PARLO AL TUO CUORE
PER UNA REGOLA DI VITA DEL CRISTIANO AMBROSIANO
Carlo Maria Martini
Lettera pastorale per l’anno 1996-1997
Ed. CENTRO AMBROSIANO
INTRODUZIONE
Un
lamento si leva dalle nostre comunità: troppi documenti! come facciamo a
leggerli tutti?
Ritengo che ci sia del vero in questo lamento, anche se qualche volta ho
l’impressione che è come lamentarsi perché un giardino ha troppi fiori. Non
tutti sono da raccogliere e mettere in un vaso. Tanti fiori sono là per
essere contemplati con uno sguardo d’insieme, fino a quando non verrà il
momento opportuno per sceglierne qualcuno e metterlo sull’altare o davanti a
un’immagine di Maria. Ogni fiore ha il suo senso, semplicemente nello stare
lì, fra gli altri, nel suo giardino: «La rosa è senza perché; essa fiorisce
perché fiorisce; che tu la guardi, non si cura» (Angelo Silesio).
Ma
non tutti i documenti ci appaiono rose ben fiorite, né sempre ci è dato il
distacco contemplativo: il peso di tanti testi ci affatica. Perciò da parte
mia rinuncerei volentieri quest’anno a scrivere una lettera pastorale.
Basterebbe rimandare ai documenti esistenti che già contengono le proposte
per il 1996-97: la Lettera del Papa Tertio millennio adveniente al n.
40 e il programma generale per l’Anno santambrosiano contenuto in
Lavorare insieme, 1996, pp. 9-20 (e riportato qui in Appendice).
Sento però le attese di chi vorrebbe comunque una parola del Vescovo.
Inoltre c’è una promessa che debbo mantenere: quella di presentare, quasi
come “distillato” del Sinodo 47°, la Regola di vita del cristiano
ambrosiano. Mi decido allora a proporre questa Regola preceduta
da una introduzione semplice ed essenziale.
Nel 1997 ricorre il 16° centenario della morte di Sant’Ambrogio (4 aprile).
Sarà anche il primo anno del cammino trinitario proposto dal Santo Padre in
vista del grande Giubileo del 2000: l’anno dedicato a Cristo, il Figlio
fatto carne per noi. Ciò che deve guidarci è allora la centralità di Gesù,
così come proposta dal Papa e testimoniata da Sant’Ambrogio con la sua vita
e il suo insegnamento.
In
questo contesto si inquadra la Regola di vita del cristiano ambrosiano:
nel richiamo al battesimo e all’attività catecumenale di Ambrogio essa
vorrebbe offrire una sintesi di quanto ogni battezzato adulto dovrebbe tener
presente e sforzarsi di vivere. Vorrebbe aiutarci a verificare sul volto di
Cristo la nostra vita e il nostro cuore. Non è un itinerario che tenga conto
delle diverse età e stati di vita: a ciò si provvederà con altri tipi di
sussidi. Qui voglio dire qualcosa che riguarda il battezzato come tale. Lo
dico a partire dal mio vissuto di sedici anni come Vescovo di questa Chiesa,
alla quale vorrei consegnare quasi un testamento.
In
realtà la “regola di vita” del cristiano è già tutta nel Vangelo ed è resa
vivibile dal dono dello Spirito Santo, che ci è dato nel battesimo e negli
altri sacramenti. Il Signore, però, ha voluto salvarci non isolatamente, ma
come popolo radunato intorno ai Pastori e chiede loro di interpretare i
segni e i bisogni dei tempi. Pertanto, stimolato dall’esempio di chi mi ha
preceduto nel servizio della Chiesa di Milano e dai tanti figli di questa
Chiesa che sono stati modelli sulla via della santità, ho pensato di stilare
questo breve testo perché possa aiutare chi ha intrapreso il cammino
difficile e meraviglioso della fede a progredire in esso in obbedienza alla
volontà del Padre.
Ciò che vi chiedo è allora semplicemente di meditare questa Regola,
di approfondire nella catechesi e nella preghiera comunitaria e personale la
centralità del Signore Gesù che essa inculca e di prestare attenzione alle
diverse iniziative dell’Anno santambrosiano badando soprattutto alla
conversione del cuore, perché veramente per ciascuno di noi Cristo sia
tutto, come dice Sant’Ambrogio: «Siamo tutti del Signore e Cristo è tutto
per noi: se desideri risanare le tue ferite, egli è medico; se sei
angustiato dall’arsura della febbre, egli è fonte; se ti trovi oppresso
dalla colpa, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è potenza; se
hai paura della morte, egli è vita; se desideri il paradiso, egli è via; se
rifuggi le tenebre, egli è luce; se sei in cerca di cibo, egli è nutrimento»
(La verginità, 16, 99).
La
Regola parte dalle domande che sono nel cuore di ognuno di noi (Interrogatio)
e si sforza di indicare un itinerario credibile e percorribile di risposta
nella sequela di Gesù, attraverso il triplice momento della Traditio
(i doni a noi trasmessi nella Chiesa ambrosiana), della Receptio
(l’accoglienza e la coltivazione di questi doni) e della Redditio (il
ridistribuire e questi doni ad altri).
Ascoltami, ti prego, con lo stesso cuore aperto con cui ti parlo,
cominciando dalle domande che entrambi abbiamo dentro.
I
INTERROGATIO:
L'INQUIETUDINE DEL CUORE
1. Ascoltare le domande vere
Vorrei farmi tuo compagno di strada: ascoltare le domande vere del tuo
cuore, confessarti le mie. Questo è importante: non è possibile trovare e
dare risposte, se non si sono riconosciute le domande. Una "regola di vita"
vorrebbe anzitutto essere un tentativo di dare risposte a domande vere (o
forse, più modestamente, l'indicazione di un tracciato, lungo il quale
cercare e incontrare risposte vere).
2. La domanda radicale: la
morte
Provo a mettere in gioco fino in fondo me stesso, ad aprire il mio cuore: se
vi guardo dentro, trovo tante gioie e dolori e tante domande aperte, che
forse sono anche le tue.
Come stanno insieme i dolori e le gioie della vita? Quando si pensa a tante
sofferenze della gente (e me ne giungono gli echi ogni giorno e ogni ora),
qualunque godimento, anche il più legittimo e semplice, sembra scolorire,
appare come stonato. Perché invece ha senso? come si conciliano le gioie
autentiche di questo mondo con le prospettive di morte? perché la morte nel
mondo? perché, se è vero che Dio ci ha salvato, non ci ha liberato dalla
necessità di morire? e, dietro la morte, tutti i dolori e le angosce
dell'esistenza umana: perché questo immenso cumulo di violenze, ingiustizie
e solitudini? Sembra che il non senso l'abbia vinta su tutti i fronti: fare
i conti con la miseria che copre la terra significa riconoscere la grande
difficoltà che tutti incontriamo nel renderci padroni della complessità, nel
trovare ragioni che giustifichino la fatica di vivere.
