LA REGOLA DI TAIZE’
Traduzione italiana a
cura di Morcelliana - Ed. 1971
La
Comunità di Taizé è una comunità
cristiana monastica ecumenica ed internazionale fondata nel 1940 da Roger
Schutz, meglio conosciuto come frère Roger. Ha la sua sede nel piccolo centro di
Taizé, in Francia. Chi volesse approfondire l’argomento può visitare il sito
della comunità: www.taize.fr/it
PREMESSA
Fratello, il sottometterti ad una regola comune, ha valore soltanto se fatto a causa del Cristo e del Vangelo (Cfr. Mc 10,29).
La tua lode ed il tuo servizio sono ormai integrati in una comunità fraterna, essa stessa incorporata alla Chiesa. Nella tua disciplina interiore, tanto necessaria alla tua vita cristiana, sei stimolato da questo operare comune. Non sei più solo, ormai. Devi considerare ogni cosa in unità con i tuoi fratelli.
Perciò, lungi dal gemere sotto il peso di una regola, rallegrati; perchè, rinunziando a guardare indietro (Cfr. Fil 3,13), trasportato con i fratelli da una medesima Parola, puoi ogni giorno proiettarti nuovamente verso il Cristo.
La presente regola racchiude il minimo al di fuori del quale una comunità non può edificarsi in Cristo e dedicarsi ad un medesimo servizio di Dio. Tale volontà di stabilire soltanto le regole essenziali comporta un rischio: che la tua libertà non diventi un pretesto per vivere secondo i tuoi impulsi personali.
Garantito della tua salvezza dall’unica grazia del Signor Gesù Cristo, tu non t’imponi un’ascesi fine a se stessa. La ricerca di un dominio sulla tua persona non ha altro scopo che il farti acquisire una maggiore disponibilità. Senza fare inutili astinenze, attieniti a quelle opere che Dio comanda. Portare i fardelli degli altri, accettare le ferite meschine di ogni giorno per partecipare concretamente alle sofferenze del Cristo, ecco la nostra prima ascesi.
Temi che una regola comune soffochi la tua personalità, mentre essa deve liberarti da ostacoli inutili perché meglio tu porti le responsabilità, e meglio usi di tutte le audacie del ministero. AI pari di ogni cristiano, devi accettare la tensione fra la libertà totale data dallo Spirito Santo e le impossibilità nelle quali ti pone la natura decaduta, quella del tuo prossimo e la tua.
Daresti al Vangelo un’interpretazione angusta se, per timore di perdere la tua vita, risparmiassi te stesso. Se il grano non muore (Cfr. Gv 12,24), non puoi sperare di vedere la tua persona sbocciare in pienezza di vita cristiana.
Non arrestarti mai, cammina con i tuoi fratelli, corri verso la meta, seguendo le tracce del Cristo. E la sua traccia è un cammino di luce: lo sono, ma anche voi siete la luce del mondo (Cfr. Gv 8,12 e Mt 5,14)... Affinché la luce del Cristo ti penetri, non basta contemplarla come se tu fossi soltanto puro spirito, devi impegnarti decisamente in questo cammino, anima e corpo.
Che tu sia in mezzo agli uomini un segno di gioia e di amore fraterno.
Apriti a tutto quanto è umano e vedrai dissolversi ogni vano desiderio di fuggire dal mondo. Sii presente nel tuo tempo, adeguati alle condizioni del momento. O Padre, non ti prego di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male (Cfr. Gv 17,15).
Ama i diseredati, tutti coloro che, vivendo nell’ingiustizia degli uomini, hanno sete di giustizia; Gesù, per essi aveva riguardi particolari; non temere mai che essi ti disturbino.
Offri ai tuoi genitori un affetto profondo; che questo li aiuti a riconoscere dalla sua stessa qualità l’assoluto della tua vocazione.
Ama il tuo prossimo qualunque ne sia la visione religiosa o ideologica.
Non rassegnarti mai allo scandalo della separazione fra cristiani che professano così facilmente l’amore del prossimo, ma rimangono divisi. Abbi la passione dell’unità del Corpo di Cristo.
LA PREGHIERA
Come i discepoli colmi di un’immensa gioia se ne stavano nel tempio a lodarti (Cfr. Lc 24,53), io racconterò le tue meraviglie; poiché tu hai cambiato in esultanza il mio pianto, mi hai cinto di gioia affinché il mio spirito canti le tue lodi e non taccia mai (Cfr. Sal 30(29),12-13).
