La Carta caritatis
Claudio Stercal
Estratto da “Stefano Harding: elementi biografici e testi”
Editoriale Jaca Book, 2001
La “Carta caritatis"
Negli anni dell’abbaziato di Stefano a Cîteaux
(1109-1133) proseguì anche lo sviluppo dell’abbazia di Cîteaux,
con altre fondazioni: Preuilly (Prulliacum) nel 1118, La Cour-Dieu
(Curia- Dei) e Bonnevaux (Bona-vallis) nel 1119, L’Aumône
(Eleemosyna) e Le Loroux (Oratorium) nel 1121, La Bussière (Buxeria),
Le Miroir (Miratorium) e Sant’Andrea di Sestri (S. Andreas de
Sexto) nel 1131. Il numero crescente delle fondazioni favorì la nascita
e lo sviluppo, durante l’abbaziato di Stefano, di un sistema di regolazione
dei rapporti tra le fondazioni e l’abbazia-madre di Cîteaux, i cui criteri
base sono formulati nella costituzione fondamentale dell’Ordine: la Carta
caritatis.
Il senso e il valore della Carta caritatis ci sono indicati da uno
dei documenti “ufficiali” dell’Ordine cisterciense: l’Exordium Cistercii.
A proposito di Stefano, l’EC, redatto negli anni immediatamente successivi
alla sua morte (1134)
[1], ricorda la sua origine inglese e ne
elogia l’impegno nella vita monastica: «anglo di origine, amante ardente e
discepolo fedelissimo della vita religiosa, della povertà e della disciplina
della regola (homo natione Anglicus, religionis, paupertatis,
disciplinaeque regularis ardentissimus amator, fidelissimus aemulator)»
[2]. Sottolinea poi l’intelligenza
e l’equilibrio con i quali egli procedette alla stesura della Carta
caritatis: «Sin dall’inizio, quando la nuova pianta cominciava a far
germogliare nuovi rami, il venerabile padre Stefano, con attenta sagacia (venerabilis
pater Stephanus sagacitate pervigili), provvide alla stesura di uno
scritto di straordinario discernimento (mirae providerat discretionis
scriptum), come uno strumento per la potatura, in grado cioè di recidere
i germogli di separazioni che, un giorno o l’altro, crescendo, avrebbero
potuto soffocare il frutto nato dalla pace vicendevole. Perciò,
opportunamente, egli volle che quello scritto fosse chiamato “Carta di
carità” (Cartam caritatis), poiché tutto il suo contenuto è ispirato
solo alla carità (quod ea tantum quae sunt caritatis tota eius series
redoleat), al punto che non sembra trattare quasi di nient’altro che di
questo: “Non abbiate alcun debito con nessuno se non quello di amarvi
vicendevolmente” (cfr. Rm 13,8)»
[3].
Noi, purtroppo, non conosciamo la Carta caritatis nella sua forma
originaria, quella che, presumibilmente, fu redatta all’epoca delle prime
fondazioni
[4].
Ne conosciamo, invece, una versione rielaborata negli anni successivi,
che ricevette l’approvazione ufficiale il 23 dicembre 1119, con la bolla
Ad hoc in apostolicae di papa Callisto II. Questa redazione è stata
ritrovata da Josip Turk, nel 1939, nel ms 31 della Biblioteca universitaria
di Lubiana
[5]. Egli stesso la chiamò Carta
caritatis prior (= CC1), per distinguerla dalla redazione allora
conosciuta che veniva considerata il testo originario della Carta
caritatis, ma che in realtà è il frutto di una serie di modifiche
apportate alla Carta caritatis e che per questo viene oggi chiamata
Carta caritatis posterior (= CC2). Quest’ultimo è il testo approvato
da Alessandro III il 5 agosto 1165 con la bolla Sacrosanta Romana
Ecclesia. Questa bolla è, in realtà, la quinta con lo stesso nome. Le
cinque bolle
pontificie hanno accompagnato nell’arco di tredici anni, a partire dal 1
agosto 1152, l’approvazione di testi leggermente modificati della Carta
caritatis
[6], ed è difficile oggi
ricostruire con precisione quali fossero i testi oggetto delle cinque
approvazioni pontificie.
