Regola del Carmelo
Estratto da “Una
fraternità orante e profetica in un mondo che cambia”
di Bruno Secondin ocarm - Graphe.it Edizioni 2007
All'origine c’era la “norma di vita” formula
vitae) di
sant'Alberto di Vercelli o di Gerusalemme (†1214), data ai “fratelli eremiti del
Monte Carmelo” (poi chiamati Carmelitani)
tra il 1206 e il 1214, quando Alberto era Patriarca di Gerusalemme, e risiedeva
ad Acco, non lontano dal Carmelo. Con successivi ritocchi, venne approvata
definitivamente come vera e propria Regula da
Innocenzo IV il 1° ottobre 1247, con la bolla Quae
honorem Conditoris (cf. Reg.
Vat. 221
fol. 465V-466r). Fino ad oggi tutti i rami della Famiglia Carmelitana (frati,
monache, suore) la premettono al testo delle Costituzioni, ed è rimasta immutata
nel testo definitivo di Innocenzo IV.
Le
cosiddette mitigazioni sono
delle concessioni pontificie sulla pratica di alcuni precetti particolari; come
l’astinenza, il digiuno, le rendite, la ricreazione; ma non hanno mai modificato
il testo originale delia Regula. Esse
sono adattate oggi con piena libertà e secondo le situazioni religiose e
culturali locali. La “norma di vita” primitiva, quella data da Alberto, è andata
perduta dopo la redazione del testo dell’approvazione definitiva, perciò essa
non ha più avuto nessun valore giuridico. Innocenzo IV stesso aveva ordinato di
correggerla secondo la nuova trascrizione o di distruggerla.
La Regola
carmelitana afferma che è fondamentale; «vivere
nell’ossequio di Gesù Cristo e servire fedelmente a Lui con cuore puro
e totale dedicazione» (RC
2). Per vivere sulle orme di Gesù Cristo i Carmelitani, alla luce delle grandi
figure storiche dei maestri di vita spirituale, si impegnano più specificamente
a;
• organizzare
la loro vita come fraternità povera e orante, con strutture semplici
• trattarsi
come fratelli, con piena carità, nel rispetto delle diversità personali e di età
• meditare
giorno e notte la Parola del Signore facendola nucleo della preghiera
• celebrare
ogni giorno l’eucaristia come centro vitale del progetto comune
• crescere
nella fedeltà a Cristo con la lotta spirituale e il dialogo fraterno
• costruire
fraternità contemplative, per fermentare la Chiesa di amore
• lavorare
con le proprie mani, come Paolo apostolo, in segno di solidarietà con tutti
• purificarsi
da ogni traccia di male, per andare incontro al Signore con cuore puro
• vivere
con risorse limitate e incerte, mettendo in comune i pochi beni posseduti
• coltivare
l’imitazione di Elia profeta e di Maria, la Madre del Redentore
La Regola
carmelitana è la più breve fra le Regole conosciute (1080 parole), è composta di
brevi indicazioni pratiche e numerosi precetti biblici. Ancora oggi è ricca di
ispirazione per la vita. Dal 1999 i Carmelitani (O. Carm) e i Carmelitani Scalzi
(OCD.) hanno concordato una nuova numerazione dei capitoletti del testo latino,
senza però introdurre dei titoletti (vedi il testo latino in Appendice al
libro, pp. 69-72).
(Rispetto al testo originario diviso in 21 capitoli, la nuova numerazione
prevede una suddivisione del testo in 24 capitoletti. Ndr))
…. Omissis ….
Capitolo 1
Ascoltare le domande per trovare le risposte
Vorrei cominciare mostrando una mia perplessità, che però ho trovato con una
certa frequenza anche fra i membri della famiglia carmelitana.
Ha senso oggi considerare ispirativo di vita e di opzioni ecclesiali, un testo
degli inizi del 1200, scritto in latino, sotto forma di lettera, dal patriarca
di Gerusalemme, Alberto di Vercelli (1150-1214), che però mai aveva potuto
arrivare alla sua sede? È un testo che è stato scritto per un piccolo gruppo di
laici penitenti, di origine europea, pellegrini in Terra santa, dove vivevano
come una colonia di eremiti presso la “fonte di Elia” (nel Wadi-ain-es-Siah),
non lontano dal promontorio del Carmelo.
