Regimen Sanitatis Salerni

Regola Salernitana della Salute

 

Commenti ai capitoli

 a cura di Giovanni Sali

 

(A cura della Fondazione Iniziative Zooprofilattiche e Zootecniche - 2015

Testo scaricato dal sito fondiz.it)


 

Note ai capitoli I-XIX

 

Il conosciutissimo capitolo 1, introduttivo, è una sintesi assai efficace della concezione ippocratico-galenica sulla medicina preventiva, il cui fine è la conservazione della salute. Efficace e sempre più attuale infatti è l’invito alla sobrietà ed alla prevenzione dell’ansia (curas tolle graves...), un’anticipazione della moderna medicina psicosomatica. E’ noto del resto che già il grande Galeno (129-216) d.C.), quasi mille anni prima della Scuola Salernitana, aveva fatto del controllo dell’ansia e delle emozioni una regola personale di vita, valida allora ed ancor più ai giorni nostri, quando le condizioni stressogene sembrerebbero molto più frequenti e diffuse anche rispetto ad un passato più vicino rispetto all’epoca del Regimen Sanitatis.

 

Basterebbe questo esemplare capitolo iniziale, sostanzialmente incriticabile (a parte l’ostracismo, un po’ difficile da comprendere, nei confronti della “pennichella” quotidiana) e dunque ancora completamente valido in base alle concezioni e conoscenze attuali, per confermare il valore del Regimen nel suo complesso.

 

Alle norme generali seguono alcune regole per l’accurata igiene personale, che è vista sotto il profilo del benessere generico legato alle abluzioni e alla cura fisica del corpo, non essendo al tempo disponibili le conoscenze di batteriologia e della moderna igiene personale ed ambientale. Inizia poi con il capitolo VII una carrellata di informazioni sulla dieta e sui più differenti alimenti, sia di origine vegetale che animale. Quanto ai giudizi espressi sui vari cibi e bevande bisogna sempre tener conto della teoria allora dominante dei quattro elementi e dei quattro umori, sia in natura che negli organismi viventi, e di una ipotizzata funzione di riequilibrio esercitata dagli alimenti nelle diverse complessioni o tipi costituzionali e nelle diverse stagioni dell’anno.

Molte osservazioni sulle caratteristiche dei vari alimenti sono fondate sul livello relativo e i rapporti dei quattro umori e sulle conseguenti possibili funzioni di riequilibrio se gli alimenti stessi vengono assunti da soggetti con le diverse costituzioni umorali. Sulle virtù del vino, rosso e bianco, il testo ritornerà in diversi capitoli successivi, un segno dell’importanza di questa bevanda, che allora era certamente la principale per gli abitatori del paese di Enotria, (= terra del vino secondo una tradizione non da tutti accettata).

 

Non ci pare il caso di commentare le valutazioni in funzione delle conoscenze enologiche, certamente piuttosto arcaiche rispetto ai nostri raffinatissimi tempi... Anche il gusto degli abitanti di Enotria si è oggi molto evoluto, ma questo non pregiudica la sensatezza “medica” delle osservazioni dell’Autore riguardanti i vini e la loro influenza sul benessere e la salute del possibile consumatore. Il testo prosegue, parlando anche della birra, presente nella dieta anche se in proporzioni inferiori rispetto al vino. Illuminante e sempre attuale il cap.XIV, esemplare precetto basilare di igiene ambientale, riferito alle caratteristiche dell’aria, auspicate esattamente, ed in forma poetica, come aspirazione legittima di ogni creatura benpensante, anche nel lontano Medioevo. ”L'aria dev'esser pura, respirabile e luminosa; non v'han da esservi miasmi né puteolente sentor di fogna”.

Viene spontaneo riflettere, seppur un po’ malinconicamente, sul valore anticipatore e profetico di questo capitolo. Se fin da allora le nostre società sempre più complesse avessero tenuto presente questa raccomandazione nel corso del loro impetuoso sviluppo plurisecolare forse oggi non ci troveremmo nella drammatica situazione in cui ci troviamo (concentrazione crescente di CO2, inquinanti da polveri sottili e bolla di ozono) con le relative conseguenze sulla salute delle popolazioni, ma anche sull’equilibrio del pianeta e la stessa sopravvivenza in condizioni accettabili delle popolazioni nelle aree più inquinate, spesso anche le più avanzate dal punto di vista sociale e produttivo. Il valore umano e sociale della medicina preventiva e dell’igiene, che è destinata ad incidere sempre più sulla qualità della vita, ma anche sulle prospettive di sopravvivenza dell’umanità, era già presente tutto in questi versi così anticipatori.

