DOROTEO DI GAZA

SCRITTI E INSEGNAMENTI SPIRITUALI

 I. LA RINUNCIA

Estratto da "Doroteo di Gaza, Comunione con Dio e con gli uomini, Vita di abba Dositeo, Insegnamenti spirituali, Lettere e Detti", a cura di Lisa Cremaschi - Edizioni Qiqajon 2014

1. In principio, quando Dio fece l’uomo, lo pose nel paradiso (Gen 2,15)[1]; come dice la santa Scrittura, dopo averlo adornato di ogni virtù, e gli diede il comando di non mangiare dell’albero che si trovava in mezzo al paradiso (cf. Gen 2,16-17)[2]. E l’uomo stava tra le delizie del paradiso, nella preghiera e nella contemplazione, circondato di ogni gloria e onore; tutte le sue facoltà erano integre e viveva in quello stato di natura[3] in cui era stato creato. Dio infatti fece l’uomo a sua immagine (Gen 1,27), immortale e libero[4], adorno di ogni virtù; ma quando trasgredì il comando e mangiò dell’albero di cui Dio gli aveva comandato di non mangiare, allora egli fu scacciato dal paradiso (cf. Gen 3,23); decadde dal suo stato secondo natura a uno stato contro natura, cioè nel peccato, nell’amore per la gloria e per i piaceri di questa vita e nelle altre passioni da cui era dominato, poiché con la trasgressione ne era diventato schiavo. Da allora il male crebbe progressivamente e regnò la morte (cf. Rm 5,14); non c’era più alcun luogo in cui si adorasse Dio, ovunque lo si ignorava. Pochi e molto rari, come dicono i padri, mossi dalla legge naturale, lo conoscevano; tale era Abramo e gli altri patriarchi, Noè e Giobbe. Allora il Nemico dispiegò tutta la sua malvagità, così che regnò il peccato (Rm 5,21); allora cominciarono l’idolatria, il politeismo, la magia, gli omicidi e ogni altra malvagità suggerita dal Divisore[5].

2. Allora dunque, il Dio buono ebbe compassione della sua creatura; attraverso Mosè diede la Legge, nella quale proibì alcune cose e ne prescrisse altre, come per esempio: “Fate questo, non fate quello”. Diede dei comandamenti, e subito disse: Il Signore Dio tuo è un unico Signore (Dt 6,4) per distogliere le profondità del loro cuore[6] dall’adorare molti dèi e: Amerai il Signore Dio tuo con tutta l’anima e con tutta la mente (Dt 6,5). Ovunque annuncia che Dio è uno solo e che non ce n’è un altro, poiché dicendo Amerai il Signore Dio tuo mostrò che Dio è uno solo ed è un unico Signore. E di nuovo nelle dieci parole dice: Adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo renderai culto; ti attaccherai a lui e giurerai nel suo nome (Dt 6,13), e poi aggiunge: Non ci saranno per te altri dèi, né alcuna immagine di ciò che vi è in alto nel cielo e di quanto vi è in basso sulla terra (Dt 5,7-8), poiché gli uomini adoravano tutte le creature.

3. Il Dio buono diede dunque la Legge per aiutare l’uomo, per spingerlo a conversione, per correggerlo dal male e, tuttavia, il male non fu corretto. Dio inviò i profeti e anch’essi non poterono far nulla. Il male infatti si rafforzò, come dice Isaia: Non è una ferita, né una lividura, né una piaga bruciante; non c’è unguento da applicare né olio né fasce (Is 1,6), vale a dire che non è un male che ha colpito solo in parte, che è localizzato, ma ha leso tutto il corpo, avvolge l’intera anima, opprime tutte le sue facoltà. Non c’è unguento da applicare vale a dire che tutto è asservito al peccato, tutto è dominato da esso. Anche Geremia dice: Abbiamo curato Babilonia e non è guarita (Ger 51,9), cioè: “Abbiamo manifestato il tuo nome, abbiamo annunciato i tuoi co- mandamenti, le opere buone da te compiute, le promesse; abbiamo preannunciato a Babilonia gli assalti dei nemici e tuttavia non è guarita, non si è convertita, non ha provato timore, non si è distolta dalla sua malvagità”. Come dice anche altrove: “Non hanno accettato la correzione” (cf. Ger 2,30), cioè l’avvertimento, l’insegnamento. E nel salmo è detto: La loro anima provò disgusto per ogni cibo, e si avvicinarono alle porte della morte (Sai 106,18).

