REGOLA DI SANT'AGOSTINO
(o Regola per i Servi di Dio o Praeceptum)
Estratta dal sito dell'Ordine di Sant'Agostino: agostiniani.it
Link al testo latino con italiano a fronte
Prologo
Capitolo 1 - Scopo e fondamento della vita comune
Capitolo 2 - La preghiera
Capitolo 3 - Frugalità e mortificazione
Capitolo 4 - Custodia della castità e correzione
fraterna
Capitolo 5 - Oggetti d'uso quotidiano e loro custodi
Capitolo 6 - Il condono delle offese
Capitolo 7 - Spirito dell'autorità e dell’obbedienza
Capitolo 8 - Osservanza della Regola
Prologo
1. Fratelli carissimi, si ami anzitutto Dio e quindi
il prossimo, perché sono questi i precetti che ci vennero dati come
fondamentali.
2. Questi poi sono i precetti che prescriviamo a voi
stabiliti nel monastero.
Capitolo 1 - Scopo e fondamento della vita
comune
3. Il motivo essenziale per
cui vi siete insieme riuniti è che viviate unanimi nella casa (Cfr. Sal 68 (67),
7) e abbiate una sola
anima e un sol cuore protesi verso Dio (Cfr. At 4, 32).
4. Non dite di nulla: "E' mio", ma tutto sia comune
fra voi. Il superiore distribuisca a ciascuno di voi il vitto e il vestiario;
non però a tutti ugualmente, perché non avete tutti la medesima salute, ma ad
ognuno secondo le sue necessità. Infatti così leggete negli Atti dagli Apostoli:
Essi avevano tutto in comune e si distribuiva a ciascuno secondo le sue
necessità (At 4, 32: 35).
5. Chi, da secolare, possedeva dei beni, entrato che
sia nel monastero, li trasmetta volentieri alla Comunità.
6. Chi poi non ne possedeva, non ricerchi nel
monastero ciò che nemmeno fuori poteva avere. Tuttavia si vada incontro ai
bisogni della sua insufficienza, anche se, quando egli si trovava fuori, la sua
povertà non era neppure in grado di procurargli l'indispensabile. Solo che non
si ritenga felice per aver conseguito quel vitto e quelle vesti che fuori non si
poteva permettere.
7. Né si monti la testa per il fatto di essere
associato a chi, nel mondo, nemmeno osava avvicinare, ma tenga il cuore in alto
e non ricerchi le vanità della terra, affinché i monasteri, se ivi i ricchi si
umiliano e i poveri si vantano, non comincino ad essere utili ai ricchi e non ai
poveri.
8. D’altra parte, quelli che credevano di valere
qualcosa nel mondo, non disdegnino i loro fratelli che sono pervenuti a quella
santa convivenza da uno stato di povertà. Vogliano anzi gloriarsi non della
dignità di ricchi genitori ma della convivenza con i fratelli poveri. Né si
vantino per aver trasferito alla Comunità qualche parte dei loro beni; né il
fatto di distribuire al monastero le loro ricchezze, anziché averle godute nel
mondo, costituisca per essi motivo di maggiore orgoglio. Se infatti ogni altro
vizio spinge a compiere azioni cattive, la superbia tende insidie anche alle
buone per guastarle; e che giova spogliarsi dei propri beni dandoli ai poveri e
diventare povero, se la misera anima nel disprezzare le ricchezze diviene più
superba che non quando le possedeva?
9. Tutti dunque vivete unanimi e concordi e, in voi,
onorate reciprocamente Dio di cui siete fatti tempio (Cfr. 1 Cor 3, 16).
Capitolo 2 - La preghiera
10. Attendete con
alacrità alle preghiere nelle ore e nei tempi stabiliti.
11. L'oratorio sia adibito esclusivamente
allo scopo per cui è stato fatto e che gli ha dato il nome. Se perciò qualcuno,
avendo tempo, volesse pregare anche fuori dalle ore stabilite, non ne sia
ostacolato da chi abbia ritenuto conveniente adibire l'oratorio a scopi diversi.
12. Quando pregate Dio con salmi ed inni, meditate nel
cuore ciò che proferite con la voce.
13. E non vogliate cantare se non quanto è prescritto
per il canto. Evitate quindi ciò che al canto non è destinato.
Capitolo 3 - Frugalità e mortificazione
14. Domate la vostra carne con
digiuni ed astinenza dal cibo e dalle bevande, per quanto la salute lo permette.
Ma se qualcuno non può digiunare, non prenda cibi fuori dell'ora del pasto se
non quando è malato.
15. Sedendo a mensa e finché non vi alzate, ascoltate
senza rumore e discussioni ciò che secondo l’uso vi si legge, affinché non si
sfami soltanto la gola, ma anche le orecchie appetiscano la parola di Dio.
