Regole monastiche della Spagna Visigota
Introduzione alle Regole
Estratto da:
Ravenna Capitale - Il principio
della territorialità nelle Regole monastiche della Spagna visigota: appunti,
fonti ed edizioni
Di Federico
Fernàndez de Bujàn (UNED, Madrid)
Maggioli
Editore - 2013
1. Praefatio
Nella Spagna dei secoli VI e VII,
con il vigore della nuova fede cattolica dei Visigoti, la vita monastica
acquista un impulso straordinario
[1].
I monasteri ispanici nel periodo precedente al VI secolo si reggevano sulle
regole dei Santi Pacomio, Cassiano, Agostino e Benedetto, a giudicare dai
contenuti dei codici miscellanei; come si può dedurre da quanto si afferma
in un manoscritto conservato nella straordinaria biblioteca del Monastero
dell'Escorial
[2]. Così Le parole
con le quali iniziano la Regula
Isidoris sembra confermarlo:
Plura sunt praecepta vel
instituta maiorum quae a sanctis Patribus sparsim prolata reperiuntur.
L’applicazione concreta di queste
regole avveniva in conformità ad altre norme emanate dai Concili, dalle
assemblee civico-ecclesiastiche, alle quali ho fatto riferimento nel II
Convegno di Ravenna capitale
[3].
Tra queste, per quanto concerne
l'argomento di cui ci occupiamo in questa occasione, si deve citare il Primo
Concilio di Toledo
[4]
dell’anno 400 e quello di Tarragona dell’anno 516. Esistono quattro regole
giuridiche che disciplinano la vita monastica nella Spagna visigota del
periodo in esame. Procedo a esporle in ordine cronologico.
Prima di cominciare, devo
precisare che la principale fonte della quale mi sono servito per la sintesi
che presento, è un'opera, pubblicata in due volumi, nell'anno 1971 con il
Titolo “Santos Padres Españoles”
[5].
A mio avviso non è stata sufficientemente conosciuta nel nostro paese e meno
all'estero. Per questo, desidero mettere in luce l’importante valore di
questo magnifico studio che, nel suo volume II, ha recuperato i testi e ha
aggiunto le traduzioni allo spagnolo, con il testo latino - in alcune volte,
era la prima traduzione -, delle quattro principali Regole monastiche della
Spagna visigota. Così l’informazione richiusa in quest’articolo, soprattutto
per quanto si riferisce alle fonti e alle edizioni delle sue divulgazioni,
sono assolutamente tributarie di quest'opera, permanentemente consultata
[6].
Perciò porgo la sua diffusione - per chi voglia
conoscere e approfondire sulle Regole monastiche della Spagna visigota- come
un omaggio a questo rigoroso studio dei Professori Julio Campos Ruiz e
Ismael Roca Melia, Professori Ordinari presso l'Università Pontificia di
Salamanca, che hanno tutto il merito delle magnifiche e originali
traduzioni, inoltre delle preziose introduzioni e il superbo lavoro di
ricerca sulle fonti e nell'apparato bibliografico consultato.
2.1. Introduzione
La
Regola di San Leandro può considerarsi la prima Regola monacale spugnola in
senso autentico. Alcuni studiosi affermano che la prima Regola sarebbe
quella di San Martino di Braga, denominata
“Sentencias”,
ma la dottrina più accreditata considera che questa non sia propriamente una
Regola monacale dotata del carattere di norma organizzativa, ma una
raccolta, tradotta dal greco, di storie e leggende monacali.
La
Regola di Leandro è stata redatta per il convento in cui aveva professalo i
voti - e del quale in seguito sarebbe divenuta Badessa -,
sua
sorella Fiorentina.
Per il suo
contenuto dottrinale
si ricollega al
pensiero patristico
che prende corpo da Tertulliano e da Cipriano,
Quando
Leandro la scrisse, era già Vescovo, Così si può leggere nella
Praescriptio
con la quale comincia e si può intendere dal suo contenuto, ad esempio
quando parla della giurisdizione della sua Diocesi, È probabile che sia
Vescovo di una piccola città della Betica chiamata Écija. In seguito
diventerà Vescovo dell’Hispalense, che oggi corrisponde all'attuale
Siviglia. La Regola è scritta come se si trattasse di un'Epistola rivolta a
sua sorella Fiorentina. Si pensa che Leandro scriva la Regola quasi come un
legato, poiché poco dopo
è
condannato
all'esilio nella capitale dell'Impero d'Oriente, per opera del Re Leovigildo
che riunisce il Concilio ariano di Toledo, di tutto questo vi offre puntuale
notizia il Biclarense e lo conferma il proprio Isidoro
[7].
