Santa Chiara d'Assisi

Vita e Opere


Estratto da "Gli scritti di Francesco e Chiara d'Assisi", di Feliciano Olgiati

Edizioni Messaggero Padova 2001


 

 

Santa Chiara d'Assisi, cresciuta all'ombra di san Francesco come sua «piccola pianta» (Test. di S. Chiara, 49) è una figura estremamente lineare: una donna di poche idee, ma limpide, forti e profonde e vissute con una coerenza e una profondità tale da divenire idee-forza e idee-vita di tutta un'esistenza. Al loro fondo non si può non attingere, come lei, l'Assoluto.

La sua vita spirituale, così come emerge dai suoi scritti, oscilla tra due poli: povertà e regno di Dio; vuoto di sé, pienezza di Dio, in Cristo povero e umile. Sono due poli: ma anche nella vita di Chiara, come in Francesco, come nel Vangelo, diventano via via, nel cammino spirituale, uno solo, con il volto di Cristo povero e crocifisso. Il regno, infatti, è dei poveri (Mt. 5,3).

Di fronte a Dio, Chiara è «la povera» per eccellenza.

La povertà e l'umiliazione del Figlio di Dio e della sua Madre poverella le vengono quasi proposte da Francesco come prova iniziale: «Il beato padre - scrive nella Regola - considerando che non temevamo nessuna povertà, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi, l'avevamo in conto di grande delizia, mosso da paterno affetto scrisse per noi la Forma di vita ...» (cap. VI, 2; cf. Test. 27-29).

Guidata da Francesco, Chiara non esita a «spogliarsi», come lui. Si incunea profondamente, con lui, nel mistero di Cristo povero e crocifisso e, «Stringendosi, poverella vergine, al Cristo povero» di Francesco (Lett. II, 18), abbraccia, con linearità assoluta, con la fedeltà di una donna dal cuore vergine, insieme a Francesco, l'unico programma che è guidato interamente dallo Spirito Santo: la sequela limpida del Vangelo.

Tutto il resto, nella vita di Chiara come in quella di Francesco, non è che la risposta dello Spirito, che guida l'uno e l'altra nella stessa via, dalla kénosi fino alla comunione più piena con Cristo e - in Lui - con ogni essere creato.

Ne è frutto la fraternità nell'ambito della famiglia religiosa, in cui i membri sono tutti «fratelli» e «sorelle» (Reg. cc. IV, VI, X; Test. 56-70); la fraternità universale, con le creature tutte; l'unione, infine, con il «Re della gloria», con il quale si patisce solo per regnare (Lett. Il, 2123) e che inebria di gioia l'anima in una nuziale esperienza dove l'essere umano si perde nella beatitudine del sommo Bene (Lett. IV, 9-13; 28-32).

L'intera avventura spirituale di Francesco è rivissuta da Chiara e dalle sue sorelle fino alle estreme conseguenze: nella povertà altissima, che Chiara difenderà strenuamente fino alla fine della sua vita: ma anche nella fruizione, oltre l'orizzonte delle vicende umane, della «segreta dolcezza che Dio medesimo ha riservato fin dall'inizio a coloro che lo amano» (Lett. III, 14).

Dal complesso dei suoi scritti - Regola, Testamento, Lettere - emerge nettamente, ed è possibile coglierla in tre luminosi aspetti, tutta l'esperienza spirituale di Chiara: una linea che è confermata dalle sue fonti biografiche, il Processo di canonizzazione, la Leggenda di santa Chiara vergine e la Bolla di canonizzazione.

Chiara è una «Donna povera»: radicalmente spoglia di sé e di ogni possibile sicurezza all'infuori di Dio; di ogni possibile illusione, di ogni attaccamento e di ogni attesa, che non sia l'attesa di Lui solo, il Signore.

Neppure il suo bel San Damiano - il monastero ricostruito da Francesco tra gli ulivi del Subasio, dove Chiara ha passato l'intera sua esistenza -, neppure le quattro mura della clausura più rigida hanno il potere di sottrarre Chiara dal suo spirituale andare «pellegrina e forestiera in questo mondo» (Reg. c. VIII, l), da questa sua itineranza nella fede e nella povertà, che riconosce come propria una sola dimora: l'umanità povera e crocifissa del Signore Gesù.

Chiara è una «Donna rinchiusa» nel segreto di Dio. La notte della fuga alla Porziuncola, a diciotto anni, le chiude alle spalle il mondo, per aprirle la soglia del mistero di Dio. Chiara si rinchiude in San Damiano come in una lunga notte di silenzio e di contemplazione. In quelle quattro squallide mura, Chiara ritroverà, persa in Dio, il fremito delle selve squassate da «frate vento», la solitudine delle grotte, la calma tranquilla del Trasimeno impregnati del colloquio di Francesco, «vilissimo vermine», col suo «dolcissimo Iddio».