16. Se alcuni vengono trattati con qualche riguardo
nel vitto perché più delicati per il precedente tenore di vita, ciò non deve
recare fastidio né sembrare ingiusto a quegli altri che un differente tenore ha
reso più forti. Né devono crederli più fortunati perché mangiano quel che non
mangiano essi; debbono anzi rallegrarsi con se stessi per essere capaci di
maggiore frugalità
17. Così pure, se a quanti venuti in monastero da
abitudini più raffinate si concedono abiti, letti e coperte che non si danno
agli altri che sono più robusti e perciò veramente più fortunati, quest'ultimi
devono considerare quanto i loro compagni siano scesi di livello passando dalla
loro vita mondana a questa, benché non abbiano potuto eguagliare la frugalità di
coloro che sono di più forte costituzione fisica. E poi, non debbono tutti
pretendere quelle cose che sono concesse in più ad alcuni non per onore ma per
tolleranza, onde evitare quel disordine detestabile per cui in monastero i
ricchi si mortificano quanto più possono, mentre i poveri si fanno schizzinosi.
18. D'altra parte, siccome gli ammalati devono mangiar
meno per non aggravarsi, durante la loro convalescenza dovranno esser trattati
in modo da potersi ristabilire al più presto, anche se provenissero da una
povertà estrema; infatti la recente malattia ha loro procurato quello stato di
debolezza che il precedente tenore di vita aveva lasciato nei ricchi. Ma appena
si siano ristabiliti, tornino alla loro vita normale, che è certamente più
felice, poiché è tanto più consona ai servi di Dio quanto meno è esigente. Ormai
guariti, il piacere non li trattenga in quella vita comoda a cui li avevano
sollevati le esigenze della malattia. Si considerino anzi più ricchi se saranno
più forti nel sopportare la frugalità, perché è meglio aver meno bisogni che
possedere più cose.
Capitolo 4 - Custodia della castità e
correzione fraterna
19. Il vostro abito non sia
appariscente; non cercate di piacere per le vesti ma per il contegno.
20. Quando uscite, andate insieme ed insieme rimanete
quando sarete giunti a destinazione.
21. Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro
atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia
consono al vostro stato di consacrazione.
22. Gli occhi, anche se cadono su qualche donna, non
si fissino su alcuna. Certo, quando uscite, non vi è proibito veder donne, ma
sarebbe grave desiderarle o voler essere da loro desiderati, perché non soltanto
con il tatto e l'affetto ma anche con lo sguardo la concupiscenza di una donna
ci provoca ed è a sua volta provocata. E perciò non dite di avere il cuore
pudico se avete l'occhio impudico, perché l'occhio impudico è rivelatore di un
cuore impudico. Quando poi due cuori si rivelano impuri col mutuo sguardo, anche
senza scambiarsi una parola, e si compiacciono con reciproco ardore del
desiderio carnale, la castità fugge ugualmente dai costumi anche se i corpi
rimangono intatti dall'immonda violazione,
23. Ed inoltre chi fissa gli occhi su una donna e si
diletta di essere da lei fissato, non si faccia illusione che altri non notino
questo suo comportamento; è notato certamente e persino da chi non immaginava.
Ma supposto che rimanga nascosto e nessuno lo veda, che conto farà di Colui che
scruta dall'alto e al quale non si può nascondere nulla? (Cfr. Pr 24, 12)Dovrà forse credere che
non veda, perché nel vedere è tanto più paziente quanto più è sapiente? L'uomo
consacrato tema dunque di spiacere a Dio per non piacere impuramente ad una
donna (Cfr. Pr 24, 18); pensi che Dio vede tutto, per non desiderare di vedere impuramente una
donna, ricordando che anche in questo caso si raccomanda il Suo santo timore
dov'è scritto: E' detestato dal Signore chi fissa lo sguardo (Pr 27, 20: LXX).
24. Quando dunque vi trovate insieme in chiesa e
dovunque si trovino pure donne, proteggete a vicenda la vostra pudicizia.
Infatti quel Dio che abita in voi, vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo
cioè di voi stessi .
25. E se avvertite in qualcuno di voi questa petulanza
degli occhi di cui parlo, ammonitelo subito, affinché il male non progredisca ma
sia stroncato fin dall'inizio.