3. Il silenzio di Dio
Perché il Signore sembra tacere? perché Lui, che è l'Onnipotente, non si
manifesta con lo splendore della Sua verità e lo sfolgorio della Sua
onnipotenza? perché quella Sua apparente indifferenza davanti alla
quotidiana commedia e tragedia della nostra vita? è proprio vero che Gli
stiamo a cuore? che siamo importanti per Lui? tutti e ciascuno? Non stupirti
che sia anch'io a farmi queste domande: me le porto dentro e ogni giorno
inquietano la mia fede e mi rendono pensoso e in ricerca. Anche nel cuore
del Vescovo abitano gli interrogativi che ci fanno umani, così fragili
davanti alla vita, alla malattia, alla morte.
4. Dall'interrogare
all'essere interrogati
A
pensarci bene, tutte le domande che ho ricordato sono rivolte a Dio: è per
noi quasi spontaneo chiederGli conto e ragione di questo mondo.
Se
Dio c'è, è Lui che lo ha voluto, così come esso è. E tuttavia, non è forse
la critica smaliziata del pensiero moderno che si è abituata a chiamarLo in
giudizio davanti alla clamorosa smentita che il dolore del mondo darebbe
della Sua provvidenza e del Suo amore? In questo siamo un po' tutti figli
dell'epoca moderna, della sua ragione cosiddetta "adulta ed emancipata". E
se provassimo a capovolgere la domanda, a passare dall'interrogare
all'essere interrogati? e se consentissimo a Dio di porci Lui le Sue
domande?
5. L'invadenza dell'Io
Mi
chiedo allora quali potrebbero essere le domande di Dio: se penso al Suo
giudizio, se mi immagino davanti a Lui, al Suo sguardo penetrante e
creatore, non posso non riconoscere come il mio cuore sia mosso tante volte
da motivazioni spurie, o, per dirla tutta, da un'invadenza dell'Io, che
vuole stare al centro e misurare su di sé tutte le cose, e perfino l'agire
di Dio! Anche per un'epoca come la nostra, che non percepisce la consistenza
e la drammaticità del peccato, non dovrebbe essere difficile riconoscere le
conseguenze di questa invadenza nella vita degli uomini: penso alla fatica
che tutti facciamo ad uscire dalle pastoie delle nostre motivazioni
egoistiche; penso alla facilità con cui ci lasciamo prendere da logiche
particolaristiche, incapaci come siamo di guardare al di là del nostro
piccolo calcolo. Le domande che Dio ci fa sono spirito e vita, perché ci
invitano a riconoscere le ragioni del nostro disagio di vivere e della
nostra mancanza di felicità e di pace anzitutto in noi stessi, nella fatica
e nella paura di amare che ci portiamo dentro, nel sospetto di non essere
amati, nella diffidenza di fronte a ogni atteggiamento di amore gratuito.
6. La perdita dell'ingenuità
È
così che capisco la verità su me stesso: è come un prendere coscienza del
proprio egoismo e della propria fragilità, che fa cadere l'ingenua magia di
pensare che bastino le buone intenzioni per cambiare il mondo e la vita. C'è
veramente una differenza stridente fra l'altezza dei buoni propositi e la
presenza del male e dell'egoismo in ciascuno di noi: forse è questo ciò che
Dostoevskij chiamava "l'abisso dei doppi pensieri". Fai qualcosa di bene e
t'accorgi che dentro il tarlo del tuo io non ti abbandona. T'accorgi che è
sempre grande la potenza del peccato. Gli alti e i bassi si susseguono con
un'impressionante frequenza: e non solo sul piano psicologico, ma su quello
più profondo delle scelte del cuore, degli orientamenti della vita.
7. La via più difficile
Certo, occorre imparare a convivere con noi stessi, ad accettare questa
permanente instabilità psicologica e spirituale. Ma ciò esige di capirne il
perché, domandandoci come anche attraverso questo cammino contorto Dio ci
ami e voglia farci suoi figli. Accettare che dalla morte venga la vita ci
ripugna: eppure deve essere proprio così, se il Signore ci lascia in questa
lotta, che sembra pervadere l'universo intero. Forse, però, è proprio questa
ripugnanza ad accettare e scegliere la via dell'amore fino alla morte che
mostra al tempo stesso la condizione tragica del peccato e il bisogno che
noi tutti abbiamo di imparare ad amare con un aiuto che ci venga dall'alto:
in questo senso, la fatica a credere che un Dio sia morto in croce è la
riprova della necessità di questa morte. Il cristianesimo non è la risposta
banale alla domanda del dolore e della morte, una risposta che giustifichi
tutto o tutto copra sotto l'incomprensibile giudizio divino. Il
cristianesimo è la "lectio difficilior", la via più difficile, che prende sul
serio la condizione universale di morte e di peccato, e proprio così
annuncia la compassione di un Dio che si fa carico di questa morte e di
questo peccato per sollevare e salvare ciascuno di noi.
8. Il Dio "sofferente" e la
legge della Croce
Il
passo ulteriore è dunque arrivare a intuire che Dio sta dalla nostra parte e
partecipa al dolore per tutto questo male che devasta la terra. Egli non se
ne sta come uno spettatore disinteressato o un giudice freddo e lontano, ma
"soffre" per noi e con noi, per le nostre solitudini incapaci di amare,
perché Lui ci ama. La "sofferenza" divina non è incompatibile con le
perfezioni divine: è la sofferenza dell'amore che si fa carico, la
"com-passione" attiva e libera, frutto di gratuità senza limiti. Sempre più,
nel cammino della vita, sotto i colpi di luce del Vangelo, il Dio di Gesù
Cristo mi è apparso come il Dio capace di tenerezza e di pietà fino al punto
da "soffrire" per i peccati del mondo. Un Dio tenero come un Padre e una
Madre, che non rinnega mai i suoi figli. Un Dio umile, che manifesta la Sua
onnipotenza e la Sua libertà proprio nella Sua apparente debolezza di fronte
al male. Un Dio che per amore accetta di subire il peso del nostro peccato e
del dolore che esso introduce nel mondo. Proprio così, però, nella morte di
Gesù sulla croce, Dio ci insegna a trarre il bene dal male, la vita dalla
morte. Appare allora contraddittorio il nostro continuo voler essere
gratificati da tutti e da tutto, a cominciare da Dio, mentre lo contempliamo
crocifisso.
Come vorrei che tutti a questo punto capissero che il mistero
di un Dio morto e risorto è la chiave dell'esistenza umana e il succo del
Vangelo e della nostra fede! Eppure contro questa roccia del "mistero
pasquale" vanno a cozzare tutte le onde delle nostre resistenze, mentre
diciamo con Pietro: «Dio te ne scampi, Signore: questo non ti accadrà mai!»
