San Basilio di Cesarea
PROLOGO ALLE REGOLE MORALI
Estratto da “Basilio – Opere ascetiche” – Ed. UTET
2013Parzialmente digitalizzato da “Google books”
I
PROLOGO PER L’ABBOZZO DI ASCESI
(N.d.R.: Si tratta della lettera che Basilio allegava alla sue Regole Morali quando le spediva ai corrispondenti)
II Signore nostro Gesù Cristo ha comandato: Ciò che vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce e ciò che avete udito all’orecchio, proclamatelo sulle terrazze, e l’Apostolo mostra quale terribile condanna meriti il silenzio, con ciò che dice ai presbiteri degli Efesini: Vi attesto oggi che sono puro dal sangue di tutti. Infatti non mi sono sottratto al compito di annunciarvi tutto il disegno di Dio. Lo stesso egli ordina a noi di fare, scrivendo: Ricorda queste cose, attestandole davanti a Dio.
Pertanto, poiché io non sono in grado di testimoniare a tutti personalmente i precetti del Signore, ho ritenuto necessario almeno scrivere alla carità di tutti voi in Cristo, così da liberare me stesso dalla condanna e trasmettere a voi piena certezza, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, a proposito di quelli che sono i vostri doveri. In tal modo voi non cadrete per ignoranza sotto il pungiglione della morte che è il peccato e non trasgredirete alcun comandamento di Dio - del comandamento di Dio, infatti, sta scritto: Il suo comandamento è vita eterna - né verrete a perdere questa vita, poiché il Signore dice: Chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui. E noi non saremo trovati rei del sangue di coloro che, a motivo del nostro silenzio, siano stati messi a morte dal peccato.
Tratterò del giudizio. Prima di tutto, della causa e del pericolo dì tanto disaccordo e dissenso fra le Chiese di Dio e fra i singoli. E poi dimostrerò, basandomi sulla Scrittura ispirata, come ogni trasgressione del comandamento di Dio venga duramente e terribilmente punita, al punto che, se uno pensa di aver compiuto la maggior parte dei comandamenti, ma gli accade di trascurarne o pochi o anche uno solo, oppure, per indifferenza di tacere nei confronti del trasgressore e di non mostrare quello zelo buono che è secondo il giudizio di Dio, per questo soltanto incorre nella pena E se anche fosse per ignoranza che gli accade questo, neppure in tal caso resterà impunito.
Dopo di ciò, questo libro conterrà la retta confessione del Dio e Padre, e del suo unico Figlio e Dio, e dello Spirito santo.
Poi insegnerà ciò che è determinato dalla Scrittura quanto alle cose da cui dobbiamo astenerci e a quelle per le quali chi mira alla vita eterna e al regno dei cieli deve mostrare il massimo zelo, e si tratteranno pure in dettaglio i doveri particolari di ciascun grado o categoria di persone. A questo proposito il discorso cercherà di darci, brevemente e in sunto, in forma di regola, a partire dalle sacre Scritture, una specie di descrizione dei caratteri propri del cristiano; e poi, in modo analogo, i caratteri propri di coloro che hanno il compito di amministrare la parola dell’insegnamento del Signore: vi apparirà quale debba essere la perfezione e l’estrema purezza della loro condotta e vi risplenderà l'alto grado, per così dire, di coloro che eccellono in questo insegnamento.
Di seguito a questo aggiungeremo tutte le risposte date alle domande dei fratelli a proposito del comune esercizio nella vita secondo Dio.
Di tutto ciò ho inviato le copie alla vostra carità in Cristo, affinché si compia in voi e mediante noi, ciò che è stato detto dall’Apostolo: Affida queste cose ad uomini fedeli che siano capaci di insegnarle anche ad altri.
II
IL GIUDIZIO DI DIO
(N.d.R.: Questo testo, redatto tra il 376 e il 378, serve da preambolo alle Regole Morali)
Per la benignità e l'amore all'uomo del Dio buono, nella grazia del Signore nostro Gesù Cristo, conforme all’operazione del santo Spirito, sono stato strappato all’errore della tradizione dei pagani; fin dal principio e dalla prima età sono stato allevato da genitori cristiani: da essi, fin dall’infanzia, ho appreso le Sacre Lettere e queste mi hanno condotto alla conoscenza della verità.
Quando poi divenni uomo, viaggiando di frequente e occupandomi, com’è naturale, di molti affari, nelle altre arti e scienze osservavo un grandissimo accordo fra coloro che si occupano accuratamente di ciascuna. Per contro, nella sola Chiesa di Dio, per la quale Cristo è morto, e sulla quale è stato abbondantemente effuso lo Spirito santo, vedevo molti in grandissimo disaccordo fra di loro e a proposito delle divine Scritture.
E, cosa ancora più terribile, vedevo i suoi stessi capi, posti in tale diversità di giudizio e di opinione, e così contrapposti ai comandamenti del Signore nostro Gesù Cristo, li vedevo - dico - lacerare senza misericordia la Chiesa di Dio, turbando senza pietà il suo gregge, da far sì che si compisse in essi - e ora più che mai col sorgere degli anomei (gli ariani estremi che - come Eunomio - consideravano il Verbo del tutto «dissimile» dal Padre. Furono condannati dal Concilio di Costantinopoli) -, quella parola: Di mezzo a voi stessi sorgeranno degli uomini che terranno discorsi perversi, per trascinare i discepoli dietro di sé.
Vedendo queste cose e altre di tal genere, e interrogandomi sull'origine e la causa di tanto male, sulle prime mi trovavo come in una profonda tenebra e, quasi fossi su una bilancia, piegavo ora qui ora là. Infatti, mentre uno mi traeva a sé per la sua prolungata esperienza degli uomini, poi di nuovo ero spinto altrove per la verità che ben conoscevo essere nelle divine Scritture.
Soffrendo dunque a lungo di questo stato di cose e, come ho detto cercando di scrutarne la causa, mi venne in mente il libro dei Giudici che racconta come ciascuno facesse ciò che era retto agli occhi suoi, e spiega anche il perché ciò avvenisse, dicendo: In quei giorni non c'era re in Israele. Ricordandomi pertanto di ciò, pensai la stessa cosa a proposito di quanto avveniva al presente, il che forse è terribile e strano a dirsi, ma se ci si pensa è verissimo: se anche ora, cioè, tale discordia e lotta fra coloro che sono nella Chiesa, non sia provocata dal disprezzo per l’unico e grande e verace e solo re di tutti, distaccandosi ognuno dall’insegnamento del Signore nostro Gesù Cristo, rivendicando di propria autorità determinati pensieri e regole proprie, e volendo piuttosto comandare in opposizione al Signore che essere dal Signore governati.
