L’evoluzione della vita monastica nella tradizione latina occidentale:

 dalle origini all’unità sotto la Regula di san Benedetto [1]

 

di Fabio Cusimano

Estratto da “Studium sapientiae. Giornata di studio in onore di Giulia Sfameni Gasparro”, 28 gennaio 2011.

Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2013.


 

Il monachesimo che è giunto fino ai nostri giorni, con le sue caratteristiche maturate nella tradizione latina occidentale nel corso di molti secoli, nella vulgata comune può apparire uniforme e quasi “standardizzato”, anche a livello geografico. In realtà, quando ci si approccia a una discussione sul monachesimo e sulle sue origini, bisogna necessariamente puntualizzare tutte le differenze e le caratteristiche di ogni contesto cui ci si riferisce.

Il monachesimo occidentale pre-benedettino, fin dai primi istanti della sua diffusione, si distingue senz’altro per la sua multiformità: eremiti e cenobiti si diffondono, ma ciò che ne caratterizza lo sviluppo, contribuendo a differenziarlo da quello di tradizione orientale, è l’affermazione di cenobi edificati all’interno delle città per volontà di vescovi o di privati. Le prime esperienze monastiche occidentali sono ispirate alle auctoritates di Martino di Tours (316-397 d.C.) e di Agostino [2] (354-430 d.C.), che ripropongono a Marmoutier e a Ippona l’esperienza dell’ascetismo orientale. In Occidente la vera e propria affermazione del monachesimo cenobitico si manifesta tra il V e il VI secolo, prima lungo le coste della Provenza e poi in Irlanda, terra in cui contribuisce fortemente all’evangelizzazione dell’isola. Sarà proprio dall’Irlanda che i monaci daranno il via a un intenso ed efficace movimento missionario di evangelizzazione e di espansione monastica.

In Provenza spicca su tutte la fondazione monastica di Lérins, sull’Île de Saint-Honorat, luogo di formazione di moltissimi monaci che diverranno, poi, vescovi di città francesi: si pensi a Cesario arcivescovo di Arles, fondatore di due monasteri, uno maschile e l’altro femminile, retti da precise regole. Cesario si fa promotore del monachesimo cenobitico, fondato sulla stabilitas presso il monastero, sull’osservanza di una severa pratica ascetica, sulla povertà e sulla simplicitas morum. Altra importante figura è quella di Giovanni Cassiano[3], attivo negli anni Trenta del V secolo: vissuto per oltre vent’anni tra l’Egitto e la Palestina, dove sperimenta il monachesimo eremitico e cenobitico, matura una profonda riflessione sull’ascetismo monastico (come ci attestano le sue opere Conferenciae Conlationes Patrum e De Institutis coenobiorum, che san Benedetto considererà nella sua Regola opere imprescindibili per la formazione spirituale del monaco); egli si stabilisce a Marsiglia, presso il sepolcro di san Vittore, dove fonda un cenobio che presto diverrà un modello di riferimento per il monachesimo occidentale.

Anche in Italia l’esperienza monastica si afferma in maniera più consistente nel medesimo arco cronologico, sempre tra il V e il VI secolo, attraversando per prima una fase eremitica, per poi consolidarsi in forma prevalentemente cenobitica. A parte l’esperienza di san Benedetto, degne di nota sono anche quella di Paolino di Nola (nativo di Bordeaux), che si ritira nel 395 a vita monastica costituendo una comunità maschile; e quella di Cassiodoro (contemporaneo di san Benedetto), che fonda a Vivarium un monastero, dedicato a san Martino e destinato a divenire un importante centro culturale.

Per più di due secoli dopo la morte di san Benedetto, la sua Regola non sembra conoscere una grande diffusione. Fatta eccezione per i riferimenti che Gregorio Magno[4] ne fa nei suoi Dialogi[5], la prima menzione della Regola possiamo leggerla in una lettera che l’abate Venerando, fondatore del convento di Altaripa nell’Aquitania, invia intorno al 620-630 al vescovo Costanzo di Albi. Non parte di certo da questo piccolo centro della Francia meridionale il lungo e tortuoso processo di diffusione della Regola, né la sua circolazione al di fuori del suo luogo di origine; per tutto il VII secolo, infatti, la Regola viene citata insieme ad altre regole (secondo la prassi diffusa di cui abbiamo già accennato in precedenza), come testo cui ispirarsi [6].