(Mt 16,22). Eppure proprio qui si ricongiungono i nodi del rapporto che lega
morte e vita, dolore e gioia, fallimento e successo, frustrazione e
desiderio, umiliazione ed esaltazione, disperazione e speranza. Quando la
"legge della Croce" ci tocca, ci sconvolge e ne siamo profondamente turbati:
ma solo qui si attua la piena liberazione dal male, fino ad accettarne le
conseguenze su di sé per perdonarlo e superarlo, come ha fatto Gesù sulla
croce.
9. Arrendersi a Dio
Per sciogliere l'apparente assurdità della vita non c'è allora che una via
possibile: rimettermi continuamente di fronte ad essa, senza sfuggirvi, e
arrendermi contemporaneamente senza riserve nelle mani del Dio umile e
sofferente, del "Dio crocifisso". Solo abbandonandomi perdutamente a Lui,
solo capitolando nelle Sue mani potrò riprendere nelle mie il bandolo della
matassa intricata della vita. Dio è il Mistero santo, Gesù Cristo in croce è
la Custodia silenziosa, in cui riposa il senso della vita e della storia, il
senso del mondo.
10. Dal riconoscimento alla
riconoscenza
Come arrivo a questa conclusione così certa e definitiva? come la luce del
Vangelo raggiunge e afferra quotidianamente la mia vita? come avviene che
ancora e sempre di nuovo questa luce getti sprazzi sulle mie domande, e mi
aiuti a vivere e ad illuminare per me e per gli altri la fatica di vivere?
Posso rispondere solo così: io mi sento amato, sommamente, da Qualcuno più
grande di noi tutti. Mi sento chiamato e attratto, come uno che non può fare
a meno di Dio, del Dio di Gesù Cristo. Anche se difficile e contrastata,
sento e so che questa scelta è l'unica valida. Non è volontarismo: è
riconoscimento.
Riconosco che al termine di tutte le mie domande senza
risposta c'è il suo Mistero santo, e c'è precisamente come il Signore Gesù
ce lo ha rivelato sulla croce: mistero di amore infinito che si consegna,
Trinità dell'Amante, dell'Amato e dell'Amore, che ci accoglie nel Suo
grembo, e ci custodisce negli abissi di amore della Sua vita. E il
riconoscimento si trasforma in riconoscenza: sono grato al mio Dio perché mi
so amato da Lui, «nascosto con Cristo in Dio» (Col 3,3), anche quando non
riesco a sentirlo con i miei poveri sensi umani.
11. Nella Chiesa
Mi
potresti obiettare: "Ma questa è la tua esperienza, non la mia. Tu sei un
privilegiato. Per me non è così. Se puoi, insegnami come si fa a vivere la
propria vita in Dio". Vorrei allora risponderti che proprio per questo ho
scritto questa Regola di vita, per dirti in forma semplice e breve dove è
possibile incontrare il Dio che è il nostro Tutto, il Dio della compassione
e della misericordia, il Dio che si fa compagno del nostro dolore e ci aiuta
a portarne il peso, dandogli senso. Questo Dio puoi trovarLo nella Chiesa:
nel suo annuncio, che è il Vangelo di Gesù e dei fatti storici e
indubitabili della sua vita; nei suoi Sacramenti, che sono la presenza
sensibile di Lui, che si è offerto per noi alla morte e ci ha donato la
vita; nella compagnia di quanti, credendo, sono stati resi fratelli e
sorelle nello Spirito di Gesù e - pur con tutti i loro limiti - si sforzano
ogni giorno di imparare a credere, sperare ed amare. Il dono di Dio è
ricevuto e trasmesso nella Chiesa, Suo popolo: ed è in essa che ci si
accorge che la vita vera viene dal di fuori, da Dio, in un contesto
ragionevole, serio, segnato dalla fragilità, ma significativo e liberante.
Nella Chiesa mi riconosco amato e reso capace di amare, nonostante me
stesso, le mie contraddizioni e paure. Credo veramente che anche per te
possa essere così. Perciò voglio parlarti di ciò che questa Chiesa - la
nostra, cattolica e ambrosiana al tempo stesso - ci trasmette (traditio); di
come noi riceviamo in essa il dono dall'alto (receptio); di come a nostra
volta possiamo trasmettere ad altri con gratuità quanto gratuitamente
abbiamo ricevuto (redditio). Prova ad ascoltarmi: rivolgo anche a te la
parola di Gesù ai primi due discepoli: «vieni e vedi»..
II
TRADITIO:
I DONI DI DIO
CHE CI SONO TRASMESSI NELLA CHIESA
12. Il Vangelo e lo Spirito,
regola di vita
La
regola di vita del cristiano è il Vangelo del Signore Gesù, vissuto nella
grazia dello Spirito Santo effuso nei nostri cuori, a gloria di Dio Padre:
«Tutto è Cristo per noi" (S. Ambrogio, La verginità, 16, 99), «Finché sono
in via, sono di Cristo; quando sarò giunto, sarò del Padre; ma dappertutto
per mezzo di Cristo e sotto di Lui" (Id., La fede, V, 12, 150). In quanto è
lo Spirito a rendere presente in noi il Signore Gesù, è anche lo Spirito -
Maestro interiore - ad insegnare a ciascuno che lo ascolti la regola del
cammino d'ogni giorno: «Siamo segnati da Dio nello Spirito. Come infatti
moriamo in Cristo per rinascere, così anche siamo segnati dallo Spirito per
poterne portare lo splendore, l'immagine e la grazia" (Id., Lo Spirito
Santo, I, 6, 79). Alle domande vere non rispondiamo noi, ma ci è data
risposta lì dove Dio ha parlato nel silenzio, cioè nella croce di Cristo.
13. L'evento del battesimo
La
regola di vita semplice e grande, che è il Vangelo del Signore Gesù, ci
viene consegnata nel momento del battesimo e viene accolta da noi in quello
stesso momento mediante la professione di fede, con cui noi, o i nostri
genitori, padrini e madrine, a nome nostro, abbiamo dichiarato di credere in
Dio Padre, nel Figlio Suo Gesù Cristo, morto per i nostri peccati e risorto
per la nostra salvezza, e nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita e
ci aiuta a camminare in Dio finché il Suo volto sia pienamente manifestato
in noi nella Sua gloria. È dunque nel battesimo che veniamo accolti nel
cuore della Trinità e la vita e l'amore dei Tre sono comunicati al nostro
cuore.
14. La Tradizione vivente
L'evento del battesimo ci inserisce così al tempo stesso nella vita della
Trinità e nella Tradizione vivente della Chiesa, che per noi è quella della
Chiesa di Sant'Ambrogio e di San Carlo, identica a quella di tutte le altre
Chiese. La fede ricevuta e professata nel battesimo illumina le domande vere
del cuore e ci permette di trovare risposte capaci di sostenerci nella vita
e di fronte alla morte. In questa fede possiamo comprendere qual è la
vocazione profonda di ciascuno di noi, quali le condizioni per discernere e
vivere la volontà di Dio. Questa stessa fede ci fa capire che siamo chiamati
a essere figli di Dio e a vivere come tali, ci insegna il cammino delle
beatitudini evangeliche, che ci rendono simili a Gesù, Figlio del Padre.