Muovendo dunque da questo pensiero e ulteriormente indagando - attonito com'ero per l'eccesso dell’iniquità - non ero meno persuaso, anche in base all’esperienza delle cose umane, che la causa vera fosse quella che ho detto sopra. Vedevo infatti come tutto il buon ordine e l’accordo di una folla si realizzava fintanto che veniva serbata la comune ubbidienza a qualche principe: mentre vedevo come ogni discordia e divisione e anche il moltiplicarsi dei comandi provenissero dalla mancanza di un capo. Eppure mi capitò di osservare anche come uno sciame di api, condotto dalla legge della natura, seguisse in buon ordine il suo re! E molte di tali cose ho visto e molte udite; e molte di più ne sanno quelli che di esse si sono occupati, tanto che essi possono mostrare, in base a ciò, come sia vero quanto ho detto. Se infatti il buon ordine e l’accordo sono propri di chi tiene conto di un unico cenno ed è sottomesso a un unico re, allora, qualsiasi discordia e divisione è indice della mancanza di un capo. Per lo stesso motivo, tale disaccordo che troviamo anche fra di noi, sia nei confronti dei comandamenti del Signore, sia nel confronti gli uni degli altri, sarebbe indice o di un allontanamento dal vero re, come sta scritto: Solo che ora, finché non sarà tolto di mezzo, c’è chi resiste oppure del rinnegamento di lui come sta scritto: Disse lo stolto in cuor suo: non c'è Dio; e aggiunge, come segno o prova di ciò: Si sono corrotti, e abominevoli si sono fatti con le loro imprese.
Qui dunque la Scrittura ha mostrato, come marchio di quella iniquità che insensibilmente si appiatta nell’anima, la malizia che si manifesta. E certo, il beato apostolo Paolo, riconducendo con ancor più vigore i perduti di cuore al timore dei giudizi di Dio, stabilisce le pene che seguono come condanna per coloro che hanno trascurato la vera conoscenza di Dio.
Che dice, infatti? E siccome non si sono curati di ritenere la conoscenza di Dio, Dio li consegnò a una mente reproba, così che facessero ciò che non conviene; pieni di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia, pieni di invidia e il seguito. E ritengo che l’Apostolo non abbia escogitato da se stesso questo giudizio - aveva infatti in se stesso Cristo che parlava - ma lo pronunciò guidato dalla parola di colui che aveva detto che parlava alle folle in parabole affinché non comprendessero i divini misteri del vangelo, perché essi avevano già in precedenza chiuso i loro occhi e malamente udito con le loro orecchie e il loro cuore insensato era divenuto crasso: essi furono ottenebrati, subendo come pena la cecità nei confronti delle cose più grandi, poiché in precedenza, volontariamente, avevano accecato l’occhio dell’anima. È ciò che Davide temeva di subire e perciò diceva: illumina i miei occhi, perché io non mi addormenti nella morte.
In base dunque a queste e simili cose, mi pareva evidente che, in ogni caso, la malizia delle passioni introduce, mediante l’ignoranza riguardo a Dio, una conoscenza reproba; ma, propriamente, ne viene il disaccordo di molti, gli uni nei confronti degli altri, per il fatto di esserci resi indegni di essere governati dal Signore. Ma se mai volessi considerare un tal modo di vivere, non saprei neppure come misurare la grandezza di una simile insensibilità, o stoltezza, o follia: proprio non saprei come chiamarla tanto questa malizia eccede ogni limite. Se infatti persino negli animali irragionevoli vediamo attuarsi l'accordo vicendevole, mediante l’ubbidienza a chi guida, che diremo noi, noi che ci troviamo in un tale dissenso reciproco e in una tale opposizione ai comandamenti del Signore? Come mai non vediamo che ora queste cose ci sono poste davanti dal Dio buono a nostro ammaestramento e conversione? Come non pensiamo che ci verranno presentate, nel grande e terribile giorno del giudizio, a vergogna e condanna di coloro che non si correggono, da parte di colui che già ha detto, e sempre dice: Il bue ha conosciuto il suo padrone e l’asino la greppia del suo signore: ma Israele non ha conosciuto me e il popolo me non ha compreso, e molte altre cose di questo genere? E ciò che è stato detto dall’Apostolo: Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui e se un membro è onorato, tutte le membra prendono parte alla sua gioia, e: Affinché non vi siano divisioni nel corpo, ma anzi le membra abbiano la stessa sollecitudine l’una per l’altra, in quanto sono mosse da una sola anima che le inabita. Per quale motivo le cose sono state ordinate così? lo ritengo che ciò sia avvenuto affinché tale ordine e disciplina molto più fosse serbato presso la Chiesa di Dio alla quale è stato detto: Voi siete corpo di Cristo, e sue membra ciascuno per la sua parte, tenute e collegate l'una all’altra dal solo e unico capo che è veramente tale, il Cristo, in modo da essere nella concordia.
Ma presso coloro nei quali non si realizza la concordia, non è conservato il vincolo della pace, non viene custodita la mitezza nello Spirito, e anzi si trovano discordia, contesa e gelosia. Sarebbe veramente molto audace chiamare questi tali membra di Cristo o dire che sono governati da lui! Proprio invece della mente semplice è dire con franchezza che qui domina e regna il sentire della carne, secondo la parola dell’Apostolo che definisce: Offrendovi a qualcuno come schiavi, per ubbidirgli, siete schiavi di colui al quale ubbidite, ed esamina anche chiaramente le peculiarità di un tale sentire, come quando dice: Dal momento che vi sono fra voi gelosia, contesa e discordie, non siete forse carnali? E contemporaneamente egli insegna in modo categorico la gravità della loro deviazione e come essa non abbia nulla in comune con la pietà, dicendo: Il sentire della carne è nemico di Dio; non si sottomette infatti alla legge di Dio e neppure lo può; perciò il Signore dice: Nessuno può servire a due padroni.
E l'unigenito Figlio di Dio, il Signore e Dio nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale tutto è stato fatto, grida: Sono sceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato; e: Da me stesso non faccio nulla: Ho ricevuto per comando ciò che devo dire e come devo parlare. E’ lo Spirito santo, lui che distribuisce i grandi e mirabili carismi, che opera tutto in tutti, nulla dice da se stesso, bensì quanto ode dal Signore.
Come non sarà dunque tanto più necessario che la Chiesa di Dio con sollecitudine custodisca l’unità dello Spirito con il vincolo della pace, e adempia ciò che è detto negli Atti: La moltitudine dei credenti era un cuore solo e un'anima sola? Nessuno evidentemente imponeva la sua volontà propria, ma tutti in comune, nell’unico Spirito santo, cercavano la volontà dell'unico Signore nostro Gesù Cristo che ha detto: Sono sceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato, e che al Padre dice: Non prego per essi soltanto, ma anche per quelli che mediante la loro parola crederanno in me: che tutti siano uno.