Dalla povertà radicale e assoluta, infatti - che scava il vuoto della fede - alla preghiera, alla contemplazione, il passo è breve, o forse non esiste neppure. Divenire poveri, in senso pieno, è anche divenire contemplativi; aprirsi allo Spirito del Signore, che è Padre dei poveri e ha incarnato la Parola nella povertà di Maria; aprirsi a una Presenza che inebria di gioia il cuore povero e umile, in una preghiera che è amore «nel segreto del Padre» (Mt. 6,6).

Chiara è una sorella tra sorelle. La povertà, il rinnegamento evangelico di sé, l'umiltà che retrocede e fa spazio, come aprono alla pienezza del possesso contemplativo di Dio, aprono ugualmente alla pienezza del rapporto fraterno, fanno gruppo, fanno Chiesa: i due comandamenti dell'amore sono uno.

Nell'ambito della fraternità, la voce del più piccolo ha lo stesso peso della voce del grande: è privilegiata, anzi, nello Spirito, per quel privilegio che ai piccoli riconosce lo stesso Vangelo: «Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt. 11,25): «Spesso il Signore manifesta ciò che è meglio al più piccolo» (Reg. c. IV, 18).

La fraternità di Francesco e dei suoi frati è calata in un contesto monastico femminile, senza nulla perdere della sua freschezza evangelica. «Conservare sempre reciprocamente l'unione della scambievole carità, che è vincolo di perfezione» (Reg. X, 7) è il programma di Chiara, sorella tra le sorelle «che il Signore le ha donato» e «madre» tra le figlie, verso le quali si sente investita di premurosa responsabilità (cfr. Leggenda di santa Chiara, 38).

La sintesi del pensiero spirituale di Chiara consente una facile lettura dei suoi scritti e rende evidente l'intimo legame che esiste tra la Regola, il Testamento e le Lettere alla beata Agnese di Praga: testi che, diversamente, potrebbero apparire tra loro eterogenei e senza intima, profonda connessione.

Tra le fonti biografiche, che sostanzialmente sono rappresentate dal Processo canonico iniziato da papa Innocenzo IV nel novembre del 1253, anno della morte stessa di santa Chiara, dalla Bolla di canonizzazione di Alessandro IV (1255) e dalla Leggenda di S. Chiara vergine, comunemente ascritta a Tommaso da Celano, il biografo di san Francesco (esistono, tuttavia, anche fonti per così dire minori, da non sottovalutare), la presente edizione privilegia e dà soltanto, come sintesi delle altre e buona visione di insieme, la Leggenda di S. Chiara, ossia la sua «Vita» ufficiale, secondo il significato medievale di «legenda»: testo ufficiale «da leggere» della vita della Santa.

 

GLI SCRITTI DI SANTA CHIARA

1. La Regola

La Forma di vita delle sorelle povere di San Damiano, come Chiara definisce la sua regola, ottenne l'approvazione apostolica, nella persona di papa Innocenzo IV, solo due giorni prima della morte della Santa, che aveva a lungo sospirato questa approvazione (Proc. di canonizzazione III, 32: testimone suora Filippa di Leonardo):

«Desiderava epsa grandemente de havere la regola de l'Ordine bollata, pure che uno dì potesse pònere epsa bolla alla bocca sua, et poi de l'altro dì morire; et como epsa desiderava, così li adivenne, imperò che venne uno Frate con le lectere bollate, la quale epsa reverentemente pigliando, ben che fusse presso alla morte, epsa medesima se puse quella bolla alla bocca sua per basciarla. Et poi lo dì sequente passò de questa vita al Signore la predicta madonna Chiara».

Le «lettere bollate», che contengono l'intera regola di Chiara, introdotta dalla Lettera di presentazione del cardinale Rainaldo Segni, protettore dell'Ordine, portano la data del 9 agosto 1253 e costituiscono un'ampia Bolla, la Solet annuere, ben conservata e tuttora esistente ad Assisi. Sinibaldo Fieschi (papa Innocenzo IV) vi ha apposto di sua mano la sigla e una dichiarazione che giustifica la prassi insolita ed affrettata per la consegna a Chiara morente. Per lei, stesa sul suo povero giaciglio nell'infermeria di San Damiano, non si trattava dell'approvazione di un documento, ma dell'approvazione di una vita, della vita sua e delle sue sorelle, perché la regola del 1253 è il compendio e la conclusione di una serie di esperienze e di maturazioni attraverso cui il gruppo di San Damiano è passato per decenni, lottando continuamente contro pressioni esterne per mitigare la povertà assoluta, in comune oltre che personale.

