San Romualdo: l’«esicasta
d’occidente»
di Joseph Wong O.S.B., monaco camaldolese
1
Estratto da "San Romualdo: storia, agiografia e spiritualità"
Atti del XXIII Convegno del Centro Studi
Avellaniti, Fonte Avellana 23-26 agosto 2000
Centro di Studi Avellaniti
Il Segno Gabrielli Editori, 2002
Dal sito dell’Abbazia di Borzone (GE) - (abbaziaborzone.it)
La «solitudine aurea» e l’hesychia
nella tradizione
dei Padri del deserto
Nella sua attività di riforma monastica, Romualdo riformò e fondò sia eremi
che monasteri; ma è innegabile che le sue preferenze furono rivolte agli
eremi. Tuttavia, egli non fu l’innovatore dell’ideale eremitico, giacché da
secoli tale vita era praticata in misura notevole anche in Occidente. La sua
specifica funzione fu quella di dare una regola ai vari eremiti isolati, i
quali, vivendo senza controllo, quasi sempre finivano per giungere a degli
eccessi nelle loro forme di ascesi. Perciò Romualdo venne chiamato «il
padre degli eremiti razionali che vivono secondo una regola».
La regola che egli proponeva ai suoi discepoli era prima di tutto la Regola
di Benedetto.
Ma, per fortuna, Bruno ci ha anche lasciato una
«Piccola Regola»
che Giovanni ha ricevuto dal maestro Romualdo come guida della sua vita.
Trovo una condensazione dell’ideale della «solitudine
aurea», ossia il secondo bene del carisma romualdino, in tale «Piccola
Regola»:
Siedi nella tua cella come nel paradiso.
Scordati del
mondo e gettatelo dietro le spalle.
Fa’ attenzione ai
tuoi pensieri come un buon pescatore ai pesci.
L’unica via per te
si trova nei Salmi, non lasciarla mai.
Se da poco sei
venuto, e malgrado il tuo primo fervore
non riesci a
pregare come vorresti, cerca, ora qua ora là,
di cantare i Salmi
nel cuore e di capirli con la mente.
Quando ti viene
qualche distrazione,
non smettere di
leggere; torna in fretta al testo
e applica di nuovo
l’intelligenza.
Anzitutto mettiti
alla presenza di Dio
come un uomo che
sta davanti all’imperatore.
Svuotati di te
stesso
e siedi come una
piccola creatura,
contenta della
grazia di Dio;
se come una madre
Dio non te la donerà,
non gusterai
nulla, non avrai nulla da mangiare.
La «Piccola Regola» di Romualdo è da studiare insieme al capitolo della
“Vita del Beato Romualdo”,
dove
s. Pier Damiano racconta l’episodio nel quale Romualdo
ricevette il
dono delle lacrime, della scienza spirituale, e della preghiera mistica.
La “Piccola Regola” e il capitolo 31 della sua vita, io credo, situano
saldamente Romualdo e i suoi discepoli nell’antica tradizione della
“spiritualità esicasta”.
Il termine «esicasmo»
è da comprendere nel senso primitivo, che trova la sua origine presso i
Padri del deserto ed è giunto al vertice nella spiritualità del monte Sinai,
specialmente negli scritti di Giovanni Climaco e di Esichio.
È mia intenzione commentare la «Piccola Regola» e il capitolo 31,
collocandoli nel contesto della spiritualità del deserto, specialmente
attraverso gli scritti di Giovanni Climaco e di Cassiano.
Mentre sappiamo che Romualdo leggeva il libro delle
Vite dei Padri
e seguiva gli insegnamenti delle loro Conferenze trasmesse da
Cassiano, non voglio affermare che Romualdo avesse letto gli scritti di
Giovanni Climaco. Tuttavia, essendo “La
Scala del Paradiso” di Giovanni Climaco un manuale di noviziato per i
monaci orientali, è molto probabile che Romualdo avesse conosciuto
indirettamente gli insegnamenti del maestro sinaitico grazie a contatti con
monaci della tradizione greca.