Per questi motivi e per molti che taccio, pervenni alla piena convinzione - con chiarezza e senza che possa opporvisi contraddizione - che la concordia è necessaria a tutta insieme la Chiesa di Dio, secondo la volontà del Cristo, nello Spirito santo; e che, per contro, è ben pericoloso e letale disubbidire a Dio nel reciproco dissidio. È detto infatti: Chi non ubbidisce al Figlio, non vedrà la vita: ma l'ira di Dio rimarrà su di lui. Ho dunque ritenuto logico chiedermi anche: quali peccati possono trovar perdono presso Dio, e quanti peccati e quanto gravi commette chi si rende reo di disubbidienza?
Trovo dunque, riprendendo le divine Scritture, che, tanto nell’Antico come nel Nuovo Testamento, la disubbidienza a Dio è fatta consistere non nella moltitudine, né nella gravità dei peccati, ma, chiaramente, nella trasgressione anche di un solo precetto, qualunque esso sia, e che per ogni disubbidienza il giudizio di Dio è il medesimo.
Leggendo nell’Antico Testamento la terribile fine di Acan, o la storia di quello che raccoglieva legna in giorno di sabato, non si trova affatto che abbiano altrimenti peccato contro Dio o siano stati ingiusti nei confronti degli uomini, né gravemente né leggermente. Eppure, l'uno, solo per l’unica volta in cui raccolse legna, paga l'inesorabile pena, senza trovare spazio per la penitenza: infatti, per comando di Dio, viene immediatamente lapidato da tutto il popolo. E l'altro, solo per aver sottratto qualcosa dalle cose interdette, mentre non erano ancora state introdotte nell’assemblea, né ricevute da quelli che ne avevano l’ufficio, diviene reo di perdizione, non solo per sé, ma anche per la moglie e i figli, e persino per la sua stessa tenda insieme con tutto ciò che gli apparteneva. Anzi il male del peccato, a guisa di fuoco, già stava per divorare anche il popolo tutto, e ciò senza che neppure sapesse quanto era avvenuto, né fosse stato complice di chi aveva peccato, se subito il popolo, vedendo cadere gli uomini uccisi, non fosse stato preso da contrizione, prendendo coscienza dell’ira di Dio, Giosuè figlio di Nun, infatti, si gettò a terra con la testa cosparsa di polvere, insieme con gli anziani e dopo ciò, mediante la sorte, il colpevole fu scoperto e subì la pena che abbiamo detto.
Ma qualcuno dirà forse che costoro possono a buon diritto essere sospettati anche di altri peccati, a motivo dei quali vengono condannati anche in questo caso, e che la sacra Scrittura fa menzione di questo soltanto, come particolarmente grave e degno di morte. Ma anche se questo tale sarebbe molto audace ad aggiungere o togliere qualcosa dalla sacra Scrittura, forse vorrà accusare anche Maria, sorella di Mosé, di una moltitudine di peccati? lei, la cui virtù penso sia palese ad ogni credente? E proprio lei, per aver detto una cosa soltanto contro Mosé con intenzione di biasimo - e si trattava peraltro di cosa vera perché aveva detto: Si è preso una moglie etiope - sperimentò lo sdegno di Dio a tal punto che la pena non le venne condonata neppure per la preghiera di Mosé stesso,
E inoltre, quando vedo questo stesso Mosé, il servo di Dio, quest’uomo grande, lui che è stato fatto degno da Dio di sì grande e tale onore, e spesso ha ricevuto da lui testimonianza, cosi da sentirsi dire: Ho conosciuto te fra tutti e hai trovato grazia davanti a me quando dunque lo vedo che costui» presso l’acqua della contraddizione per nessun altro motivo se non quello soltanto di aver detto al popolo che mormorava per la mancanza d'acqua: Forse trarremo per voi acqua da questa pietra?, per questo solo riceve subito il verdetto che non sarebbe entrato nella terra della promessa, che includeva allora tutte le promesse fatte ai giudei; quando vedo costui supplicare e non venire perdonato, quando vedo che solo quella breve frase fa sì che non ottenga indulgenza grazie a tante e grandi opere rettamente compiute: ebbene, allora io davvero vedo la severità di Dio, secondo quanto dice l’Apostolo, e realmente mi convinco della verità di quella parola: Se il giusto a stento è salvato, l'empio e peccatore dove apparirà?
Ma perché ricordare questo? Quando sento quella terribile sentenza pronunciata da Dio contro chi abbia trasgredito anche un solo comandamento per ignoranza, non trovo timore proporzionato alla grandezza di questa ira. Sta scritto infatti: E un'anima, se avrà peccato e avrà fatto una cosa, fra tutti i comandi del Signore, che non si deve fare, e non lo avrà saputo e sarà caduta in fatto e si sarà resa rea di peccato, porterà un capro senza difetto preso dal gregge, a prezzo d'argento, per il fallo, al sacerdote: e il sacerdote farà la propiziazione per lui, per il suo peccato d'ignoranza, che aveva commesso ignorandolo, senza saperlo, e gli sarà perdonato. Un fallo, infatti, egli ha commesso davanti al Signore.
Se è così inflessibile il giudizio per ciò che si è commesso per ignoranza, ed è necessario il sacrificio per la purificazione - che anche il giusto Giobbe attesta di offrire per i figli - che cosa si dovrà dire di quelli che peccano coscientemente, o di quelli che passano sotto silenzio il peccato che vedono commettere? E perché non sembri che noi basiamo solo su considerazioni congetturali lo sdegno contro questi tali, è necessario ricordare di nuovo la stessa Scrittura ispirata, che basta al presente, anche con un solo racconto, a mettere davanti agli occhi la condanna di questi tali. È detto: E i figli del sacerdote Eli erano figli corrotti. E poiché costoro erano così, ma il padre non li accusò in modo più efficace, egli mosse a tale ira la longanimità di Dio che i filistei fecero irruzione e, in un sol giorno, quei suoi figli furono uccisi in guerra, tutto il popolo fu vinto e di esso molti ne caddero, e avvennero persino, dell’arca della santa alleanza di Dio, cose che mai prima si erano sentite dire: essa, che né agli israeliti e perfino a nessun sacerdote era mai lecito toccare, essa che neppure poteva essere accolta da un luogo qualunque, veniva trasportata da un luogo all’altro da mani empie e, anziché nel santuario, veniva collocata in templi di idoli. Da ciò si può ben congetturare come lo stesso nome di Dio divenne allora per i filistei oggetto di riso e di scherno. Oltre a ciò è scritto come Eli pure abbia finito la sua vita in modo miserevole. E questo dopo aver ricevuto il verdetto che anche il suo seme sarebbe stato rimosso dalla dignità sacerdotale: il che di fatto avvenne,
Tali cose accaddero al popolo. Tali soffrì il padre a causa dell'iniquità dei figli, egli che pure non aveva mai subito accuse a motivo della sua propria vita, e che anzi, anche nei loro confronti non aveva sopportato di tacere, ma spesso li aveva ammoniti a non persistere in simili comportamenti, dicendo: No, figli, no, non è bene ciò che sento di voi; e mostrando con più vigore la gravità del peccato, faceva loro vedere quanto fosse terribile il pericolo che correvano. Diceva infatti: Se qualcuno pecca contro un uomo, pregheranno per lui il Signore. Ma se qualcuno pecca contro Dio, chi pregherà per lui? Tuttavia, poiché non mostrò contro di loro il debito zelo, avvenne ciò che è stato detto. Tali trovo dunque, e numerosi, lungo l’Antico Testamento, i giudizi di Dio contro ogni disubbidienza.