4. Allora dunque, il Dio buono e amico degli uomini mandò il suo Figlio, l’unigenito (cf. Gv 3,16), perché Dio soltanto poteva guarire e vincere un male simile; e questo i profeti non lo ignoravano. Perciò David diceva apertamente: Tu che siedi sui cherubini, manifestati, risveglia la tua potenza e vieni a salvarci (Sai 79,2-3); e: Signore, piega i cieli e scendi (Sal 143,5) e altre parole simili. Anche tutti gli altri profeti, ciascuno in modo diverso, hanno levato simili grida sia per pregarlo di venire sia per esprimere la certezza[7] della sua venuta. Venne dunque il nostro Signore, divenuto uomo a causa nostra “per guarire il simile con il simile - come dice san Gregorio - l’anima con l’anima, la carne con la carne. Si è fatto uomo in tutto tranne che nel peccato”[8]. Ha preso il nostro essere stesso, le primizie della nostra natura, ed è diventato un nuovo Adamo a immagine di colui che l’aveva creato (Col 3,10). Egli infatti rinnova il nostro stato secondo natura e restituisce l’integrità originaria alle nostre facoltà. Divenuto uomo, ha rinnovato l’uomo decaduto, ha liberato colui che era schiavo del peccato e trascinato dalla sua violenza. L’uomo era trascinato infatti con violenza e tirannia dal Nemico, e anche quelli che non volevano peccare erano quasi costretti a peccare, come dice l’Apostolo parlando per noi tutti: Non faccio il bene che voglio, ma il male che non voglio, questo faccio (Rm 7,19).

5. Dio, dunque, divenuto uomo a causa nostra, ha liberato l’uomo dalla tirannia del Nemico. Ha abbattuto tutta la sua potenza, ha spezzato la sua forza e ci ha liberato dal suo potere e dalla sua schiavitù, a meno che noi stessi vogliamo peccare di nostra volontà. Ci ha dato il potere, come ha detto, di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra ogni potenza del Nemico (Lc 10,19), purificandoci da ogni peccato attraverso il santo battesimo. Il santo battesimo infatti perdona e cancella ogni peccato. E ancora, il Dio buono, conoscendo la nostra debolezza e prevedendo che anche dopo il santo battesimo avremmo di nuovo peccato - come sta scritto: Il pensiero dell’uomo è incline al male dalla sua giovinezza (Gen 8,21) - ci ha dato, nella sua bontà, i santi comandamenti perché, se vogliamo, grazie alla loro custodia, possiamo essere di nuovo purificati[9] non solo dai nostri peccati, ma anche dalle passioni stesse. Una cosa infatti sono le passioni, e un’altra i peccati. Le passioni sono la collera, la vanagloria, l’amore per i piaceri, l’odio, i desideri malvagi e le altre cose simili. I peccati, invece, sono le azioni derivanti dalle passioni quando le si traduce in atto, quando con il corpo si fa ciò che le passioni suggeriscono.

6. Dio, come ho detto, ci ha dato dunque dei comandamenti per purificarci anche dalle nostre stesse passioni, dalle stesse cattive disposizioni del nostro uomo interiore (cf. Rm 7,23; Ef 3,16). A lui infatti dona il discernimento del bene e del male, lo ridesta, gli mostra i motivi per i quali giunge a peccare e dice: “La Legge ha detto: Non commettere adulterio (Es 20,14), ma io dico: ‘Non avere cattivi desideri’ (cf. Mt 5,27). La Legge ha detto: Non uccidere (Es 20,13), ma io dico: ‘Non adirarti neppure’ (cf. Mt 5,21)”. Se tu hai cattivi desideri, anche se oggi non commetti adulterio, il desiderio che ti tormenta interiormente però non si placa finché non ti trascina all’atto. Se vai in collera e ti irriti contro tuo fratello, prima 0 poi finirai per parlare male di lui e poi tendergli insidie, e così, poco per volta, giungerai anche a ucciderlo.

La Legge dice ancora: Occhio per occhio e dente per dente (Es 21,24), e il seguito. Ma il Signore esorta non solo ad accogliere con pazienza il colpo di chi ci percuote, ma a presentare con umiltà l’altra guancia (cf. Mt 5,39). Allora, infatti, lo scopo della Legge era quello di insegnarci a non fare quello che non volevamo patire, e ci ha dunque trattenuto dal fare il male per il timore di patirlo. Ma ora quello che ci è chiesto, come ho detto, è di scacciare l’odio stesso, lo stesso amore per i piaceri, la stessa vanagloria e le altre passioni.