All'inizio della sua esperienza in San Damiano, Chiara ebbe da Francesco una «forma vivendi» (1212-1213). Essa, in poche e scabre linee evangeliche, conteneva l'ispirazione fondamentale che ha determinato il Secondo Ordine nella mente e nel cuore di Francesco. A questa regoletta iniziale si affianca, con un'approvazione orale di Innocenzo III (dunque, prima del 1216: cf. Legg. di S. Chiara, 14) il cosiddetto Privilegio della povertà, che assicura per sempre alle Damianite la linea francescana del vivere «senza nulla di proprio» come gli uccelli del cielo, che ogni giorno mangiano dalla mano del Padre e come i gigli del campo, che la provvidenza veste regalmente (Mt. 6, 26.28). Più tardi (17 settembre 1228) il Privilegio sarà riapprovato in forma scritta all'inizio del papato di Gregorio IX.

È da questo nucleo iniziale (Regoletta di san Francesco e Privilegio della povertà) che si evolve, attraverso un cammino complesso, la Regola scritta da Chiara stessa, che molto deve alla Regola per i frati negli eremi e alla Regola bollata del 1223, ma anche a molti altri insegnamenti orali e scritti di Francesco, a cui Chiara allude nel Testamento (nn. 34-35) e che rifonde nel testo (cf. ad es. le parole di Francesco sul ministro e servo di tutta la fraternità, in 2Cel. 185-186 raccolte in parte in Reg. c. IV, 9-12), oppure cita alla lettera: come l’Ultima volontà, data da Francesco alle Sorelle Povere, pochi giorni prima di morire. Sono por le Sorelle Povere il primo e l'ultimo scritto di san Francesco.

In questo modo, ispirata dal Signore attraverso Francesco, la forma di vita di santa Chiara non è che un'espressione e modulazione originale della grazia francescana, che passa attraverso le stesse vie regali della forma del Primo Ordine:

- «fare penitenza»: «Dopo che l'altissimo Padre celeste si degnò di illuminare l'anima mia mediante la sua grazia, perché, seguendo l'esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, facessi penitenza ... » (Reg. VI, l);

- «seguire il Vangelo»: «La forma di vita dell'Ordine delle Sorelle Povere, istituita dal beato Francesco, è questa: osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo... » (Reg. I, 2);

- «vivere in altissima povertà»: «Osserviamo in perpetuo la povertà e l'umiltà del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre e il santo Vangelo come abbiamo fermamente promesso... »  (Reg. XII, 13);

- «in fraternità cristiana»: «Siano sollecite di conservare sempre reciprocamente l'unione della scambievole carità, che è vincolo di perfezione ...» (Reg. X, 7);

- «nella fedeltà alla Chiesa cattolica»: «Suddite sempre e soggette ai piedi della santa Chiesa, salde nella fede cattolica ... » (Reg. XII, 13).

E là dove la Bollata ha: «Come i frati devono andare per il mondo», la Regola di Chiara ha ciò che è tipico e proprio della chiamata delle Sorelle Povere a fianco della vocazione itinerante dei frati minori: il silenzio e la clausura, come difesa della vita di contemplazione e partecipazione alla kénosi del Cristo, solo sulla croce.

Questi ultimi testi sono in parte mutuati dalla Regoletta di Francesco per gli eremi e in parte da una Regola data ai monasteri di Sorelle Povere dal cardinale Ugolino, nel 1219.

In sintesi, la Regola di Chiara è la sua lettura personale di Francesco: un ritrovarsi viva e originale nel carisma di Francesco, un vedersi riflesso di lui in una dimensione propria, di «piccola pianta» pensata e voluta da Francesco nello Spirito del Signore a vivere in modo assoluto ed esclusivo la dimensione contemplativa dell'unica famiglia francescana.

 

2 Il Testamento

Scritto negli ultimi anni della vita di Chiara, il Testamento è un documento che vuole ribadire fortemente la sostanza della Regola nei suoi cardini di povertà, di fraternità, di ritiro in un piccolo luogo come San Damiano, di dipendenza dalla Chiesa romana e dall'Ordine dei frati minori: quasi che Chiara, nell'insicurezza dell'approvazione della sua Regola, voglia lasciare alle Sorelle, come già ha fatto Francesco, un vero «testamento spirituale», una dichiarazione delle sue intenzioni - nello Spirito Santo e alla sequela di Francesco - a cui fare riferimento qualora la Regola non venisse approvata.