Ma quando poi vengo al Nuovo Testamento, nel quale il Signore nostro Gesù Cristo non ci ha sciolti dalla pena neppure per i peccati commessi per ignoranza, e dove più fortemente ha aggravati la minaccia contro coloro che peccano coscientemente, dicendo: Il servo che ha conosciuto la volontà del suo signore e non ha preparato se stesso né ha fatto secondo la sua volontà, riceverà molte battiture; chi invece non avendola conosciuta avrà però fatto cose degne di battiture, riceverà poche battiture; quando dunque trovo simili sentenze dello stesso unigenito Figlio di Dio e vedo lo sdegno dei santi apostoli contro quelli che hanno peccato, quando vedo le sofferenze - e quali e quante! - di coloro che hanno peccato anche in una sola cosa - una qualsiasi - sofferenze non certo minori, ma piuttosto maggiori di quelle che si trovano nell’Antico Testamento: ebbene, allora io mi rendo conto della gravità del giudizio. Poiché: A chi sarà stato affidato molto, sarà richiesto di più.
Ecco pertanto, come anche il beato Paolo mostra insieme alla dignità della sua chiamata anche il suo sdegno contro ogni peccato; egli dice: Le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno in Dio la potenza di abbattere le fortezze. Noi distruggiamo i pensieri e ogni altezza che si innalza contro la conoscenza di Dio, e riduciamo in prigionia ogni intelletto perché ubbidisca al Cristo, e non solo, ma: E siamo pronti a castigare ogni disubbidienza. È dunque opportuno considerare con grande attenzione ciascuna delle cose dette, per conoscere con più precisione la volontà della divina Scrittura: essa infatti non ha lasciato che ciascuno di noi facesse errare la propria anima in certe opinioni sviate, per scivolare nel peccato, pensando che determinati peccati ricevano punizione e altri siano lasciati impuniti. Che dice, invece? Noi distruggiamo i pensieri e ogni altezza che si innalza contro la conoscenza di Dio, poiché ogni peccato, a motivo del disprezzo che esprime per il precetto di Dio, è detto altezza che si innalza contro la conoscenza di Dio: e questo è mostrato con particolare evidenza anche nel libro dei Numeri. Infatti, dopo aver enumerate i peccati involontari e aver stabilito i sacrifici da offrirsi per essi, Iddio, accingendosi a dare al popolo leggi adeguate anche per quelli volontari, così comincia: E l'anima che agirà con mano orgogliosa: chiama «mano orgogliosa» l’audacia di quelli che peccano volontariamente. Corrisponde a ciò che l’Apostolo dice altezza che si innalza contro la conoscenza di Dio. L'anima, dice dunque, che agirà con mano orgogliosa, sia fra i nativi del paese che fra i forestieri, costui provocherà la collera di Dio e quell'anima sarà distrutta di mezzo al suo popolo- Poiché ha disprezzato la parola de! Signore e ha violato i suoi comandamenti. Quell’anima sarà dì certo distrutta: il suo peccato è in essa.
Qui bisogna osservare il fatto che, se quell’anima non viene distrutta, il suo peccato è non solo in essa, ma anche su tutti quelli che non hanno manifestato quello zelo buono che dovevano mostrare. Così sta scritto in più luoghi e così spesso è avvenuto.
E affinché noi, in base alle cose minori, impariamo quale timore si debba avere per le più gravi, consideriamo quanto grande sia nel Deuteronomio lo sdegno contro chi non ascolta il sacerdote o il giudice. Dice dunque: E l'uomo che agirà con orgoglio, cosi da non ubbidire al sacerdote che sta a prestare servizio nel nome del Signore Dio tuo, oppure al giudice che ci sarà in quei giorni, quell'uomo morrà e toglierai il malvagio da Israele. E tutto il popolo, che avrà udito, temerà e non continueranno ad agire empiamente. È ben evidente dunque che, scossi quanto conviene da tali cose, si debba restare più che mai sbigottiti. Poi è detto: Riduciamo in prigionia ogni intelletto perché ubbidisca al Cristo. Ogni intelletto, non «questo, oppure quello». E siamo pronti a castigare, e di nuovo non dice «la tale o la tal’altra», bensì ogni disubbidienza
Dunque ci ha ingannati la pessima consuetudine, dunque la causa dei grandi mali che ci sono accaduti è la perversa tradizione degli uomini che ci insegna a evitare certi peccati, e ad ammetterne altri con indifferenza! Contro alcuni, ha l’aria di sdegnarsi violentemente, per esempio, contro l’omicidio, l’adulterio e simili; ma è certo che altri non li considera degni neppure di un lieve rimprovero, e questi sono per esempio l’ira, l'ingiuria, l'ubriachezza, l’avarizia e tutto ciò che è loro affine. Contro tutte queste cose anche altrove Paolo, che parla in Cristo, ha pronunciato la stessa sentenza, dicendo: Sono degni di morte gli autori dì simili azioni. Dove ogni altezza che si innalza contro la conoscenza dì Dio è abbattuta e ogni intelletto è ridotto in prigionia perché ubbidisca al Cristo, e ogni trasgressione è ugualmente punita, là non vi è nulla che rimanga non distrutto, nulla è lasciato impunito, nulla è lasciato fuori dall’ubbidienza del Cristo. L’apostolo Paolo, infatti, ha mostrato come ogni disubbidienza abbia in comune la stessa grandissima empietà. Egli dice: Tu che ti glori nella legge, trasgredendo la legge, insulti Dio.
Ma queste sono forse soltanto parole e non anche fatti? Ecco, dunque: a Corinto, colui che aveva la moglie di suo padre, e che non è accusato d'altro se non di questo, non solo egli stesso viene consegnato al Satana per la perdizione della carne, finché il peccato non sia corretto con frutti degni della penitenza, ma anche la Chiesa tutta viene così accusata dall’Apostolo per non aver punito il peccato: Che cosa volete? che venga a voi con la verga? e poco sotto: E voi vi siete gonfiati e non avete piuttosto fatto lutto perché si togliesse di mezzo a voi l'autore di una simile azione.
