ALIPIO DI TAGASTE

LA DISCIPLINA DEL MONASTERO - ORDO MONASTERII

(Estratto da " Eugippio - La Regola"- Ed. Citta Nuova 2005.

 I versetti 1-29 del 1° capitolo della Regola di Eugippio (scritta nel 530 circa)

corrispondono esattamente all'Ordo Monasterii di Alipio.)

Link al testo latino con italiano a fronte

1. Prima di tutto, fratelli carissimi, amiamo Dio e, poi, anche il prossimo (cfr. Mt 22,27-40), perché questi sono i precetti dati a noi principalmente.

2. Ora, descriveremo come dobbiamo pregare o salmodiare, 3. cioè: nel mattutino si dicano tre salmi: il 62, il 5 e 1'89; 4. all’[ora] terza si dica un salmo con il responsorio, poi due antifone, una lezione e la preghiera conclusiva; in modo simile [si reciti] all’[ora] sesta e all’[ora] nona; 5. al lucernario, invece, un salmo responsoriale, quattro antifone, ancora un salmo responsoriale, una lezione e la preghiera conclusiva. 6. E a tempo opportuno, dopo il lucernario, stando tutti seduti, si leggano le lezioni; dopo questo, ancora, si dicano i salmi consueti prima di coricarsi 0). 7. Le preghiere notturne, invece, [sono le seguenti]: dodici antifone, sei salmi, tre lezioni, in novembre, dicembre, gennaio e febbraio; 8. dieci antifone, cinque salmi, tre lezioni, in marzo, aprile, settembre e ottobre; 9. otto antifone, quattro salmi, due lezioni, in maggio, giugno, luglio e agosto 1).

10. [I fratelli] lavorino dal mattino fino all’[ora] sesta 2), e dall’[ora] sesta fino all’[ora] nona si dedichino alla lettura, e all’[ora] nona restituiscano i codici; 11. e dopo il pasto lavorino fino all'ora del lucernario 3), o nell’orto, o dovunque sarà necessario 4).

12. Nessuno rivendichi alcunché come proprio, sia nei vestiti, sia in qualunque altra cosa, 13. poiché vogliamo vivere conformemente alla vita degli apostoli (cfr. At 4,32).

14. Nulla si faccia mormorando, per non perire con la stessa sentenza dei mormoratori (cfr. 1 Cor 10,10, Nm 14,1-37, Sal 94 (95),7-11).

15. [I fratelli] ubbidiscano fedelmente. Onorino il loro padre [subito] dopo Dio, al loro superiore diano la deferenza come si addice ai santi.

16. Seduti a mensa tacciano, ascoltando le letture 5). 17. Se [poi] ci fosse bisogno di qualcosa, se ne preoccupi il loro superiore 6). 18. Come è stato stabilito, il sabato e la domenica coloro che vogliono prendano del vino.

19. Se sarà necessario uscire a causa di qualche bisogno del monastero, escano in due. 20. Nessuno mangi o beva fuori del monastero senza il permesso; infatti, ciò non è conforme alla disciplina monastica. 21. Nel caso si mandino dei fratelli a vendere i prodotti del monastero, [questi] abbiano grande cura di non fare niente contro ciò che è prescritto, sapendo che è Dio che irritano nei suoi servi. 22. Qualora comprino qualcosa per le necessità del monastero, agiscano con cura e fedeltà, come servi di Dio.

23. Non ci siano tra di loro parole inutili. 24. Vadano al proprio lavoro fin dal mattino. Dopo le preghiere dell’[ora] terza ritornino allo stesso modo al proprio lavoro. 25. Non si fermino a intrecciare chiacchiere, a meno che non si tratti di qualcosa che sia utile all’anima, 26. ma tacciano mentre lavorano, eccetto che la necessità stessa del lavoro non esiga che si dica qualcosa.

27. Se qualcuno, però, non cercherà con tutte le [sue] forze, con l’aiuto della misericordia del Signore, di compiere questi [precetti], ma [li] disprezzerà con volontà caparbia, e dopo una ripetuta ammonizione non si sarà emendato, sappia che dovrà sottoporsi alla disciplina del monastero, come è necessario. 28. E se la sua età non lo impedisce, sia anche battuto 7).

29. Osservando, invece, fedelmente e piamente tutti questi [precetti] nel nome di Cristo, voi stessi farete progressi, e a noi ne deriverà una grande letizia per la vostra salvezza. Amen.

 


NOTE (ricavate da diversi testi, a cura del redattore del sito)

 

0). I  "salmi consueti prima di coricarsi" sono considerati come conosciuti dalla comunità. L'usanza della preghiera prima di coricarsi era già nel monachesimo della Tebaide. Si veda la Regola di sant'Antonio 80: "prima di andare a letto, prega molto". Ed anche nel monachesimo basiliano. Si veda Basilio, Regulae fusius tractatae 37,5: "All'inizio della notte avremo bisogno di pregare nuovamente per procurarci un riposo tranquillo e libero da sogni; in questo tempo si dirà ancora il salmo cinquantesimo". 

