ELOISA

Deborah Vess

Estratto da "Encyclopedia of Monasticism", Vol. 1 - Routledge 2015

 

Eloisa circa 1100 - 1163 / 64

Badessa francese e scrittrice di lettere

La fama di Eloisa proviene oggi principalmente dalla sua associazione con Pietro Abelardo (1079 - 1142 / 43) che fu il suo primo insegnante, poi suo marito, ed in seguito il suo direttore spirituale. All’epoca, tuttavia, Eloisa fu conosciuta come una delle donne più dotte in Europa e fu una delle badesse più rispettate del tempo.

Eloisa nacque nel 1100 o 1101. Non si sa nulla dei suoi genitori, eccetto il nome di sua madre, Hersinde, che è elencato nella necrologia del Paracleto. Eloisa crebbe nel monastero benedettino di Saint-Marie di Argenteuil, sei miglia a nord-ovest di Parigi. All'età di 17 anni andò a vivere a Parigi con suo zio Fulberto, un canonico di Notre Dame. Fu istruita molto bene, come Abelardo indica per due volte nelle sue lettere, dicendo che Eloisa conosceva il Greco e l’Ebraico come pure il Latino. Le abilità di Eloisa erano veramente notevoli in un'era in cui le donne ebbero poche opportunità di istruzione e di progresso; persino Abelardo conosceva poco o niente il Greco e per niente l’Ebraico.

Le abilità intellettuali di Eloisa attirarono l'attenzione di Abelardo, che allora era maestro delle scuole di Parigi e, attorno ai trentacinque anni, secondo l'autobiografia di Abelardo, Historia Calamitatum (1132-1133), la sua conquista di Eloisa fu indelicata. Chiese a suo zio un alloggio e Fulberto acconsentì rapidamente alla sistemazione per un’ulteriore istruzione di sua nipote. Abelardo ed Eloisa cominciarono una relazione appassionata; Abelardo cominciò ad annoiarsi con il suo insegnamento e scrisse canzoni di amore che furono cantate in tutte le vie di Parigi. Poiché Abelardo aveva la reputazione di essere morigerato, Fulberto inizialmente mise a tacere le voci della loro relazione. Quando scoprì la verità, provò a separare gli amanti, ma Eloisa era diventata incinta. Abelardo la prese nella sua casa in Bretagna, in cui diede alla luce il loro figlio Astrolabio.

Abelardo si offrì di sposare Eloisa, a condizione che il matrimonio fosse tenuto segreto. Sebbene il suo stato di canonico di Parigi non gli vietasse di essere sposato, la promozione nei ranghi della Chiesa sarebbe stata impossibile ad un uomo sposato. Sebbene Fulberto acconsentisse alle condizioni di Abelardo, Eloisa si oppose risolutamente all'idea. Ella sosteneva che un matrimonio segreto non avrebbe soddisfatto suo zio perché lo scandalo era già stato reso pubblico. Più ancora, ella sosteneva che le distrazioni della vita coniugale avrebbero sminuito la vita contemplativa di Abelardo livellandola a quella di un filosofo. Attingendo alle idee di Cicerone e di Seneca, Eloisa sosteneva che la vita filosofica era vissuta al meglio dai solitari. Ella insistette dicendo che il matrimonio formale fosse superfluo, dato che, come nelle amicizie spirituali descritte nel De Amicitia di Cicerone, l'amore è dato liberamente e disinteressatamente. Eloisa dichiarava che avrebbe preferito essere la prostituta di Abelardo, piuttosto che sua moglie.

Tuttavia, Eloisa si arrese ad Abelardo, affidò Astrolabio alla sorella di Abelardo e ritornò con lui a Parigi, dove si sposarono in segreto. Proprio come Eloisa aveva predetto, Fulberto fece trapelare la notizia del matrimonio ed Abelardo allontanò Eloisa mandandola al monastero di Argenteuil. Per ragioni sconosciute Abelardo la forzò ad indossare l'abito della postulante, che non era richiesto affinché lei restasse. Supponendo che Abelardo avesse forzato Eloisa a prendere i voti, Fulberto inviò degli uomini a fare irruzione nella stanza di Abelardo durante la notte e lo evirarono. Abelardo vide questo evento come punizione da Dio e prese i voti a Saint-Denis, vicino ad Argenteuil. Sebbene non avesse una vocazione monastica, Eloisa obbedì ai desideri di Abelardo e prese i voti nel monastero di Argenteuil, dove era cresciuta da orfana.