E Anania, del quale si parla negli Atti? Quale altro male si trova avesse fatto fuorché quello? Quale motivo vediamo, dunque, per cui egli abbia meritato tale ira? Dopo avere venduto i suoi possessi, portò il denaro e lo depose ai piedi degli apostoli; ma per avere sottratto qualcosa al prezzo, per questo, in quell'ora stessa è condannato alla morte insieme con la moglie e non gli è concesso di sapere quale penitenza debba fare per il peccato, non trova neppure il tempo per la compunzione e non gli è dato spazio per la penitenza.
Ma l’esecutore di così grave giudizio, il ministro di tanta ira di Dio su colui che ha peccato, il beato Pietro, lui che ha avuto la preminenza fra tutti i discepoli, al quale soltanto è stata resa una testimonianza maggiore che agli altri e che è stato dichiarato beato, lui al quale sono state affidate le chiavi del regno dei cieli, quando poi si sente dire dal Signore: Se non ti lavo, non hai parte con me, quale cuore di pietra non indurrà con il suo esempio a timore e tremore di fronte ai giudizi di Dio? Eppure non aveva mostrato alcun peccato né alcun disprezzo, ma piuttosto aveva trattato il Sovrano con straordinario ossequio e dimostrato quel rispettoso timore che si addice a un servo e discepolo. Vedendo infatti il Dio e Signore suo e di tutti, colui che è re e sovrano e maestro e salvatore e tutte queste cose insieme, in abito da servo, cinto di un asciugatoio, in atto di volergli lavare i piedi, subito, quasi prendendo coscienza della propria indegnità e attonito di fronte alla dignità di colui che gli sì accostava, esclamò: Signore, tu lavi i piedi a me?. E ancora: Non mi laverete i piedi in eterno. Per questo è pronunciala contro di lui una così grave minaccia: che se, conoscendo la verità delle parole del Signore, non fosse ritornato all’ubbidienza, correggendosi dall'aver contraddetto, nulla gli avrebbe valso, a compensare la presente disubbidienza, ciò che di buono aveva fatto in precedenza, né l’esser stato detto beato dal Signore, né l'aver ricevuto da lui doni e promesse, né la stessa rivelazione della natura e della misura del beneplacito del Dio e Padre per il Figlio unigenito.
Ma se volessi elencare tutto quanto trovo sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento, mi verrebbe forse a mancare il tempo per esporlo. E dunque, per venire subito alle espressioni dello stesso Signore nostro Gesù Cristo nel vangelo, alle parole di lui che deve venire a giudicare i vivi e i morti, e che per chi crede sono più degne di fede di qualsiasi racconto e qualsiasi altra dimostrazione, scorgo in esse l’assoluta necessità, per così dire, dell'obbedienza a Dio in ogni cosa. E non vedo che in alcun modo sia lasciata, per nessun comandamento, una possibilità di perdono della disubbidienza agli impenitenti, a meno che non si osi dire o anche solo pensare qualcosa contro sentenze cosi nude, chiare e assolute. Poiché è detto: II cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Non si fa qui differenza o distinzione, nulla viene in alcun modo trascurato. Non dice: «queste o quelle», bensì: Le mie parole - tutte insieme, cioè - non passeranno. Sta scritto infatti: Fedele è il Signore in tutte le sue parole: sia che proibisca una qualsiasi cosa o che la comandi, sia che prometta o che minacci, tanto riguardo al compiere ciò che è proibito, quanto riguardo all'omettere ciò che è comandato.
Il giudizio dato per Pietro - di cui abbiamo detto in precedenza - basta a dimostrare e a rendere pienamente certa l’anima che non sia totalmente malata di incredulità di come si venga ugualmente puniti quando si opera il male e quando si omette il bene: Pietro non aveva fatto nulla di proibito, né aveva trascurato qualche precetto - cosa che mostra pigrizia o disprezzo da parte di chi trascura - ma anzi per timore reverenziale aveva ricusato il servizio e l’onore che il Sovrano gli rendeva. E per questo fu pronunciata su di lui quella minaccia che non avrebbe sfuggito se, come è già stato detto, non avesse prevenuto l’ira emendandosi con prontezza e slancio.
Poiché tuttavia il Dio buono e misericordioso si è compiaciuto di usare longanimità nei nostri confronti e di mostrare più volte e in molti modi la stessa cosa, affinché l’anima, per l'abbondanza e la frequenza di questi richiami, possa infine essere scossa ed incitata a sbarazzarsi della inveterata consuetudine d’iniquità, resta ora soltanto da far menzione di coloro che, nel giorno grande e terribile del giudizio, staranno alla sinistra del Signore nostro Gesù Cristo.
A costoro, colui che ha ricevuto dal Padre ogni potestà di giudicare, colui che viene a illuminare le cose occulte della tenebra e a svelare i consigli dei cuori, dirà: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. E aggiunge come motivo: non «perché avete commesso omicidio», o «avete fornicato o mentito:», o «fatto ingiustizia a qualcuno», o «fatto qualche altra cosa proibita», anche magari lievissima. Che dice invece? Perché avete trascurato le buone opere. Ebbi fame, e non mi avete dato da mangiare; ebbi sete e non mi avete dato da bere; ero uno straniero e non mi avete accolto; nudo e non mi avete vestito; malato e in carcere e non mi avete visitato".
Per la grazia del Dio buono, che vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità e che insegna all'uomo la scienza, ho appreso queste e tali cose nelle Scritture ispirate e ho conosciuto la terribile causa di questo dissenso di molti fra di loro e nei confronti dei comandamenti del Signore nostro Gesù Cristo, sono stato istruito sul terribile giudizio che viene emesso contro tale iniquità, ho imparato anche come venga ugualmente punita ogni disubbidienza a qualsiasi giudizio di Dio; e ho anche osservato la terribile condanna di coloro che, pur non avendo peccato, subirono nondimeno l’ira per non aver mostrato verso i trasgressori lo zelo buono che dovevano, sebbene spesso essi neppure fossero consenzienti riguardo a quel peccato,
E nonostante sia tardi, - dal momento che io sempre attendevo quelli che si impegnassero nella medesima lotta per la pietà, e certo non potevo contare su me solo - forse tuttavia non del tutto fuori tempo ho ritenuto necessario esporre ora, quale richiamo per coloro che combattono la lotta della pietà, ciò che dispiace a Dio e ciò in cui egli si compiace, e che io ho raccolto dalle Scritture ispirate.