15. La "Traditio Symboli"
Nel Simbolo della fede noi professiamo di credere in Dio: il "credere in"
vuol dire l'atto dell'incondizionata adesione e dedizione della vita e del
cuore a Lui, l'affidamento senza riserve alle tre Persone divine che sono
l'unico Dio, l'ingresso vitale e trasformante nel dialogo del loro eterno
amore. Ogni volta che nella liturgia professiamo il Credo siamo chiamati ad
affidare incondizionatamente al Mistero santo di Dio le nostre domande, le
nostre inquietudini, la nostra fatica di vivere e la nostra paura di morire.
In modo particolare la nostra Chiesa ambrosiana rinnova questa solenne
accoglienza della fede nella celebrazione annuale della Traditio Symholi,
nel sabato precedente la Domenica delle Palme.
16. Il tesoro delle
Scritture
Insieme con il Simbolo il battezzato accoglie la pienezza dei tesori della
Chiesa contenuti nelle Sacre Scritture, ispirate dallo Spirito Santo, «che
ha parlato per mezzo dei profeti». Tutte le Scritture danno testimonianza su
Gesù e vanno interpretate a partire dal mistero della Sua morte e
risurrezione. La venerazione e la conoscenza amorosa delle Scritture,
insegnata da Sant'Ambrogio a Sant'Agostino, fa parte dell'identità di ogni
battezzato e cresce con lui per tutta la sua esistenza. La Parola di Dio sta
al principio della nostra vita di fede e continuamente la nutre e la
rinnova. Essa è la sorgente che illumina le domande del cuore e rigenera le
forze nel cammino. Da essa estraiamo continuamente "cose nuove e cose
antiche» (Mt 13, 52), in essa penetriamo "le cose nascoste fin dalla
fondazione del mondo» (Mt 13, 35), perché: "in principio è la Parola».
17. Il silenzio
contemplativo
Per accogliere la Parola occorre coltivare il silenzio contemplativo, la
capacità di rientrare nel nostro intimo, di ritrovare il centro di noi
stessi, vincendo l'ansietà e la fretta che ci divorano e fermandoci ad
ascoltare le domande vere per ricevere su di esse la luce del Dio che parla.
Così faceva Maria di fronte agli eventi sconcertanti e imprevisti che la
coinvolgevano. La "dimensione contemplativa della vita" ci è necessaria per
cominciare un autentico cammino di fede e perseverare in esso in mezzo alle
vicende tumultuose che segnano la nostra esistenza, ai turbamenti e alle
contraddizioni che attraversano il nostro cuore.
18. La liturgia e
l'Eucaristia, "culmine e fonte"
La
Parola si fa carne del Signore nell'Eucaristia, centro di tutta la nostra
comunità e della sua missione. Il Signore Gesù, che ha detto «Attirerò tutti
a me", continua ad attrarre a sé l'universo e tutti gli uomini e le donne
della nostra terra per unirli a sé nel suo dono al Padre. Egli si offre a
noi sotto le specie della debolezza e dell'insignificanza come pane di vita
che ci sostiene nel cammino, facendosi compagno compassionevole della nostra
fatica di vivere: «non temete... io sono con voi tutti i giorni".
È nella
liturgia che la Chiesa, accogliendo il dono di Dio, si lascia accogliere nel
seno del mistero trinitario. Nella celebrazione liturgica tutto viene
ricevuto dal Padre per il Figlio nello Spirito ed insieme tutto è offerto al
Padre per Cristo nell'unità del Consolatore. La "liturgia delle ore",
fedelmente ricevuta e trasmessa nella tradizione ambrosiana come "diurna
laus", santifica il tempo, riconducendolo alla sorgente eterna, grembo e
patria di ogni nostro agire, mentre nella celebrazione dei sacramenti è
l'intero scandirsi della vita e della storia umana che viene raggiunto e
plasmato dalla Grazia che salva. In particolare, la Parola si fa carne del
Signore nell'Eucaristia, culmine e fonte di tutta la vita della Chiesa,
centro della comunità e della sua missione...
19. Il senso della vita
Dalla fede professata, nutrita dalla Parola di Dio e dall'Eucaristia, emerge
quel senso della vita, che si può sintetizzare nella frase di Sant'Ambrogio:
"Tutto è Cristo per me". Il cristiano è colui che sempre e dappertutto si
sforza di essere con Cristo e di vivere per Cristo nella sequela di Lui.
Questo significa vincere il senso di vuoto e di insignificanza che tante
volte ci tenta e confessare con la vita Colui che sconvolge continuamente le
nostre attese e proprio così dà pace al nostro cuore inquieto. Egli ci
sussurra dalla croce: "Sarai con me in Paradiso!" e ci dà così la speranza
certa che un giorno saremo con Lui.
20. Tu sei il mio tutto!
Accogliendo sempre di nuovo il dono
di Dio, vorrei confessare insieme con te la gratitudine e la gioia che esso
suscita in me, nonostante me stesso e tutte le mie povertà:
Mio Dio, tu sei il mio tutto!
Ti
adoro,
Ti amo con tutto il cuore,
Ti ringrazio di avermi creato
e
di avermi chiamato
ad essere Tuo figlio in Gesù Cristo
per mezzo del
battesimo,
facendomi membro vivo di questa Chiesa ambrosiana,
conservandomi fino a questo momento nel Tuo amore
per la grazia dello
Spirito Santo.
Ti offro la mia confessione di lode,
piena di
gratitudine e di speranza,
e desidero vivere
secondo la fede ricevuta
nel battesimo,
pregando, amando, soffrendo e morendo
come ha
vissuto, amato, pregato, sofferto
ed è morto per noi
il Tuo Figlio
Gesù Cristo,
nel quale anch'io sono Tuo figlio,
come Tu mi sei Padre
in Gesù, mio Signore,
nello Spirito di verità e di amore,
nella
comunione della Chiesa cattolica,
vissuta in questa Chiesa di Milano.
III
RECEPTIO:
L'ACCOGLIENZA
DEI DONI RICEVUTI
21. Il soggetto della
"Receptio"
Chi sono io che ricevo questi doni di Dio? Un uomo che sente la fatica della
condizione umana, segnata dall'ingiustizia e dalla fragilità,
dall'inadeguatezza e dall'incompetenza; un essere fragile e in ricerca, che
ho descritto nella prima parte di questa Regola (Interrogatio) e che sempre
ha bisogno di essere sostenuto, nutrito, rianimato dalla misericordia e
dalla salvezza che ci sono date in Gesù Cristo.
22. La "Receptio" anzitutto
nella preghiera
Questi doni, ricevuti nella Traditio, sono gratuiti, immeritati e inattesi.
