TERZA REGOLA DEI PADRI
estratto da "Regole monastiche d'Occidente" - a cura di Enzo Bianchi -
Einaudi editore
I. Chi viene accolto in comunità.
1. Essendoci radunati insieme con i nostri fratelli nel nome del Signore, ci è sembrato opportuno anzitutto che venissero letti per ordine la regola e le istituzioni dei padri. 2. Dopo averli letti abbiamo deciso:
3. se qualcuno vorrà volgersi dal mondo al monastero, 4. quando entra gli si legga la regola e gli si facciano conoscere tutte le usanze del monastero. 5. E se accetterà tutto come si conviene i fratelli lo accolgano, a giusto titolo, nella comunità. 6. Se poi egli vorrà portare al monastero dei beni, questi siano posti sopra allaltare davanti a tutti i fratelli, come prescrive la regola. 7. E se ciò sarà accettato, da quel momento non avrà facoltà di disporre non solo dei beni che ha portato, ma neanche della propria persona.
2. L'abate non rivendichi nulla per sé.
1. Nessun abate si permetta di rivendicare qualcosa per sé, 2. sebbene per grazia di Dio ogni cosa deve rimanere sotto la sua autorità 3. Se poi qualcuno di essi - cosa che nella regola viene proibita a chi è sottoposto - avrà la pretesa di trattenere per sé qualcosa dell'eredità dei parenti o qualcosa che è stato donato e non metterà tutto in comunei, sia rimproverato dai fratelli. 4. Se persisterà nel vizio, si porterà ciò a conoscenza del vescovo. 5. E se neanche ripreso dal vescovo si correggerà, sia deposto.
3. L’abate procuri le vesti ai fratelli.
1. L'abate, poi, deve procurare a tutti i fratelli le vesti necessarie, e che si addicano a dei monaci. 2. Esse non siano tinte di diversi colori, ad eccezione dei mantelli che si comperano: anche se sono neri, riteniamo che si debbano utilizzare.
4. Non si abbia nessun rapporto con donne.
1. Per custodire la vita [monastica] ed evitare i lacci del diavolo, riteniamo di dover proibite, come insegna la regola, a tutte le donne, sia parenti sia estranee, relazioni di familiarità con [i monaci di] ogni monastero e delle loro tenute agricole, come pure che i monaci frequentino monasteri femminili. 2. E nessuna donna osi entrare allinterno dell'atrio di un monastero. 3. E se per decisione e volontà dell'abate una qualche donna è entrata nel monastero o nelle celle dei monaci, 4. è dovere di tale abate deporre il nome di abate e riconoscersi inferiore a tuttii presbiteri, 5. poiché al santo gregge deve essere preposto uno che abbia cura di offrire a Dio [delle pecore] immacolate, non qualcuno che sia zelante nell’unirle al diavolo con ogni sorta di relazioni confidenziali.
5. La lettura e il lavoro.
1. Dopo aver recitato il mattutino, i fratelli abbiano tempo per la lettura fino all’ora seconda, 2. a condizione, tuttavia, che non vi sia qualche motivo per cui sia necessario che, tralasciata la lettura, si faccia qualcosa in comune. 3. Dopo l'ora seconda, poi, ciascuno sia pronto per il proprio lavoro fino all’ora nona, 4. e compia senza morrnorazione ciò che gli sarà comandato.
6. Sollecitudine per l’ufficio divino.
1. All'ora della preghiera, poi, dato il segnale, colui che non tralascerà immediatamente il lavoro che sta facendo, qualunque esso sia - giacché nulla bisogna anteporre alla preghiera -, 2. sia corretto dall’abate o dal preposito; 3. e se non si prostra per chiedere perdono, sia scomunicato.
7. Il silenzio a tavola.
1. A tavola, inoltre, in modo particolare, nessuno parli 2. Se non colui che presiede o colui che è interrogato.
8. Se per necessità comuni è necessario uscire.
1. Nel caso in cui si debba andare in cerca di qualcosa che è necessario al monastero i fratelli escano a due o tre, 2. ed escano soltanto coloro di cui ci si può fidare, 3. e non quelli inclini alle chiacchiere o a soddisfare la gola.
9. Se colui che esce si abbandona alla gola o all’ebbrezza.
1. Se poi qualcuno, senza che l'abate o il preposito ne siano al corrente, esce per andare da qualche parte e si abbandona alla gola o all'ebbrezza, 2. o se, inviato nelle vicinanze, a motivo della sua leggerezza o della gola non ritorna in comunità subito dopo aver espletato al compito [per cui era stato inviato], 3. qualora sia scoperto in tale colpa, come insegnano i canoni, venga escluso dalla comunione per trenta giorni o sia corretto con i colpi di verga.
10. Se un fratello per motivi di discordia vuole andarsene.
1. E se succede che un fratello, per un qualsiasi motivo di discordia, vorrà uscire dal monastero, 2. lo si vesta unicamente di un ridicolissimo abito, 3. e se ne vada fuori dalla comunione, come un infedele.
11. L'abate mangi sempre con i fratelli.
1. Noi stabiliamo anche che gli abati mangino sempre con i fratelli, 2. poiché proprio nel momento in cui devono rimproverare i fratelli per una qualche negligenza o ammaestrarli con qualche parola spirituale non devono allontanarsi, a meno che non ve ne sia una reale necessità.
12. Se un monaco si ammala sia curato in monastero.
1. Inoltre, per custodire il buon nome, abbiamo deciso in particolare questo: 2, che nessun monaco che si trovi in stato di malattia lasci il monastero e venga affidato alla cura dei suoi parenti, 3. poiché riteniamo che egli possa essere piú contaminato da ciò che vedrà e ascolterà da parte di coloro che vivono nel mondo di quanto possa essere curato dalla sua malattia.
13. Se un monaco commette un furto.
1. Se poi un monaco commette un furto, o, per meglio dire, un sacrilegio, 2. abbiamo ritenuto che si debba stabilire questo: 3. che, se è un monaco di condizione inferiore, sia battuto con le verghe, e in quanto colpevole di un crimine cosí grande non riceva mai l’ufficio clericale; 4. se invece in tale colpa viene sorpreso un chierico, lo si privi della dignità di tale nome: 5. a lui può bastare, dopo aver compiuto la soddisfazione della penitenza per la leggerezza del suo atto, [di poter ricevere] la comunione.
14. I monaci che vengono da altri monasteri.
1. Nessun abate osi accogliere o trattenere un monaco che viene da un altro monastero senza il permesso o la volontà dell'abate di lui. 2. E se il suo abate gli ha permesso di passare a un altro monastero per osservare una regola piú stretta, e non a causa della leggerezza di una qualche sua azione, 3. per nessuna ragione permettiamo che da quel momento, per un qualsivoglia motivo, egli pretenda di uscire. 4. Perciò se qualcuno, dopo questa decisione presa con accuratissima diligenza, avrà la presunzione di non osservare le norme che sono state enunciate sopra, 5. sappia di essere colpevole di fronte al giudizio sia di Dio sia dei fratelli.
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21 giugno 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net