La preghiera dell’ufficio si colloca nella comunione dei santi. Ma per realizzare questa comunione con i fedeli di tutti i tempi, dobbiamo consacrarci ad una intercessione ardente per gli uomini e per la Chiesa.
Il Signore potrebbe fare a meno della nostra intercessione e della nostra lode, ma è il mistero di Dio, che esige da noi, suoi collaboratori, di pregare sempre, senza stancarsi mai (Cfr. Lc 18,1).
Siamo attenti a penetrare il significato dell’azione liturgica, cerchiamo di cogliere, sotto i segni accessibili alla nostra natura umana, una realtà invisibile dell’ordine del Regno di Dio. Ma siamo anche attenti a non moltiplicare questi segni e a conservare loro quella semplicità che è garanzia del loro valore evangelico.
La veste liturgica sta a ricordarci che tutto il nostro essere è stato rivestito da Cristo. È un altro mezzo per esprimere, diversamente che con la parola, la lode del Signore.
La lode del Cristo espressa dalla liturgia è efficace nella misura in cui essa prosegue attraverso i lavori più umili.
Nella regolarità dell’ufficio germoglia in noi l’amore di Dio, senza che noi si sappia come (Cfr. Mc 4,27).
La preghiera comune non ci dispensa g dall’orazione personale. L’una integra l’altra. Ogni giorno dedichiamo un momento per rinnovarci nel nostro intimo con Gesù Cristo.
E poiché vicino a Cristo noi siamo ricolmi della parte migliore (Cfr. Lc 10,42), abbandoniamoci alla Parola viva di Dio, lasciandola entrare nelle più riposte profondità del nostro essere perché s’impadronisca anche del nostro corpo oltre che del nostro spirito. Il Cristo, Verbo fatto carne, si dona a noi visibilmente nel Sacramento. Perciò, nutriti alla mensa di azioni di grazia, la Santa Cena, e non dimenticare che essa è offerta agli ammalati del Popolo di Dio. Essa è là per te che sempre sei debole ed infermo.
All’ufficio, non serve a nulla spazientirsi per la difficoltà dei fratelli a mettersi all’unisono. Tuttavia, il nostro abbandono ad una vita nascosta in Cristo, non significa né pigrizia, né abitudine e non può essere che partecipazione totale di tutti noi stessi, del corpo e dell’intelligenza, all’opera di Dio.
Se sei disattento, rientra nella preghiera non appena ti accorgi della tua distrazione, senza per questo lamentarti; se in seno alla tua stessa preghiera tu provi la tua debolezza, possiedi anche le garanzie della vittoria di Dio.
Vi sono giorni nei quali per te l’ufficio diventa pesante. Sappi allora offrire il tuo corpo, poiché la tua presenza attesta già del tuo desiderio, momentaneamente irrealizzabile di lodare il tuo Signore. Credi nella presenza del Cristo in te, anche se non ne senti alcuna risonanza sensibile.
IL PASTO
Ogni pasto dovrebbe essere un’agape in cui il nostro amore fraterno si realizzi nella gioia e nella semplicità di spirito (Cfr. At 2,46).
Il momento del silenzio riservato talvolta ai pasti porta ristoro alla tua stanchezza o comunione nella preghiera con se il compagno che, con te, mangia il medesimo pane.
Il confratello incaricato del servizio di tavola, faciliti, con la sua vigilanza, la distensione del pasto.
IL CONSIGLIO
Scopo del consiglio è di far luce quanto più è possibile sulla volontà del Cristo per il cammino della comunità. Il primo passo, quindi, è di fare silenzio in noi stessi per predisporsi ad ascoltare il Signore.
Nulla allora è più nocivo al giudizio oggettivo, dei legami di amicizie personali, perché rischiano di farci approvare il tale confratello, sperando, forse inconsapevolmente, di procurarci in cambio un suo eventuale appoggio. Non vi è nulla di più contrastante allo spirito del consiglio, di una ricerca che non sia purificata dal solo desiderio di discernere il disegno di Dio.
Se vi è un’occasione in cui devi cercare la pace e perseguirla (Cfr. Sal 24(23),15), rifuggire le contestazioni e la tentazione di aver ragione, è proprio al consiglio.