È possibile, però, intuire quale sia stato l’influsso della Carta
caritatis sulla vita non solo dell’Ordine cisterciense, ma anche degli
altri ordini religiosi. A questo proposito si è soliti citare la
costituzione dodicesima del Concilio Lateranense IV, nella quale, nel 1215,
viene prescritto agli abati «di ogni regno o provincia» di tenere ogni tre
anni, sul modello proposto dalla Carta caritatis cisterciense, un
capitolo generale. Anzi, riconoscendo la consolidata esperienza
cisterciense, la costituzione conciliare prevede che a ogni capitolo
generale debbano essere invitati due abati cisterciensi di qualche monastero
delle vicinanze, ai quali affidare, affiancando a loro due degli altri
abati, la presidenza dei lavori del capitolo
[7].
[1]
L’EC viene oggi normalmente datato negli anni immediatamente
successivi alla morte di Stefano (1134). Si hanno buoni motivi per
attribuirlo a un monaco di Clairvaux, il cui pensiero e le cui
espressioni possono essere considerate vicine a quelle di Bernardo.
Per Chrysogonus Waddell l’autore potrebbe essere identificato in
Rainardo di Bar, monaco di Clairvaux e successore di Stefano (cfr.
Waddell 1999, pp. 159-161).
[2]
Cfr. EC n,7.
[3]
Cfr. EC 11,12-13.
[4]
Si è spesso affermato che la prima notizia “ufficiale” della
Carta caritatis (et unanimitatis) si trova nel documento di
fondazione di Pontigny, fondazione realizzata il 31 maggio 1114: «Eo
tempore, accensu et dono auctoritateque donni Humbaldi episcopi et
totius capituli ecclesiae suae ac venerabilis sacerdotis Ansii,
suscepit donnus Stephanus abbas Pontiniaci ecclesiam ad abbatiam in
ibi ordinandam. Cartam vero caritatis et unanimitatis inter novum
monasterium et abbatias ab eo propagatas compositam et corroboratam
idem pontifex et canonicorum conventus ratam per omnia habuerunt»
(Le premier cartulaire de l’abbaye cistercienne de Pontigny [Xlle-Xllle
siècles], ed.
M. Garrigues, [Collection de documents inédits sur l’histoire de
France. Section de philologie et d’histoire jusq’au 1610. Sèrie in
8°, 14] Bibliothèque Nationale, Paris 1981, p. 153); cfr. sopra,
n. 57.
Tuttavia, si deve segnalare che questo documento potrebbe essere
stato redatto dopo la morte di Guglielmo, conte di Nevers, che nel
documento viene ricordato come bonae famae e che morì nel
1147.
[5]
Ljubljana, Narodna in univerzitetna knjiznicz (Biblioteca
dell’università), ms 31. Il manoscritto, datato verso il 1147,
proviene dal monastero di Stična, che si trova nella diocesi di
Liubljana ed è stato fondato nel 1135, dall’abbazia di Reun, nella
linea di Morimond (cfr. Waddell 1999, p. 52).
[6]
Le cinque bolle sono state emanate da Eugenio III,
Sacrosanta Romana Ecclesia ( 1 agosto 1152); Anastasio IV,
Sacrosanta Romana Ecclesia (9 dicembre 1153); Adriano IV,
Sacrosanta Romana Ecclesia (18 febbraio 1157); Alessandro
III, Sacrosanta Romana Ecclesia (15 ottobre 1163);
Alessandro III, Sacrosanta Romana Ecclesia (5 agosto
1165). Cfr. sotto, testo.n° 6.1.
[7]
«In singulis regnis sive provinciis fiat de triennio in triennium,
salvo iure dioecesanorum pontificum, commune capitulum abbatum atque
priorum abbates proprios non habentium, qui non consueverunt tale
capitulum celebrare [...]. Advocent autem caritative in huius
novitatis primordiis duos Cisterciensis ordinis abbates vicinos, ad
praestandum sibi consilium et auxilium opportunum, cum sint in
huiusmodi capitulis celebrandis ex longa consuetudine plenius
informati. Qui absque contradictione duos sibi de ipsis associent,
quos viderint expedire; ac ipsi quatuor praesint capitulo universo,
ita quod ex hoc nullus eorum auctoritatem praelationis assumat,
unde, cum expedierit, provida possint deliberatione mutari.
Huiusmodi vero capitulum aliquot certis diebus continue iuxta morem
Cisterciensium celebretur» (Concilio Lateranense IV,
Constitutio XII: De communibus capitulis monachorum, in
Conciliorum Oecumenicorum Decreta, edd. G. Alberigo-G.L.
Dossetti-P.-P. Joannou-C. Leonardi-P. Prodi, EDB, Bologna
1991, pp. 240-241).
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a cura di Alberto "da Cormano"