Il luogo in cui questa gratuità si manifesta, in cui i doni di Dio ci
raggiungono nell'oggi e cambiano il nostro cuore è anzitutto la preghiera,
sia personale che liturgica. Bisogna però cominciare con qualcosa di molto
semplice: le preghiere del mattino e della sera e quelle brevi invocazioni
durante la giornata ("Signore, aiutami!"; "Signore, abbi pietà di me!"...)
che ci "attaccano" a Dio quando stiamo scivolando sulla parete ripida della
quotidianità.
23. Che cosa è la preghiera?
La
preghiera è anzitutto risposta alla Parola di Dio che per prima mi
interpella e che mi raggiunge nella mia debolezza, ma anche nel mio silenzio
e nella mia disponibilità all'ascolto. La preghiera è lasciarsi accogliere
nel mistero santo, andando per Cristo nello Spirito al Padre: il cristiano
più che pregare un Dio, straniero e lontano, prega in Dio, prega nascosto
con Cristo nella Trinità, sorgente e grembo di vita. Quando preghi, allora,
più che pensare di essere tu ad amare Dio, lasciati amare da Lui,
docilmente, ciecamente, tutto abbandonandoti in Lui, tutto affidando a Lui,
in spirito di lode e di rendimento di grazie. Chiediti con me: trovo dei
momenti in cui mi metto a tu per tu con Dio, lo ascolto, mi apro a Lui?
24. Preghiera, Sacramenti,
Parola, Carità
Da
sempre, e sul modello ispirato da Sant'Ambrogio, la Chiesa milanese ha dato
grande importanza alla celebrazione dei divini misteri, preceduta e seguita
dalla proclamazione del messaggio di salvezza nell'annuncio e nella
catechesi e al tempo stesso ricca di frutti di carità vissuta. Preghiera,
Parola, Sacramenti, esercizio della carità costituiscono così il tessuto
della Receptio, il terreno nel quale riceviamo ogni giorno nella Chiesa i
tesori della rivelazione divina e li accogliamo nel nostro cuore inquieto e
resistente.
In
particolare, l'unità del Mistero proclamato, celebrato e vissuto viene
sperimentata attraverso la preghiera della liturgia delle ore, "diurna laus"
ricevuta dalla ininterrotta testimonianza della fede dei nostri Padri, in
cui tutta la vita del cristiano è custodita con Cristo in Dio e il tempo
santificato in ogni sua espressione. Questa preghiera liturgica della Chiesa
è nutrimento prezioso del cammino della santità, da raccomandare ad ogni
battezzato.
25. La Parola accolta nella
"Lectio divina"
Aiuto indispensabile per vivere nella concretezza del nostro tempo la
vocazione cristiana è l'ascolto perseverante della Parola di Dio, che apre
il cuore a ringraziare Dio dei Suoi doni nel dialogo della fede, fa
riconoscere e discernere nel pentimento i peccati che appesantiscono la vita
quotidiana e consente di riconoscere le vie di Dio per noi e di rinnovare il
nostro sì alla Sua chiamata. Nasce così la Lectio divina che riceve con
attenzione e riverenza le parole e i gesti del Figlio (lectio: lettura), in
essi ricerca il messaggio perenne che viene dal silenzio del Padre
(meditatio: meditazione) e si offre all'azione dello Spirito per entrare nel
cuore della Trinità (contemplatio: contemplazione) e imparare a vivere e a
scegliere secondo Gesù Cristo, Parola del Padre, Unto dallo Spirito (actio:
azione). Sarai felice se ti impegnerai a fare la Lectio possibilmente ogni
giorno.
26. La Scuola della Parola
La
Scuola della Parola è stata voluta per aiutare in particolare i giovani a
fare la Lectio divina e così ad accogliere il grande dono che il Signore ci
ha fatto comunicandosi a noi nella rivelazione e a discernere la Sua volontà
sulla nostra vita.
27. La vita sacramentale
«Tu ti sei mostrato a me faccia a faccia, o Cristo: io ti trovo nei tuoi
sacramenti» (Sant'Ambrogio, Apologia del profeta Davide, 12, 58): nei
Sacramenti è Cristo che si fa presente e viene ad incontrare la vita dei
cristiani e la storia in cui essi sono posti. Nella parte precedente
(Traditio) abbiamo già ricordato il posto fondante del battesimo e la
posizione centrale dell'Eucaristia. Qui richiamerò brevemente qualche altro
aspetto della vita sacramentale.
28. Il sacramento della
penitenza
Decisiva per il discernimento della volontà di Dio su ciascuno è la purezza
di cuore: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Chiedo
perciò a te che leggi questa Regola di vita di celebrare con fiducia il
sacramento della riconciliazione o penitenza, nel quale riconoscere gli
innumerevoli doni del Padre nel cammino della tua esistenza (confessio
laudis), confessare umilmente ciò che non va nella tua vita, ciò che tu
vorresti che non ci fosse stato e che non ci fosse oggi (confessio vitae) e
professare la tua fede nella infinita e sempre presente misericordia del
Padre che ti perdona per la parola della Chiesa (confessio fìdei). Ti
consiglio di rinnovare frequentemente questo incontro con il Padre della
misericordia attraverso il ministero di riconciliazione nella Chiesa.
29. L'accompagnamento
spirituale
L'incontro costante con una guida spirituale, saggia ed esperta nelle cose
di Dio, anche al di là del sacramento della penitenza, è sostegno prezioso
nel cammino di santità vissuto nel quotidiano. La vita di tanti nostri santi
ambrosiani lo dimostra.
30. La confermazione
Se
la regola di vita del cristiano è anzitutto il dono dello Spirito, si
comprende quanto sia importante il sacramento della confermazione, in cui il
sigillo del Consolatore rende il credente capace di testimoniare in pienezza
il dono di Dio nelle diverse situazioni della vita: "Hai ricevuto il sigillo
spirituale, lo spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e
di virtù, spirito di conoscenza e di pietà, spirito del santo timore:
conserva quanto hai ricevuto. Ti ha segnato Dio Padre, ti ha confermato
Cristo Signore e lo Spirito come pegno si è dato al cuore del tuo cuore.-
(Sant'Ambrogio, Sui misteri, 7, 42).
31. Vita secondo lo Spirito
Chiedo perciò a tutti i figli della Chiesa ambrosiana di valorizzare al
massimo nella loro vita questo sacramento dello Spirito, sia che lo abbiano
già ricevuto, sia che si stiano preparando ad esso. Vivere secondo lo
Spirito significa lasciarsi guidare dal dono di Dio, confortati e sostenuti
in ogni situazione dalla certezza della presenza fedele di Gesù, che non
viene mai meno alle Sue promesse. Lo Spirito Santo attualizza nel tempo la
vicinanza del Signore Gesù e lo fa vivere per la fede nei nostri cuori,
aiutandoci ad esprimere la conformità a Cristo ricevuta in dono nel
battesimo.
32. La Messa domenicale
Chi ascolta fedelmente la Parola e si lascia condurre dallo Spirito si
dispone a celebrare con frutto nel giorno del Signore l'Eucaristia, che ci
fa Chiesa, perché riattualizza nella nostra vita e nella storia il dono
della nuova alleanza. Questo incontro domenicale è stato vissuto come
fondante, e perciò come indispensabile, fin dalla Chiesa degli Apostoli:
oggi, in un contesto di secolarizzazione, è più che mai necessario.