 

C’è già un accenno a diversi e comuni problemi di salute, come gli inconvenienti da troppo vino o gli avvelenamenti, sia pure generici, certamente al tempo assai frequenti e probabilmente spesso scambiati con le tossinfezioni (capp. XIII-XV). A proposito dei quali compare un accenno anche al più famoso farmaco universale, come la polivalente Teriaca, la cui incredibile diffusione e fortuna si è protratta fino alla fine del 1800. Infine nel capitolo XIX una sintetica esposizione di consigli dietetici, da seguire in funzione delle diverse stagioni dell’anno, anche questi di assoluto buonsenso, e pertanto in gran parte sempre apprezzabile e valida anche allora come oggi.

 

 

Note ai capitoli da XX a XXXVIII

 

Continua la rassegna, molto dettagliata, su alimentazione e diete, con l’elenco e la descrizione di molti cibi, di origine vegetale ed animale, dei modi corretti di mangiare e bere, ma anche con più di un accenno a diversi disturbi medici in senso lato, da cause alimentari o di altra natura.

 

Anche se siamo ancora in epoca prescientifica, le osservazioni che compaiono hanno sempre una loro base sperimentale nell’esperienza clinica dei medici salernitani, rielaborata con le sedimentate convinzioni derivanti dagli antichi Maestri, quali Ippocrate, Galeno, Avicenna, per citarne solo alcuni.

 

Oggi tutto può essere ancora oggetto di riflessione attenta, anche se spesso ovviamente critica. In particolare traspare l’interesse e la valutazione per una gamma assai ampia di alimenti, di origine sia vegetale che animale, segno di una alimentazione già a quel tempo possibile e diffusa, ricca e assai variata, almeno per le classi più abbienti, come quelle destinatarie della lettura del Regimen.

 

La ricca varietà di alimenti disponibili e l’ignoranza sulla loro reale struttura chimico bromatologica, nonché sui meccanismi della digestione e del metabolismo intermedio, fa molto riflettere sulla varietà di disturbi e patologie alimentari già al tempo diffusi ed alla necessità di una vera medicina dietetica che troverà una razionale e convincente possibilità applicativa solo dopo molto tempo, e precisamente nel secolo della chimica... Il medico, che sicuramente veniva a contatto ogni giorno con problemi clinici da cause alimentari, non poteva che ispirarsi a dei consigli di sobrietà ed equilibrio in senso lato, e in tal senso molti consigli del Regimen conservano una loro attualità e validità.

 

Antesignana e tuttora estremamente attuale, dopo quasi mille anni, la nota del cap. XXIII sull’importanza del lavaggio delle mani, come misura fondamentale di igiene personale (anche se viene proposta solo dopo, e non anche prima del pasto). Vengono anche proposti consigli di trattamento per molti disturbi comuni, sia di origine ambientale che più precisamente alimentare, ma anche vengono esposte, in forma apodittica (“la terza noce è la morte!”, cap. XXXVIII) affermazioni, che meriterebbero ulteriore approfondimento. Secondo antichi commentatori in quest’ultimo caso (della “terza noce”) l’autore o gli autori non parlano della noce comune ma di qualche varietà oggi scomparsa, con caratteristiche particolari di possibile tossicità e conseguente intolleranza da parte dei potenziali consumatori.

 

 

Nota ai capitoli dal XXXIX al LVII

 

Continua l’illustrazione dettagliata delle caratteristiche dietetiche, con le virtù e i difetti, dei numerosi singoli frutti: pere, ciliegie, prugne, uva fresca e passa, fichi e nespole, nonché del mosto, della birra, e dell’aceto, ma anche le proprietà e funzioni delle diverse verdure impiegate allora come oggi nell’alimentazione.

 

La descrizione degli alimenti è interrotta da una curiosa annotazione sul (miracoloso?) potere emostatico dello spodio, una ruggine di rame, oggi non più utilizzata, e poi continua sempre nell’ambito dei cibi comuni, con un accenno entusiasta alla zuppa, la comune preparazione alimentare, evidentemente molto antica, secondo il Regimen con caratteristiche e virtù dietetiche quasi taumaturgiche...

