
-
Scalia, Giuseppe, “Le Kuriate e Pantelleria. Osservazione
onomastico-etimologiche,” Bulletin Du Cange
43 (1981-82, pub. 1984), 65-100.
Note all’introduzione
[1]
Una datazione dell'ottavo secolo sembra molto
probabile in considerazione del quadro cronologico fornito dalla storia
dell'isola di Pantelleria (Si veda sotto, Storia istituzionale).
[2]
Per i dettagli, si veda Scalia,
“Pantelleria”, pp. 79-81 (Cfr. Bibliografia).
[3]
Proposto per la prima volta da E. Golubinsky,
Istoriia russkoi tserkvi,
vol. 1 (Mosca, 1901), p. 652; si veda anche Scalia, “Pantelleria”, p. 82
e von Falkenhausen, "Patellaria", p. 1594 e "Monachesimo", pp. 153-54 e
157.
[4]
Canon XV:
In Sanctum Basilium
Patellariae hegumenum, ed. Acconcia Longo,
Canones Iunii, pp. 163-176,
con commento alle pagine 375-81; l'apparente riferimento al
typikon di Giovanni è nei
versetti 63-64.
[5]
Scalia, “Pantelleria”, p. 74; ci sono molte
varianti sul nome, tra cui Patallarea, Patelarea, Patalaria, eccetera.
[6]
M. Amari,
Storia dei Musulmani di Sicilia, vol. 1, 2a ed.
(Catania, 1933), pp. 235, 290, basata su fonti Arabiche.
[7]
Si veda Jean Gouillard, "La Vie d’Euthyme de
Sardes (t 831), une oeuvre du patriarche Methode ",
T&M 10 (1987), 1—101, pagg. 5,
17, 25—27.
[8]
Annales Fuldenses, sive annales regni
Francorum orientalis, ed. Fr. Kurze
(Hannover, 1891), Anno 807, p.
124.
[9]
Si veda lo storico Arabo Ibn al-Athir, in A.
A. Vasiliev, Byzance et les Arabes,
vol. 1: La dynastie d’Amorium (820-867)
(Bruxelles, 1935), p. 360; Amari, Storia,
p. 437.
[10]
Ciò fornisce anche un terminus ante quem
per il poema giambico in onore di Antioco di San Saba dell’altrimenti
sconosciuto Arsenios, "monaco di Pantelleria, che divenne arcidiacono".
Si veda Odorico, “Sanzione”, pp. 11-13 e 16-19 (testo greco e traduzione
italiana).
[11]
Vedere i capitoli [1], [5], [6], [7], [8],
[10], [11], [13], [14], [15], [17], [20] .
[12]
Vedere i capitoli [5], [6], [7], [12], [20].
[13]
Si veda di von Falkenhausen, "Patellaria"
, ODB, p. 1594 e "Monachesimo",
pp. 155-57; e [6], [7], [8], [11], [13], [14], [17], [18]. Per i
paralleli pacomiani specifici, si vedano anche le note alla traduzione
di questi capitoli.
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23 novembre 2020
a cura di
Alberto
"da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net