Leandro
è esiliato nel 583, con altre autorevoli personalità che restano fedeli al
cattolicesimo. Di questo siamo a conoscenza grazie ad Isidoro, che lo narra
nella sua Storia dei Goti
[8]. Leandro resta a Costantinopoli solo
due anni, perché nel 586, secondo il suo amico Gregorio, riceve l’incarico
di educare il principe Recaredo alla fede cattolica.
La più
probabile data di scrittura di questa Regola è l’anno 580. La sua
originalità, tra gli studiosi, è molto discussa. A prescindere che il suo
contenuto sia più o meno originale, è sicuro che Leandro si sia ispirato a
delle fonti antiche,
quoad sensum et substratum
sebbene la redazione letterale sia personale dell'Autore.
Alcuni
classici dicono che la sua fonte d'ispirazione sia la Regola di Osio
“De
laude virginitatis”
[9].
Altri sostengono che possa avere influito l’opera
Amulus
di Severo, Vescovo di Malaga. Questa Regola, ben poco conosciuta, è
menzionata proprio da Isidoro
[10], ma il celeberrimo Vescovo
hispalensi non dice niente, fatta eccezione per il suo titolo. È probabile
per questo che Isidoro non l’abbia letta, e per tale motivo è più che
probabile che neanche l’abbia potuto leggere e forse nemmeno conoscere suo
fratello maggiore Leandro.
In
questo
momento, inoltre, gli studiosi ritengono che la Regola di Leandro sarebbe
stata scritta prima di quella di Severo
[11].
Il
grande studioso spagnolo P. Madoz ha posto l'accento sul rapporto diretto
che sussiste tra il contenuto della Regola di Leandro e i testi dì San
Cipriano, determinati brani dei quali, inoltre, sono parte di una tradizione
di ampio respiro che risalirebbe fino agli scritti classici di Girolamo,
Cassiano ed Agostino
[12].
Nel capitolo XXII della Regola di Leandro, relativo al modo
in
coi devono essere
considerate le novizie che hanno professato i voti, si afferma:
Per
il
Signore non esiste
preferenza verso alcune persone, bensì
la
signora e la schiava vengono
ascoltate allo stesso modo e si considerano della medesima condizione,
indipendentemente dalla loro nascita o stato.
La Regola
di
San Leandro non ha molta
diffusione nella penisola iberica, e di meno al di fuori. Sono pochissimi
i
manoscritti nei
quali
si conserva, per intero o
per una parte importante, la citata Regola.
2.2.1. Fonti
La Regola di San Leandro presenta le seguenti fonti antiche:
- Un manoscritto della “Biblioteca del Monastero
dell'Escorial” a San Lorenzo dell'Escorial, (Madrid). E= Codice de El
Escoriai, a.I.13, secolo IX
[13].
- Un manoscritto nella Biblioteca di Montecassino. C=
Codice Casinense,
Montecassìno, B A. 331, fine secolo XIII.
- Un manoscritto nella "Biblioteca Nacional" di Madrid. M=
Codice 112 (olim, A 115, secoli XI e XII)
[14].
- Un manoscritto nella "Biblioteca de la Real Academia de
Historia" a Madrid, A=
Codice Aemilianensis,
Codice 53, secolo XI.
- Un manoscritto della “Bibliothèque Nationale de France" a
Parigi. P=
Fragmentum Parisiense,
Nov. acqu. Lat. N. 239, secolo XI
[15].
- Un manoscritto nel "British Museum" a Londra.
I=
Fragmentum Londinense. Add. 30055.
Secolo XI
[16].
2.2.2. Edizioni
Le sue
principali Edizioni sono:
- La
prima edizione che è arrivata fino ai nostri giorni è la di Fr. Prudencìo de
Sandoval
[17] dell'anno 1604. È stata scritta
principalmente sulla base del manoscritto M della "Biblioteca Nacional de
Madrid ".
