San Benedetto d'Aniane

Ildebrando Mannocci, O.S.B.

Estratto da "Bibliotheca Sanctorum", Vol. 2 - Città Nuova Editrice, 1962


 

BENEDETTO d’Aniane, santo. Nacque nel 750 ca. da aristocratica famiglia visigota; fu a servizio di Pipino, poi di Carlo Magno. A ventisette anni, consigliato da un solitario, risolvette d’entrare nel monastero di Saint-Seine presso Digione (774 ca.) in seguito alla promessa di consacrarsi a Dio per lo scampato pericolo incorso a Pavia mentre tentava di portare in salvo il fratello caduto nel Ticino. Verso il 780, dopo cinque anni e mezzo di vita monastica, alla morte dell’abate ricusò di succedergli per non governare monaci di costumi rilassati e si ritirò a vita solitaria presso il fiumicello Aniane (Linguadoca).

Qui incominciò un triplice esperimento di vita monastica: dapprima alla regola di s. Benedetto preferì la pratica delle regole di s. Basilio e s. Pacomio. I primi discepoli che si radunarono presso di lui, spaventati dal regime penitenziale, lo abbandonarono in breve tempo. A questo primo tentativo ne successe un altro più fortunato: non si osservava ancora la regola di s. Benedetto, tuttavia era stato moderato il rigido regime di austerità: i discepoli accorsero numerosi e per essi B. edificò un monastero, sempre però in grande povertà. Verso il 787 finalmente la regola di s. Benedetto prese nel suo animo il sopravvento: costruì una nuova chiesa ed un nuovo monastero secondo lo spirito benedettino, con larghezza di mezzi. Si era operato in B. un orientamento più deciso, di cui non conosciamo l’origine, verso il patriarca di Montecassino; era ormai cosciente che per gli occidentali non c’era regola più adatta di quella benedettina.

La fama di B. giunse ben presto a corte dove fu invitato; egli ne approfittò per ottenere da Carlo Magno lettere di immunità per il suo monastero e la libertà di eleggere l’abate. Il suo zelo non si limitò alla sua comunità, ma ben presto lo spinse a visitare i monasteri dei dintorni, per ammaestrarne i monaci e beneficarli con generose elemosine. Ad Aniane il numero dei discepoli crebbe rapidamente fino a trecento. B. ampliò le costruzioni, poi cominciò a creare nuovi monasteri. Ogni fondazione ospitava venti monaci ma, rimanendo sotto la sua giurisdizione, essi potevano ritornare ad Aniane, dove erano considerati sempre di famiglia. È questo il primo tentativo di congregazione nell’ordine benedettino.

Ludovico il Pio diede a B. l’incarico di riformare tutti i monasteri d’Aquitania, compito che egli assolse con zelo. Divenuto poi imperatore, ed estesa la speciale autorità del santo a tutti i monasteri di Francia, Ludovico, per averlo più vicino, costruì a sei miglia di distanza dalla sua residenza abituale di Aix-la-Chapelle (o Aquisgrana) il monastero che, detto oggi di Cornelimünster, prendeva allora il nome di Inden dal ruscello che bagnava la vallata in cui fu edificato (815-816). B. lo popolò con trenta monaci scelti con cura tutta particolare dai diversi monasteri. L’anno seguente (817) ad Aix-la-ChapelIe (o Aquisgrana) si celebrò una memorabile assemblea generale dei Benedettini di cui il santo fu l’anima, come ne era stato il promotore. Scopo della grande adunata fu di unificare i monasteri sotto un medesimo indirizzo monastico.

Il Capitulare Institutum che ne risultò, composto di 75 capitoli, è come il primo codice generale da osservarsi in tutta una regione per regolare i casi non previsti dalla regola e dilucidare o abrogare prescrizioni sorpassate od ormai impraticabili: è il primo tentativo di rielaborazione della regola di S. Benedetto.

L’imperatore approvò questo capitolare, ne ordinò l’esecuzione in tutti i monasteri e stabilì degli ispettori che ne controllassero l’osservanza e ne curassero l’interpretazione. Così una sola e medesima osservanza doveva regnare in tutte le fondazioni fin nei particolari più minuti. B. volle fare del suo monastero d’Inden il modello della perfetta osservanza; un ordine imperiale obbligava tutte le abbazie ad inviarvi uno o due monaci per la loro formazione. L’imperatore concesse anche, per istanza di B., particolari favori ai monasteri.

Ma l’opera del santo non si arrestò esclusivamente alla vita monastica. Lo zelo per le anime gli faceva predicare infaticabilmente la parola di Dio nei romitori come nei crocicchi delle strade.

Al concilio di Aix-la-Chapelle (o Aquisgrana), tenuto nell’anno 813, notevole fu la sua opera per una assidua e competente predicazione. Per parecchi giorni spiegò ai Padri il senso dei canoni e le omelie di s. Gregorio, sostenne il dovere e insegnò la maniera di predicare la parola di Dio. Infatti il concilio emanò delle leggi su questo grave obbligo degli ecclesiastici.

B. fu, inoltre, accanto ad Alenino, che gli indirizzò il suo Libellus ad versus Felicis Haeresim, uno dei campioni dell’ortodossia contro l’eresia degli adozianisti. Già da Carlo Magno fu inviato insieme a due altri prelati nella marca di Spagna per predicarvi la vera dottrina, esaminare la situazione, sollecitare e persuadere Felice d’Urgel, il capo dell’eresia, a presentarsi al concilio, tenutosi il quale B. fu incaricato di un altro viaggio che ebbe ottimi risultati. Contro l’eresia egli scrisse anche tre trattati.