Il termine greco
hesychia
significa lo stato di silenzio, di quiete, e di tranquillità, che è il
risultato della cessazione del disturbo e dell’agitazione, esterni e
interni. L’espressione «purità
di cuore» di Cassiano contiene l’aspetto di «tranquillità
dell’anima»
(tranquillitas
mentis), e, perciò, l’idea di
hesychia.
Inoltre, il termine indica anche solitudine e ritiro. In quanto valore
essenziale della vita monastica,
l’hesychia
è cercata sia dagli anacoreti che dai monaci cenobitici. Tuttavia,
nelle fonti più antiche, il termine «esicasta» normalmente significa un
monaco che vive nella solitudine, ossia un eremita, diversamente da un
monaco cenobita, come osserva Kallistos Ware, uno studioso monaco ortodosso.
Siedi nella tua cella
La frase iniziale della «Piccola Regola» di Romualdo, «siedi
nella tua cella», è un’indicazione fondamentale per gli esicasti
che abitano nelle celle. Così il padre Mosè disse ad un fratello che si recò
a Scete per chiedergli una parola:
«Va’, rimani nella
tua cella, e la tua cella ti insegnerà ogni cosa».
Il padre Rufo
diede la seguente spiegazione del senso dell’hesychia:
«L’hesychia
è il rimanere in cella con timore e conoscenza di Dio, tenendosi lontano dal
ricordo delle offese e dalla superbia».
Il legame stretto fra l’hesychia
e la cella si trova anche in un detto famoso di Antonio il Grande:
“Come
i pesci muoiono se restano all’asciutto, così i monaci che si attardano
fuori della cella o si trattengono fra i mondani, snervano il vigore
dell’unione con Dio. Come dunque il pesce al mare, così noi dobbiamo correre
alla cella; perché non accada che, attardandoci fuori, dimentichiamo di
custodire il di dentro”.
L’idea della cella come
paradiso
può ritrovarsi in Girolamo, che disse al monaco Rustico:
«Fin quando rimani
nel tuo paese, prendi la tua cella come paradiso».
Nella
tradizione del deserto, la cella è considerata luogo di riposo, casa di
preghiera, e abitazione di Dio.
Scordati del mondo e gettatelo dietro le spalle
Prosegue la «Piccola
Regola»: «Scordati
del mondo e gettatelo dietro le spalle». La spiritualità
esicasta distingue tra
hesychia esteriore e interiore. Mentre
l’hesychia
esteriore si riferisce a un luogo remoto e quieto, in particolare la
cella di un eremita, l‘hesychia
interiore indica la calma interiore di un esicasta.
L’hesychia
esteriore serve come condizione favorevole per coltivare il silenzio
interiore che è l’obiettivo cercato. Perciò
non basta rimanere nella propria cella;
occorre coltivare la cella del cuore. A questo riguardo,
Giovanni Climaco esorta gli esicasti a chiudere tre porte una dopo l’altra:
«Chiudi
fisicamente la porta della cella per il tuo corpo, ferma la porta alla
lingua perché non parli, sbarra la porta dal di dentro contro gli spiriti».
L‘hesychia
interiore può essere disturbata dall’attaccamento agli uomini o
alle cose di questo mondo, o dalle preoccupazioni per gli affari terreni.
Nella tradizione del deserto,
l’amerimnia,
che significa libertà dalle preoccupazioni, è intimamente connessa all‘hesychia
interiore. Sulla scia di tale tradizione Giovanni Climaco
dichiara:
«E’
proprio dell’hesychia il dono dell’amerimnia che guida tutte le nostre
azioni in qualunque affare spirituale o materiale: poiché la preoccupazione
per il primo conduce a quella per il secondo».
L’ingiunzione
categorica della «Piccola Regola» a dimenticare il mondo appartiene
chiaramente a tale tradizione. Il motivo è che, mentre sta nella cella
fisicamente, il monaco deve evitare di vagare per il mondo con la mente.
Questo è anche il significato della descrizione classica che Giovanni
Climaco fa di un esicasta:
«L’esicasta
è colui che lotta per circoscrivere dentro il corporeo l’incorporeo,
cosa veramente straordinaria»,
ossia l’esicasta è colui che conserva lo
spirito dentro il proprio corpo.
Fa’ attenzione ai tuoi pensieri come un buon pescatore ai pesci
La «Piccola Regola» continua:
«Fa’ attenzione ai
tuoi pensieri come un buon pescatore ai pesci».