1). Questa liturgia monastica ha un forte carattere orientale. Ciò confermerebbe l'ipotesi di L. Verheijen, secondo il quale Alipio avrebbe redatto l'Ordo monasterii dopo il viaggio in Palestina, immediatamente prima della sua consacrazione episcopale nel 394. (Da "Eugippio - la Regola")

Le denominazioni degli elementi di ogni Ora designano il modo in cui i salmi devono essere recitati. Secondo questa terminologia arcaica, psalmus indica che il salmo è cantato interamente da parte di tutti: psalmus responsorius o ad respondendum, significa che deve essere cantato da uno solo, mentre gli altri si accontentano di ascoltare. Antiphona, significa che il coro, ripartito in due gruppi, prende alternativamente parte alla salmodia. (Da "Revue Bénédictine" t.XLII, 1930)

2). A Roma la suddivisione del giorno avveniva in due parti, dies (ore di luce) e nox (ore di buio); queste ultime non erano considerate come parte del giorno, bensì come una specie di "buco" tra un dies e quello successivo.
Le ore di luce (horae) erano dodici, suddivise in tempus antemeridianum e pomeridianum dalla parte centrale della giornata, meridies. Tuttavia la loro durata era assai variabile, tenendo conto che il periodo soleggiato a fine giugno (solstizio estivo) andava dalle 4:30 alle 19:30, circa quindici ore, ma a fine dicembre (solstizio invernale) durava dalle 7:30 alle 16:30 (circa nove ore). E poiché le horae erano la dodicesima parte del periodo di luce, a Roma l'ora poteva durare da un minimo di 45 minuti a un massimo di un'ora e un quarto (con altre variazioni a seconda della latitudine).
Per ragioni militari, anche la notte era suddivisa in quattro periodi di tre ore l'uno circa, detti vigiliae,che corrispondevano ai turni di guardia delle sentinelle. Anche il dies era infatti suddiviso secondo questo schema in altrettanti periodi di circa tre ore l'uno: hora tertia, hora sexta, hora nona e hora duodecima (o vespera).
Tale suddivisione del giorno in due parti di quattro periodi l'una, ciascuno dei quali di circa tre ore, proseguì nel medioevo, dove assunse il carattere di ora canonica, sempre suddivisa in otto periodi liturgici denominati mattutino, lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta (pur non coincidendo più esattamente coi turni militari romani).

3). In latino lucernarium è l'ora di accendere le lampade: per questo motivo l'ufficio recitato al tramonto del sole ha preso questo nome. In questo contesto corrisponde all'ufficio dei vespri.

4). Questo orario è molto simile a quello esposto in un apoftegma dei Padri del Deserto che recita così: "Riferivano che chi viveva nel monastero delle Celle (situato a Nitria, a sud di Alessandria), seguiva la seguente regola: dormiva quattro ore per notte, sostava quattro ore per la sinassi e lavorava più di quattro ore. Durante il giorno lavorava ancora fino all’ora sesta, leggeva dalla sesta alla nona ora e intrecciava fronde di palma (per farne cesti od altri oggetti utili) per il suo sostentamento; in seguito, dopo l’ora nona, pensava al suo cibo. Considerava la propria cella come un accessorio (parergion). In questo modo riempiva la giornata." (Serie sistematica greca XX,14).

5). Come dice Cassiano, Istituzioni IV, 17: "Noi sappiamo che l’uso invalso e diffuso di tenere letture sacre durante la refezione dei fratelli non deriva da una regola dei monaci egiziani, ma dai cappadoci".

Si veda per esempio Basilio, Regulae brevius tractatae: "Domanda 180: Con quale disposizione d’animo e quale attenzione dobbiamo ascoltare quelli che ci fanno la lettura durante il pasto?

Risposta: Con maggiore piacere di quello che abbiamo nel mangiare e nel bere, affinché la mente non si mostri distratta nei piaceri del corpo, ma anzi goda di più delle parole del Signore che di essi, con la stessa disposizione d’animo di colui che disse: Sono più dolci del miele e del favo (Sal 18,11)".  

6). Si veda ancora Cassiano, Istituzioni IV, 17: "In realtà, presso gli egiziani, e soprattutto presso i monaci di Tabennesi, tutti praticano un tale silenzio che, per quanto sia così grande il numero di coloro che insieme si recano e si siedono a mensa, nessuno oserebbe mettersi a parlare anche sottovoce, se si eccettua il capo d’ogni gruppo di dieci; se poi egli s’accorgerà che sia necessario recare qualche cosa alla mensa oppure ritirarla, interverrà, ricorrendo di preferenza a un segnale anziché alla voce".

7). L'unico esempio conosciuto in cui è stata inflitta questa punizione nelle comunità di sant'Agostino lo si trova nella Lettera 20* [290], 5 (Lettera a Fabiola) scritta ad Ippona nel 422-423: "C'era nel nostro monastero un tale che... per essere stato trovato a parlare da solo con alcune religiose in un'ora inopportuna era stato sottoposto alla fustigazione dal superiore e aveva quindi perso la reputazione". (Da "Saint Augustine - The Monastic Rules", Augustinian Heritage Institute 2004)

 


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16 febbraio 2021        a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net