B. morì a Cornelimünster l’11 febb. 821.

Diversi e contrastati sono i criteri di valutazione dell’opera di B. in favore del monachesimo benedettino. È certo che col suo zelo infaticabile e con i suoi scritti egli riportò i monasteri franco-germanici alla pratica della vita benedettina dalla quale si erano scostati quasi completamente, fece rifiorire la vita interiore con lo sviluppo dato alla liturgia e ovviò, anche se non completamente, ad abusi che avrebbero portato all’estinzione di tante comunità. Non mancano però coloro i quali fanno un appunto al suo modo di concepire la vita monastica, che talora si discosta dallo spirito della regola di s. Benedetto, ad esempio per avere egli introdotto il così detto movimento ritualista che, attraverso lui, durerà fin quasi ai nostri giorni, col quale si rompeva quel sano equilibrio fra preghiera e lavoro che è la caratteristica della regola benedettina. A lui infatti risalgono le preghiere supererogatorie quali i 15 salmi graduali quotidiani, i 10 salmi d’inverno e 5 d’estate dopo Compieta, la trina orario, forse la recita quotidiana dell’Ufficio dei Defunti; egli favorì anche l’estraniarsi dal mondo in un ritiro che avrebbe voluto escludere perfino le scuole monastiche per gli allievi secolari.

D’altra parte il piano di B., il quale aspirava alla uniformità assoluta, anche nei minimi particolari e nell’accentramento dei monasteri quasi come negli Ordini e Congregazioni moderni, fu accettato solo in parte e disparve durante le lotte fratricide dei successori di Ludovico il Pio e l’invasione normanna.

Dell’opera di B. rimase la tendenza verso una centralizzazione, il bisogno di dichiarazioni alla regola, lo sviluppo della liturgia, alieno dalla semplicità primitiva della regola di Montecassino. Cluny dopo più di un secolo erediterà questo spirito e attraverso esso tutto l’occidente monastico si sentirà tributario di B. d’Aniane, sicché dopo il grande fondatore di Norcia nessuno ha più di lui influenzato i destini del monachesimo occidentale.

B. era fornito di una larga cultura teologica e patristica. Egli scrisse il Liber ex regulis diversorum Patrum collectio che fu pubblicato per la prima volta da L. Holstein nel 1661 a Roma col titolo che gli è rimasto di Codex Regularum; la Concordia Regularum, vero commento alla regola benedettina mediante testi di altre regole (H. Ménard, Parigi 1638, poi in PL, CIII, coll. 702-80). La Vita di B. ci informa che il santo compose molte omelie. Alcuni le credono perdute, altri pensano che siano quelle pubblicate dopo il Codex Regularum. A B. vanno attribuite due raccolte di sentenze o frammenti, spesso assai lunghi, tratti dalle opere di diversi Padri e forse un trattato De Virtutibus, ancora manoscritti. Molti regolamenti monastici, se non sono di sua dettatura, devono a lui l’ispirazione. A lui si deve il Capitulare Monasticum dell’817; forse l’Institutio canonicorum e l’Institutio sanctimonialium dell’816; gli Excerptus diversarum modus poenitentiarum (PL, CIII, coll. 1412-1420); i Capitula qualiter observationes sacrae (ed. B. Albers, Consuetud. Monast., III, pp. 112-114); l’Ordo Regularis apud eos qui in arce regulari pollent (ibid pp. 14-18); forse i Capitula notitiarum (ibid., pp. 95-103); l’opera Testimoniorum nubecula, contro l’adozianismo (PL, CIII, coll. 1381-1390); la Disputatio adversus Felicianam impietatam (ibid., coll. 1399-1413); la Confessio Fidei (ibid., coll. 1414-1417). Della voluminosa corrispondenza che esigevano la sua attività e le sue vaste relazioni, e di cui parla il biografo, non ci sono rimaste che tre lettere soltanto (MGH, Script., XV, I parte, pp. 219-20; Epist., IV, pp. 561-63).

 

 

Bibliografia:

- Vita Benedicti Abbatis Anianensis et Indensis auctore Ardone, in MGH, Script., XV, I parte, pp. 198- 220 e in PL, CIII, coll. 351-90;

- B. Albers, Consuetudines Monasticae, III, Montecassino 1907;

- J. Semmler, Corpus consuetudinum Monasticarum, I Siegburg 1963. (Aggiunta del redattore del sito)

- J. Mabillon, Annales Ord. S. Bened., II, passim ;

- F. Ardy, La vie et l’oeuvre de Saint Benoît d’Aniane, Parigi 1888;

- J. E. Saumade, Vie de Saint Benoît d’Aniane, 1889;

- E. Lesne, Les ordonnances monastiques de Louis le Pieux et la « Notitia de servitio monasteriorum », in Rev. Hist. de l’Église de France, VI (1920), pp. 161, 321, 429 sgg.;

- Ph. Schmitz, in DHGE (Dictionnaire d'histoire et de géographie ecclésiastiques), VIII, coll. 177 sgg.;

- S. Dulcy, La règle de St. Benoît et la réforme monastique à l’époque carolingienne, Nîmes 1935;

- Ph. Schmitz, Histoire de l’ordre de St. Benoît, I, Maredsous 1942, pp. 80-148;

- R. Rios, Corona Sanctorum anni benedictini (seu Menologium), 11 febb., Ramsgate 1948; L. Oliger, in Enc. Catt., II, coll. 1262-63.

 


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5 marzo 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net