La prima menzione di lei dopo questi eventi arriva nel 1128, quando Abelardo scoprì che l’Abate Suger di Saint-Denis (1081-1151) aveva rivendicato il possesso del monastero di Argenteuil [1] . Eloisa era allora priora e forse lo era stata fin dal 1123. Abelardo trasferì le monache nel monastero del Paracleto vicino a Nogent-sur-Seine nel 1129 ed Eloisa successivamente diventò la prima badessa di quella comunità. Poco dopo Eloisa trovò una copia dell’Historia Calamitatum di Abelardo e cominciò a corrispondere con lui. Sebbene alcuni studiosi, come John F. Benton, abbiano dichiarato che le lettere fossero delle invenzioni, ora il consenso degli studiosi afferma che le lettere sono autentiche. Nelle sue lettere Eloisa punì severamente Abelardo per non averle risposto con termini intimi appropriati a dei coniugi e gli scrisse in maniera approfondita della sua incapacità di dimenticare il suo amore per lui e della sua difficoltà ad adeguarsi alla vita monastica. Ella distinse fra le apparenze esteriori e la vita interiore in modo così eloquente che Etienne Gilson ha attribuito a Eloisa l'origine dell'etica intenzionale di Abelardo nel Scito te Ipsum. Peter Dronke ha, inoltre, precisato che la padronanza di Eloisa nella retorica ha superato quella del suo maestro.

Nella quinta lettera della corrispondenza, secondo la numerazione di Betty Radice, Eloisa apparentemente si è rassegnata alla sua vocazione ed ha richiesto che Abelardo scrivesse una storia delle monache e fornisse alla sua comunità una regola adatta per le donne. Sebbene alcuni studiosi, quali D.W. Robertson e Peter von Moos, interpretino la sua richiesta come segno della sua conversione finale alla vita religiosa, altri studiosi indicano molte dimensioni mancanti rispetto alle tradizionali lettere di conversione. L'intestazione della lettera, Domino specialiter, sua singulariter (di Dio nella specie, sua (ovvero di Abelardo) nell’individuo), è ambigua; è incerto se dominus si riferisca ad Abelardo o a Dio e se Eloisa si riferisca alla sua unica identità come moglie di Abelardo o alla sua identità come sposa di Cristo [2] .

Ad ogni modo, Eloisa ha sostenuto che la regola di san Benedetto non poteva essere seguita agevolmente dalle donne. Ha, inoltre, sostenuto che l'abbigliamento, la dieta ed il lavoro manuale prescritto dalla Regola erano inadeguati alle esigenze fisiche delle donne, ha messo in discussione la convenienza che giungessero dei sacerdoti per le letture notturne. Ha chiesto se la badessa potesse avere le funzioni di un abate alla tavola dell'ospite e durante le preghiere ed ha anche richiesto che fossero fatte delle concessioni per i Salmi per venire incontro al “sesso debole„. Queste dichiarazioni furono sconcertanti, dato che la Regola teneva conto della libertà d'interpretazione in circostanze differenti ed abitualmente anche delle diverse istituzioni che adattavano normalmente la Regola ai bisogni specifici delle esigenze femminili. Eloisa stessa era chiaramente informata di questo, dato che le sue considerazioni sulla carne e sul vino riconoscevano che Benedetto permettesse il consumo di questi elementi a causa della reverenza alle abitudini dei tempi, anche se la Sacra Scrittura e gli scritti dei Padri sembravano vietarle. Linda Georgiana ha suggerito che Eloisa stesse criticando la capacità delle pratiche monastiche nel regolare la vita interiore.