- Sulla
base di tutti i quattro manoscritti M, A, P, I, sono state pubblicate due
edizioni di grande prestigio e indiscussa autorità, fino al secolo scorso,
Una titolata Codex Regularum
che
si attribuisce a San Benito Amano nel secolo VIII, che fu ordinata da Lucas
Holstensius
[18]
nel 1759. Questa edizione è stata riprodotta da P.R.P. Brockie,
[19], e poi riproposta di nuovo, questa
volta senza nessun cambiamento
[20]. L'altra edizione è di Migne
[21] che, in gran parte, è una
riproduzione dì quella di Holstenio,
- Dalla
metà del secolo ventesimo, l'edizione più citata e riconosciuta è quella del
P. Ángel Custodia Vega, condotta sul manoscritto "E-Escurialense", e
pubblicata nel 1947
[22]. Questa magnifica edizione è stata
elaborata anche grazie alla consultazione di diversi Codici, che non erano
stati in precedenza presi in considerazione per le altre edizioni. Inoltre,
questa nuova edizione aggiunge altri dieci capitoli e mezzo,
- Su
questa edizione di Vega è stata realizzata un'edizione tradotta in spagnolo
da parte di P. Francisco e B. Vizmanos, S.I., Madrid, 1949.
-
L'ultima edizione, con un doppio testo latino-spagnolo, è contenuta
nell'accuratissima opera “Reglas
monásticas en la España visigoda", fonte di ispirazione di questo
articolo
[23].
3. La
regola di Sant’Isidoro
3.1. Introduzione
Ho
scritto nella mia relazione al III Convegno Ravenna Capitale: “Purtroppo
sono scarsi i dati storici che possiamo considerare certi nella biografia di
Sant'Isidoro. È sorprendente come la vita di un personaggio di tale
influenza nel suo tempo e nei secoli successivi, non sia stata oggetto di
molteplici e ben documentate narrazioni biografiche. Tra i racconti che ci
sono pervenuti, emergono quelli del diacono Redento, che ne descrive gli
ultimi giorni fino alla morte, e dei suoi discepoli Braulione di Saragozza e
Ildefonso di Toledo, che esprimono ammirazione per la sua persona e ne
riportano l'elenco delle opere.
Queste
testimonianze di prima mano sono contenute, per la prima volta, nella
Cronaca del Biclarense. A questi dati è possibile accostare alcune notizie
sparse riportate dagli storici dell'epoca, che ne narrano determinati
aspetti dell'attività ecclesiastica e civile, oltre ad alcune informazioni
lasciateci da Isidoro stesso nei suoi scritti, principalmente nella
corrispondenza epistolare''
[24].
Dalla
Renotatio di San Braulione, discepolo di Isidoro, si può dedurre che il
Santo sivigliano avrebbe scritto una
Regula monachorum
per disciplinare la vita dei monaci.
Dice:
Monasticae regulae librum unum, quem pro patrie usu et
invalidorum animis decentissime temperavit
[25].
In una
precedente occasione, ho scritto, a questo proposito: “Alcuni studiosi
propendono per l'esercizio del ministero nell’ambito di un qualche ordine
monastico, sulla base del fatto che è l'autore di una Regola monastica,
sebbene tale argomento sia di per sé alquanto debole. Alcuni arrivano ad
affermare che abbia preso l'abito di San Benedetto, tuttavia è più probabile
che si sia consacrato a Dio nel clero secolare”
[26].
Si
discute la data esatta della redazione di questa Regola e per quale
monastero fosse destinata in modo particolare. Gli studiosi indicano un arco
storico molto probabile tra il 615 e il 619. Si è dibattuto a lungo se lo
stesso Isidoro fosse monaco e in seguito abate; indicazioni in questo senso
sembrerebbero emergere dalla propria
Prefatio di questa regola, anche se altri studiosi lo negano sulla
base dei suoi dati biografici.
Nel
capitolo IV, sotto il titolo dei conversi, si afferma: "A colui che entra
nel monastero non si deve chiedere l'origine né la provenienza. Sia che sia
ricco o povero, servo o libero, rustico o istruito... Tra i monaci non si
distingue per origine o condizione, perché tutti essi sono uguali dinanzi a
Dio’’
[27].