La consultazione del Dizionario degli Istituti di Perfezione[7] e delle opere di insigni studiosi del monachesimo come il Bianchi[8], il Penco[9], il Pricoco[10] o il de Vogüé[11] contribuisce a definire un quadro abbastanza completo a proposito del “processo evolutivo” delle regole monastiche della tradizione latina occidentale e dell’estrema complessità dei rapporti tra la trentina di testi che caratterizzano un arco di tempo che va dal IV-V secolo al IX secolo. Con l’epoca carolingia (dal IX secolo) questo multiforme patrimonio legislativo interno al mondo monastico comincia lentamente a ridimensionarsi, per fare posto alla Regola di san Benedetto: la prima parte di questo lungo periodo, fino appunto all’età carolingia, vede il lento, ma progressivo diffondersi della Regola benedettina, che finisce con l’introdursi nei monasteri di quasi tutta l’Europa e restarvi, per lungo tempo, l’unico codice concretamente applicato.

In questi secoli l’espansione monastica subisce indugi e talvolta anche arretramenti, a causa di rivolgimenti politici, di guerre e invasioni; ma poi si riavvia e la “rete” delle fondazioni finisce col raggiungere le regioni estreme dell’Europa.

Nel corso dell’VIII secolo la Regola benedettina viene accolta in grandi monasteri italiani come Bobbio e Novalesa, valica i confini della penisola, arriva a San Gallo, a Reichenau, in Inghilterra, nel Regno franco. Qui, per volontà di Carlo Magno e del suo successore Ludovico il Pio, ma anche per iniziativa di un nobile di origine visigota fattosi monaco e promotore di grandi riforme, Benedetto di Aniane (747 ca. - 821)[12], la Regola di san Benedetto diventa lo strumento di un grande progetto di unificazione e viene imposta come unico codice disciplinare e liturgico. Allo scopo di stabilire chiaramente la superiorità della Regola di san Benedetto sulle altre regole monastiche, Benedetto di Aniane (artefice della grande riforma monastica carolingia) compila una raccolta di tutte le regole antiche di cui ha conoscenza: si tratta del Codex Regularum[13] che contiene ventotto regole[14]. Compone, poi, un’altra opera, la Concordia Regularum, un commento alla Regola benedettina formato da estratti di altre regole e destinato a mostrare come tutta la tradizione monastica nota a quel tempo si trovi già condensata nell’opera di san Benedetto[15].

Alla morte di Carlo Magno, Ludovico il Pio (divenuto imperatore nell’814) chiama Benedetto d’Aniane presso di sé ad Aix-la-Chapelle e fonda per lui il monastero di Inden (ora Cornelimünster); nell’816 e di nuovo nell’817 l’imperatore convoca a Aix-la-Chapelle due sinodi[16] di tutti gli abati dell’Impero sotto la presidenza di Benedetto di Aniane: ad Aquisgrana l’Abate di Aniane si sforza di realizzare un programma di politica ecclesiastica verso i monasteri, in cui l’unicità della professione monastica deve comportare anche l’identità della consuetudine e della preghiera.

Dopo i due sinodi di Aix, tutti i monaci devono vivere ormai secondo la Regola di san Benedetto e Benedetto di Aniane pubblica una Collectio capitularis nella quale precisa, completa o adatta alla situazione della sua epoca numerosi dettagli della Regola.

In questo modo la Regola di san Benedetto viene scelta come la migliore tra le tante regole monastiche esistenti. La spiritualità monastica, protetta dal potere regio o imperiale con i carolingi, favorisce una sorta di alleanza tra il potere politico e quello abbaziale. La scelta della Regola di san Benedetto si configura come un tentativo di assecondare la politica unificatrice e riformatrice dei sovrani francesi a sostegno di “una” regola. Attraverso il suo impegno culturale ed esegetico Benedetto di Aniane punta metodologicamente sul confronto dei testi della tradizione monastica noti a quel tempo. E proprio a seguito di questo minuzioso confronto dei passi della Regola benedettina con gli altri testi della tradizione monastica che si evince - in modo spontaneo e chiaro a tutti i lettori delle sue opere - tutta la bontà della Regola di san Benedetto: in questo modo la Regola benedettina si avvia lungo la strada della supremazia in campo monastico, divenendo l’unico codice monastico degno di essere osservato e diffuso nei monasteri dell’Impero.