Evita il tono di chi non ammette repliche, i categorici « si deve ».. Non architettare sottili argomentazioni per farti ascoltare, esponi in poche parole quanto ti sembra più conforme al disegno di Dio, senza pensare di poterlo imporre.
Al fine di non favorire lo spirito di coalizione, il priore ha il compito, davanti al suo Signore, di prendere la sua decisione senza essere vincolato ad una maggioranza. Libero da pressioni umane, egli ascolta con uguale attenzione il fratello più timido e quello sicuro di sé. Se avverte una profonda divergenza su di una questione importante, riservi il suo giudizio e prenda, per proseguire il cammino, una decisione provvisoria, libero di ritornarvi sopra in un secondo tempo; poiché l’immobilità è una disobbedienza per i fratelli in cammino verso il Cristo. Il priore conosce meglio le capacità di ciascuno: se si tratta di dare una responsabilità ad un fratello, egli lo propone per primo.
Il consiglio è formato dai fratelli che hanno fatto professione, i fratelli assenti sono consultati dal priore o da un suo incaricato.
L’ORDINE
L’armonia di una comunità non può essere disgiunta da un minimo di ordine.
Perciò non vi sono scusanti per chi disturba i fratelli con i propri ritardi. Considera, fra le negligenze, la mancanza di fervore.
Quando una forza maggiore ti costringesse ad un’assenza, vedi con il priore, se puoi non assistere ad un atto della comunità; e non spiegarti attraverso intermediari. Allo stesso modo, non allontanarti dalla casa senza averlo avvertito; e, se sei in missione, fa’ lo stesso con il responsabile.
Non essere mai un ostacolo con la tua mancanza di premura a raggiungere dei fratelli con i quali sei impegnato totalmente, anima e corpo.
NELLA TUA GIORNATA LAVORO E RIPOSO SIANO VIVIFICATI DALLA PAROLA DI DIO
Nella tua vita di preghiera e di meditazione cerca di cogliere l’ordine che Dio ti rivolge per metterlo subito in pratica. Leggi dunque poco, ma soffermati.
Perché la tua preghiera sia autentica, devi conoscere la durezza del lavoro. Se tu rimanessi in un abbandono da dilettante, saresti incapace di una vera intercessione. La tua preghiera diventa totale quando si integra con la tua fatica.
Tendi ad una grande continuità nel lavoro alle ore prestabilite, rispetta l’orarlo dei fratelli e non autorizzarti a disturbarli con le tue visite.
A ciascun tempo la preghiera, il lavoro o il riposo convenienti, ma che tutto sia fatto in Dio.
Non fare paragoni fra te e gli altri fratelli nell’esercizio del tuo lavoro. Sappi conservare nella semplicità il tuo posto sempre necessario alla testimonianza di tutto il corpo.
CONSERVA IN OGNI COSA IL SILENZIO INTERIORE PER RIMANERE IN CRISTO
Il silenzio interiore esige innanzitutto che si dimentichi se stessi per acquietare le voci discordanti e dominare gli affanni ossessivi, nel continuo rinnovamento di un uomo mai scoraggiato perché sempre perdonato. Esso rende possibile la nostra conversazione con Gesù Cristo.
Ma chi non teme questo silenzio e non preferisce distrarsi all’ora del lavoro, rifuggire la preghiera per stancarsi con vane occupazioni, scordando se stessi e il prossimo?
ll tuo dialogo con Gesù Cristo reclama questo silenzio: se tu non rimetti ogni cosa costantemente nelle sue mani, se tu non gli parli con la semplicità di un fanciullo, come fare, allora, a ristabilire l’ordine `in te, quando tu sei per natura inquieto o soddisfatto?
Temi forse che il tuo silenzio interiore lasci in te un quesito senza risposta? Prendi nota allora del motivo della tua inquietudine o del tuo risentimento per poter trovare in seguito la soluzione.
Vi sono momenti in cui culmina il silenzio di Dio nelle sue creature. Nella solitudine del ritiro, l’incontro intimo con il Cristo ci rinnova. Occorrerà dunque riservare questi momenti necessari.
La quiete è una necessità che nasce dall’amore per i fratelli che pregano, leggono, scrivono, oppure, la sera, riposano.
La discrezione, sia nell’espressione della parola sia nel movimento, non ha mai ostacolato il rapporto umano; solo il silenzio muto rischierebbe di provocare questa frattura. Ed esso non ci è chiesto perché non comporta, di per sé, l’autentico spirito di silenzio interiore.