 

Nella descrizione degli alimenti il Regimen segue un ordine suo, che a noi non pare sempre logico. Così, dopo l’ampia elencazione di frutti con le rispettive proprietà nutritive e a volte terapeutiche, si passa ad alcune considerazioni sulle frattaglie animali, soprattutto in vista della loro digeribilità, ma anche delle loro caratteristiche gastronomiche e di appetibilità. E’ interessante, come nota di costume, ribadire come il sapiente utilizzo delle diverse parti dell’animale, compreso il “quinto quarto”, abbia origini molto antiche. D’altra parte alcune informazioni relative al passaggio dell’uomo preistorico alla dieta carnivora ci dicono che le prime parti dell’animale ad essere utilizzate dai progenitori arcaici dell’Homo Sapiens furono proprio le interiora, particolarmente ricche di quelle componenti chimiche strutturali,(colesterolo, acidi grassi insaturi, sali minerali, proteine, cioè una composizione assai simile a quella del cervello) che furono così importanti per il perfezionamento evolutivo dell’Homo sapiens, che dunque probabilmente se ne dovette avvantaggiar...

 

Oggi per ragioni non solo dietetiche, ma anche di valorizzazione alimentare di tutto l’animale, tutto il cosiddetto “quinto quarto” sta conoscendo una nuova fortuna, in alcuni casi inoltre una fonte di business anche turistico (il lampredotto a Firenze, il pane con la milza a Palermo e i diversi “cibi da strada” in molte altre realtà regionali, non solo italiane). Nel Regimen peraltro non è richiamato l’aspetto nutrizionale, quanto le convinzioni sulla digeribilità (e quindi l’igiene alimentare e la dietetica) almeno secondo la concezione tetradica degli umori, al tempo imperante. Da sottolineare il significativo e perentorio cap. 56 sul ruolo del medico (il protomedicus) “dominus” anche nella prescrizione della dieta; la dietetica come compito e branca della Medicina e dell’Igiene, anche se siamo ancora ben lontani dalle avanzate e sempre più precise conoscenze fisiopatologiche moderne.

 

Gli ultimi capitoli di questa 3° parte iniziano con la descrizione delle virtù terapeutiche di diversi vegetali: menta, malva, cavolo, anice e finocchio, che sono alla base della ricca farmacopea del tempo. Molte delle antiche osservazioni sulla fitoterapia hanno superato l’esame del tempo e sono rimaste preziose anche per l’approccio moderno a questo promettente settore della terapia medica (e veterinaria). L’elenco dei vegetali è in realtà assai più lungo e continuerà nei capitoli che seguono, fino al LXXV.

 

 

Nota ai capitoli dal LVII-LXXXII

 

L’illustrazione delle virtù medicinali delle diverse essenze vegetali occupa una sezione importante del Regimen e forse è quella dove maggiori sono i semi di una “verità scientifica”, che troverà sempre nuove conferme sperimentali nei secoli successivi per giungere fino a noi con la riscoperta dei tesori terapeutici nascosti e progressivamente riscoperti nel mondo vegetale.

 

I ricchissimi orti botanici, particolarmente nelle abbazie, erano microcosmi vegetali complessi ed affascinanti. I medici salernitani avevano modo di comunicarsi e trasmettere quelle che dall’esperienza di campo emergevano come le “virtù dei semplici”, cioè di molte di tali essenze vegetali. Una notazione in margine al capitolo LX sulla salvia, magnificata per le sue virtù terapeutiche straordinarie, ma chiaramente non miracolose (contra vim mortis non est remedium in hortis ! -Contro la forza della morte non v’ha in orto rimedio di sorte-).

 

Al proposito i limiti della medicina del tempo erano ben noti ed evidenti, ed anche accettati “con filosofia” come invalicabili, oltre che dai pazienti, dagli stessi operatori della salute. Nullus medicus nisi philosophus non era un’affermazione retorica, ma una convinzione comune ben precisa e generalmente accettata. Prima di passare agli studi di fisica, cioè delle scienze naturali base dalla Medicina, gli allievi della Scuola Salernitana aspiranti medici dovevano frequentare un corso propedeutico di 3 anni dedicato agli studi filosofici; solo dopo questi tre anni si poteva accedere allo studio della materia medica di base ed al successivo apprendistato, molto lungo, presso un medico già attivo, superato il quale l’Autorità conferiva il titolo di Dottore in medicina.

A questo seguiva l’autorizzazione all’esercizio della più importante tra le professioni, cioè la medicina (più importante in quanto avente come oggetto l’uomo nella sua interezza, l’uomo secondo Protagora centro del Creato e “misura di tutte le cose”). La rassegna sui vegetali efficaci se impiegati come farmaci si conclude col capitolo LXXV relativo alle virtù del pepe, e lascia molti spazi di stimolante riflessione e ricerca anche per la moderna disciplina erboristica.

 

Appare piuttosto strano che il capitolo LXXII sul salice non ne citi l’azione antinfiammatoria antidolorifica e antipiretica, conosciuta già dai medici della Grecia classica (e forse anche prima). Col capitolo LXXVI inizia la sezione di medicina pratica e la riflessione indugia su svariati disturbi a carico di diversi organi ed apparati a partire da quelli di senso come udito e vista, per passare poi alle malattie della dentatura, fino alle sindromi reumatiche...