3.2.1. Fonti
La
trasmissione manoscritta della Regola di SantTsidoro
[28] è più complicata di quella del
fratello Leandro che abbiamo appena esaminato. La ragione sarebbe che questa
Regola “isidoriana" è molto più diffusa di quella e questo, invece di essere
una ragione per facilitare la sua trasmissione,
de facto, la complica. Come si può spiegare ciò? La gran diffusione
della Regola produce molte copie diverse e in questi c'è un'abitudine, di
solito, di introdurre interpolazioni nel testo originale. Così questi
cambiamenti rendono più complicato risolvere il problema di cercare e
individuare la versione autentica.
Gli
studiosi hanno fatto una classifica in due categorie diverse sui manoscritti
che sono arrivati all’attualità. Nella prima stanno quelli che si
considerano più puri, e che sono solo tre:
- Un
manoscritto conservato nella "Biblioteca del Monastero del Escorial", che è
lo stesso che ho già indicato nell’epigrafe precedente nel riferire sulle
fonti della Regola di San Leandro; l'ho segnalato come E=codice de El
Escorial, a.I.13, secolo IX.
- Un
manoscritto conservato nella Bibliothèque Nationale de France a Parigi,
diverso da quello che abbiamo citato per la Regola di San Leandro. Si tratta
del Pr = cod. lat. 10876, secolo IX.
- Un
altro manoscritto conservato anche nella Bibliothèque Nationale de France a
Parigi. Si tratta del Ps = cod. lat. 13090, secolo XII. La differenza
essenziale con il precedente è che questo è molto piccolo e frammentario
giacché il suo contenuto è ridotto alla
Praefatio, il capitolo I e parte
degli altri capitoli dei quali il contenuto è sì autentico, ma molto breve.
- Un
manoscritto conservato nel Britìsh
Museum a Londra, con la denominazione L =
cod. Add. 30055, secolo X. La
provenienza è ritenuta spagnola per le note marginali che contiene, la
lettera è visigota. Lo stesso che l'anteriore, gli specialisti lo
considerano autentico ma è molto frammentario.
Il
secondo gruppo lo costituisce un insieme di codici che sono sicuramente
interpolati. Tra loro è rilevante uno nella Biblioteca Nazionale a München,
che si conosce come M = Col. CLM 28118
[29].
3.2.2. Le principali edizioni
E
veramente suscita stupore che della Regula Isidori - che tantissima
diffusione e influenza ha avuto nel suo tempo e nei secoli posteriori -, non
abbiamo ricevuto neppure una sola edizione dedicata esclusivamente alla sua
riproduzione e studio: la conosciamo solamente attraverso delle
Opera omnia che riuniscono le
opere del Santo Vescovo hispalense. Di queste numerose collezioni o raccolte
proponiamo come più notevoli le seguenti:
- La
prima, nell'ordine cronologico, sarebbe quella dì Juan Grial:
Divi Isidori Hispal.,. Episcopi, Opera. Madrid 1599.
- Le
diverse edizioni di Lucas Holstenius del
Codex regularum monasticarum che è
una raccolta di regole monastiche; la prima pubblicata a Roma nell'anno 1661
[30].
-
L'edizione di Faustino. Arévalo, Sancti Isidori Hispalensis episcopi Hispaniarum Opera omnia
[31].
4. La
regola di San Fruttuoso di Braga
4.1. Introduzione
[32]
Se Isidoro è
un
ispano-romano che disciplina e stabilisce una regola
di grande influenza, San
Fruttuoso di Braga è un goto di grande tempra, anch'egli autore di una
regola che godrà di notevole diffusione
nel tempo
[33].
La sua Regola riguarda la stessa natura giuridica delle altre Regole del
monachesimo spagnolo giacché sono tutte scritte a somiglianza del patto di
fedeltà dei sudditi con i Re nella monarchia visigota.
Nella Regola "fruttuosiana" si stabilisce che nessuno può
osare di operare distinzioni tra
i
monaci. Si ricerca dunque
una norma di uguaglianza tra loro, tanto per quanto riguarda le cose
quotidiane come anche per le più importanti
in
riferimento alla vita della comunità.