Per raggiungere e mantenere 1‘hesychia
e l‘amerimnia,
altri due termini sono usati dalla tradizione del deserto:
nepsis
(la vigilanza) e
prosochè
(l’attenzione).
Secondo Giovanni Climaco, l‘hesychia
e la vigilanza si trovano sempre insieme:
«Ama
l’hesychia il pensiero vigoroso e conciso, sempre vigile alla porta del
cuore per eliminare o respingere quelli che dall’esterno vorrebbero in esso
irrompere».
È interessante notare che, prima di Romualdo,
Giovanni Climaco aveva già usato l’immagine del pescatore a proposito della
vigilanza:
«Il
monaco che veglia è come un buon pescatore che ripesca i pensieri della
mente perché nella tranquillità della notte li può più facilmente recuperare».
L’oggetto della vigilanza, per Romualdo come per Giovanni Climaco, sono i «pensieri»
(logismoi),
che sono le
passioni viziose. A questo riguardo, Giovanni Climaco
dimostra una dipendenza creativa dalla trattazione classica di Evagrio
riguardo agli
«Otto pensieri».
L’hesychia
non è un fine in sé, bensì è coltivata come un mezzo per
ottenere un obiettivo nobile: la contemplazione o la
preghiera incessante. Nella tradizione monastica, la
preghiera e la contemplazione nascono come risposta alla parola di Dio.
«L’unica via per te si trova nei Salmi – non lasciarla mai»
Perciò, dopo l’esortazione a vigilare sui pensieri, la «Piccola Regola»
spiega qual è il
lavoro principale del monaco quando dimora nella propria cella:
«L’unica via per te si trova nei Salmi – non lasciarla mai».
nei Salmi. Poiché i Padri, Atanasio e Cassiano in particolare, vedono i
Salmi come la condensazione di tutta la Bibbia, la via dei Salmi si
riferisce alla Bibbia tutta intera, e, in modo particolare, al Salterio come
compendio della Bibbia.
La «Piccola Regola» continua a
dare istruzioni sulla via dei Salmi:
Se da poco sei
venuto, e malgrado il tuo primo fervore non riesci a pregare come vorresti,
cerca, ora qua ora là, di cantare i Salmi nel cuore e di capirli con la
mente. Quando ti viene qualche distrazione, non smettere di leggere; torna
in fretta al testo e applica di nuovo l’intelligenza.
Qui la “Piccola Regola” ci presenta una visione integrale di come leggere e
pregare i Salmi.
Lectio,
meditatio,
oratio sono i diversi momenti di un’unica continua
attività spirituale nella quale uno può passare liberamente da un momento
all’altro senza seguire un ordine fisso. Anche se la parola non si trova,
l’idea di «meditazione»
(melete),
nel senso antico di recitare un testo ripetutamente per capirne
meglio il significato e per memorizzarlo, è sicuramente contenuta in questo
brano.
Esiste un intimo legame fra l‘hesychia,
o il silenzio interiore, e l’assidua meditazione della parola di Dio.
Secondo la «Piccola Regola», per poter seguire la via dei Salmi il monaco
deve dimenticare il mondo e vigilare costantemente sui propri pensieri, cioè
coltivare il silenzio interiore. A loro volta,
la lettura e la meditazione assidua della Parola di Dio servono come
strumenti che aiutano a mantenere ferma l’attenzione di una mente vagante:
«Quando ti
viene qualche distrazione, non smettere di leggere; torna in fretta al testo
e applica di nuovo l’intelligenza.». Quindi il silenzio
interiore e l’assidua meditazione della Parola di Dio sono due elementi
essenziali della spiritualità della cella, reciprocamente indispensabili.
Un simile approccio già si trova in Cassiano, secondo il quale è impossibile
dedicarsi alla lettura spirituale senza conservare il silenzio interiore o
la purezza di cuore:
Pertanto, se
volete innalzare nel vostro cuore il tabernacolo santo della scienza
spirituale, purificatevi dalla bruttura di tutti i vizi, spogliatevi di
tutte le preoccupazioni di questo mondo. È impossibile che un’anima, anche
moderatamente occupata nelle faccende del mondo, meriti il dono della
scienza, o sia feconda nell’intelligenza spirituale, o ritenga fermamente le
sante letture che ha fatto.
