REGOLA DI MACARIO

(estratto da "Regole monastiche d'Occidente" - a cura di Enzo Bianchi - Einaudi editore)



Inizio della regola del santo abate Macario, che ebbe sotto la sua giurisdizione cinquemila monaci.

1. Carità e amore di Dio.

1. I soldati di Cristo; devono dunque orientare i loro passi nella maniera seguente: 2. custodendo tra loro la più alta carità, 3. amino Dio con tutta l'anima, con tutta la mente, con tutto il cuore e con tutta la loro forza.

2. Vita comune e disciplina personale.

1. Ricerchino tra di loro la piú completa obbedienza, 2. e siano pacifici, miti, temperanti, 3. non superbi, non ingiuriosi, non mormoratori, non beffeggiatori, non verbosi, non presuntuosi; 4. senza cercare di piacere a se stessi, ma a Cristo, per il quale militano; 5. senza compiacersi nella maldicenza né entrare in contesa con alcuno; 6. non pigri nel servire, pronti alla preghiera, 7. perfetti nell'umiltà, [con i fianchi] cinti per l'obbedienza, assidui alle veglie, gioiosi nel digiuno.

3. Umiltà nelle relazioni frateme.

1. Nessuno si ritenga piú giusto di un altro, 2. ma ciascuno si ritenga inferiore a tutti, poiché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.

4. Obbedienza.

1. Accogli come salvezza il comando di un anziano. 2. Non fare nessun lavoro mormorando. 3. Non opporre repliche a un comando.

5. Umiltà e non attaccamento al denaro nel lavoro.

1. Non inorgoglirti e non glorificarti per aver fatto qualche lavoro utile. 2. Non rallegrarti se hai ottenuto un guadagno, 3. e non rattristarti se hai subìto una perdita.

6. Le relazioni comunitarie.

1. Nessun legame familiare ti attiri al mondo, 2. ma tutto il vostro amore rimanga all”interno del monastero. 3. Considera il monastero come un paradiso, 4. e abbi fede che i tuoi fratelli saranno tuoi familiari per sempre.

7. Amore fratemo.

1. Temi il preposito del monastero come temi Dio, amalo come un padre. 2. Allo stesso modo, poi, bisogna che tu ami tutti i tuoi fratelli, 3. insieme ai quali hai fiducia di ritrovarti anche tu nella gloria di Cristo.

8. La fatica del lavoro.

1. Non odiare il lavoro faticoso, 2. e non ricercare l’ozio. 3. Spossato dalle veglie, madido di sudore per un giusto lavoro, cammina pure come dormendo 4. e arriva stanco al giaciglio, ma abbi fede di riposare con Cristo.

9. Amore per l'ufficio divino, e preghiera.
1. Ama al di sopra di tutto l'ufficio divino del monastero. 2. Se, poi, qualcuno vorrà pregare piú spesso, 3. incontrerà la misericordia di Cristo in misura piú abbondante.


10. Lo studio.

1. Dopo aver recitato il mattutino, i fratelli abbiano tempo per lo studio fino all'ora seconda, 2. a condizione, tuttavia, che non ví sia qualche motivo 3. per cui sia necessario che, tralasciato lo studio, si faccia qualcosa in comune.

11. Il lavoro.

1. Dopo l'ora seconda, poi, ciascuno sia pronto per il proprio lavoro fino all”ora nona, 2. e compia senza mormorazione tutto ciò che gli sarà comandato, 3. come insegna il santo Apostolo.

12. Come correggere i fratelli.

1. Se, poi, qualcuno mormora o si mostra litigioso, 2. o in qualcosa oppone una volontà contraria a ciò che è stato comandato, 3,. dopo che sarà stato adeguatamente corretto secondo la decisione dell'anziano e la gravità della colpa commessa 4. sia tenuto in disparte tanto a lungo quanto lo richiederà la natura della sua colpa, 5. e finché egli, pentendosí, non si sarà umiliato e corretto. 6. E ciò awenga in modo tale che il fratello che è stato corretto non pretenda di isolarsi da qualche parte.

13. Se qualcuno consente con il peccato del fratello.
1. Se poi un fratello sia di quelli che vivono nel monastero sia di quelli che abitano nelle celle, 2. sarà consenziente con il suo errore, sarà ritenuto colpevole.


14. Sollecitadine per l'ufficio divino.

1. All'ora della preghiera, dopo che sarà stato dato il segnale, 2. colui che non tralascerà immediatamente il lavoro che sta facendo, qualunque esso sia - 3. giacché nulla bisogna anteporre alla preghiera -, e non sarà pronto, 4. sia lasciato fuori, perché ne arrossisca.

15. Vigilanza e attenzione durante l'ufficio divino.

1. Ogni fratello, poi, si impegnerà 2. durante la celebrazione degli uffici - e a ciò bisogna essere attenti durante le vigilie -, 3. che quando tutti si radunano 4. colui che, appesantito dal sonno, 5. esce non si perda in fantasticherie, 6. ma rientri subito per l'opera in vista della quale ci si è radunati. 7. Quando, inoltre, radunata la comunità, si legge, 8. egli abbia sempre l'orecchio rivolto alle Scritture, e tutti mantengano il silenzio.

16. I fratelli che vengono corretti.

1. Si è dovuto, poi, aggiungere questo: 2. che il fratello che per una qualsiasi colpa viene ripreso o rimproverato 3,. sia paziente e non risponda a colui che lo rimprovera, 4. ma si umilii in tutto, secondo il comando del Signore che dice: 5. «Dio dà grazia agli umili, ma resiste ai superbi» e: 6. «Chi si umilia sarà esaltato».