L’ho fatto per quanto ho potuto, per le comuni preghiere. E ciò affinché possiamo ottenere, per la grazia del Signore nostro Gesù Cristo e l'insegnamento del santo Spirito, di allontanarci dalla consuetudine delle volontà proprie e dall’osservare la tradizione degli uomini, e di attenerci invece al vangelo del beato Dio Gesù Cristo, Signore nostro, vivendo nel tempo presente in modo a lui gradito, distaccandoci con tutte le forze da ciò che è vietato e curando con ogni sollecitudine ciò che è approvato, perché nel secolo futuro dell'immortalità possiamo sfuggire all’ira che viene sui figli della disubbidienza e siamo trovati degni della vita eterna e del regno celeste promesso dal Signore Gesù Cristo a tutti coloro che custodiscono il suo patto e si ricordano dei suoi comandamenti per compierli.
Mi sono poi ricordato dell’Apostolo, che dice: In Cristo Gesù non hanno valore né la circoncisione né l’incirconcisione, ma la fede operante mediante la carità; così ho ritenuto opportuno e necessario esporre prima la sana fede e la retta dottrina riguardo al Padre, al Figlio e al santo Spirito, e solo in seguito aggiungere anche le regole morali.
III
LA FEDE
Per la grazia del Dio buono sono venuto a conoscenza del comando della pietà vostra, degno dell'amore di Dio in Cristo, con il quale richiedete da noi una confessione scritta della retta fede. In un primo momento, tuttavia, esitavo a rispondere perché consapevole della mia piccolezza e debolezza, ma poi, ricordandomi dell'Apostolo che disse; Ubbiditevi a vicenda nell'amore, e ancora: Col cuore si crede a giustizia e con la bocca si confessa a salvezza, mi é parso cosa rischiosa contraddirvi e passare sotto silenzio la confessione salvifica.
Ripongo dunque la mia fiducia in Dio mediante Gesù Cristo, come sta scritto: Non che siamo capaci da noi stessi di pensare qualcosa, come provenisse da noi; ma la nostra capacità viene da Dio, che un tempo ha reso capaci quelli, e ora anche noi, di essere - a vostro beneficio - ministri del Nuovo Testamento, quello dello Spirito, non della lettera.
Ma sapete benissimo anche voi che è proprio del buon ministro fedele serbare genuino e senza frode per i suoi conservi ciò che per essi il benigno Sovrano gli ha affidato da amministrare. Pertanto anch'io devo proporvi ciò che ho imparato dalla Scrittura ispirata, come piace a Dio, per la comune utilità.
Infatti il Signore stesso, nel quale il Padre si é compiaciuto, nel quale sono tutti i tesori della sapienza e della scienza nascosti, che ha ricevuto dal Padre ogni potestà e ogni facoltà di giudizio, egli stesso dice: Mi ha comandato ciò che devo dire e come devo parlare e ancora: Ciò che dico, dunque, lo dico come me l’ha detto il Padre. Anche lo Spirito santo non parla da se stesso, ma dice ciò che ode da lui: quanto più per noi sarà cosa pia e insieme sicura sentire e fare questo nel nome del Signore nostro Gesù Cristo!
Finche dunque bisognava combattere contro le eresie che di tempo in tempo sorgevano, seguendo quelli che mi avevano preceduto, stimavo ovvio impedire la rovina dell’empietà seminata dal diavolo facendo i discorsi opposti, oppure anche abbattendo ciò che di blasfemo veniva addotto. E ciò facevo con diverse parole - secondo che mi costringeva la necessità dei malati - fra cui anche parole non contenute nella Scrittura benché non estranee alla retta intelligenza di essa. Anche l’Apostolo non ha sdegnato l’uso di parole greche che servivano al suo scopo. Ma ora, per il comune scopo nostro e vostro, ho ritenuto opportuno adempiere il comando della vostra carità in Cristo con la semplicità della sana fede, dicendo ciò che ho appreso dalla Scrittura ispirata, evitando invece l’uso di quei nomi e di quelle parole che non sono contenute letteralmente nella divina Scrittura, anche se hanno lo stesso significato. Quello poi che, oltre ad essere estraneo quanto alla lettera introduce anche un significato estraneo a noi, e quelle cose che non si possono trovare proclamate dai santi, tutto ciò io l'ho rigettato completamente come estraneo e alieno dalla retta fede.
La fede, dunque, è consenso scevro da esitazioni dato a ciò che si è udito, con piena certezza della verità di ciò che per la grazia di Dio viene annunciato. Questa é la fede che ha mostrato Abramo, e per questo ha ricevuto buona testimonianza: Non esitò per incredulità, ma si rafforzò con la fede, dando gloria a Dio e nella piena certezza che chi ha fatto la promessa, ha anche la potenza di compierla. Se dunque fedele è il Signore in tutte le sue parole, e se sono fedeli tutti i suoi comandamenti, saldamente fissati per i secoli dei secoli, fatti in verità e rettitudini, è manifesto venir meno alla fede e indice di orgoglio annullare qualcosa che sta scritto o introdurre qualcosa che non sta scritto. II Signore nostro Gesù Cristo ha detto infatti: Le mie pecore ascoltano la mia voce; e prima dì questo aveva detto: Ma non seguiranno un estraneo, anzi lo fuggiranno, perché non conoscono la voce degli estranei. Anche l’Apostolo, servendosi di un esempio tratto dalle cose umane, proibisce con forza di aggiungere o togliere qualcosa alla sacra Scrittura, dicendo: Un testamento convalidato, sebbene sia di un uomo, non é annullato da nessuno né alcuno vi aggiunge disposizioni.
Abbiamo dunque deciso di rifuggire da ogni voce e concetto estraneo alla dottrina del Signore, sempre e così pure ora, anche perché il fine che adesso - come ho già detto?- noi e voi ci proponiamo, é molto diverso da quegli argomenti sui quali, ora in un modo ora in un altro, fummo spinti a scrivere o dire qualcosa. Poiché allora ci si studiava di confutare le eresie di distruggere le insidie del demonio, mentre ora ci è proposta la semplice confessione e manifestazione della sana fede.
Pertanto non é adatto ora lo stesso modo di esprimersi. Un uomo che vada alla guerra non prende in mano gli stessi arnesi di quello che si dedica all’agricoltura; altri sono infatti gli strumenti di quelli che, in tempo di pace, si procurano col lavoro il necessario per vivere, e altre le armature di coloro che si schierano in battaglia. Allo stesso modo, chi esorta nella sana dottrina non deve dire le stesse cose di chi confuta i contraddittori. Poiché, altro è il genere del discorso volto a confutare, altro quello del discorso per esortare. Altra è la semplicità di quelli che nella pace fanno professione di pietà, altri i sudori di coloro che si ergono contro le opposizioni della pseudoscienza
Cosi anche noi, amministrando in questo modo le nostre parole con criterio, dobbiamo usare sempre gli strumenti adeguati, o alla custodia o all'edificazione della fede. Talora dovremo opporci con grande ardore a quelli che, con insidia demoniaca, tentano di distruggere la fede, talora dovremo esporla semplicemente e familiarmente a coloro che in essa vogliono essere edificati, non facendo altro se non quanto é stato detto dall’Apostolo: Sapere come bisogna rispondere a ciascuno?.
