LA NORCIA DI S. BENEDETTO
Appunti storici di Giorgio Orioli - Testo estratto dal sito https://www.norcia.net
      
Incuneata tra l'Umbria ed il Piceno, tra la Salaria e la Flaminia, attraversata dalla via Nursina che congiungeva queste due strade consolari, Norcia aveva fornito Roma di uomini e famiglie celebri. Militari famosi, quos frigida misit Nursia, per le guerre romane; gente di carattere forte, i Nursini, pur iscritti alla Tribus Quirina, si governavano secondo la tradizione delle popolazione sabine, cui appartenevano ed appartengono, ed il potere municipale era esercitato dall'Octovir duovirali potestate, dal senato dei decurioni, dai quattuor x in iure dicundo, dagli edili, da un patronus municipii e da un magister iuvenum.
      Quando s. Benedetto entrò sulla scena della vita nel 480 circa, Norcia, 
      chiusa nelle sue mura romane, la cui base ancora oggi fa da sostegno alle 
      attuali del secolo XIII, viveva dei suoi commerci, assicurati anche dalla 
      folta colonia ebraica, presente dai tempi dell'imperatore Vespasiano, 
      figlio della nursina Vespasia Polla e nato appena al di là dei confini 
      municipali, a Falacrine, in territorio reatino. Sul foro, divenuto in 
      periodo medievale la platea maior -la piazza maggiore-, si affacciavano 
      gli edifici più importanti: la Basilica Argentea, dedicata ormai alla 
      Madre di Dio e legata al ricordo dell'evangelizzatore s. Feliciano di 
	  Forum Flaminii e del presbitero Pisenzio, il palazzo municipale ed altri edifici 
      minori. Reggeva la Chiesa Nursina il vescovo Stefano, pieno di zelo per la 
      fede cattolica, contornato da un buon clero e da un folto stuolo di 
      monaci. Tra queste popolazioni, così austere, il cristianesimo trovava 
      larga accoglienza ed il clero, condividendone la vita giornaliera, era 
      facilmente ascoltato e quindi riferimento importante per ciascuno.
 la cui base ancora oggi fa da sostegno alle 
      attuali del secolo XIII, viveva dei suoi commerci, assicurati anche dalla 
      folta colonia ebraica, presente dai tempi dell'imperatore Vespasiano, 
      figlio della nursina Vespasia Polla e nato appena al di là dei confini 
      municipali, a Falacrine, in territorio reatino. Sul foro, divenuto in 
      periodo medievale la platea maior -la piazza maggiore-, si affacciavano 
      gli edifici più importanti: la Basilica Argentea, dedicata ormai alla 
      Madre di Dio e legata al ricordo dell'evangelizzatore s. Feliciano di 
	  Forum Flaminii e del presbitero Pisenzio, il palazzo municipale ed altri edifici 
      minori. Reggeva la Chiesa Nursina il vescovo Stefano, pieno di zelo per la 
      fede cattolica, contornato da un buon clero e da un folto stuolo di 
      monaci. Tra queste popolazioni, così austere, il cristianesimo trovava 
      larga accoglienza ed il clero, condividendone la vita giornaliera, era 
      facilmente ascoltato e quindi riferimento importante per ciascuno.