In questo modo, accorato nelle esortazioni e vibrante di ricordi autobiografici, il Testamento è uno dei documenti più «veri» come riflesso dell'anima di santa Chiara: nella sua radicale scelta di amore a Cristo povero e umile; nel suo modo di sentire la fraternità delle Sorelle Povere; nella sua vibrazione di fedeltà alla Chiesa e soprattutto. nel suo amore di sorella e figlia di Francesco.

Alla fine della sua vita, Chiara rivà con animo commosso e grato agli inizi dell'Ordine, all'ispirazione donata dallo Spirito del Signore a Francesco mentre ricostruiva San Damiano, alla sua vocazione, al legame con Francesco e con i suoi «cavalieri della tavola rotonda», all'amore per la povertà e umiltà del Figlio di Dio - eredità lasciatale da Francesco morente -, che hanno dato luce all'intera sua vita e a quella del «piccolo gregge» suscitato dal Padre nella Chiesa.

La forma del testo è spesso pesante e farraginosa. Questa pesantezza di stile, insieme al silenzio delle fonti biografiche più antiche (a meno che non si voglia vedere una velata allusione al Testamento nella Leggenda di S. Chiara, 45, là dove dice: «Raccomanda alle figlie la povertà del Signore e ricorda lodando i benefici divini; benedice devoti e devote sue e implora larga grazia di benedizione su tutte le Donne dei monasteri poveri, sia presenti che futuri»), unitamente a una mancanza di tradizione manoscritta ha da sempre insinuato dubbi sull'autenticità del documento: dubbi ora dissipati quasi completamente, grazie anche al recente ritrovamento di codici del XIV e XV secolo. Rimando, per un quadro più ampio della questione, come per una definizione più completa dei contenuti del testo, alla più estesa trattazione fattane nella voce Testamento del Dizionario francescano (Messaggero, Padova 1983, cc. 1827-1846).

Se un dubbio rimane ora è soltanto sulla forma del testo - fino a una prossima edizione critica -; non sul contenuto, che per tanta parte riconduce all’epopea dei Tre Compagni, ma con toni propri e femminili; a quel clima eroico delle origini, su cui Chiara si diffonde con vibranti parole, che rivelano il suo amore per l'ideale abbracciato sui passi di Francesco, la sua fedeltà di «donna povera», il suo cuore di «madre e serva» delle Sorelle Povere.

3. Le Lettere

Le quattro lettere alla beata Agnese di Praga (o di Boemia) sono invece la rivelazione dell'esperienza contemplativa di Chiara; del suo amore per Cristo, del suo modo di amare, della sua via e vita di contemplazione.

Fin dal 1225, prima della morte del fondatore, i primi frati minori avevano portato a Praga la conoscenza dell'esperienza francescana. Agnese, figlia del re Premysl Ottocaro I, cugina di santa Elisabetta d'Ungheria e nipote di santa Edvige, fu subito affascinata dall'ideale delle Donne Povere della valle spoletana, chiuse in povertà ed umiltà fuori le mura di Assisi. E, rifiutate le nozze con Enrico VII, figlio dell'imperatore Federico II, poi con Enrico II d'Inghilterra e infine con lo stesso Federico II, nella Pentecoste del 1234 vestì, con altre nobili, l'abito di Sorella Povera di santa Chiara nel monastero da lei stessa fondato a Praga, in onore di san Francesco: «Na Frantisku» (J. Nemec, Agnese di Praga, in FS 19, 1982, pp. 1-90).

Le quattro lettere indirizzatele da Chiara, sono datate rispettivamente 1234 ca.; 1235-1236, 1238 ca., 1253 e contengono, malgrado il tempo che le distanzia l'una dall'altra, un programma ascetico contemplativo dalla linea continua, a sostegno della fedeltà di Agnese, che Chiara apprezza come «madre e figlia tra le altre la più amata» (Lett. IV, 1), il cui «ricordo le è indelebilmente impresso nel profondo del cuore» (Lett. IV, 34) per il suo tenace amore al Crocifisso povero (Lett. I, 13).

Alle lettere, soprattutto, è consegnato il segreto di Chiara, «Donna rinchiusa» nel mistero di Dio, il suo messaggio tanto semplice da apparire quasi una rivelazione: preghiera, povertà, gioia. Uno stringersi umili e poveri alla persona di Cristo «umile e povero»: per essere, in Lui e con Lui, sostegno della Chiesa, «suo ineffabile Corpo» (Lett. III, 8) e passare con Lui nella beatitudine del regno promesso ai poveri: la pienezza del Padre e del Figlio nello Spirito Santo.

 


Ritorno alla pagina iniziale "Santa Chiara"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


15 ottobre 2022   a cura di Alberto "da Cormano"   Grazie dei suggerimenti   alberto@ora-et-labora.net