E una
più frequente partecipazione, anche durante la settimana, alla mensa della
Parola e del Pane di vita aiuterà straordinariamente la crescita della fede,
della speranza e della carità e ci farà passare attraverso il deserto
dell'incredulità contemporanea con animo sereno e volto gioioso.
33. I sacramenti della
comunione ecclesiale
All'esigenza di porre la propria vita al servizio della comunità risponde in
modo particolare il dono che il Signore ci ha fatto nei sacramenti del
servizio della comunione, che sono l'ordine e il matrimonio. Attraverso di
essi la grazia divina soccorre e consacra i vincoli che si stabiliscono
nell'ambito della comunità. Perciò questi due sacramenti conferiscono una
missione specifica al servizio dell'edificazione del popolo di Dio.
34. Il discernimento
vocazionale
Al
discernimento della vocazione di ogni battezzato in rapporto sia a queste
due forme sacramentali sia a ogni scelta significativa e seria della vita la
Chiesa ambrosiana dedica particolari energie. Ogni persona infatti si
realizza se riesce a capire e a vivere il disegno unico che Dio ha su di
lei. È necessario perciò che tutti i fedeli riconoscano l'importanza
decisiva del discernimento vocazionale e si adoperino perché ciascun
battezzato possa crescere nella comprensione della chiamata di Dio e nella
realizzazione fedele del progetto del Signore, nella scelta della vocazione
alla famiglia o della vita consacrata o della missione presbiterale.
35. Scambio tra le diverse
vocazioni
Ritengo una vera grazia, da coltivare e promuovere, lo scambio di doni e di
ricchezze spirituali che si può realizzare tra diverse vocazioni nella
Chiesa, in particolare tra le varie forme di vita consacrata mediante la
professione dei consigli evangelici e gli altri ministeri presbiterali,
diaconali e laicali. Questo scambio si attua nel dialogo, nella
collaborazione e nella preghiera comune.
36. Il sacramento dei malati
Alla debolezza e fragilità della creatura umana nel tempo della malattia
grave e dell'infermità prolungata viene incontro ancora una volta il Signore
nel sacramento dell'unzione degli infermi. Esso manifesta la vittoria del
Signore sul peccato e sulle sue conseguenze. Gesù infatti «andava attorno
per le città e i villaggi... curando ogni malattia e infermità" (Mt 9, 35).
Anche agli Apostoli è dato il potere di «scacciare gli spiriti immondi e di
guarire ogni sorta di malattie e d'infermità" (Mt 10, 1).
37. Il valore salvifico del
dolore
Riscoprire nella nostra vita ecclesiale il significato di questo sacramento
porta anche a riflettere più in generale sul valore salvifico del dolore,
vissuto in Cristo e con Lui per la salvezza del mondo. La compassione
fattiva e discreta verso i sofferenti, la solidarietà per aiutarli a vivere
essi stessi con fede il loro dolore sono aspetti decisivi di questa
riscoperta della nostra crescita nella sequela di Gesù umile, povero e
crocifisso.
38. Dalla "Receptio" un modo
di essere Chiesa oggi
Così la nostra Chiesa di Milano si
sforza di recepire i doni del Signore per mostrare che anche in una società
tecnicizzata e urbanizzata è possibile promuovere comunità che vivano il
Vangelo nella semplicità e nella gioia. Questi doni sono per tutti i nostri
battezzati, ai quali dobbiamo offrire cammini semplici di vita secondo lo
Spirito perché continui a fiorire quella "santità popolare" che tanti frutti
ha dato e continua a dare fino ai nostri giorni. Ti invito perciò a pregare
così con me:
Signore Gesù,
Tu sai come io
avverto
la fatica della condizione umana,
il peso dell'ingiustizia e
della fragilità,
dell'inadeguatezza e della paura di amare:
grazie
per essermi venuto incontro
nella Tua Parola e nei Sacramenti;
grazie
per avermi accolto con Te
nel cuore del Padre,
attirandomi nello
Spirito
a vivere il deserto fecondo della preghiera,
dove parli al
cuore del mio cuore.
Fa' che io sappia ricevere sempre
con attenzione
e riverenza le Tue parole,
per entrare attraverso di esse
nel mistero
santo di Dio,
e camminare nei sentieri del silenzio,
sotto la guida e
nel conforto dello Spirito.
Aiutami ad attingere continuamente
l'acqua viva della Tua grazia
alle sorgenti sacramentali della Chiesa,
e donami l'umiltà e la docilità di cuore
perché accetti di lasciarmi
guidare
con fiducia e con amore
da chi mi offri come maestro e
pastore
nelle vie della fede.
Rendimi vigile e attento
nel
discernimento della volontà del Padre,
perché io possa in tutto
portare a compimento
la vocazione con cui da sempre Lui
mi ha voluto e
mi ha amato.
Nell'ora del dolore e della prova
donami la certezza di
non essere solo,
ma di saperTi e volerTi vicino,
per vivere con Te la
mia offerta
nella sequela umile e fiduciosa di Te.
E fa' che da
questa accoglienza
perseverante e fedele dei Tuoi doni
io sia
generato sempre di nuovo
come figlio della luce,
e sappia percorrere
con i miei compagni di fede e di vita
cammini di santità,
che
facciano di noi il Tuo popolo
risplendente di luce e di speranza.
IV
REDDITIO:
LA
RESTITUZIONE DEI BENI ACCOLTI
39. Comunicare quanto ci è
stato dato
Quanto abbiamo gratuitamente ricevuto da Dio attraverso la tradizione
vivente dei nostri Padri e abbiamo assimilato mediante l'ascolto della
Parola e la celebrazione dei Sacramenti, dobbiamo a nostra volta offrirlo
gratuitamente a coloro a cui il Signore ci manda, e attraverso di essi
restituirlo a Lui, il Padre da cui viene ogni dono, meta vera del nostro
cammino. Siamo tutti chiamati a "comunicare", mossi dall'amore comunicativo
della Trinità. La gioia che il Risorto ci fa provare spiegandoci le
Scritture e rompendo il pane ci spinge a "partire da Emmaus" per ridare a
molti altri quel senso pieno della vita che ci è stato donato.
40. Accoglienza e dialogo
Potremo vivere questa Redditio cominciando dalla accoglienza fraterna,
anzitutto fra i credenti. Ci accogliamo gli uni gli altri come figli di
questa Chiesa ambrosiana, nella sua realtà di Diocesi e nelle sue diverse
articolazioni, che raggiungono ciascuno nell'ambito della propria
parrocchia. Questa appartenenza ci allarga il cuore e ci apre anche a molti
altri. Il cristiano radicato nella propria Chiesa locale non fa preferenza
di persone, ma a tutti mostra l'accoglienza che mostrerebbe al Signore Gesù,
se questi in persona si presentasse a lui. Per questo ama e coltiva il
dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso, a partire da una coscienza
della propria identità che è così certa e serena da lasciarsi volentieri
arricchire dai tesori degli altri.