Ma prima di venire alla confessione stessa della fede, é conveniente osservare che la maestà e la gloria di Dio, essendo incircoscrivibile dal discorso e inafferrabile dalla mente, non può essere manifestata con una parola o con un pensiero, né può essere compresa per ciò che é. La stessa Scrittura ispirata vi ha fatto allusione, come in uno specchio, mediante molte parole di nostro uso, a stento comprensibili dai puri di cuore; poiché la visione faccia a faccia e la perfetta conoscenza sarà data nel secolo futuro, come é promesso, a quelli che ne sono degni. Perciò, sia Paolo - per quanto grande fosse - sia Pietro, vedono certamente con verità ciò che vedono, non si ingannano né giocano di fantasia, e tuttavia vedono attraverso uno specchio e in enigma. Accolgono con azioni di grazie quanto di parziale ora ricevono e, pieni di gioia, attendono ciò che é perfetto per il futuro.
È quanto l’apostolo Paolo conferma, formulando circa come segue il suo discorso: Quando ero bambino, e imparavo appunto i primi elementi delle parole di Dio, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma, una volta divenuto uomo, e affrettandomi a pervenire alla misura dell’età della pienezza del Cristo, ho fatto sparire ciò che era da bambino; e feci tanto progresso e tanto migliorai nella comprensione delle cose divine da paragonare la conoscenza del culto giudaico ai moti dell'animo infantile, e da considerare, per contro, la conoscenza che si ha mediante il vangelo come propria dell'uomo già in tutto perfetto. Cosi, in rapporto alla conoscenza che si rivelerà nel secolo futuro a chi ne é degno, anche ciò che ora sembra perfetto nella conoscenza e insignificante e quanto mai oscuro, poiché c’e maggior distanza fra questo e la penetrante chiarezza del secolo futuro che non tra il vedere faccia a faccia e il vedere mediante uno specchio o in enigma,
E questo lo confermano anche i discepoli del Signore che erano intorno al beato Pietro e a Giovanni: essi, pur divenendo sempre più grandi e progredendo di continuo nella vita presente, non attestano per questo di meno la sovreminenza di quella conoscenza che è riserbata per il secolo futuro. Costoro, dopo essere stati dichiarati degni dell’elezione del Signore, della vita insieme con lui, della elargizione dei carismi spirituali, dopo aver udito la parola: A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, dopo sì grande conoscenza, dopo la rivelazione di cose arcane per gli altri, nondimeno più tardi, riguardo proprio alla passione del Signore che si avvicinava, si sentono dire: Ho ancora molte cose da dirvi, ma era non potete portarle.
La Scrittura ispirata sa, come abbiamo visto, quanto sconfinata sia la conoscenza, e quanto i misteri divini siano inaccessibili alla natura umana nel tempo presente, poiché, da un lato, sempre è proposto a ciascuno il più, perché progredisca, e dall’altra il pieno raggiungimento resta lontano da tutti, finché non venga ciò che è perfetto, e ciò che è parziale sparisca. Pertanto, non basta un nome solo a manifestare tutte le glorie di Dio, né si può del tutto senza pericolo prenderne ciascuna singolarmente. Se infatti qualcuno dicesse: Dio, non ha però dichiarato che é: Padre, e al Padre, manca poi il Creatore. E ancora bisogna aggiungere a ciò la bontà, la sapienza, la potenza e quant’altro é riportato nella santa Scrittura. Di nuovo, se a proposito di Dio assumiamo l’espressione Padre interamente secondo l’uso che ne facciamo noi, siamo empi: perché nel nostro linguaggio ciò indica passione, emissione di seme, ignoranza, infermità e simili. Lo stesso vale per l’espressione Creatore. Per noi, ciò vuol dire esigenza di tempo, materia, strumenti, aiuto: tutte cose di cui bisogna purificare la retta concezione di Dio, per quanto é possibile all’uomo. Perché, come ho detto, anche se tutte le menti si unissero per scrutare, e tutte le lingue insieme concorressero a proclamare, mai qualcuno potrebbe degnamente pervenirvi. Anche il sapientissimo Salomone ci presenta chiaramente questo concetto dicendo: Io dissi: sarò sapiente; ed essa si allontanò da me ancor più lontano di quanto era. Non perché fosse fuggita, ma perché l'inafferrabilità della scienza appariva maggiormente a quelli che, per la grazia di Dio, l'avevano con più abbondanza ricevuta. La Scrittura ispirata, dunque, usa necessariamente molti nomi e parole per presentare in qualche modo parziale - e anche questo oscuro - la gloria divina.
Noi ora - poiché voi ci incalzate - non abbiamo né la possibilità né il tempo di raccogliere tutto ciò che dovunque la Scrittura ispirata dice del Padre e del Figlio e del santo Spirito: vi presentiamo solo pochi punti, ma riteniamo bastino anche questi alla vostra coscienza, sia come manifestazione del nostro sentire ricavato dalle Scritture, sia come possibilità per voi, e per quelli che insieme a voi lo desiderano, di giungere a una piena certezza. Poiché unica é la retta concezione di Dio che le Scritture ci manifestano con molte parole, io penso che, anche dicendone poco, chi è di animo equo possa riconoscere in tutto in che cosa consista la retta fede,
Crediamo, dunque, e confessiamo un solo Dio vero e buono, e Padre onnipotente, dal quale tutto proviene; il Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo. E un solo Signore e Dio nostro Gesù Cristo, suo Figlio unigenito, il solo verace, per mezzo del quale tutto fu fatto, ciò che é visibile e ciò che é invisibile, e nel quale tutto sussiste; egli era in principio presso Dio, ed egli era Dio, e dopo ciò, secondo la Scrittura, apparve sulla terra e visse con gli uomini. Egli, essendo in forma di Dio, non stimò rapina l'essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso e, mediante la nascita da una Vergine, prese forma di servo e, ritrovato nel sembiante quale uomo, compi tutto ciò che per lui e riguardo a lui era stato scritto, secondo il comandamento del Padre, fatto ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce.
E’ risuscitato dai morti il terzo giorno, secondo le Scritture, apparve ai suoi santi discepoli, e agli altri, come sta scritto, E salì ai cieli e siede alla destra del Padre, donde verrà alla consumazione di questo secolo per risuscitare tutti e rendere a ciascuno secondo il suo operato: quando i giusti saranno accolti nella vita eterna e nel regno dei cieli e i peccatori saranno condannati al supplizio eterno dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne
E confessiamo un solo Spirito santo, il Paradito, nel quale siamo stati sigillati per il giorno della redenzione, lo Spirito di verità, lo Spirito di adozione, nel quale gridiamo: Abba, Padre: colui che distribuisce ed opera in ciascuno i carismi provenienti da Dio, come vuole, per l’utilità comune; colui che insegna e ricorda tutto quanto ode dal Figlio, lo Spirito buono che conduce a tutta la verita e che conferma tutti i credenti nella scienza certa, nella confessione perfetta, nel retto culto e nell’adorazione spirituale e vera di Dio Padre e dell’unigenito Figlio suo, il Signore e Dio nostro Gesù Cristo, e di se stesso. Egli chiaramente ci spiega la proprietà di ciascun nome che viene nominato, e, per ciascuno di coloro che vengono nominati, con perfetta pietà si contemplano le proprietà peculiari: il Padre nella proprietà di Padre, il Figlio nella proprietà di Figlio e lo Spirito santo nella sua proprietà personale.