Tra queste ultime possiamo sottolineare la scelta dell'abate,
per la quale non è possibile fare nessuna discriminazione. Nel capitolo
diciannove,
intitolato “Dell'abate e del prevosto”, si stabiliscono le regole della sua
elezione tra i monaci
del
monastero, senza che
in
esse si avverta alcun tipo
di distinzione per motivi dì origine.
Si menziona solamente che il monaco, per la sua stessa
condizione, è in tutto e per tutto uguale ai suoi confratelli, persino per
ciò che concerne l'elezione degli incarichi di governo, che in realtà devono
essere intesi, in modo evangelico, come servizi alla comunità: potrà,
infatti, presiedere la vita monastica qualsiasi monaco, senza che debba
soddisfare particolari requisiti
di
origine o sapienza
[34].
4.2.1. Fonti
I principali manoscritti di questa regola sono conservati:
- Un primo manoscritto è conservato nella Biblioteca del
Monastero dell'Escorial, che è lo stesso che ho già indicato nelle rubriche
precedenti, quando ho riferito in merito alle fonti della Regola di San
Leandro e quella di Sant’Isidoro. È segnalato come E=codice de El Escorial,
a.I.13, secolo IX.
- Un secondo manoscritto è conservato a Valencia ed è
conosciuto come V = Valenciennes conservato nella "Biblioteca Pública”, 288
(278).
- Un terzo è nel
British Museum,
a Londra, già menzionato nelle fonti della Regola di Sant'Isidoro, con
l'appellativo
L = cod. Add. 30055,
secolo X.
- Un quarto è mantenuto nella “Bibliothèque Nationale de
France” a Parigi, diverso da quello che abbiamo menzionato per la Regola di
San Leandro e differente anche da quello già segnalato per la Regola di
Sant'Isidoro. Si tratta del P = cod. lat. 10877, secolo X.
4.2.2. Le principali
edizioni
La regola di San Fruttuoso ha avuto poche edizioni:
- compare, in una versione abbastanza completa, nel
Codex regularum monasticarum
di Lucas Holstenius, che ho già nominato prima.
- Resta, anche in forma frammentaria, nella
Concordia Regularum
di Hugo Menard
[35].
- Esiste anche una versione bilingue, latino-spagnolo, nella
nostra opera di riferimento, “Las Reglas monasticas de la España visigoda"
[36].
5. La
Regula communis
[37]
5.1.
Introduzione
La sua paternità è
in
costante discussione, perché
in
vari codici è considerata
essere stata redatta da San Fruttuoso Vescovo. Tra questi merita
di
essere posto l'accento sulla
testimonianza
di
Benedetto d'Aniane, che la attribuisce allo stesso
Fruttuoso nella sua
Concordia regularum
[38].
Ciononostante, una volta esaminato
il
suo contenuto, è possibile
individuare dei passaggi
in
virtù dei quali sembra che
la paternità non sia di una sola persona ma piuttosto di varie; ad esempio,
quando si dice:
placuit sanctae communi
regulae
si sta parlando degli abati
che si sono riuniti per mettere
in
comune le proprie esperienze e tradizioni, per il
migliore ordinamento della vita dei rispettivi monasteri. È possibile che la
posizione più corretta sia considerarla un'opera collettiva, sebbene molto
ispirata alla regola di San Fruttuoso e redatta dopo il 656.
Nel capitolo quarto - il cui titolo fa riferimento a coloro
che debbano essere ammessi nel monastero - si dichiara:
Se sono servi, non dovranno
essere ammessi se non portano con sé il documento
di
libertà concesso dal loro
signore.
Prosegue però affermando che, una volta accettati, saranno
tutti di uguale condizione. Sia nell’organizzazione della vita monastica,
disciplinata nel dettaglio, che nelle attività di cui si dovranno incaricare
i membri della comunità e nei lavori da svolgere, a tutti è conferito un
trattamento di assoluta uguaglianza.
5.2. La sua trasmissione
5.2.1. Fonti
- Un manoscritto, già menzionato per la Regola di
Sant'Isidoro, custodito nella Biblioteca Nazionale a München con
l'appellativo M = Col. CLM 28118, secolo IX.
- Un manoscritto conservato nel
British Museum
a Londra, con la denominazione L = cod. Add. 30055, secolo X. È già stato
citato in relazione alla Regola di San Leandro. Purtroppo questo manoscritto
della
Regula communis
ha una parte molto frammentaria.
