ABELARDO
Deborah Vess
Encyclopedia of Monasticism
Volume 1
Routledge 2015
Abelardo, Pietro
1079-1142
Filosofo e teologo benedettino francese
Abelardo, figlio di un cavaliere bretone, nacque nel 1079 a Le Palais nei
pressi di Nantes in Bretagna. La sua carriera monastica iniziò sulla scia di
polemiche e fu lui stesso assai discusso per il suo allontanamento dal
valore benedettino della stabilità. Dopo essere entrato in polemica con
Guglielmo di Champeaux (c. 1070- 1121), in opposizione a Guglielmo insegnò a
Melun ed a Corbeil e successivamente impostò la propria scuola all'interno o
nei pressi del monastero di Sainte
Geneviéve.
A seguito di un disastroso incontro con Anselmo di Laon (m. 1117), Abelardo
divenne maestro delle scuole e probabilmente canonico di Parigi. Seguirono
diverse polemiche quando Abelardo iniziò una relazione con Eloisa (c. 1100-
1163/64), la nipote di Fulbert, canonico di Notre Dame. Quando ella concepì
suo figlio, Abelardo la sposò segretamente e la collocò nel convento di
Argenteuil. Dopo che Fulbert, infuriato, fece evirare Abelardo, costui prese
i voti monastici presso l'abbazia benedettina di Saint Denis nel 1118 e
cominciò a scrivere opere teologiche.
In parte su ordine di uno degli studenti di Anselmo di Laon, nel 1121 il
Concilio di Soissons condannò la sua teologia trinitaria e lo inviò a Saint
Médard. In seguito tornò a Saint Denis. Si guadagnò diversi nemici quando
negò che il loro patrono, Denis, fosse il Dionisio che era stato vescovo di
Atene. Costretti a lasciare l'abbazia, egli fondò il Paracleto vicino a
Nogent-sur-Seine nel 1125.
Ancora una volta Abelardo attrasse un ampio seguito, e nel 1126 accettò
l'invito a diventare abate di Saint Gildas. I monaci reagirono al suo
tentativo di porre un po’ di disciplina cercando di avvelenarlo. Le sue
costanti peregrinazioni da monastero a monastero indussero Bernardo di
Chiaravalle (1190-1153) a condannarlo come un "monaco senza casa.
Nel 1128 ebbe notizia che l’Abate Suger (c. 1081-1151) di Saint Denis aveva
rivendicato la proprietà della comunità di Eloisa ad Argenteuil, dove essa
era diventata priora. Abelardo la incontrò al Paracleto e la sistemò là nel
1129; Eloisa divenne più tardi la prima badessa. Dopo il suo ritorno a Saint
Gildas, nel 1132 scrisse la sua autobiografia, la
Historia Calamitatum.
Egli riprese in rapporti con Eloisa per caso e così iniziò la loro famosa
corrispondenza. Anche se alcuni studiosi hanno messo in dubbio l'autenticità
di queste lettere, la maggior parte degli studiosi moderni le accettano come
autentiche. Nella quinta lettera della corrispondenza, secondo la
numerazione di Betty Radice, Eloisa richiese una storia dell'ordine delle
monache ed anche una regola più adatta alle donne rispetto alla regola di
San Benedetto.
La sua richiesta è sconcertante alla luce del fatto che le regole
storicamente sono state modificate attraverso personalizzazioni per seguire
le esigenze non solo delle donne ma anche per altre e varie circostanze
locali. Abelardo stesso le ricordava che molte difficoltà erano già state
risolte con esenzioni e sosteneva che le stesse istituzioni erano adatte sia
ai monaci che alle monache. Per questo motivo non è chiaro se Abelardo con
la sua regola (scritta tra il 1132 e il 1137. Ndt.) intendesse soppiantare la Regola di San Benedetto. In linea
con lo spirito di moderazione della Regola di San Benedetto, proibì
l'ascetismo eccessivo e l’auto mortificazione. Egli permise alle monache di
mangiare carne tre volte alla settimana. Tuttavia, egli si allontanò dalla
Regola insistendo sul fatto che il pane fosse fatto con almeno un terzo di
farina grezza e dando poca importanza al lavoro manuale. Abelardo richiese
una rigida clausura.