Godendo dell’appoggio autorevole degli imperatori, la riforma non tarda a diffondersi. I suoi primi centri sono le fondazioni monastiche realizzate da Benedetto di Aniane: dodici monasteri (il numero dodici ricalca quello delle prime fondazioni di san Benedetto ed è anche un chiaro riferimento alla consistenza della comunità degli Apostoli al seguito di Gesù). I monasteri sono i seguenti e rappresentano il nucleo originario della “rete” venutasi a creare a seguito dell’influsso di Benedetto di Aniane (che si esercita anche attraverso le case dipendenti da questi dodici monasteri):

1)        Aniane, i cui territori appartengono ai beni patrimoniali del padre;

2)       Gellone;

3)       Goudargues, nella diocesi di Uzès;

4)       Ile-Barbe, nella diocesi di Lione;

5)       Menat;

6)       Saint-Savin, nella diocesi di Poitiers;

7)      Sain-Mesmin di Micy, detto Sanctum Maximinium, nella diocesi di Orléans;

8)       Massay, nella diocesi di Bourges;

9)       Cormery;

10)      Celleneuve, nella regione di Tolosa;

11)       Maursmünster, in Alsazia;

12)      Inden, detto anche Inda o Cornelimünster.

 

BIBLIOGRAFIA

Andenna - Bonetti 1993: Andenna G. - Bonetti. C., Benedetto di Aniane, vita e riforma monastica, Cinisello Balsamo 1993.

Ardo Smaragdus 1864: Ardo Smaragdus, Vita Benedicti abbatis Anianensis et Indensis, in PL, CIII, Paris 1864, coll. 353-384.

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Benedictus Anianensis Abbas 1864L Benedictus Anianensis Abbas, Concordia Regularum Patrum, in PL, CIII, Paris 1864, coll. 703 (713)-1380.

Benedictus Anianensis Abbas 1864c: Benedictus Anianensis Abbas, Epistolae, in PL, CIII, Paris 1864, coll. 1379-1382.

Bianchi 2001: Bianchi E. (ed.), Regole monastiche d’occidente, Torino 2001.

de Vogüé 1983: de Vogüé A., Regole cenobitiche d’Occidente (sec. v-viii), in Dizionario degli Istituti di Perfezione, vii, Milano 1983, 1420-34; 1555-61.

de Vogüé 1985: de Vogüé A., Les Règles monastiques anciennes. 400-700, Turnhout 1985.

Grégoire 1982: Grégoire R., Il monachesimo carolingio dopo Benedetto di Aniane († 821), Studia Monastica 24, 1982, 349-388.

Grégoire 1985: Grégoire R., Benedetto di Aniane nella riforma monastica carolingia, in Studi Medievali (3a serie) 26/2, 1985, 573-610.

Moyse 1982: Moyse G., Monachisme et réglementation monastique en Gaule avant Benoit d’Aniane, in Sous la Régle de Saint Benoît. Structures monastiques et sociétés en France du Moyen Âge à l’époque moderne, Abbaye bénédictine Sainte-Marie de Paris, 23-25 Octobre 1980, Genève 1982, 3-19.

Penco 1982: Penco G., Storia della Chiesa in Italia, I, Milano 1982.

Penco 1983: Penco G., Storia del monachesimo in Italia. Dalle origini alla fine del Medioevo, Milano 1983, 51-83.

Penco 1988: Penco G., Medioevo monastico, Roma 1988.

Picasso 1974: Picasso G., Benedetto d’Aniane, santo, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, I, Milano 1974, 1357-59.

Pricoco 1995: Pricoco S., La Regola di san Benedetto e le Regole dei Padri, Milano 1995.

Semmler 1963: Semmler J., Corpus consuetudinum monasticarum, I, Sieburg 1963.

Turbessi 1978: Turbessi G., Regole monastiche antiche, Roma 1978.

 


[1] Mi è gradita l’occasione per porgere alla Prof.ssa Giulia Sfameni Gasparro un sentito e affettuoso ringraziamento per l’attenzione con cui ha seguito il mio percorso di studio nell’ambito del Dottorato di ricerca in “Tradizioni e istituzioni religiose di ambiente circum-mediterraneo. Storia, Letteratura, Diritto (xxiii Ciclo)”.

[2] Turbessi 1978, 269-280.