5.2.2. Le principali edizioni
Non possiamo aggiungere nulla di più rispetto a quanto abbiamo
già riferito nel commento alla Regola di San Fruttuoso. Ci limitiamo a
mettere in risalto la versione originale, sempre bilingue come le altre tre,
nella nostra opera di riferimento
[39].
6.
Postfatio
Negli
esempi che abbiamo poc'anzi riferito, limitati, brevi e senza un
approfondito commento, contenuti nelle quattro Regole richiamate, torna
costantemente ad essere presente un principio di territorialità, a scapito
del principio di personalità, con la applicazione delle norme che regolano
la vita monastica nella Spagna visigota, senza che nell'ampio e in parte
diverso contenuto, delle quattro regole menzionate, possa essere scoperta e
rilevata alcuna norma che sancisca qualsiasi distinzione tra le persone
sulla base delle loro diverse condizioni, e come tali parliamo di nascita,
nazionalità, stato di libertà o schiavitù, situazione economiche o posizione
di nobiltà o popolare.
Si
tratta di una regola fondamentale che sussiste nella pura logica evangelica,
sulla base del rispetto del principio di uguaglianza, non solo tra i monaci,
ma tra tutti gli esseri umani come figli di Dio. Questo principio di
considerare tutti uguali, senza nessun distinguo, è un principio
metagiuridico, teologico con contenuto anche filosofico, ma ha una
proiezione anche giuridica, nella regolamentazione della vita religiosa in
comune.
Possiamo chiudere quest'umile notizia - a modo di appunti - con la
rievocazione del notevolissimo testo di San Paolo:
Non c'è
qui né Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina... tutti
siete uno in Cristo Gesù (Gal 3,28).
Questo
testo, che Paolo scrive nella sua Lettera alla comunità di Galazia
[40], sarebbe stato scandaloso ascoltarlo
negli anni cinquanta del primo secolo, poiché metteva in discussione e
denunciava i tre principali motivi di discriminazione che sono stati in
vigore per quasi duemila anni. Da Cristo, Dio incarnato nella storia umana,
tutti gli uomini sono uguali, devono essere trattati e considerati dello
stesso modo. Questa proposizione era, per quei tempi, un cambiamento
radicale nella cultura, nella società e nella politica. Suonava quasi come
una vera "rivoluzione sociale” ma era la conseguenza e stava in consonanza
con tutta la dottrina del Maestro.
Ancora,
per questo motivo, quando i Santi Padri e, nel nostro ambito di studio,
territoriale e storico, le grandi figure del monachesimo ispano e le
principali personalità ecclesiastiche - Leandro, Isidoro e Fruttuoso, così
come i tanti abati innominati, disciplinano la vita monastica della Spagna
visigota - lo fanno partendo dal principio su cui si basa e che ispira la
sapienza del Maestro. Non possono esservi distinzioni de fatto e, ancora di
meno, nelle norme che regolano le comunità.
Per
questo il principio che sta alla base della disciplina e conseguentemente
dell'applicazione della vita monastica non può essere mai il principio di
personalità che può operare delle distinzioni indebite tra le persone per
motivi diversi e non solo di nascita. Il logico principio di ordinazione
presente nelle Regole monastiche è il principio di territorialità
nell'applicazione del Diritto.
Concludo. Quando, tra i discepoli del Signore, sorge la disputa su chi di
essi sia il più importante, Cristo insegna loro le nuove norme che
infrangono tutte le regole precedenti:
Sapete
che i re della terra li tiranneggiano e i grandi li sottomettono. Non sarà
così tra di voi. Chi desidera essere il primo, che sia il servo di tutti (Mc
10,42-43).
Chi è il più piccolo tra
tutti voi, questi è grande (agli occhi di Dio) (Lc 9,48).
Questo ideale di vita, d'accordo con la volontà
di
Dio, è stato riprodotto
fedelmente da San Leandro, Sant'Isidoro, San Fruttuoso e l'insieme degli
abati che avrebbero redatto quella
Regula communis
che è stata scrupolosamente osservata durante i secoli, forse
fino alla fine del IX secolo, nei
monasteri della Spagna visigota.