      Benedetto, nato da famiglia più che agiata, ricevette dai genitori una 
      solida formazione cristiana; allietato dalla nascita di una sorella, 
      Scolastica, si legò fortemente a lei anche negli ideali di vita. Sembra 
      quasi superfluo per un personaggio il cui riferimento distintivo è la sua 
      città, chiederci dove sia nato. Il papa Gregorio Magno, suo biografo, 
      scrive che Benedetto nacque in Prouincia Nursiae, cioè nel territorio del 
      Municipium Nursinum, probabilmente in una delle proprietà paterne. E' però 
      tradizione antichissima che lo stesso Benedetto sia cresciuto in quel 
      grande edificio pubblico romano, sottostante la basilica a lui dedicata, 
      che secondo gli esperti, risale al I secolo d.C.  A questo stesso edificio, 
      riscoperto agli inizi del corrente secolo, 
       
       aveva fatto riferimento, circa 
      l'anno 865, un monaco di Fleury in Francia, di nome Adrevaldo, in un 
      volume da lui scritto e intitolato De miraculis s. Benedicti. In esso è 
      l'accenno più antico alla casa di s. Benedetto ed anche allo stato ruinoso 
      di quel palazzo, dovuto anche alle difficoltà create dalle invasioni dei 
      passati secoli. Adrevaldo scrive: Quantae dignitatis parentibus 
      progenitus fuerit, testantur ruinae palatii eorum, cum aedicula prope 
      moenia Nursinue urbis sita. Tantae quippe magnitudinis perplexique operis 
      ex fundamentis constitisse convincitur ut quaelibet palatia 
      potentissimorum superavit regum nec modicis, queat reparari impensis. 
      Tutti coloro che finora hanno scritto di questo edificio hanno parlato di 
      tradizione tarda o di poco conto. A questo proposito vorremmo fare alcune 
      osservazioni.
aveva fatto riferimento, circa 
      l'anno 865, un monaco di Fleury in Francia, di nome Adrevaldo, in un 
      volume da lui scritto e intitolato De miraculis s. Benedicti. In esso è 
      l'accenno più antico alla casa di s. Benedetto ed anche allo stato ruinoso 
      di quel palazzo, dovuto anche alle difficoltà create dalle invasioni dei 
      passati secoli. Adrevaldo scrive: Quantae dignitatis parentibus 
      progenitus fuerit, testantur ruinae palatii eorum, cum aedicula prope 
      moenia Nursinue urbis sita. Tantae quippe magnitudinis perplexique operis 
      ex fundamentis constitisse convincitur ut quaelibet palatia 
      potentissimorum superavit regum nec modicis, queat reparari impensis. 
      Tutti coloro che finora hanno scritto di questo edificio hanno parlato di 
      tradizione tarda o di poco conto. A questo proposito vorremmo fare alcune 
      osservazioni.    
      La testimonianza di Adrevaldo è, rispetto alla morte di s. Benedetto 
      (550c.) tarda di trecento anni ma, ci chiediamo, perchè i Nursini proprio 
      in mezzo a delle rovine abbiano costruito questa 
	  aedicula, questa 
      cappelletta, se non vi avessero riconosciuto un solido riferimento 
      tradizionale. Questa aedicula certamente doveva risalire a tempi assai 
      precedenti la notizia floriacense e lo storico franco, che sembra aver 
      visto con i propri occhi, accetta pacificamente che quel grande palazzo 
      diruto fosse la casa di s. Benedetto come indicatogli. Benedetto d'altra 
      parte a Norcia non era conosciuto per la Vita scrittane da papa Gregorio 
      ma aveva lasciato amici, parenti, estimatori che facilmente potevano 
      indicare ai contemporanei il luogo dove era vissuto. Noi che conosciamo 
      quale valore desse all'amicizia, non possiamo pensare avesse 
      all'improvviso rotto i rapporti col suo mondo affettivo, una volta deciso 
      di farsi monaco. I Nursini in quell'edificio in cui Benedetto era 
      cresciuto, costruirono in suo ricordo quell'aedicula primitiva. L'esedra 
      poi di quell'edificio romano condizionò anche l'orientamento dell'antico 
      oratorio costruito successivamente all'aedicula, inglobata in esso, e già 
      presente e dotato di beni nel 1115; si può quindi ipotizzare che 
      l'oratorio sia abbastanza precedente a questa data. Tutte le chiese del 
      Nursino fino ad epoca recentissima, sono rivolte con l'abside ad Oriente, 
      solo questa chiesa, attuale cripta, ha l'abside, che è quella dell'antica 
      esedra, orientata ad Occidente. 