G I O I A
Nella comunione dei santi, giorno dopo giorno, cantiamo le misericordie rinnovate del Signore (Cfr. Lam 3,22-23)e la sua misericordia ravviva il nostro fervore.
La vera gioia è prima di tutto interiore.
Mai la buffoneria ha rinnovato la gioia. Non dimentichiamo che è indefinito il confine fra lo spirito cordiale e l’ironia che raggela il sorriso. La beffa, questo veleno della vita comune, è perfida perché manifesta presunte verità che non si osa dire faccia a faccia. Essa è vile perché rovina la persona di un fratello davanti agli altri.
La gioia perfetta sta nella spogliazione compiuta da un amore sereno. A questa gioia non è di troppo, per risplendere, tutto il tuo essere.
Non temere di condividere le prove altrui, non aver paura della sofferenza, perché molto spesso è proprio in fondo all’abisso che viene donata la perfezione di gioia nella comunione di Gesù Cristo.
La gioia perfetta si dona. Colui che la conosce non cerca né gratitudine, ne benevolenza. Essa viene meravigliosamente rinnovata di fronte alla gratuità di Colui che accorda abbondanza di beni spirituali e terreni. Essa è riconoscenza, essa è azione di grazie.
SEMPLICITÀ
La tua disponibilità implica una semplificazione continua della tua esistenza, non per costrizione, ma in virtù della fede.
Rifuggi le sinuosità attraverso le quali il demonio ti cerca. Rifiuta i fardelli inutili per meglio portare al Cristo tuo Signore quelli degli uomini tuoi fratelli.
Nella limpidità del tuo amore fraterno riconosci con semplicità le tue manchevolezze, senza approfittare dell’occasione per mettere in evidenza quelle degli altri.
Dovunque si trovino, i fratelli esercitino fra di loro una fraterna comunicazione breve e frequente.
La semplicità è anche lealtà verso se stessi per giungere alla limpidità. È una via di apertura verso il prossimo.
Essa si trova nella gioia libera del fratello che rinunzia all’assillo dei propri progressi o regressi, per fissare lo sguardo sulla luce del Cristo.
MISERICORDIA
Poiché la pace con il Cristo implica la pace con il tuo prossimo, riconciliati con questo e ripara ciò che può essere riparato.
Perdona al tuo fratello fino a settanta volte sette (Cfr. Mt 18,22).
Se temi di alimentare l’orgoglio del fratello, scordando le sue offese, esortalo, allora, ma sempre a tu per tu e con la dolcezza del Cristo. Se, per conservare il tuo desiderio d’influenza o di popolarità presso alcuni fratelli, ti astieni dall’esortare, sei nella comunità una causa di regresso.
Preparati ad ogni istante a perdonare. Non dimenticare che l’amore si esprime anche attraverso gli sguardi reciproci. Nessuna sdolcinatura, ma neppure parole aspre. Nelle tue intemperanze di linguaggio, tieni presente il dolore che dai al Cristo.
Rifiutati di abbandonarti alle antipatie. Queste rischiano di alimentarsi quando, a causa del gran numero di fratelli, non puoi avere confidenza con tutti. La tua tendenza naturale può spingerti ad avere da principio un’impressione sfavorevole, a giudicare il tuo prossimo dal suo lato più negativo, a compiacerti degli errori scoperti nel fratello. Lasciati piuttosto conquistare da una sovrabbondanza di amicizia verso tutti.
Evita le discussioni meschine tra fratelli; nulla divide maggiormente delle continue dispute per tutto e per nulla. Sappi troncarle, se occorre. Rifiutati di ascoltare le insinuazioni sul tale o sul talaltro fratello. Sii lievito di unione.
Se nutri dei dubbi sul comportamento di un fratello e se non sei in grado di esprimerglielo, o se non vieni ascoltato, confidali al priore che vedrà insieme a te come agire per aiutare questo fratello. Se egli ancora rifiuta di ascoltarvi, parlatene alla comunità (Cfr. Mt 18,17).
A causa della debolezza della tua carne, il Cristo ti dà segni visibili e ripetuti del suo perdono. L’assoluzione ti restituisce alla gioia della salvezza (Cfr. Sal 51(50),14). Perciò è necessario che tu la cerchi. Il peccato di un membro segna tutto il corpo ma il perdono di Dio reintegra il peccatore nella comunità. La confessione si fa sempre e soltanto al fratello scelto con il priore.