Abelardo rispose con una lettera che glorificava i ruoli delle donne come uguali a quelli degli ecclesiastici e diede alle monache una regola che non sembra sia mai stata seguita. Sebbene Abelardo rispondesse anche a parecchie domande poste da Eloisa e le inviasse sermoni e versi, i due non sembrano avere avuto ulteriori contatti personali. Eloisa morì il 16 maggio 1163 o 1164, sopravvivendo 21 anni dopo Abelardo. Sotto la sua direzione il Paracleto ha stabilito sei case figlie e si è trasformato in una delle case più rispettate in Europa, Eloisa ebbe una corrispondenza con Pietro il Venerabile (1092/94-1156), che l’ha stimata come donna dalla saggezza e dalle virtù eccezionali. Nella morte Eloisa infine fu riunita con suo marito. Secondo la leggenda, quando la tomba fu aperta, Abelardo estese le sue braccia per accoglierla.


 

Eloisa e le Institutiones nostrae o Statuti del Paracleto (Ndt.)

Estratto da "Culture, Power and Personality in Medieval France", John F. Benton, Bloomsbury Publishing, 1991

Chrysogonus Waddell, nel suo esteso commento agli Statuti del Paracleto (Si veda la sottostante bibliografia), sostiene con autorevolezza che le Institutiones nostrae quasi certamente sono state scritte nel XII secolo, probabilmente nella prima metà del secolo e, molto probabilmente, da Eloisa stessa. Inoltre indica che il redattore di questo breve racconto delle consuetudini del Paracleto e delle sue case dipendenti aveva familiarità con la Regola, che è stata una così importante componente della corrispondenza di Abelardo. Ma, mentre ha usato alcuni elementi dell’inusuale fraseologia di Abelardo ed ha incorporato alcune delle sue disposizioni, contemporaneamente, in alcuni casi, ha scritto l’opposto della Regola adattandola maggiormente alle esigenze del suo ambiente. Per esempio gli Statuti sono in armonia con la Regola di Abelardo per quanto riguarda il vestiario, il letto con il suo occorrente ed il vino, ma sono in disaccordo riguardo al pane, alla carne, alle uova, al formaggio, al latte e al pesce, così pure sulla disposizione di Abelardo che prevede un superiore maschio [3] ed una diaconessa. Altre differenze riguardano la dettagliata disposizione dei doveri giornalieri e stagionali da compiere nell'oratorio, nel chiostro, nel refettorio e nel dormitorio.

Lo stesso si può dire riguardo alle altre principali fonti, gli Instituta cistercensi in una versione del 1136-46 e le consuetudini cistercensi dello stesso periodo.

A causa di questa libertà dell’autore delle Insitutiones nostrae, il Waddell preferisce parlare di “punti di riferimento” anziché di “fonti” riguardo ai testi citati. Le discrepanze tra la Regola di Abelardo e le Insitutiones nostrae sono anche il risultato delle modifiche attuate delle badesse che sono succedute ad Eloisa alla guida del Paracleto.

Paracleto

Informazioni estratte da "La vie de Pierre Abeillard et celle d'Heloise",

Vol. II, pag. 317-318 - Francois Barois, Parigi 1728

Nella bolla papale di Papa Adriano IV del 1157, Eloisa è stabilita come Generale dell'Ordine, con pieni poteri di nomina nei cinque priorati che erano stati fondati sotto la sua direzione, ovvero: il priorato di La Pommeraie, quello di Traisnel, quello di Laval, quello di Noëfort e di Saint-Flour. Si permette ad Eloisa di stabilirvi delle priore col beneplacito delle sue religose del Paracleto, e di toglierle o sostituirle nel caso che lei stessa e il suo Capitolo lo considerino giusto, con il diritto di istruire, correggere, visitare, castigare, ecc...

Ecco il destino di questi cinque Priorati nel 1728. Quello di La Pomeraie è cambiato ora in un'abbazia che conserva ancora il suo nome, ma non dipende più dal Paracleto. E' il re che vi nomina la badessa: essa è nella città di Sens. Il priorato di Traisnel era allora nella diocesi di Sens ed è ora trasferito a Parigi nel sobborgo S. Antonio, sotto il nome di priorato della Maddalena. L'abbazia del Paracleto vi nomina ancora la badessa. Laval è situato nei sobborghi di Lagny, diocesi di Parigi: è un'abbazia con nomina del re. Noëfort, volgarmente chiamata Nonfort, è nei sobborghi di Meaux; vi si vive con grande regolarità e l'abbazia del Paracleto vi nomina una priora perpetua. Riguardo a Saint-Flour, è talmente distrutto che nell'Ordine non ne resta alcuna traccia, a meno che non abbia cambiato nome fin dall'origine e che sia S. Martin de Boran nella diocesi di Beauvais.