       
       Ben ha scritto R. Cordella nel suo volume 
      su Norcia: "Le pareti della cripta rivelano strutture in opera reticolata 
      dallo spiccato in su. Questo ambiente absidato di pianta quadrata ... fu 
      trasformato nel primitivo oratorio di s. Benedetto con orientamento opposto 
      a quello della chiesa attuale (sec. XIV e regolarmente volta ad Oriente). 
      L'oratorio viene collegato al sacello descritto dal monaco Adrevaldo... 
      L'ambiente cripta è diviso in tre navatelle di cui la mediana, più ampia, 
      è coperta da una volta a sesto ribassato che sembra abbracciare lo spazio 
      di una quarta navata distrutta... A capo della navatella di sinistra si 
      apre un'absidiola che la tradizione riconosce come luogo di nascita dei 
      Santi gemelli, certamente molto venerata a giudicare dai segni rimasti. E' 
      decorata da affreschi della fine del sec. XIV.. Nel muro accanto è 
      ricavata una nicchietto per esigenze liturgiche. Sul vicino pilastro, sul contropilastro e sul pavimento si notano i fori di alloggiamento di una 
      grata di ferro che già nel 1385 chiudeva l'intercolumnio del luogo 
      venerando". Quell' absidiola, con probabile avancorpo, era l'aedicula
      di 
      Adrevaldo.
Ben ha scritto R. Cordella nel suo volume 
      su Norcia: "Le pareti della cripta rivelano strutture in opera reticolata 
      dallo spiccato in su. Questo ambiente absidato di pianta quadrata ... fu 
      trasformato nel primitivo oratorio di s. Benedetto con orientamento opposto 
      a quello della chiesa attuale (sec. XIV e regolarmente volta ad Oriente). 
      L'oratorio viene collegato al sacello descritto dal monaco Adrevaldo... 
      L'ambiente cripta è diviso in tre navatelle di cui la mediana, più ampia, 
      è coperta da una volta a sesto ribassato che sembra abbracciare lo spazio 
      di una quarta navata distrutta... A capo della navatella di sinistra si 
      apre un'absidiola che la tradizione riconosce come luogo di nascita dei 
      Santi gemelli, certamente molto venerata a giudicare dai segni rimasti. E' 
      decorata da affreschi della fine del sec. XIV.. Nel muro accanto è 
      ricavata una nicchietto per esigenze liturgiche. Sul vicino pilastro, sul contropilastro e sul pavimento si notano i fori di alloggiamento di una 
      grata di ferro che già nel 1385 chiudeva l'intercolumnio del luogo 
      venerando". Quell' absidiola, con probabile avancorpo, era l'aedicula
      di 
      Adrevaldo.  
      L'abitazione in un grande palazzo pubblico può suggerirci che il 
      padre di s. Benedetto abbia esercitato una carica municipale importante per 
      lungo tempo. Cresciuto comunque in un ambiente agiato, fu inviato nella 
      prima giovinezza a Roma per studiare lettere; il papa Gregorio scrive 
      infatti: Romae liberalibus litterarum studiis traditus fuerat. E come 
      figlio di famiglia abbiente, fu seguito dalla sua nutrice 
	  quae hunc 
      arctius amabat. Pur non avendo terminato a Roma quella che oggi 
      corrisponde alla nostra università, certamente in patria ebbe buone scuole 
      che gli diedero solide basi culturali. Scorrendo il testo del suo unico 
      immortale scritto, la Regola, restiamo colpiti per l'abbondanza di 
      riferimenti non solo e ovviamente scritturistici, ma anche di autori 
      ecclesiastici e profani. Questo amore allo studio e alla conoscenza gli 
      era stato inculcato negli anni della puerizia e dell'adolescenza; le 
      scuole nursine poi dovevano avere insegnanti ed alunni molto retti se 
      Benedetto rimase assai turbato dalle aule romane e se ne fuggi. Ciò denota 
      nel giovane una forte chiarezza interiore e una buona conoscenza di se 
      stesso. La stessa sorella Scolastica già da tempo aveva attuato le sue 
      scelte di vita consacrandosi a Dio fin dalla prima giovinezza; questo 
      fatto può anche aver accelerato il processo spirituale di Benedetto, che 
      amando di intenso affetto la sorella, era accomunato a lei dal desiderio 
      di vita perfetta. 