D’altra parte, secondo Cassiano, la lettura e la meditazione
sono i mezzi più efficaci per custodire la mente dai pensieri dannosi,
nutrendo le sante memorie e i pii sentimenti. La necessità di coniugare i
due aspetti, silenzio e meditazione, è stata splendidamente formulata nelle
Eremiticae
Regulae del Beato Rodolfo, quarto Priore del sacro Eremo di
Camaldoli:
Seguono per ultimo il silenzio e la meditazione. Queste due cose, la regola
del tacere e la vigile occupazione del meditare, sono così unite
indissolubilmente che nessuna senza l’altra è valevole a salute; poiché il
silenzio senza la meditazione è morte e quasi tomba di un sepolto vivo; la
meditazione senza il silenzio non viene a capo di nulla ed è come lo
smaniare di un infelice chiuso in un sepolcro. Uniti in spirituale connubio,
sono gran quiete dell’anima e culmine di contemplazione.
Se seguiamo la suddivisione delle due tappe della vita spirituale:
praktike e
theorìa, ossia ascesi e contemplazione, la via dei Salmi si
trova in tutte e due le tappe, in quanto la lettura e la meditazione assidua
conducono all’hesychia
e aprono la porta alla contemplazione. Per questa ragione
Cassiano colloca la lettura e la meditazione fra le pratiche ascetiche che
conducono alla purezza di cuore. Allo stesso tempo la lettura e la
meditazione portano il frutto della «scienza spirituale». ossia la
contemplazione:
Poi, dopo aver
allontanato da voi stessi tutte le preoccupazioni e le ansietà terrestri,
sforzatevi con tutte le forze di applicarvi assiduamente, anzi
continuamente, alla lettura sacra, cosicché questa meditazione continua
pervada la vostra anima e la formi, poi così dire, a sua immagine… La
lettura allora farà dell’anima vostra una nuova arca dell’alleanza, che
conserva in sé le due tavole di pietra, vale a dire l’eterna fermezza
dell’uno e dell’altro Testamento. Farà di voi una nuova urna d’oro, simbolo
d’una memoria pura e sincera, che conserva per sempre il tesoro nascosto
dalla manna, vale a dire l’eterna e celeste dolcezza del senso spirituale e
del pane degli angeli.
Cassiano insiste sull’intima connessione fra ascesi, meditazione e scienza
spirituale, ossia contemplazione. Questi elementi sono così inseparabili tra
loro che il monaco li deve coltivare lungo l’intero cammino spirituale.
L’esperienza di san Romualdo
La «Piccola Regola» di Romualdo contiene una breve sintesi di questi
elementi. La via dei Salmi
presuppone l’ascesi attraverso la vigilanza sui pensieri e
allo stesso tempo prepara la strada alla contemplazione. Poiché la «Piccola
Regola» è scritta per i principianti nel cammino monastico, parla poco della
contemplazione, ma giustamente esorta i discepoli ad aspettare pazientemente
la grazia di Dio. Per avere un’idea della grazia promessa nella «Piccola
Regola», bisognerebbe rivolgersi alla
Vita del Beato
Romualdo. Nel capitolo 31, S. Pier Damiano racconta l’episodio
nel quale Romualdo ricevette per la prima volta
il dono delle lacrime della compunzione. Qui la
compunctio
va oltre il significato usuale di dolore penitenziale ed indica ogni
esperienza estatica di gioia e di esultanza che si ha durante la preghiera.
Insieme al dono delle lacrime fu concesso a Romualdo un altro dono
importante, cioè
la conoscenza spirituale, o la comprensione del senso
nascosto delle Sacre Scritture. Così scrive Pier Damiano:
Un giorno, mentre
stava in cella a salmodiare, si imbatté in questo versetto: ‘Ti farò saggio,
t’indicherò la via da seguire; con gli occhi su dite, ti darò consiglio (Sal
31, 8). Gli sopraggiunse improvvisamente una così larga effusione di
lacrime, e la sua mente fu talmente illuminata nella comprensione delle
Scritture divine, che da quel giorno in poi, finché visse, ogni volta che lo
voleva, poteva versare con facilità lacrime abbondanti e il senso spirituale
delle Scritture non gli era più nascosto.