41. Farsi prossimo
La
tradizione della Chiesa ambrosiana è ricchissima di testimonianze di
accoglienza, specialmente nei confronti dello straniero, del più povero e
del più debole. Anche per la sua posizione geografica, il nostro territorio
ha accolto e ospitato nei secoli genti delle più diverse provenienze.
Pertanto, dare il giusto posto nel cuore e nei propri doveri a chi ci è
affidato anzitutto dal Signore non potrà mai significare chiudersi agli
altri, dovrà anzi coniugarsi allo sforzo di farsi prossimo a ogni uomo o
donna, facendo spazio nella casa, nella comunità ecclesiale e nel cuore a
chi ha più bisogno di accoglienza, a cominciare dalla vita nascente. Forme
come l'affido familiare o l'adozione, scelte di solidarietà e di
condivisione con lo straniero, l'emarginato, il malato, l'indifeso, il
debole, l'anziano, il bambino solo, esperienze di volontariato vissute con
piena gratuità e dedizione, sono urgenze di una vita cristiana che tenda
alla santità nel quotidiano.
42. Coscienza vigile della
società
Nella varietà delle situazioni della vita il cristiano è chiamato a
scegliere sempre ciò che più piace a Dio. Nell'ascolto perseverante della
Parola, aiutato dal dialogo della fede nella comunione della Chiesa, il
credente impara ad essere coscienza vigile della società, critico della
miopia di tutto ciò che è meno di Dio, pronto alla denuncia di quanto
offenda o manipoli la dignità dell'essere umano, sciolto e deciso
nell'annuncio della fede, pagato anche a caro prezzo, perché si promuova
tutto l'uomo in ogni persona umana. In una società segnata dalla
comunicazione di massa il discernimento di queste scelte non è sempre
facile: richiede che si tenga davanti agli occhi il modo di fare di Gesù,
che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per
noi.
43. Nel campo sociale e
politico
In
modo particolare questa coscienza critica, nutrita dalla contemplazione
della croce e ispirata alla speranza che non delude, dovrà guidare i
cristiani ambrosiani che si impegneranno nel servizio della cosa pubblica,
in campo sociale e politico. Ad essi è specialmente domandato di imitare
Gesù nella propria vita, non solo nel rispetto della legalità e nella
disponibilità a spendere la propria esistenza secondo la volontà del Signore
e il bene più grande del prossimo, ma anche fino al punto di seguire Gesù
nella via della solitudine e dell'abbandono, se egli lo chiedesse. Non sarà
possibile realizzare queste forme di carità politica e sociale se non ci si
eserciterà nella quotidiana rinuncia a se stessi, nell'accoglienza e nel
servizio generoso e fedele degli altri.
44. Spiritualità del lavoro
Nell'esercizio della propria attività lavorativa il cristiano si sforzerà di
avere sempre l'intenzione di fare tutto per la gloria di Dio e il maggior
bene del prossimo: perciò si verificherà spesso con chi nella comunità o
nell'ambiente di lavoro possa aiutarlo, e soprattutto con il Signore
nell'ascolto della Parola e nella preghiera, perché il lavoro sia luogo di
grazia e di santificazione per sé e per coloro che incontra e siano superate
le contraddizioni, le sofferenze e le povertà che pesano sull'esperienza del
lavoro umano. Questa spiritualità del lavoro diventa un modo concreto per
rendere grazie a Dio dei Suoi doni e vivere il ritorno a Lui di tutto quanto
gratuitamente Egli ci ha dato, chiamandoci alla vita e alla fede.
45. Restituire i beni
educando
Anche educare significa dare gratuitamente ad altri ciò che gratuitamente ci
è stato donato: l'educazione è una forma alta della restituzione dei beni
ricevuti, e perciò la Chiesa si riconosce chiamata ad essere comunità
educante nella gratitudine a Dio, datore dei doni, e nell'impegno
prioritario del servizio alle nuove generazioni. Agli stessi ragazzi e ai
giovani è giusto chiedere di essere protagonisti attivi del processo
educativo mediante un'accoglienza e una risposta libera, creativa e generosa
di fronte a quanto viene loro offerto. Il significato e il valore educativo
degli strumenti della comunicazione sociale dovrà essere sostenuto e
promosso.
46. La famiglia
La
famiglia è un luogo altissimo della realizzazione del progetto di Dio su
ciascuno. Nei rapporti quotidiani non ci sono maschere che tengano: ciascuno
è chiamato ad essere vero davanti alla propria coscienza e davanti al
Signore. Sforzarsi di andare incontro agli altri senza aspettare che siano
essi a fare il primo passo, rispettare la dignità di coloro che vivono con
noi, privilegiare il dialogo, anche nei momenti di stanchezza e di
delusione, vincere la tentazione del mutismo e dell'isolamento, sono modi
concreti, possibili, anche se a volte difficili, di seguire Gesù nella
propria vita quotidiana. La fedeltà coniugale e il mutuo sostegno
diventeranno un riflesso della fedeltà e amorevolezza di Dio. Tanto più
forte sarà l'unione di ciascuno con Dio, tanto più facile sarà il vivere la
carità e l'umiltà necessaria a fare della famiglia una Chiesa domestica,
dove regni l'amore. La preghiera in famiglia, anche nella forma semplice e
breve che precede i pasti, è un aiuto grande per vivere tutti insieme alla
presenza di Dio.
47. Lo stile della sobrietà
La
sobrietà come stile di vita personale e familiare, oltre che come
caratteristica dell'agire ecclesiale, è non solo una forma di imitazione di
Gesù povero e crocifisso, ma anche la contestazione più credibile dei falsi
modelli della società consumistica e dell'edonismo diffuso. Essa si coniuga
ad una precisa gerarchia di valori, in base alla quale la vera felicità e il
vero bene non consistono nel possedere di più, ma nell'essere di più nella
verità e nell'amore, cioè nel dono di sé, davanti a Dio. L'uso maturo e
responsabile del proprio tempo, la vigilanza nei confronti dei "media", tesa
a non farsi dominare dai persuasori occulti della propaganda per mantenere
vigile e libero il cuore, specialmente nella sfera dei sénsi, sono aspetti
importanti di questa sobrietà di vita, di cui altissimi esempi ci hanno dato
i santi della Chiesa ambrosiana.