Il loro contesto e la loro origine, anche i loro problemi, la loro mentalità e
la loro esperienza spirituale, erano e restano totalmente differenti dalla
nostra esperienza, dalla nostra cultura, dalla nostra spiritualità. Per quanto
affascinante e suggestivo appaia a noi il medioevo con le sue cattedrali
romaniche e gotiche e le sue molteplici teologie, i suoi testi mistici e le sue
angosciose scenografìe, a chi mai verrebbe voglia di vivere a quel modo oggi?
Possiamo anche aggiungere: alla luce del grande patrimonio di teologia
spirituale e di santità personale dei “dottori” carmelitani: Teresa di Gesù,
Giovanni della Croce, Teresa di Lisieux, che cosa può dirci e darci la Regola
del Carmelo (RC) - anteriore di vari secoli (4 e 7 secoli,
rispettivamente) a questi maestri - di interessante, di ispirativo, di attuale?
E di fronte al nostro mondo in trasformazione rapida e convulsa cosa mai potrà
dirci? Vale davvero la pena insistere su questa memoria delle origini, sulla sua
visione del mondo, sulla sua antropologia medievale, le sue sottolineature
ascetiche, la sua genericità pericolosa?
Non sarebbe piuttosto meglio riscrivere - in maniera moderna e con linguaggio
ispirativo e suggestivo, come fanno certe nuove comunità -
il progetto carismatico del Carmelo, sulla base delle esigenze e delle sfide
attuali? E anche le nuove esperienze carmelitane di vita
eremitica - che nostalgicamente si rifanno addirittura alla vitae
formula - non si vedono poi costrette a riempire i molti temi
mancanti nella RC con altre prescrizioni e altri dettagli?
Partire da queste e altre domande non è un vezzo provocatorio, è una esigenza
seria, alla quale forse non sempre facciamo attenzione. Di fatto nella testa e
nel cuore di molti carmelitani e carmelitane proprio questo tipo di
interrogativi frullano e provocano una resistenza dura a riprendere in mano la
Regola del Carmelo con animo disponibile. Svilupperemo pertanto il nostro
discorso tenendo sullo sfondo proprio questa fatica.
A. Dai dubbi alle scoperte
Siamo partiti dalle perplessità, ma potremmo continuare a sollevare tanti altri
dubbi e perplessità: ognuno di noi ha certamente qualche cosa di suo da
aggiungere. Io stesso sono passato per queste domande negli anni ‘60 e ‘70,
quando il soffio del Concilio aveva messo in moto molte nuove prospettive
ecclesiali e culturali, che non riuscivo a mettere in relazione con la Regola
del Carmelo e con quello che ne avevo capito fino allora. Essa
sembrava un reperto archeologico, simile a tanti monumenti famosi che il tempo
lascia semi-distrutti, e però nessuno vuole buttar via. Intoccabili e
ingombranti allo stesso tempo sono quei monumenti.
Intoccabile, ma praticamente inutile, appariva la Regola,
seppure posta per tradizione all’inizio delle Constitutiones.
Forse era mero omaggio alla tradizione lontana, forse una proclamazione
puntigliosa di appartenenza e di continuità (specie quando la si definiva
primitiva). O forse poteva essere la fonte ispirativa e il criterio di
autenticità per tutto il resto che le Constitutiones offrivano
con molti dettagli?
Da qui è cominciata una nuova avventura, una nuova ricerca di interpretazione e
di incarnazione: che abbiamo vissuto in tanti, in particolare all’inizio degli
anni ’8o. E così è stata data una seconda giovinezza a questo testo. Con studi e
riflessioni, ripensamenti e demitizzazioni, è stato possibile scoprire un senso
di modernità e attualità ecclesiale nel progetto di vita della RC e nelle sue
prospettive spirituali ed ecclesiali.
Beato il disagio che generava la lettura da tanti assimilata e diffusa della RC!
Proprio esso ha provocato una ricerca di “attualizzazione”: e non è stato un
modo di fuggire regressivamente nel passato, ma la scoperta dei “semi di futuro”
che in essa si contengono. Ma bisognava riprendere l’interpretazione da capo,
con l’aiuto di nuove risorse ermeneutiche e facendo rimbombare nelle nostre vite
le nuove domande esistenziali. Si è trattato di un gioco complesso: un lavoro a
volte faticoso, a volte esaltante, fatto con più mani, molta pazienza e molta
passione.
Sant’Alberto consegna la
Regola a San Brocardo
Quadro di Pietro Lorenzetti (1280-1348)– Pinacoteca Nazionale di Siena – fonte Wikimedia
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16 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net