Abelardo distinse tra monache che sono state consacrate come vergini dal
vescovo e quelle che non lo fossero, ma a tutte le donne religiose conferì
grande dignità. Nella sesta lettera della corrispondenza, Abelardo sostenne
che la consacrazione delle vergini fosse prima nell'ordine della grazia a
quella dei monaci e che le donne avevano adempiuto a ruoli clericali nel
passato. Chiamò la badessa nel suo ruolo di diaconessa, un titolo che non
esisteva per le badesse a partire dall'ottavo secolo e che non fu poi comune
in Occidente. Come le precedenti diaconesse, la badessa di Abelardo doveva
essere una donna più anziana. In contrasto con i costumi del tempo, la
badessa non doveva venire dalla nobiltà. La badessa di Abelardo agiva senza
una priora, e paragonava il suo potere a quello di un comandante di
un’armata irreggimentata pronta ad incontrare l'assalto dei demoni,
un'immagine raffigurata dalla Regola benedettina e da altri documenti
monastici. Il suo utilizza di immagini associate a ruoli maschili suggeriva
un ruolo analogo per le donne nella vita monastica.
Tuttavia, la regola di Abelardo pone le donne come "il sesso debole" sotto
la guida di uomini, che eseguono il lavoro manuale e che presiedono alla
collettività. Anche se una comunità di maschi fosse vicina ed il proprio
abate fosse tecnicamente superiore della badessa, era fuori discussione che
l'abate non potesse prendere decisioni senza l’approvazione della badessa.
Gli uomini facevano voto di non acconsentire mai a sopraffare le donne.
La regola di Abelardo sviluppava la nozione di Benedetto di reciproca
obbedienza e tentava di ricreare la comunità del libro degli Atti. Egli
conservava l'uguaglianza delle donne non attraverso la superiorità come
definita dall’ordine di Fontevraud, né tramite la subordinazione, come
definito dai Cluniacensi, ma attraverso l'obbedienza reciproca tra uguali.
Anche se lo studioso cistercense
Chrysogonus Waddell (1930-2008)
vede la regola di Abelardo come uno dei più notevoli documento del XII
secolo, le monache del Paracleto non sembrano aver mai seguito la regola di
Abelardo, che rimane più noto per le sue controverse opere teologiche.
Sebbene Abelardo continuasse a guidare le monache e scrivesse molti sermoni
per loro, tornò a Parigi nel 1136 per insegnare di nuovo a Sainte
Geneviève,
dove Giovanni di Salisbury (c. 1115-1180) fu uno dei suoi studenti. Il suo
uso controverso della logica nella teologia attrasse infine l’attenzione di
Bernardo di Chiaravalle, che portò la materia davanti a papa Innocenzo II
(1130-1143), e nel 1140 il Concilio di Sens condannò Abelardo per eresia e
lo scomunicò dalla Chiesa. Il papa in seguito annullò la sentenza e Abelardo
si ritirò a Cluny. Morì nella casa dipendente cluniacense di Saint Marcel
nel 1142. Sebbene Abelardo abbia passato la maggior parte della vita adulta
come monaco di vari monasteri, le sue costanti peregrinazioni hanno portato
uomini e donne religiosi, di quel tempo e fino ai giorni nostri, a vederlo
con sospetto. Fu solo negli ultimi due anni di vita che Abelardo guadagnò il
rispetto dei suoi confratelli. Nientemeno che un’autorità come Pietro il
Venerabile (1092/94-1156) ha elogiato Abelardo come uomo di preghiera e di
umiltà che ha abbellito Cluny con la sua presenza.
Opere
Dialectica,
1117-1121
Glossae Super Porphyrium, super Predicamenta, super Periermeneias, super
Topica
(pubblicate insieme come la Logica
Ingredientibus), 1117-1121
Theologia Summi Boni,
c. 1119-1120
Sic et non
(prima recensione 1121)
Theologia Christiana,
1121-1126
Dialogus I,
1125-1126
Historia Calamitatum,
1132—1133
Sermoni per il Paracleto,
1132-1137
Commento sulla Lettera di san Paolo ai Romani,
1133-1137
Theologia Scholarium,
1133-1137
Ethica or Scito te Ipsum,
1138-1139
Apologia contra Bernardum,
1140
Confessio fidei,
1140
Hymnus
(per es. “O Quanta qualia")
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26 marzo 2017
a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net