 

Di tutte viene sintetizzata, assieme alla sintomatologia, la più ragionevole (ipotizzata) fisiopatogenesi, la definizione e la nomenclatura, e le proposte di terapia possibili, fra le quali l’igiene della vita e le misure dietetiche occupano il ruolo principale.

 

 

Note sui capitoli dal cap. LXXXIII al CIII e considerazioni finali

 

Dopo i consigli di terapia pratica conclusi con una ricetta sicuramente ancor oggi efficace per il trattamento delle fistole, e dopo aver elencato sinteticamente alcune nozioni pratiche di anatomia, relative ai denti ed alle ossa, il cap.85 ha inizio con un rapido accenno alla teoria dei quattro umori, cui segue la trattazione dei diversi tipi costituzionali, basati, come già variamente ricordato, sulla compresenza in proporzioni variabili degli stessi umori nei soggetti con diversa costituzione.

 

Ogni tipo costituzionale (sanguigno, collerico, bilioso, flemmatico, melanconico, ipocondriaco) è sempre caratterizzato da una armonia diversa dei quattro principali umori, cioè sangue, flegma, bile ed atrabile. Le primitive teorie costituzionaliste hanno in realtà origini ancora più antiche, di molti secoli precedenti alla Scuola salernitana, e comunque sempre precedenti alle oggettive conoscenze scientifiche sull’anatomia e fisiologia del corpo umano, che cominceranno a delinearsi con le scoperte anatomiche di Vesalio (1514-1560) e quella di Harvey, nel 1628, sulla circolazione sanguigna.

 

Alla teoria dei quattro umori: sangue, flegma, bile gialla, bile nera (atrabile), corrispondono nell’ordine i quattro principi naturali, che sono aria, acqua, fuoco e terra. I tipi costituzionali di cui parla il Regimen Sanitatis verranno ripresi in epoca recente, naturalmente su basi anatomiche-endocrinologiche scientifiche, ma rimane il merito agli antichi medici salernitani di questo approccio, cui seguirono, maturati i tempi, gli sviluppi scientifici tuttora in atto. Bisogna tenere conto di questa complessa concezione per spiegare il conseguente articolato approccio clinico, sia diagnostico, che dietetico/terapeutico ed anche di medicina preventiva che pervade tutta la Regola Salernitana della Salute.

 

I dodici capitoletti dal XCI al CI costituiscono una summa sintetica dedicata alla pratica del salasso, fondamentale nella medicina salernitana, che ovviamente tiene conto delle concezioni fisiopatologiche al tempo dominanti. Non tocca a noi oggi mettere in atto discussioni sulla validità universale della tecnica del salasso, anche nel caso evidente di oggettive controindicazioni. Teniamo presente peraltro che per secoli questa misura terapeutica è stata ampiamente adottata e applicata sostanzialmente secondo le prescrizioni dei medici salernitani, e questo sia in medicina umana che in medicina veterinaria. Sono dodici i capitoli di terapia clinica con accenno alle molte patologie e situazioni disfunzionali per le quali il salasso veniva proposto con diversificate modalità, molto dettagliate.

Descrizioni e indicazioni del salasso nel cavallo sono illustrate anche nella grande opera enciclopedica Marescalcia Equorum di Giordano Ruffo di Calabria, gran scudiere di Federico II di Svevia, e protoveterinario ippiatra (opera pubblicata in epoca molto vicina a quella della Regola Salernitana della Salute) a ulteriore dimostrazione della comunanza di concezioni fra le due medicine fin dalle epoche più remote.

Nell’ultimo capitolo della REGOLA, qui illustrata da Vermi come in un grande affresco di vita medioevale inserita nel ciclo vitale delle quattro stagioni, sono illustrati assieme ad alcune sagge considerazioni i consigli “igienici” di medicina preventiva e dietetica per vivere bene e sani e per garantire preventivamente le migliori condizioni di vita e di salute. Questo ultimo fa riandare al primo capitolo, che era più sintetico, ma appunto forniva delle indicazioni generali riassuntive; l’ultimo propone invece dettagliatamente consigli di vita applicati alle diverse stagioni dell’anno, che sono consigli di igiene e medicina preventiva in senso lato.


Ritorno alla pagina iniziale: "Regola Sanitaria Salernitana"


| Ora, lege et labora | San Benedetto | Santa Regola | Attualità di San Benedetto |

| Storia del Monachesimo | A Diogneto | Imitazione di Cristo | Sacra Bibbia |


26 ottobre 2020                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net