17. Se un fratello non si corregge.

1. A colui, poi, che pur ripreso piú volte non si corregge, 2. si comandi di stare all'ultimo posto. 3. Colui che neanche cosí si correggerà 4. lo si consideri come un estraneo, come ha detto il Signore: «Sia per te come un pagano e un pubblicano».

18. Il silenzio a tavola.

1. A tavola, inoltre, in modo particolare, nessuno parli 2. se non colui che presiede o colui che è interrogato.

19. Umiltà e obbedienza in ogni attività.

1. Nessuno si esalti per la sua abilità o per la sua voce, 2. ma, con umiltà e obbedienza, trovi la sua gioia nel Signore.

20. Sollecitudine per l'ospitalità.

1. Praticate l'ospitalità in ogni circostanza. E non distogliere gli occhi cosí da lasciare il povero a mani vuote, 2. perché non awenga che il Signore venga a te nell'ospite o nel povero, 3,. ti veda esitante e tu sia condannato. 4. Mostrati invece gioioso con tutti, e agisci con fedeltà.

21. Saldezza nella vita comune.

1. Se subisci un'offesa, taci. 2. Non [desiderare di] esser capace di fare delle offese, e sappi sopportare quelle subite. 3. Non ti seducano vani consigli, 4. ma rafforzati sempre di piú in Cristo. 5. Non pensare di avere parenti piú vicini 6. di quelli che sono i tuoi fratelli con te in comunità.

22. Se per necessità comuni é necessario uscire.

1. Quando, nel caso in cui si debba andare in cerca di qualcosa che è necessario al monastero, i fratelli escono a due o a tre, 2. escano soltanto coloro di cui ci si può fidare, 3. e non quelli inclini alle chiacchiere o a soddisfare la gola.

23. Chi viene accolto in comunità.

1. Perciò, se qualcuno dal mondo vorrà convertirsi entrando in monastero, 2. quando entra gli si legga la regola, e gli si faccia conoscere ogni usanza del monastero. 3. E se accoglie tutto in maniera idonea sia accolto dai fratelli in comunità.

24. Condivisione dei beni di chi è accolto in comunità.

1. Se egli vuole portare qualcosa in comunità, 2. ciò sarà posto sull’altare davanti a tutti i fratelli, come prescrive la regola. 3. Se tale offerta sarà stata accolta, 4. da quel momento egli non avrà facoltà di disporre non solo di ciò che ha portato, ma neanche di se stesso. 5. Sia, infatti, che prima abbia donato qualcosa ai poveri, sia che venendo in comunità abbia portato qualcosa ai fratelli, 6. non gli è comunque permesso di avere a sua disposizione qualcosa.

25. Se chi è stato appena accolto vuole andarsene.

1. Se, per qualche motivo di discordia, dopo il terzo giorno egli vorrà andarsene, 2. non riceva assolutamente nient'altro che l'abito con cui è venuto. 3. E se per caso muore, nessuno dei suoi eredi intenti [al monastero] una causa. 4. Se poi qualcuno di costoro vorrà attaccarci, 5. gli si legga la regola, ed egli ne resti confuso e pieno di vergogna, e se ne vada confuso, 6. poiché tale regola era stata letta anche a colui del quale egli reclama i beni.

26. Se un fratello pecca.

1. E se un fratello, per un qualsiasi motivo, pecca, 2. venga escluso dalla preghiera e sia sottomesso a severi digiuni. 3. Se poi, prostrandosi davanti a tutti i fratelli, chiede perdono, lo si perdoni.

27. Se un fratello si ostina nella ribellione.

I. Se, invece, egli volesse perseverare nella sua malvagità e nella sua superbia, e dicesse: 2. «Non ne posso piú! Prenderò il mio mantello e me ne andrò dove Dio vorrà per me», 3. il fratello che per primo lo avrà udito dire questo 4. lo riferisca al preposito, e il preposito all’abate. 5. L'abate allora sieda alla presenza di tutti i fratelli 6. e ordini che quegli gli si presenti. Dopo averlo corretto con le verghe si preghi per lui, e cosí sia riaccolto nella comunione. 7. Se qualcuno, infatti, non si corregge con un buon insegnamento, viene guarito con la verga.

28. Se per motivi di discordia un fratello vuole andarsene.

1. E se succede che un fratello, per un qualsiasi motivo di discordia, vorrà andarsene dal monastero, 2. lo si vesta unicamente di un ridicolíssimo abito, 3. e se ne vada fuori dalla comunione, come un infedele. 4. Sono i miti e i pacifici, infatti, che si impadroniscono del regno dei cieli, 5. che sono considerati figli dell'Altissimo e che ricevono preziose e splendide corone. 6. I figli delle tenebre, invece, se ne andranno fuori nelle tenebre. 7. «Su chi riposerò - dice il Signore - se non sull'umile, sul mite e su chi teme le mie parole? ».

29. Il digiuno del mercoledì e del venerdì.

1. Anche questo bisogna segnalare: 2. che coloro che il mercoledi e il venerdí infrangono il digiuno si attirano un pesante castigo.

30. Ogni mestiere sia esercitato in vista del bene comune.

1. Si è dovuto, poi, aggiungere questo: 2. che all'interno del monastero nessuno eserciti un mestiere 3. se non colui la cui fedeltà è stata sperimentata 4. e che faccia ciò che è capace di fare per il bene e per le necessità del monastero.

Fine della regola del santo Macario.

 


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net