[3] Giovanni Cassiano nasce intorno al 360 in Scitia da famiglia di elevata condizione sociale. Intorno al 378-80 si fa monaco e riceve i primi insegnamenti della vita cenobitica in un monastero di Betlemme (Conl. xiv, 5). A Costantinopoli subisce la profonda influenza di Giovanni Crisostomo ed è da lui ordinato diacono. A Roma Cassiano si ferma parecchi anni stringendo amicizia col futuro Papa Leone al quale nel 430 egli indirizza parole di sincero affetto e stima nella prefazione del De Incarnatione. L’ultima tappa della sua vita si svolge a Marsiglia dove fonda tre monasteri e compone, nel giro di pochi anni, due opere rivolte a coloro che intendono iniziarsi ai segreti della vita e alle tecniche ascetiche: le Conlationes (homo exterior) e le Institutiones (homo interior). Entrambe le opere sono comunque incentrate su analoghi temi: il monachesimo, i suoi costumi, i suoi modelli ispiratori. Infine Cassiano, intorno al 432-33, raggiunge il desiderato tutissimum silentii portum (Conl. xxiv, 26).

[4] Gregorio Magno nasce a Roma intorno al 540 da una famiglia patrizia della cerchia degli Anici. Educato nel clima di rinnovamento culturale promosso in Italia dalla Pragmatica sanctio, eccelle nello studio della grammatica, della dialettica, della retorica. Nominato prefectus urbi verso il 572, mette a frutto nelle funzioni pubbliche le attitudini di amministratore, dispiegate in seguito nel riordinamento del patrimonio di S. Pietro. Convertito, dopo matura riflessione e lunga titubanza, alla vita monastica nel 574-575, trasforma la casa paterna in monastero, detto, poi, di Sant’Andrea, al Clivus Scauri, ove già papa Agapito aveva istituito la biblioteca presso la quale si sarebbe dovuta aprire la scuola di esegesi biblica, progettata dallo stesso Agapito e da Cassiodoro e la cui realizzazione fu impedita dalla guerra gotica. In seguito fonda altri sei monasteri sui fondi che egli possiede in Sicilia. Non si può affermare con certezza che Gregorio Magno e i suoi monaci abbiano professato la Regula Benedicti, tuttavia è indubbia la consonanza di fondo tra l’ideale monastico benedettino e quello di Gregorio. Succeduto nel 590 al pontefice Pelagio ii, muore nel 604.

[5] Gregorio Magno scrive quest’opera sui santi italiani e i loro miracoli tra il 593 e il 594; in essa riserva a san Benedetto l’intero libro secondo, prima e per lungo tempo unica testimonianza su questo grande personaggio. Nella fitta trama di imprese ascetiche e prodigi il riferimento alla Regola compare rapidamente (Dialogi ii, 36).

[6] Moyse 1982, 3-19.

[7] de Vogüé 1983, 1420-34; 1555-61.

[8] Bianchi 2001.

[9] Penco 1988; Penco 1983, 51-83; Penco 1982.

[10] Pricoco 1995.

[11] de Vogüé 1985.

[12] Andenna - Bonetti 1993; Grégoire 1982, 349-388; Grégoire 1985, 573-610; Picasso 1974, 1357-59. La fonte principale di informazione per delineare la biografia di Benedetto di Aniane è un racconto agiografico redatto negli anni 822-823 da Ardone Smaragdo (t 823), abate di Aniane, a richiesta dei monaci di Inda (Cornelimünster), dove il santo era stato abate dall’817: cf. Ardo Smaragdus 1864, 353-384. Sui principali testi ascrivibili a Benedetto di Aniane nel quadro della riforma monastica da lui messa in opera si consultino le seguenti fonti: Benedictus Anianensis Abbas 1864a, coll. 393-702; Benedictus Anianensis Abbas 1864b, coll. 703 (713)-1380; Benedictus Anianensis Abbas 1864c, coll. 1379-1382.