Colui che vive nella misericordia non conosce né suscettibilità né delusioni. Si dona semplicemente dimenticando se stesso, gioiosamente con tutto il suo fervore, gratuitamente, senza attendere alcuna ricompensa.
CELIBATO
Se il celibato offre una maggiore disponibilità per occuparsi delle cose di Dio (Cfr. 1 Cor 7,32), non può essere accettato che per donarsi ancor più al prossimo con l’amore stesso del Cristo.
Il nostro celibato non significa né rottura degli affetti umani, né indifferenza, ma esso esige la trasfigurazione del nostro amore naturale. Soltanto il Cristo opera la conversione delle passioni in un amore totale per il prossimo. Quando l’egoismo delle passioni non viene vinto da una generosità crescente, quando tu non usi più della confessione per superare il bisogno di trovare te stesso contenuto in ogni passione, quando il cuore non è costantemente ripieno di un immenso amore, non puoi più lasciare amare il Cristo in te ed il tuo celibato ti diviene pesante.
Questa opera del Cristo dentro di te esige un’infinita pazienza.
La purezza di cuore è contraria a tutte le tendenze della natura.
L’impurità, anche soltanto di pensiero, lascia tracce psicologiche che non sempre vengono immediatamente cancellate dalla confessione e dall'assoluzione. Ciò che vale, allora, è di vivere nel continuo rinnovamento del cristiano che non è mai scoraggiato perché sempre perdonato.
La purezza di cuore è in rapporto stretto con la trasparenza. Non fare esibizione delle tue difficoltà, ma pure non tenerle chiuse in te come se tu fossi un superuomo esente da lotte interiori.
Rifiuta ogni compiacenza alla volgarità. Vi sono scherzi che possono ravvivare le difficoltà dei fratelli che lottano per mantenersi puri di cuore. Vi è una negligenza che adombrerebbe il significato vero dell’impegno difficile ma gioioso alla castità. Sappi che il tuo comportamento e la tua tenuta sono dei segni, la cui trascuratezza può compromettere il nostro cammino comune.
La purezza di cuore si vive soltanto nell’oblio spontaneo e gioioso di sé, al fine di poter offrire la propria vita per coloro che si amano (Cfr. Gv 15,13). E tale dono di se stessi presuppone l’accettazione di una sensibilità spesso lacerata.
Non vi è amicizia senza una sofferenza purificatrice.
Non vi è amor del prossimo senza la croce. Solo la croce ci concede di conoscere le imperscrutabili profondità dell’amore.
COMUNITÀ DI BENI
I beni vengono messi totalmente in comune.
L’audacia di utilizzare per il meglio tutti i beni di oggi, di non garantirsi nessun capitale, senza timore di una possibile povertà, dà una forza incalcolabile.
Ma se, come Israele, tu metti da parte per il domani il pane venuto dal cielo (Cfr. Es 16), se tu elabori progetti per il futuro, rischi di dare un’inutile tensione ai fratelli, la cui vocazione è di vivere nel momento presente.
La povertà non ha virtù in se stessa.
Il povero del Vangelo impara a vivere senza sicurezza per il domani, nella gioiosa fiducia che a tutto sarà provveduto.
Lo spirito di povertà non consiste nel mostrare un’apparenza miserabile, ma nel disporre tutto nella semplice bellezza della creazione.
Lo spirito di povertà è di vivere nella letizia dell’oggi. Se vi è gratuità per Dio a dispensare i beni della terra, vi è grazia per l’uomo a donare ciò che ha ricevuto.
IL PRIORE
Senza unità non vi è speranza di servire Gesù Cristo in modo coraggioso e totale. L’individualismo disgrega ed arresta il cammino della comunità.
Il priore suscita l’unità nella comunità.
Nelle questioni di dettagli pratici, egli indica la direttiva, ma nelle questioni importanti interroga il consiglio, prima di prendere una decisione.
l fratelli mantengano con lui la loro spontaneità; ma ricordandosi che il Signore gli ha affidato un incarico, siano attenti a ciò che concerne il suo ministero.
Con la loro fiducia i fratelli gli procurano un rinnovamento nella serietà della sua vocazione per la gioia di tutti; con lo spirito delle piccole rivendicazioni, essi immobilizzano il suo ministero.