26. Se poi, anche dopo l'ammonizione, lo vedrete
ripetere la stessa mancanza in quel giorno o in qualsiasi altro, chiunque se ne
accorga lo riveli come se si trattasse di un ferito da risanare. Prima però lo
indichi ad un secondo o a un terzo, dalla cui testimonianza potrà essere
convinto e quindi, con adeguata severità, indotto ad emendarsi (Cfr. Mt 18, 16). Non giudicatevi
malevoli quando segnalate un caso del genere; al contrario non sareste affatto
più benevoli se tacendo permetteste che i vostri fratelli perissero, mentre
potreste salvarli parlando. Se infatti tuo fratello avesse una ferita e volesse
nasconderla per paura della cura, non saresti crudele nel tacerlo e pietoso nel
palesarlo? Quanto più dunque devi denunziarlo perché non imputridisca più
rovinosamente nel cuore?
27. Tuttavia, qualora dopo l'ammonizione abbia
trascurato di correggersi, prima di indicarlo agli altri che dovrebbero
convincerlo se nega, si deve parlarne preventivamente al superiore: si potrebbe
forse evitare così, con un rimprovero più segreto, che lo sappiano altri. Se
negherà, allora al preteso innocente si opporranno gli altri testimoni: alla
presenza di tutti dovrà essere incolpato non più da uno solo ma da due o tre
persone e, convinto, sostenere, a giudizio del superiore o anche del presbitero
competente, la punizione riparatrice. Se ricuserà di subirla, anche se non se ne
andrà via spontaneamente, sia espulso dalla vostra comunità. Neppure questo è
atto di crudeltà ma di pietà, per evitare che rovini molti altri col suo
contagio pestifero.
28. Quanto ho detto sull'immodestia degli occhi, si
osservi con diligenza e rettitudine anche nello scoprire, proibire, giudicare,
convincere e punire le altre colpe, usando amore per le persone e odio per i
vizi.
29. Chiunque poi fosse andato tanto oltre nel male da
ricevere di nascosto da una donna lettere o qualsiasi dono anche piccolo, se lo
confesserà spontaneamente gli si perdoni pregando per lui; se invece sarà colto
sul fatto e convinto, lo si punisca molto severamente, a giudizio del presbitero
o del superiore.
Capitolo 5 - Oggetti d'uso quotidiano e loro
custodi
30. Conservate i
vostri abiti in un luogo unico, sotto uno o due custodi o quanti basteranno a
ravviarli per preservarli dalle tarme; e, come siete nutriti da una sola
dispensa, così vestitevi da un solo guardaroba. Se possibile, non curatevi di
quali indumenti vi vengano dati secondo le esigenze della stagione, se cioè
riprendete quello smesso in passato o uno diverso già indossato da un altro;
purché non si neghi a nessuno l'occorrente (At 4, 35). Se invece da ciò sorgono tra voi
discussioni e mormorazioni, se cioè qualcuno si lamenta di aver ricevuto una
veste peggiore della precedente e della sconvenienza per lui di vestire come si
vestiva un altro suo confratello, ricavatene voi stessi una prova di quanto vi
manchi del santo abito interiore del cuore (Cfr. Tt 2, 3), dato che litigate per gli abiti del
corpo. Comunque, qualora questa vostra debolezza venga tollerata e vi si
consenta di riprendere quello che avevate deposto, lasciate nel guardaroba
comune e sotto comuni custodi quello che deponete.
31. Allo stesso modo nessuno mai lavori per se stesso
ma tutti i vostri lavori tendano al bene comune e con maggior impegno e più
fervida alacrità che se ciascuno li facesse per sé. Infatti, la carità di cui è
scritto che non cerca il proprio tornaconto (Cfr. 1 Cor 13, 5), va intesa nel senso che antepone le
cose comuni alle proprie, non le proprie alle comuni. Per cui vi accorgerete di
aver tanto più progredito nella perfezione quanto più avrete curato il bene
comune anteponendolo al vostro. E così su tutte le cose di cui si serve la
passeggera necessità, si eleverà l'unica che permane: la carità.
32. Ne consegue pure che, se qualcuno porterà ai
propri figli o ad altri congiunti stabiliti in monastero un oggetto, come un
capo di vestiario o qualunque altra cosa, non venga ricevuto di nascosto, anche
se ritenuto necessario; sia invece messo a disposizione del superiore perché,
posto fra le cose comuni, venga distribuito a chi ne avrà bisogno. Perciò se
qualcuno avrà tenuto nascosto l’oggetto donatogli, sia giudicato colpevole di
furto.
33. I vostri indumenti siano lavati secondo le
disposizioni del superiore da voi o dai lavandai: eviterete così che un
eccessivo desiderio di vesti troppo pulite contagi l'anima di macchie interiori.
34. Anche la lozione del corpo, quand'è necessaria per
ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si faccia su consiglio del
medico e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando
del superiore il malato faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lui
lo vuole e può risultargli dannoso, non si accondiscenda al suo desiderio:
talvolta ciò che piace è ritenuto utile, anche se nuoce.
35. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche
nascoste, si dovrà credere senza esitazione servo di Dio chi manifesta la
propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per
guarirlo giova ciò che gli piace.
36. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si
vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di portarsi in qualche luogo,
dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi gli sarà indicato dal superiore.
37. La cura degli ammalati, dei convalescenti e degli
altri che anche senza febbre soffrano qualche indisposizione, sia affidata ad
uno solo, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato
necessario a ciascuno.
38. I custodi della dispensa, del guardaroba e della
biblioteca servano con animo sereno i loro fratelli,
39. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore
stabilite; e non si diano a chi li chiederà fuori orario.
40. Ma vesti e calzature, se necessarie a chi le
chiede, vengano date senza indugio da chi le ha in custodia.
Capitolo 6 - Il condono delle offese
41. Liti non abbiatene mai, o
troncatele al più presto; altrimenti l'ira diventa odio e trasforma una paglia
in trave (Cfr. Mt 7, 3-5)e rende l'anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia
il proprio fratello è un omicida (1 Gv 3, 15).
42. Chiunque avrà offeso un altro con
insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi di riparare al
più presto il suo atto. E a sua volta l'offeso perdoni anche lui senza dispute.
In caso di offesa reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie
alle vostre preghiere che quanto più frequenti tanto più dovranno essere
sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall'ira, è però sollecito a impetrare
perdono da chi riconosce d'aver offeso, è certamente migliore di chi si adira
più raramente ma più difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si
rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore (Cfr. Mt 18, 35), sta nel monastero senza
ragione alcuna, benché non ne sia espulso. Astenetevi pertanto dalle parole
offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre i rimedi
da quella stessa bocca che diede origine alle ferite.
43. Quando però per esigenze di disciplina siete
indotti a usare parole dure nel correggere gli inferiori, non si esige da voi
che ne chiediate perdono, anche se avvertire di aver ecceduto: per salvare
un'umiltà sovrabbondante non si può spezzare il prestigio dell'autorità presso
chi deve starvi soggetto. Bisogna però chiederne perdono al Signore di tutti,
che sa con quanta benevolenza amiate anche coloro che forse rimproverate più del
giusto. L'amore tra voi, però, non sia carnale, ma spirituale.
Capitolo 7 - Spirito dell'autorità e
dell’obbedienza
44. Si obbedisca al superiore
(Cfr. Eb 13, 17)come ad un padre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di lui
(Cfr. Es 20, 12; Ef 6, 1-2).
Ancor più si obbedisca al presbitero che ha cura di tutti voi.
45. Sarà compito speciale del superiore far osservare
tutte queste norme; non trascuri per negligenza le eventuali inosservanze ma vi
ponga rimedio con la correzione. Rimetta invece al presbitero, più autorevole su
di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.
46. Chi vi presiede non si stimi felice perché domina
col potere ma perché serve con la carità. Davanti a voi sia tenuto in alto per
l'onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi (Cfr. Sir 3, 18). Si offra a tutti
come esempio di buone opere; moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i
deboli, sia paziente con tutti (1 Ts 5, 14). Mantenga con amore la disciplina, ne imponga il
rispetto; e, sebbene siano cose necessarie entrambe, tuttavia preferisca
piuttosto di essere amato che temuto, riflettendo continuamente che dovrà
rendere conto di voi a Dio (Cfr. Eb 13, 17).
47. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà
non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova in un pericolo tanto più
grave quanto più alta è la sua posizione tra voi.
Capitolo 8 - Osservanza della Regola
48. Il Signore vi conceda di
osservare con amore queste norme, quali innamorati della bellezza spirituale
(Cfr. Sir 44, 6) ed
esalanti dalla vostra santa convivenza (Cfr. 1 Pt 3, 16)il buon profumo di Cristo
(Cfr. 2 Cor 2, 15), non come servi
sotto la legge, ma come uomini liberi sotto la grazia (Cfr. 6, 14).
49. Perché poi possiate rimiravi in questo libretto
come in uno specchio (Cfr. Gc 1, 23-25) onde non trascurare nulla per dimenticanza, vi sia letto
una volta la settimana. Se vi troverete ad adempiere tutte le cose che vi sono
scritte, ringraziatene il Signore, donatore di ogni bene. Quando invece qualcuno
si avvedrà di essere manchevole in qualcosa, si dolga del passato, si premunisca
per il futuro, pregando che gli sia rimesso il debito e non sia ancora indotto
in tentazione (Cfr. Mt 6, 12-13).
Bibliografia minima di riferimento:
S. Agostino, La regola, Nuova
Biblioteca Agostiniana - Città Nuova.
Luc Verheijen, La regola di S. Agostino, 2 voll., Ed.
Augustinus.
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2 maggio 2015 a cura
di Alberto "da Cormano"
alberto@ora-et-labora.net