       
      
La vita romana lo decise del tutto a consacrarsi a Dio. La Chiesa Nursina d'altra parte favoriva questa tensione verso Dio dando ampio spazio ai movimenti monastici nel suo territorio; non sappiamo se Benedetto abbia frequentato nel suo monastero di Campi l'abate Spes, cieco da tanti anni ed esempio di pazienza e di gioia nello Spirito Santo, ma quando più tardi, vivente ancora l'Abate campiano (+ 13 settembre 517c.), Benedetto fonderà a Subiaco i suoi monasteri, ci sembra avesse presente la laura di Spes che intorno al suo aveva costruito diversi cenobi. Di Spes infine imiterà la liturgia solenne della morte: (Spes) fratribus conuocatis adstans in medio domini corporis et .sanguinia sumpsit, moxque cum eis mysricos psalmorurn cantus exorsus est. Qui, illis psallentibus, orationi intentus animam reddidit. Ornnes uero fratres, qui aderant, ex ore eius exisse columbam uiderunt quae mox aperto tecto oratorii egressa, aspicientibus fratribus, penetrauit coelum. Presso le mura della città di Norcia, non molto al di fuori del recinto urbano, era presente anche un altro monastero, dedicato al grande monaco e vescovo di Tours, s. Martino. ma a noi sembra che Spes, e forse anche i coetanei Eutizio e Fiorenzo, abbiano esercitato una loro influenza sulla formazione spirituale e giovanile di s .Benedetto.
Non sappiamo poi, una volta scelta la vita monastica, se sia tornato a Norcia; certamente dovette entrare in possesso dell'eredità paterna insieme alla sorella Scolastica, la quale, probabilmente dopo la morte dei genitori e dopo essere vissuta da consacrata in casa, si ritirò non molto distante da Monte Cassino in un monastero femminile; papa Gregorio scrive infatti che dopo il famoso ultimo colloquio la uenerabilis femina ritornò ad cellam propriam ed il uir dei ad monasterium suum.
      La tradizione nursina sembra suggerirci, 
      unitamente al testo gregoriano, non esistessero altri fratelli o sorelle 
      poiché nessuna delle antiche famiglie si è richiamata come origine a 
      quella paterna di s. Benedetto, identificata più tardi in quella degli 
      Anici, mentre la famiglia dei Reguardati sosteneva di riallacciarsi a 
      quella materna di lui. Si volle poi che Benedetto e Gregorio 
      appartenessero alla stessa Gens, stirpe, anche se non se ne ha nessun 
      riscontro documentaristico.  
       Resta però per noi un interrogativo a cui si 
      può difficilmente rispondere, l'interesse del grande Papa per il Nursino 
      tanto che gli dedicò l'intero secondo libro dei Dialoghi e ne citò la 
      Regola preceduta da un elogio superlativo per l'Autore. La conoscenza di 
      personaggi e luoghi nursini mostrata nei suoi scritti, i rapporti diretti 
      col clero locale e l'amicizia che coltivava con loro, in modo particolare 
      con Santolo, non ci sembra possa essersi istaurata ai tempi in cui 
      Gregorio era Praefectus Urbis perché è ben difficile che un antico 
      governante avesse per i suoi antichi sottoposti l'affiato così 
      soffusamente umano con cui parla dei nursini che conosce o di quelli di 
      cui ha notizie. Sappiamo che Gregorio era nato da una grande famiglia 
      senatoriale e papale, de senatoribus primis, ed il motivo per cui si volle 
      far appartenere sia Benedetto che Gregorio alla stessa stirpe pensiamo sia 
      dovuto a quanto evidenziato sopra. Se d'altra parte Gregorio, o meglio la 
      sua famiglia, avesse avuto rapporti di parentela con quella di Benedetto, 
      non necessariamente ne avrebbe scritto; conosciuto negli scritti è 
      l'accenno a papa Felice III (483-492) quale 
	  atauus meus, ma, anche se non 
      ne accenna mai, sappiamo che papa Agapito (535-536) era della sua stessa 
      famiglia e che possedeva quella stessa casa sul Celio in cui Agapito aveva 
      costituito una biblioteca e di cui Gregorio era entrato in possesso 
	  ex 
      iure patris e che trasformò nel monastero che attualmente porta il suo 
      nome. Pur non volendo farci paladini di una tradizione relativamente 
      recente, non possiamo escludere tassativamente che fra le due famiglie, di 
      Benedetto e Gregorio, non sia esistito un qualche rapporto.