Ogni fratello si apra a lui, in particolare, per comunicargli propri timori. La rivolta esternata davanti ad altri non può che contaminare. Satana trova qui le sue armi migliori per dividere ciò che deve essere unito. Diffidiamo delle reazioni infantili che accusano quando sarebbe giusto accusare, prima di tutto, se stessi.
Quando lo spirito di perfezione consiste nell’imporre come il migliore il proprio punto di vista, è una piaga nella comunità. La perfezione sta proprio nel sopportare le imperfezioni del prossimo, e questo per amore.
ll priore è sottoposto alle stesse debolezze dei suoi fratelli. Se questi lo amano per le sue doti umane, corrono il rischio di non volerlo più accettare nel suo incarico quando scoprono le sue colpe.
Il priore nomina un assistente per sostenerlo e garantirgli una continuità dopo di lui.
Prendere le decisioni è, per il priore, un compito grave.
Nella sua opera di direzione delle anime, vegli a non asservire, ma ad edificare tutto il corpo nel Cristo.
Cerchi i doni particolari di ciascun fratello affinché questo stesso li possa scoprire.
Non ritenga la sua carica superiore, ma neppure l’assuma con falsa umiltà, e si ricordi unicamente che questa gli è stata affidata dal Cristo al quale un giorno dovrà rendere conto.
Stronchi in se stesso ogni sorta di autoritarismo, ma sia fermo nel mantenere i suoi fratelli sul piano di Dio. Non permetta agli autoritari d’imporsi, e dia fiducia ai deboli. Si armi di misericordia e la chieda al Cristo come la grazia, per lui, più importante.
I FRATELLI IN MISSIONE
Come i discepoli inviati due a due (Cfr. Lc 10,1), i fratelli in missione sono testimoni del Cristo. Che siano un segno della sua presenza fra tutti gli uomini, e che siano portatori di gioia.
Sempre ed ovunque, essi rappresentano la comunità: il loro atteggiamento coinvolge la testimonianza di tutti.
Tengano il priore regolarmente al corrente della loro vita. Non si avventurino in nuove imprese senza il suo consenso, poiché egli ha il dovere di consultare il consiglio. Se i fratelli in missione non custodiscono questo stretto contatto, ben presto spezzano l’unità del corpo.
Se sono due o più, il priore può designare un responsabile.
La disciplina spirituale è la medesima della comunità con un adattamento esaminato in consiglio.
I NUOVI FRATELLI
Per essere formato alla scuola del Cristo, il nuovo fratello ha bisogno di una solida formazione biblica ed umana.
Che si guardi dall’illusione di essere arrivato. Anche se assimila rapidamente, è necessario del tempo per comprendere la vocazione nelle sue conseguenze estreme.
Fino a che non siamo conosciuti dai nuovi fratelli, siamo tentati di accaparrarli per noi. Ricordiamoci che vi è un fratello designato per la loro formazione.
Al consiglio, bisogna occuparsi dei nuovi fratelli, preoccuparsi di farli progredire nell’amore di Gesù Cristo.
Il nuovo fratello è ammesso alla professione al termine di una solida preparazione, dopo la consultazione, da parte del priore, degli altri fratelli.
GLI OSPITI
In un ospite, è il Cristo stesso che dobbiamo ricevere. Impariamo ad accoglierli, accettiamo di offrire il nostro tempo libero; cerchiamo che l’ospitalità sia ampia ed esercitata con discernimento.
A tavola, i fratelli siano attenti alla presenza di un ospite, siano vigili a non disorientarlo con conversazioni personali.
Non accaparrarti mai un ospite. Vi sono fratelli incaricati di occuparsi di loro, e questo lo faranno mentre gli altri fratelli compiono il loro lavoro: ciò per evitare il dilettantismo che ci minaccia e che non edifica né gli ospiti né i fratelli.
CONCLUSIONE
Può essere pericoloso l’avere indicato nella presente regola soltanto l’essenziale che permette la vita comune. Meglio è correre tale rischio, e non ripiegarsi nella soddisfazione e nell’abitudine.
Se questa regola dovesse essere considerata un risultato finale e dispensarci dalla ricerca continua del disegno di Dio, della carità del Cristo, della luce dello Spirito Santo, significherebbe allora caricarsi di un fardello inutile; sarebbe meglio non averla mai scritta.