[13] Per rendere più completa la sua attività di riformatore Benedetto di Aniane compone il Liber ex regulis diversorum Patrum collectio, un commento alla Regola costruito mediante alcuni passi dei Padri, con lo scopo di dimostrare la sintonia della Regola con la morale di questi ultimi. Viene pubblicata per la prima volta a Roma dall’erudito tedesco Lukas Holstein (Lucas Holstenius) nel 1661 con il titolo Codex regularum quas sancti patres monachis, et virginibus sanctimonialibus seruandas praescripsere, collectus olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus in tres partes digestum, auctumque edidit Romae, excudit Vitalis Mascardus, 1661, opera suddivisa in tre volumi più un volume d’appendice (dal titolo Codicis regularum appendix in qua sanctorum patrum exhortationes ad monachos, et virgines de obseruantia vitae religiosae collectae olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus, ex duobus manuscriptis floriacensibus Serenissimae Reginae Christinae edidit Romae, excudit Vitalis Mascardus, 1661), formato tipografico in 4°. Viene poi pubblicata nuovamente nel 1663 a Parigi con il titolo Codex regularum quas Sancti Patres monachis, et virginibus sanctimonialibus seruandas praescripsere, collectus olim a S. Benedicto Anianensi abbate. Lucas Holstenius Vatic. Basil. canonicus et bibliothecae praefectus in tres partes digestum, auctumque edidit, cum Appendice, in qua SS. Patrum exhortationes ad monachos et virgines de obseruantia vitae religiosae. Prodit nunc primum in Galliis. Parisiis, apud Ludouicum Billaine, in Palatio Regio, 1663; come per la prima edizione, anche in questo caso l’opera mantenne la suddivisione in tre tomi più un volume d’appendice (dal titolo Codicis regularum appendix in qua sanctorum patrum exhortationes ad monachos, et virgines de obseruantia vitae religiosae...), formato tipografico in 4°. A distanza di quasi un secolo, nel 1759, viene pubblicata per la terza volta ad Augsburg (l’odierna Augusta, in Germania) da Marian Brockie, e proprio in quest’ultima forma l’opera entra nella Patrologia Latina del Migne.

[14] Queste le regole, in ordine alfabetico, che il Codex Regularum (nell’edizione a stampa del Migne) ci ha tramandato: Regula S. Augustini episcopi Hipponensis, Regulae S. Aureliani episcopi Arelatensis, Regula S. Basilii episcopi Caesariensis, Regula S. Benedicti abbatis Cassinensis, Regulae S. Caesarii episcopi Arelatensis, Regulae S. Columbani abbatis, Regula S. Columbani ad virgines, Regula Communis, Regula Consensoria monachorum, Regula cuiusdam Patris, Regula S. Donati episcopi Vesontiensis, Regula S. Ferreoli episcopi Ucetiensis, Regula S. Fructuosi episcopi Bracarensis, Regula S. Isidori episcopi Hispalensis, Regula S. Macarii Alexandrini abbatis Nitriensis, Regula Magistri, Regula Orientalis ex Patrum Orientalium Regulis collecta a Vigilio diacone, Regulae S. Pachomii abbatis Tabennensis, Regula Patrum Secunda, Regula Patrum Tertia, Regula SS. Pauli et Stephani abbatum, Regula Quatuor Patrum, Regula Tarnantensis monasterii, Regula Waldeberti.

[15] Mosso dal desiderio di rendere maggiormente intelligibile il suo sforzo unificatore, volto al dialogo con la tradizione, Benedetto di Aniane compone la Concordia Regularum. È uno studio delle diverse legislazioni monastiche condotto con “metodo comparativo” e mirante a dimostrare la priorità della Regola di san Benedetto, esaminata per capitoli: un commento alla Regola benedettina formato da estratti di altre regole monastiche, articolato in settantasette punti e destinato a mostrare come tutta la tradizione monastica si trovi già condensata nell’opera di san Benedetto. L’opera, pubblicata a Parigi nel 1638 da don Hugues Ménard con il titolo Concordia regularum, auctore S. Benedicto, Anianae abbate. Nunc primum edita ex Bibliothecâ Floriacensis monasterij, notisque et obseruationibus illustrata. Auctore fr. Hugone Menardo, monacho Benedictino Congregationis S. Benedicti, alias Cluniacensi et sancti Mauri. Parisiis, ex Officina Hieronymi Drovart, apud Dionysium Bechet, via Iacobaea, sub Scuto Solari, 1638, è stata poi riprodotta dal Migne nella sua Patrologia Latina. Il Ménard ha utilizzato come fonte per la sua edizione due manoscritti: uno di Fleury, il ms. “Orleans 233”, del IX secolo; l’altro di Vendôme, il ms. “60”, dell’XI secolo.

[16] I trentasei capitoli del sinodo dell’816 e i quarantatré di quello dell’anno successivo, oltre a imporre la Regola a tutti i cenobi i cui abati sono presenti ai due sinodi, fanno loro obbligo di spiegare parola per parola il testo di san Benedetto, in modo che le singole comunità possano attuarla pienamente. Per la legislazione di Aquisgrana cf. Semmler 1963, 421-481.


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10 febbraio 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net