Resta però per noi un interrogativo a cui si 
      può difficilmente rispondere, l'interesse del grande Papa per il Nursino 
      tanto che gli dedicò l'intero secondo libro dei Dialoghi e ne citò la 
      Regola preceduta da un elogio superlativo per l'Autore. La conoscenza di 
      personaggi e luoghi nursini mostrata nei suoi scritti, i rapporti diretti 
      col clero locale e l'amicizia che coltivava con loro, in modo particolare 
      con Santolo, non ci sembra possa essersi istaurata ai tempi in cui 
      Gregorio era Praefectus Urbis perché è ben difficile che un antico 
      governante avesse per i suoi antichi sottoposti l'affiato così 
      soffusamente umano con cui parla dei nursini che conosce o di quelli di 
      cui ha notizie. Sappiamo che Gregorio era nato da una grande famiglia 
      senatoriale e papale, de senatoribus primis, ed il motivo per cui si volle 
      far appartenere sia Benedetto che Gregorio alla stessa stirpe pensiamo sia 
      dovuto a quanto evidenziato sopra. Se d'altra parte Gregorio, o meglio la 
      sua famiglia, avesse avuto rapporti di parentela con quella di Benedetto, 
      non necessariamente ne avrebbe scritto; conosciuto negli scritti è 
      l'accenno a papa Felice III (483-492) quale 
	  atauus meus, ma, anche se non 
      ne accenna mai, sappiamo che papa Agapito (535-536) era della sua stessa 
      famiglia e che possedeva quella stessa casa sul Celio in cui Agapito aveva 
      costituito una biblioteca e di cui Gregorio era entrato in possesso 
	  ex 
      iure patris e che trasformò nel monastero che attualmente porta il suo 
      nome. Pur non volendo farci paladini di una tradizione relativamente 
      recente, non possiamo escludere tassativamente che fra le due famiglie, di 
      Benedetto e Gregorio, non sia esistito un qualche rapporto. 
Dopo tanti secoli comunque i nomi di Norcia, Benedetto e Gregorio formano un trinomio inscindibile. La Vetusta Nursia deve al Monaco e al Papa se, anche nei periodi di grande difficoltà storica, era conosciuta in Europa e non ci è difficile immaginare lungo lo scorrere dei secoli caterve di monaci e pellegrini ai veneranda incunabula di Benedetto e Scolastica. Si può veramente dire che Norcia fece l'Uomo e l'Uomo conservò la Città, quella città che, come già scrivemmo, il grande storico dei Longobardi, il diacono Paolo (+798), invitava ad esultare per aver dato i natali a Colui alla cui scuola ed alla scuola dei suoi seguaci, si è formata l'unità culturale dell'Europa occidentale: Nursia, plaude satis tanto sublimis alumno; Astra ferens mundo, Nursia, plaude satis.
NORCIA, 21 marzo 1997 : XXIX Cinquantenario dal beato transito di s.Benedetto
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	  21 giugno 2014
	    
            
	  Alberto
"da Cormano"    alberto@ora-et-labora.net
  
alberto@ora-et-labora.net