Perché il Cristo cresca in me, devo conoscere le mie debolezze e quelle dei miei fratelli. Per essi mi farò tutto a tutti e darò anche la mia vita a causa del Cristo e del Vangelo (Cfr. Mc 10,29).
ESORTAZIONE LETTA ALLA PROFESSIONE
Fratello che ti affidi alla misericordia di Dio, ricordati che il Signore Cristo viene in aiuto alla tua debole fede e che impegnandosi con te compie per te la promessa:
In verità, non vi è nessuno che avendo abbandonato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o moglie, o figli, o campi, per Me e per il Vangelo, non riavrà il centuplo, ora in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo futuro, la vita eterna (Cfr. Mc 10,29-30; Lc 14,26).
E’ una strada, questa, contraria ad ogni ragione umana, ma come Abramo, tu puoi percorrerla soltanto per fede e non per visione (Cfr. 2 Cor 5,7), certo sempre che colui che avrà perduto la sua vita per amore del Cristo, la ritroverà (Cfr. Mt 16,25).
Cammina ormai sulle tracce del Cristo.
Non metterti in pena per il domani (Cfr. Mt 6,34). Cerca prima di tutto il Regno di Dio e la sua Giustizia (Cfr. Mt 6,33). Abbandonati, donati, ti sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa e traboccante, poiché sarà usata verso di te la stessa misura con la quale tu avrai misurato (Cfr. Lc 6,38).
Che tu dorma o che tu vegli, di notte e di giorno, il seme spunta, e cresce, senza che tu sappia come (Cfr. Mc 4,27).
Quando preghi non moltiplicare vane parole come i pagani che credono di essere esauditi a forza di parole (Cfr. Mt 6,7).
Guardati dal praticare la tua giustizia davanti agli uomini per esserne ammirato (Cfr. Mt 6,1).
Che la tua disciplina interiore non ti dia un’aria triste come un ipocrita che ostenta un volto sfatto per farsi vedere dalla gente. Profumati il capo, lava il viso, perché soltanto il Padre tuo che è nel segreto conosca l’intenzione del tuo cuore (Cfr. Mt 6,16-18).
Rimani nella semplicità e nella gioia, la gioia dei misericordiosi, la gioia dell’amor fraterno.
Sii attento. Se devi riprendere un fratello, che ciò avvenga fra te e lui soltanto (Cfr. Mt 18,15).
Abbi l’ansia di comunione umana con il tuo prossimo.
Confidati. Sappi che un responsabile deve vegliare sulla salvezza della tua anima e ne dovrà render conto. Comprendi questo affinché egli possa assolvere con gioia il suo ministero (Cfr. Eb 13,17).
ll Signore Cristo, nella pietà e nell’amore che ha verso di te, ti ha scelto perché tu sia nella Chiesa un segno dell’amore fraterno. Vuole che tu realizzi, insieme coi tuoi fratelli, la parabola della comunità.
Cosi, rinunziando ormai a guardare indietro (Cfr. Fil 3,13), e gioioso di una riconoscenza infinita, non aver paura di prevenire l’aurora (Cfr. Sal 119(118), 147)
per lodare
e benedire
e cantare
il Cristo tuo Signore.
IMPEGNI PRESI ALLA PROFESSIONE
Vuoi, per amore del Cristo, consacrarti a lui con tutto te stesso?
Lo voglio.
Vuoi, d’ora in poi, compiere il servizio di Dio nella nostra comunità, in comunione con i tuoi fratelli?
Lo voglio.
Vuoi, rinunziando ad ogni proprietà, vivere con i tuoi fratelli non soltanto nella comunità dei beni materiali ma anche di quelli spirituali, sforzandoti di aprire il tuo cuore?
Lo voglio.
Vuoi, per essere più disponibile a servire i tuoi fratelli e per porti senza riserve all’amore del Cristo, rimanere celibe?
Lo voglio.
Vuoi, perché noi siamo un solo cuore ed una sola anima e perché si realizzi pienamente la nostra unità di servizio, adottare le decisioni prese in comunità e che si esprimono attraverso il priore?
Lo voglio.
Vuoi, riconoscendo sempre il Cristo nei tuoi fratelli, vegliare sopra di loro nei tempi buoni e nei cattivi, nell’abbondanza e nella povertà, nella sofferenza e nella gioia?
Lo voglio.
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21 giugno 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net