E né lo Spirito santo parla da sé stesso, né il Figlio fa qualcosa da sé stesso: e il Padre manda il Figlio, e il Figlio manda lo Spirito santo. Questo é il nostro sentire e cosi noi battezziamo nella Trinità consustanziale, secondo il comandamento dello stesso Signore nostro Gesù Cristo che ha detto: Andate, e fate miei discepoli tutte le genti, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto quanto vi ho comandati. E se osserveremo i suoi comandamenti, mostreremo il nostro amore per lui e otterremo di permanere in esso, come sta scritto. Che se non li osserveremo, saremo accusati del sentimento contrario, Il Signore dice infatti: Colui che non mi ama, non osserva le mie parole; e ancora: Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è quello che mi ama.
E ancor più mirabile é questa parola dello stesso Signore nostro Gesù Cristo: Non vi rallegrate perché ì demoni vi sono sottomessi; rallegratevi invece perche i vostri nomi sono scritti nei cieli, e ancora:
Da questo riconosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri. In base a questo l'Apostolo mostra come l'amore sia necessario in tutte le cose, e attesta: Parlassi pure le lingue degli uomini e degli angeli, ma l’amore non ho, sono un bronzo sonante o un cembalo squillante; avessi pure la profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza; avessi pure tutta la fede, così da far spostare le montagne, ma l’amore non ho, io sono niente e poco sotto: le profezie? spariranno. Le lingue? taceranno. La scienza? Sparirà. A questo poi aggiunge: Ora rimangono fede, speranza, amore, queste tre: ma di queste la più grande é l'amore.
Ora, di fronte a simili cose, così stabilite dal Signore e dall’Apostolo, io mi stupisco grandemente nel vedere come gli uomini abbiano una tale sollecitudine e ardore per le cose che scompariranno e cesseranno, mentre per quelle che rimangono - e soprattutto per la più grande di queste, l'amore, che è il carattere proprio del cristiano - non solo essi non si facciano alcuna premura, ma anzi siano avversi a coloro che se ne danno cura e, facendo loro guerra, adempiono quanto è stato detto, cioè non entrano loro e impediscono l’accesso a chi vuole entrare.
Perciò esorto e supplico affinché voi, lasciata la ricerca curiosa e l’indecorosa disputa di parole, vi accontentiate di ciò che é stato detto dai santi e dal Signore stesso, pensiate cose degne della vocazione celeste e viviate in modo degno del vangelo del Cristo, nella speranza della vita eterna e del regno celeste, preparato per tutti coloro che custodiscono i comandamenti del Dio e Padre, che sono secondo il vangelo di Gesù Cristo, Dio beato e Signore nostro, in Spirito santo e verità.
Ammoniti dalla pietà vostra, abbiamo ritenuto cosa necessaria e dovere nostro, esprimerci infine e rendere manifesto il nostro sentimento a voi e per mezzo vostro ai fratelli in Cristo, per la piena certezza e convinzione vostra e loro nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
E lo abbiamo fatto anche perché in nessun modo la mente di alcuni sia portata qua e là dalla varietà delle cose che noi abbiamo esposto ora in un caso ora in un altro, sempre però perché costretti a resistere agli argomenti addotti da coloro che si oppongono alla verita. E inoltre, perché alcuni non siano turbati dall’opposizione di coloro che vogliono attribuirci cose estranee o di coloro che spesso attribuiscono falsamente a sentimento nostro le loro passioni, e ciò allo scopo di trascinare dalla loro i più semplici. Da costoro anche voi dovete guardarvi come da estranei alla fede e alla carità evangelica e apostolica. Ricordatevi di ciò che ha detto l’Apostolo: Se anche noi, o un angelo del cielo vi evangelizzasse in modo contrario a come vi abbiamo evangelizzato, sia anatema, e così potrete custodire la parola: Guardatevi dai falsi profeti, e: Tenetevi lontani da ogni fratello che non cammina nella disciplina e secondo la tradizione che hanno ricevuto da noi.
Atteniamoci dunque alla regola dei santi, come edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore. E il Dio della pace vi santifichi totalmente, e l’intero vostro essere, spirito, anima e corpo, sia custodito irreprensibile per la parusia del Signore nostro Gesù Cristo. E’ fedele Dio che vi chiama ed egli lo farà, se osserveremo i suoi comandamenti, per la grazia del Cristo, nello Spirito santo.
Riteniamo, con quanto abbiamo esposto sopra, di avere detto a sufficienza per ora riguardo la sana fede e così, da questo punto, accingiamoci con sollecitudine ad adempiere la nostra promessa di trattare le regole morali.
Per il momento abbiamo avuto cura di raccogliere, secondo le nostre possibilità, tutto ciò che troviamo sparso lungo il Nuovo Testamento di proibito o approvato. Lo abbiamo compendiato in regole per facilitarne a chi voglia la comprensione. Abbiamo apposto a ciascuna regola anche il numero dei capitoli della Scrittura che essa contiene, sia del vangelo che degli Apostolo o degli Atti: cosicché chi legge la regola, vedendo vicino ad essa magari il primo o il secondo numero, prenda poi la Scrittura stessa, cerchi il capitolo indicato dal suddetto numero e trovi la testimonianza diretta sulla quale si fonda la regola.
In un primo momento volevo anche aggiungere alle regole quei passi dell’Antico Testamento che erano in parallelo con ciascuna delle citazioni dal Nuovo. Ma poiché la necessità urgeva perche i nostri fratelli in Cristo ora ci facevano particolare pressione perché adempissimo le vecchie promesse, mi sono ricordato di colui che ha detto: Dai al saggio un’occasione e diventerà più saggio, cosi a chi lo voglia, quanto ho qui esposto offre un’occasione sufficiente perché egli possa prendere da sé l'Antico Testamento e da sé stesso conoscere l’armonia che vi é in tutte le Scritture ispirate: se poi non potrà, anche una sola parola gli basterà se crede ed é pienamente certo della verità delle parole del Signore. Anche per questo abbiamo ritenuto bastasse esporre non tutto ciò che è nel Nuovo Testamento, bensì un poco di tutto.
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