Secondo l’agiografo, in questa occasione Dio innalzò Romualdo al culmine
della perfezione, tanto che, sotto l’ispirazione dello Spirito santo,
Romualdo poté prevedere alcuni eventi futuri e penetrare con intelligenza
molti misteri nascosti delle Scritture.
Nello stesso capitolo leggiamo che
tale esperienza mistica non restò un caso isolato nella vita di Romualdo, ma
ebbe un effetto permanente su di lui. Da quel momento in poi le lacrime
quasi sempre accompagnavano la sua preghiera estatica:
Sovente, rimaneva
così rapito nella contemplazione di Dio che si scioglieva quasi interamente
in lacrime e bruciando di fervore indicibile per l’amore divino, usciva in
esclamazioni come queste: ‘Caro Gesù, caro! Mio dolce miele, desiderio
inesprimibile, dolcezza dei santi, soavità degli angeli!’ Parole che, sotto
il dettato dello Spirito santo, gli si tramutavano in canti di giubilo e che
noi non sapremmo rendere compiutamente mediante concetti umani. Era come
dice l’Apostolo: ‘Noi non sappiamo neppure come dobbiamo pregare, ma lo
Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili (Rm 8, 26).
Le lacrime: «orazione infuocata»
Le descrizioni di lacrime, di fervore ardente, e di giubilo che
accompagnavano le preghiere estatiche di Romualdo ricordano la
oratio ignita
spesso menzionata da Cassiano. Nelle preghiere estatiche di Romualdo, che
andavano oltre le immagini e le parole per sfociare in gemiti inesprimibili,
si trova quasi un’eco dell’
«orazione infuocata» descritta da Cassiano:
La preghiera di cui stiamo parlando non si fissa su qualche immagine, anzi
non s’esprime neppure attraverso parole: nasce di balzo, da una mente
infuocata, da un rapimento indicibile, da una insaziabile alacrità di
spirito. L’anima, trasportata fuori dei sensi e delle cose visibili, si
offre a Dio tra sospiri e gemiti inenarrabili.
Cassiano adopera varie espressioni per descrivere la preghiera estatica:
essa è infuocata, ardente, pura, ineffabile, esprimibile solo attraverso i
gemiti e non con le parole… ecc. Anche le lacrime sono segno della preghiera
estatica. Mentre sia Evagrio che Cassiano parlano dell’«orazione
pura» che va oltre le immagini e le parole, è la presenza
delle lacrime, del fuoco, e dei gemiti che distingue la descrizione di
Cassiano da quella di Evagrio. Come Diadoco di Foticea, secondo Columba
Stewart, Cassiano ha effettuato una sintesi fra l’approccio intellettuale di
Evagrio e il misticismo affettuoso dello Pseudo-Macario nella sua
presentazione dell’orazione
pura.
In modo simile, le lacrime di compunzione costituiscono un tema importante
per Giovanni Climaco, anche se questi accentua di più la compunzione intesa
come dolore e pentimento. Nel capitolo sulla preghiera, Climaco raccomanda
la semplicità della
“preghiera con una sola espressione” (preghiera
monologistos)
per evitare le distrazioni. Inoltre, insegna che, quando uno è arrivato a
possedere la presenza del Signore nel suo cuore, non deve più preoccuparsi
di intessere la sua orazione con parole, perché allora lo Spirito
intercederà per lui e in lui con gemiti inenarrabili. Ugualmente Giovanni
Climaco esorta a tener lontana dalla mente ogni immagine sensibile che
potrebbe turbare il nostro raccoglimento. In modo particolare dà grande
importanza alla presenza del fuoco dello Spirito che
«inabitante
nel cuore del monaco orante, innalzando l’anima nella preghiera, ne
sollecita lo slancio fino al cielo, rinnovando la sua discesa nel cenacolo
dell’anima».
In tutti questi aspetti si percepisce una chiara
consonanza con le esperienze delle preghiere estatiche di Romualdo così come
sono presentate nel capitolo 31 della sua
Vita.