Bibliografia estratta da "Encyclopedia of Monasticism", Vol. 1 - Routledge 2015

Opere

"The Personal Letters of Abelard and Heloise" (in Latin), edited by J.T. Muckle, in Medieval Studies 15 (1953)

“The Letter of Heloise on Religious Life and Abelard’s First Reply" (in Latin), edited by J.T Muckle in Medieval Studies (1955)

 

Bibliografia

Benton, John F., “Fraud, Fiction and Borrowing in the Correspondence of Abelard and Heloise,” in Pierre Abelard, Pierre le Venerable, Paris: Éditions du centre national de la recherche scientifique, 1975

Dronke, Peter, “Heloise," in Women Writers of the Middle Ages, edited by Dronke, Cambridge and New York: Cambridge University Press, 1984

Georgians, Linda, “Any Corner of Heaven: Heloise’s Critique of Monasticism,” Medieval Studies 49 (1987)

Gilson, Etienne, Heloise and Abelard, reprint, Ann Arbor: University of Michigan Press, 1972.

McLaughlin, Mary Martin, “Abelard as Autobiographer: The Motives and Meaning of His Story of Calamities" Speculum 42 (1967)

McLaughlin, Mary Martin, “Abelard and the Dignity of Women: Twelfth Century ‘Feminism in Theory and Practice,” in Pierre Abelard, Pierre le Vénérable, Paris: Éditions du centre national de la recherche scientifique, 1975

McNamer, Elizabeth, The Education of Heloise, Lewiston, New York: Edwin Mellen Press, 1992

Newman, Barbara, “Authority, Authenticity, and the Repression of Heloise," journal of Medieval and Renaissance Studies 22 (1992)

Radice, Betty, "The French Scholar-Lover Heloise,” Medieval Women Writers, edited by Katharina Wilson, Athens: University of Georgia Press, 1984

Southern, R.W., “The Letters of Abelard and Heloise,” in Medieval Humanism and Other Studies Oxford: Blackwell, 1970

Waddell, Chrysogonus, editor, The Paraclete Statutes; Institutiones Nostrae, Trappist, Kentucky: Gethsemani Abbey, 1987

 


NOTE del traduttore:

[1] L'Abate Suger fu infaticabile nello scoprire dimenticate rivendicazioni di terre e diritti feudali. Sulla base di elementi legali e di ragioni morali avanzò rivendicazioni sul monastero di Argenteuil con la cacciata delle sue monache. Si è sospettato che Suger fosse informato del fatto che Eloisa di Abelardo fosse priora di Argenteuil. (Estratto da “Architettura gotica e filosofia scolastica", Erwin Panofsky Ed. Liguori 1986).

[2] "Il servo di Cristo alla sposa di Cristo": questa è l'intestazione della quinta lettera di Abelardo. Eloisa risponde con una lettera così intestata: "Suo specialiter, sua singulariter", letteralmente "a colui che è suo secondo la specie, colei che è sua singolarmente (individualmente)". Lei afferma che come monaca ama Abelardo in Dio, ma come donna per la sua persona, rifiutandosi di annullare il suo amore per Abelardo nell'amore universale verso Dio. E ribadisce che se Abelardo vuole appartenere a lei come "servo di Cristo", lei appartiene a lui come persona singola ("singulariter").

Estratto da "Un lungo sogno" di Domenico Chianese - Franco Angeli 2006.

Altri manoscritti riportano la versione citata nel testo “Domino specialiter, sua singulariter”.

 

[3] Regola di Abelardo cap. 7,15 – “Seguendo, dunque, questa disposizione, noi vogliamo che i monasteri delle donne siano sempre sottoposti ai monasteri degli uomini, così che i fratelli si prendano cura delle sorelle e uno solo sia a capo di entrambi come un padre, alla cui autorità guardino entrambi i monasteri e di entrambi per così dire «si abbia un solo ovile e un solo pastore» nel Signore”.


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25 marzo 2017        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net