[1]
Con carattere generale, v. FERROTIN M., ed.,
L'Eglise wisigothique et
mozarobe d'Espagne du V au XI siècle, Parigi, 1904; AA.VV.,
Il monachesimo nell’alto
Medioevo e la formazione della civiltà occidentale. Spoleto,
1956; LlNAGE CONDE A., Los
origenes del monacato benedictino en la Peninsula Ibèrica, 3
voll., CSIC. Leon, 1973; GARCÌA COLOMBÀS M.,
El monacato primitivo,
BAC, 2 voll. Madrid, 1974; DOMINGUEZ DEL VAL U.,
Historia de la antigua
literatura latina hispano-cristiana, t. IV, Fundacion
Universitaria Espanola, Madrid, 1998, pp. 157-387,
[2] Cfr. El Escorial, a.I.13.
Può vedersi,
Diaz y DIaz M.,
Aspectos de la tradición de la
Regala Isidori,
in
Studia Monastica,
vol. 5, fasc. 1, p. 30.
[3]
FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Da
Teodorico I a Recaredo: il consolidamento del regno visigoto, in
II Convegno Ravenna capitale. Società, diritto e istituzioni nei
papiri ravennati, 14-15 maggio 2010.
[4]
Si denominano Concili di Toledo le diciotto assemblee ecclesiastiche
che si celebrarono nella città di Toledo tra gli anni 400 al 702.
Questi Concili, dal Terzo, furono molto importanti perché attraverso
i suoi Atti conosciamo quello che accadeva nel regno nei vari
aspetti politici, sociali e giacché i suoi accordi non erano solo
religiosi ma anche politici, sociali e amministrativi. Le riunioni
conciliari importanti erano generali, e riunivano persone con
cariche pubbliche e rappresentanti della nobiltà insieme a tutti i
vescovi del territorio. Sebbene fossero convocate dal Re, non erano
presiedute da lui ma dal Vescovo più ragguardevole del regno (in un
secondo tempo dall'arcivescovo di Toledo); ad esse partecipavano le
alte gerarchie ecclesiastiche e la nobiltà. Per saperne di più, vid.
VIVES J., Concilios
visigóticos e hispanorromanos. Barcelona, 1963; ID.,
Concilios visigóticos e hispano romanos, VlVES J., MARIN T.,
MARTINEZ G. (ed.), Espana
Cristiana, textos 1, CSIC, Barcelona-Madrid, 1968.
[5] V.
Santos Padres Espanoles, I. y II.
BAC, Madrid, 1971
[6] V, Santos Padres
Espanoles, II.
San Leandro San Isidoro, San
Fructuoso.
"Reglas monàsticas de la Espana visigoda. Los tres libros
de las Sentencias, (Introducciones, versión y notas de Julio Campos
Ruiz y de Ismael Roca Melia”.
BAC. Madrid, 1971.
[7] V. Isidorus,
Hist. Goth., p. 50.
[8]
Sant’Isidoro di Siviglia aveva una grande ammirazione per suo
fratello maggiore. Così dice di lui, tra altri elogi:
Vir suavis eloquio, ingenio praestantissimus, vita quoque tantum atque
doctrina clarissimus. V. ISIDORUS, De Viris Illustribus, p. 28.
[9]
Sant’Isidoro dà notizia di questa Regola che il Vescovo di Cordoba
scrive per sua sorella. V. ISIDORUS, op. cit. p. 1.
[10]
ISIDORUS, op. cit. p. 30.
[11]
Così il P. Florez afferma che la data della Regola del Severo
sarebbe l’anno 590, cioè, dieci anni più tardi che quella di
Leandro. Cfr. FLÓREZ E., ES (Espana Sagrada), voi. 8, p. 446.
[12]
Cfr. MADOZ J., Varios enigmas
de la regla de San Leandro descifrados por el estudio de sus fuentes,
in Miscellanea Giovanni Mercati, Città del Vaticano, 1946, pp.
265-295; Collec. Studi e Testi, T. 121, p. 274 ss.
[13]
Per Studiare la sua origine e il suo valore paleografico, può
vedersi, ANTOLIN G., Un Codex
regularum del siglo IX, Madrid, 1908.
[14]
Proviene dal "Monasterio de San Millàn de la Cogolla". Su questo
manoscritto è stata fatta l'edizione della Regola scritta da Fr.
Prudencio de Sandoval 0.S.B. nel 1604.