È molto significativo che Romualdo abbia ottenuto il dono delle lacrime, la
scienza spirituale e l’esperienza della preghiera estatica, mentre stava
recitando un Salmo. È quasi una conferma alla validità della
«via dei Salmi» indicata dalla «Piccola Regola» come l’unica
via da seguire. Se ci volgiamo alla «Piccola Regola» e leggiamo le parole:
«Se da poco sei venuto, e malgrado il tuo primo fervore non riesci a pregare
come vorresti…», dobbiamo ricordare il capitolo più bello della
Vita
di S. Romualdo e possiamo consolarci con la convinzione che la grazia
promessa dalla «Piccola Regola» sarà concessa a coloro che perseverano sulla
via dei Salmi.
Mettiti alla presenza di Dio
Continuiamo la nostra riflessione sulla «Piccola Regola»:
«Anzitutto mettiti
alla presenza di Dio come un uomo che sta davanti all’imperatore».
L’esortazione ad avere la consapevolezza della presenza di Dio è presente
nella Regola
di S. Benedetto. Il primo gradino dell’umiltà si basa sulla
consapevolezza di
essere sempre e ovunque sotto lo sguardo di Dio (RB 7,
10-30). Inoltre, la memoria della presenza di Dio deve ispirare il nostro
comportamento soprattutto durante la preghiera comunitaria (RB 19,1-2.).
La vigilanza
(nepsis) e l’attenzione
(prosoche)
sono due aspetti indispensabili per l’hesychia:
la vigilanza ci libera dall’agitazione dei pensieri perché possiamo
conservare l’attenzione continua alla presenza di Dio. Nel
capitolo sulla vigilanza Giovanni Climaco parla di stare costantemente in
preghiera davanti a Dio nostro Re. Nel capitolo sull’hesychia
si trova il famoso testo che invita ad unire il ricordo continuo di Gesù al
proprio respiro:
L’esichia consiste
nello stare in continua adorazione del Signore, sempre alla sua presenza,
con il ricordo di Gesù aderente al proprio respiro, allora potrai toccare
con mano i vantaggi dell’hesychia.
Svuotati di te stesso
Finalmente, giungiamo all’ultimo paragrafo della «Piccola Regola»:
«Svuotati di te
stesso e siedi come una piccola creatura, contenta della grazia di Dio; se
come una madre Dio non te la donerà, non gusterai nulla, non avrai nulla da
mangiare».
Per potersi
sedere pazientemente in attesa della visita della grazia di Dio,
senza agire di propria iniziativa,
è necessario svuotarsi completamente. L’intero paragrafo ci
ricorda il Salmo 131 che, con soli tre versetti, è uno dei più bei salmi di
fiducia nel Signore. L’immagine di un pulcino in attesa di essere nutrito
dalla mamma richiama il bimbo in braccio a sua madre del secondo versetto
del Salmo:
«Io
sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un
bimbo svezzato è l’anima mia».
L’ingiunzione a svuotarsi completamente, invece, corrisponde al primo
versetto del Salmo:
«Signore,
non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo;
non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze».
Tutti e due i versetti sono citati nel capitolo sull’umiltà della
Regola di S.
Benedetto, come introduzione ai vari gradini dell’umiltà (RB 7,
3-4).
[1]
Nota del redattore del sito:
L'autore, cinese di Hong Kong, è monaco dell'Eremo di New Camaldoli in
California, ove è maestro degli studenti. Già professore di teologia presso
l'Università Pontificia Salesiana, è attualmente ricercatore presso The
Ricci Institute for Chinese-Western History (San Francisco),. E' autore
di numerosi saggi di teologia e spiritualità in lingua inglese, cinese e
italiano. Il testo qui riprodotto è una piccola parte dell'intervento tenuto
al ven. Eremo di Fonte Avellana al convegno organizzato dal Centro Studi
Avellaniti (23-26 agosto 2000). (Fonte: "Vita monastica", anno LV,
n. 217 - 2001 Edizioni Camaldoli).
Il testo originale contiene molte annotazioni che non ho riportato.
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Regola di san Romualdo"
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conventuali"
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3 febbraio 2022 a cura
di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net