48. La comunione ecclesiale
«Il sacrificio più grande da offrire a Dio è la nostra pace e la fraterna
concordia, è il popolo radunato dall'unità del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo» (San Cipriano, Sul Padre nostro, 24). L'accoglienza e il dono
di sé al prossimo non possono essere vissuti pienamente se non si è in piena
comunione con i propri fratelli e le proprie sorelle nella fede: la
comunione ecclesiale (specialmente tra gli operatori pastorali) è richiesta
da Gesù come condizione della credibilità del nostro annuncio: "Da questo
sapranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli
altri» (Gv 13,35). Non fare mai della propria esperienza spirituale o di
gruppo un assoluto è condizione per vivere in comunione con tutti: in
particolare a ogni battezzato è richiesta una docile obbedienza di fede al
Vescovo e a colui che lo rappresenta nella comunità territoriale, a partire
dalla parrocchia. Vivere il senso della Chiesa nel dialogo, nella pace,
nell'accoglienza reciproca, nell'umile disponibilità ai diversi ministeri e
servizi, dà forza alla testimonianza e allontana le insidie dello spirito di
divisione e di sopraffazione degli altri.
49. La missione
Chi ha incontrato il Signore nella comunione della Chiesa non può non
sentire il bisogno di annunciare ad altri la buona novella dell'amore di Dio
di cui ha fatto esperienza. La Chiesa ambrosiana ha dato nel tempo
straordinarie testimonianze di generosità missionaria, non solo all'interno
del suo territorio, ma anche inviando numerosi suoi figli quali missionari
del Vangelo alle genti. Nutrire lo spirito missionario, favorire le
vocazioni per la missione, accompagnare con la preghiera e la vicinanza
attiva e solidale chi parte e lavora lontano per la causa del Regno, è segno
di maturità nella fede e di crescita nella qualità della vita ecclesiale. Ad
ogni cristiano ambrosiano domando di verificarsi nella sua partecipazione
all'azione missionaria della Chiesa e di investire tempo ed energia perché
la Parola del Dio vivo sia annunciata a tutti e raggiunga tutto l'uomo in
ogni uomo, come offerta di senso e di vita piena e vera.
50. Preghiera della Redditio
Signore Gesù, mia vita, mio tutto,
Tu mi chiedi di dare gratuitamente
quanto gratuitamente mi hai donato
in questa Chiesa ambrosiana
dove mi hai chiamato a seguirTi.
Aiutami a
condividere con gli altri i doni ricevuti
nello spirito del dialogo
e
dell'accoglienza reciproca.
Fa' che io riesca a farmi prossimo
per
tutti coloro cui Tu mi invii,
specialmente i più deboli e bisognosi
e
quelli che sono più difficili da amare.
Mi stimola in questo l'esempio
di tanti santi
che nella storia hai dato
a questa nostra Chiesa:
anche alla loro intercessione mi affido
perché sia vigile e responsabile
nella lettura dei segni del tempo
e testimoni il primato del Padre
nel
mio lavoro quotidiano
e nei rapporti familiari e sociali.
Aiutami ad
essere sobrio
cercando in tutto l'essenziale,
che piace a Te e mi fa
vicino ai Tuoi poveri,
liberandomi da maschere e difese
tranquillizzanti.
Dammi amore vero alla Tua Chiesa,
che riconosco mia
Madre nella grazia,
perché mi ha generato alla fede in Te
e nel Padre
Tuo
mediante il dono del Consolatore.
E fa' che da una viva e forte
esperienza
di comunione ecclesiale
scaturisca nel mio cuore il bisogno
di testimoniare ad altri
con generosità e passione
la bellezza del
dono che Tu hai fatto a me,
insieme a tutti coloro che vivono l'ansia
missionaria
per il Tuo Regno.
E Tu, Vergine Madre Maria,
che ti sei
fatta terreno dell'avvento di Gesù
nell'ascolto umile ed accogliente
dell'Angelo
e sei stata attenta, tenera e concreta
nel comunicare ad
Elisabetta la gioia
di quanto avevi ricevuto,
aiutami ad essere come
Te
vigile ed impegnato nell'accoglienza
e nella trasmissione del dono
che viene da Dio.
Amen. Alleluia!
CONCLUSIONE
Con questo “Alleluia!” si conclude la Regola di vita, che potrà
essere in seguito ripresa e rivisitata con l’aiuto delle riflessioni
raccolte. Ma rimane la domanda pratica: che cosa fare in concreto quest’Anno
pastorale? Riassumo qui i principali punti di impegno.
1.
Il Santo Padre vuole che sia un anno dedicato alla «riflessione su Cristo,
Verbo del Padre, fattosi uomo per opera dello Spirito Santo» (Tertio
millennio adveniente, n. 40). Abbiamo perciò scelto per quest’anno
centenario della morte di Sant’Ambrogio il motto “Omnia nobis est Christus”,
“Tutto è Cristo per noi”. Parimenti il Papa chiede una «riscoperta del
battesimo come fondamento dell’esistenza cristiana, secondo la parola
dell’Apostolo: “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti
di Cristo”» (ib.). A questo ci aiuteranno anche le speciali indulgenze
concesse dal Papa con la Lettera apostolica del 12 maggio 1996 per il
periodo dal 6 dicembre 1996 al 7 dicembre 1997.
2.
La Regola di vita del cristiano ambrosiano intende mostrare
concretamente che cosa significa fondare l’esistenza sul battesimo e mettere
Cristo al centro della propria vita nella tradizione della Chiesa di
Sant’Ambrogio. Perciò viene proposta come testo che sottolinea le
ispirazioni di fondo dell’Anno pastorale e come riferimento per
predicazioni, ritiri, esercizi, celebrazioni, cammini spirituali ecc.
3.
La declinazione pratica degli altri contenuti e iniziative dell’Anno
santambrosiano è espressa nel programma contenuto nelle pagine 9- 20 di
Lavorare insieme: Sussidi per l’Anno santambrosiano 1996-1997 (ripreso
in Appendice). Si tengano presenti i vari appuntamenti di calendario ivi
indicati, in particolare la data del 20 ottobre, in cui si rinnoveranno in
tutte le parrocchie i Consigli pastorali parrocchiali. Nello stesso
programma sono indicate quelle iniziative che ci metteranno in sintonia con
la preparazione e la celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale di
Bologna (20-28 settembre 1997).
4.
Per le iniziative catechetiche di quest’anno si raccomanda di sottolineare
il tema della centralità di Cristo (in relazione alla prima parte del
Catechismo degli Adulti e con riferimento al vangelo secondo Marco). Si
veda il sussidio pubblicato in Lavorare insieme, pp. 27-35. Aiuterà
per questo, in particolare, la Lectio Ambrosii prevista per l’Avvento
e per la Quaresima.
Tutto dovrà essere misurato e riferito alla centralità di Cristo. Infatti
«In Cristo abbiamo tutto. Ogni anima, dunque, gli si accosti: sia essa
malata per i peccati della carne o trafitta dai chiodi di una passione
mondana, sia imperfetta ma desiderosa di avanzare nell’orazione o già
perfetta per le molte virtù; gli si accosti, perché nel Signore è ogni
potere ed Egli è tutto per noi» (Sant’Ambrogio, La verginità, 16,
99).
Carlo Maria Martini
Arcivescovo
Milano, 31 luglio 1996
Festa di Sant’Ignazio di Loyola
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21 giugno 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net