[15]
È ritenuto di provenienza spagnola per le note scritte in
castigliano. Forma parte del gruppo dei manoscritti A e M,
[16]
Di origine spagnola anch'esso. Ci sono note scritte in castigliano,
che si credono del diciottesimo setolo,
[17]
Storico spagnolo, dell'Ordine di San Benedetto, fu vescovo di Tuy e
di Pamplona nel primo terzo del secolo sedicesimo.
[18]
Si tratta dello storico e umanista tedesco Lukas Holste, in latino
Lucas Holstenius, nato a Amburgo (1592-1662).
[19]
Ausgsburg, 1759.
[20]
Gratz, 1957
[21]
Migne, PL. 72, pp. 873-894.
[22]
CUSTODIA VEGA A.O .S.A., La
regla de San Leandro, in La Ciudad de Dios, 159, Madrid, 1947,
pp. 355-394.
[23]
V. Santos Padres Espanoles.
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la
Espana visigoda, op. cit., pp. 75-125. Il lesto dalla Regola,
con la versione latina costituisce la seconda traduzione in
spagnolo.
[24]
V. FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Il
potere politico nel pensiero di Isidoro di Siviglia, in Ravenna
Capitale. Uno sguardo ad Occidente. Isidoro di Siviglia,
Sant'Arcangelo di Romagna, 2012. p. 1
[25]
BRAULIUS, Renovatio librorum
divi Isidori (PL 83.67).
[26]
V. FERNÀNDEZ DE BUJÀN F., Il
potere politico nel pensiero di Isidoro di Siviglia, cit., p. 3.
[27]
Regula Isidori, II. 96.
[28]
Uno studio interessante su questo problema è quello inserito
nell'opera, di carattere generale, dell’autorevole PEREZ DE URBEL
J., El monasterio en la vida espanola en la Edad Media, Barcelona, 1942.
[29]
Nel suo contenuto stanno la
Regula Isidori, la Regula
Monachorum Fructuosi, la
Regula Fructuosi communis e il
Pactum. Uno studio molto
dettagliato è quello del BEESON C. H., In
Isidor Studem, München,
1913.
[30]
Questa ha una reimpressione nel 1663 a Parigi. Inoltre è completata
con un'altra in collaborazione con Brockie nel 1759, riprodotta a
Gratz nel 1958.
[31]
ARÈVALO F., Isidoriana, Sancti
Isidori Hispalensis episcopi Hispaniarum Opera omnia, Roma,
1797-1803.
[32]
V. Santos Padres Espanoles.
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la
Espana visigoda, op. cit., pp. 75-125. Anche qui, il testo della
Regola, con la versione latina, costituisce la prima traduzione in
spagnolo.
[33]
Sulla sua vita, può vedersi MUNDO A.,
Il monachesimo nella Penisola
Iberica fino al secolo VII, in
Il monachesimo nell'alto
medioevo, cit., pp. 97-108; GARCIA VILLADA Z,.
Historia eclesiastica de
Espana, vol, II, pp. 310 e 317 ss., Madrid, 1932; e DIAZ Y DIAZ
C., Fructueux, in
Dictionnaire de Spiritualité, vol. 5, coll. 1541 a 1546.
[34]
V. Regola San Fruttuoso di
Braga, II,161.
[35] V. MENARD H.,
Concordia Regularum, auctore San Benedicto Aniane Abbate,
Parisiis, 1638; CAETANO DO AMARAL A.,
Vida e regras religiosas de
San Fructuoso Bracharense, Lisbona, 1805.
[36]
V. Santos Padres Espanoles.
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la
Espana visigoda, op. cit., pp. 127-162.
[37]
Adotta anche in alcuni codici il nome di
Collectanea degli abati
[38]
V. BENEDETTO D'ANIANE,
Concordia Regularum, 3,5,
[39] V. Santos Padres
Espanoles.
San Leandro, San Isidoro, San Fructuoso. Reglas monàsticas en la
Espana visigoda,
op. cit., pp. 163-212.
[40]
Si stabiliscono tre possibili luoghi di scrittura nei tre viaggi di
San Paolo narrati negli Atti degli apostoli: Efeso, Macedonia o
Corinto. In qualsiasi caso, la data sarebbe tra gli anni 54 e 57.
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25 ottobre 2018 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net