7. Insomma, ora lo scopo del nostro Signore Cristo è quello di insegnarci come siamo giunti a tutti questi peccati, come siamo finiti in tutti questi giorni malvagi. Dapprima, dunque, come ho già detto, ci ha liberato per mezzo del santo battesimo, accordandoci il perdono dei peccati e ci ha dato la possibilità di fare il bene, se vogliamo, e di non essere trascinati per forza al male, come qualcuno potrebbe sostenere. Chi è schiavo dei peccati ne è appesantito e trascinato, come dice la Scrittura: Ciascuno è catturato dai lacci dei suoi peccati (Pr 5,22). Poi il Signore ci insegna per mezzo dei santi comandamenti come venire purificati anche dalle stesse passioni così da non ricadere di nuovo a causa loro negli stessi peccati. In seguito ci mostra anche il motivo per il quale si giunge a disprezzare e a trasgredire gli stessi comandamenti di Dio; ci offre così il rimedio anche per questo male, affinché possiamo obbedire ed essere salvati.

Qual è dunque questo rimedio e quale il motivo del disprezzo? Ascoltate ciò che dice lo stesso nostro Signore: Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime (Mt 11,29). Ecco che qui, brevemente, con una sola parola, ci ha mostrato la radice e la causa di tutti i mali, e il suo rimedio, causa di tutti i beni; ha mostrato che è stata la superbia a farci cadere e che è impossibile trovare misericordia in altro modo se non attraverso il suo contrario, cioè l’umiltà[10]. La superbia infatti genera il disprezzo e la funesta disobbedienza, così come l’umiltà genera l’obbedienza e la salvezza delle anime. Intendo parlare della vera umiltà, non quella fatta di sole parole o di apparenza, ma di una disposizione veramente umile che si forma nel cuore stesso, nell’animo stesso; così dice infatti il Signore: Sono mite e umile di cuore.

8. Chi dunque vuole trovare il vero riposo per la sua anima impari l’umiltà e veda che in essa vi è ogni gioia, ogni gloria e ogni riposo, così come nell’orgoglio vi è tutto il contrario. Come siamo giunti a tutte queste tribolazioni? Perché siamo finiti in tutta questa miseria? Non è forse a motivo del nostro orgoglio? Non è forse a motivo della nostra follia? Non è per aver perseverato nel nostro cattivo proposito? Non è per esserci attaccati all’amarezza della nostra volontà? Ma da dove viene tutto questo? L’uomo non è stato creato nella pienezza delle delizie, della gioia, del riposo, della gloria? Non era nel paradiso? Dio gli aveva ordinato: “Non fare questo”, ed egli lo ha fatto. Vedi l’orgoglio? Vedi la testardaggine? Vedi la mancanza di sottomissione? Dio vedendo quell’arroganza dice: “Costui è folle, non sa essere felice. Se non vivrà giorni cattivi, se ne andrà alla completa distruzione, perché se non impara che cos’è la tribolazione, non impara che cos’è il riposo”. Allora gli diede ciò che era degno di lui e lo scacciò dal paradiso. L’uomo fu consegnato all’amore di sé e alle proprie volontà perché si spezzassero le sue ossa, perché imparasse a non seguire se stesso ma il comandamento di Dio, perché la miseria stessa della disobbedienza gli insegnasse il riposo dell’obbedienza, come è detto nel profeta: La tua ribellione ti correggerà (Ger 2,19) [11].

La bontà di Dio, tuttavia, come ho detto spesso, non ha trascurato la sua creatura, ma di nuovo si volge verso di lei, di nuovo l’esorta: Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò riposo (Mt 11,28), vale a dire: “Ecco, vi siete affaticati, avete conosciuto la miseria, avete sperimentato il male della vostra ribellione; su, ritornate e riconoscete la vostra debolezza, la vostra indegnità, per entrare nel vostro riposo e nella vostra gloria. Su, vivete grazie all’umiltà, voi che siete stati messi a morte a motivo dell’orgoglio. Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime (Mt 11,29).

9. Oh, fratelli miei, che cosa non fa l’orgoglio! Oh, quanto può l’umiltà! Che bisogno c’era di tutti questi rigiri? Se fin da principio, infatti, l’uomo si fosse umiliato, avesse obbedito a Dio, avesse custodito il comandamento, non sarebbe caduto. Dopo che si era comportato in modo vergognoso, Dio gli offrì ancora una volta l’occasione di pentirsi e di ricevere misericordia, ma egli continuò a tener alta la testa. Dio venne da lui e gli disse: Adamo, dove sei? (Gen 3,9), invece di dirgli: “Da quale gloria sei caduto e a quale vergogna sei giunto?”. Poi gli chiese: “Perché hai peccato? Perché hai disobbedito?”; voleva proprio spingerlo a dire: “Perdonami!”. Ma dov’è il “Perdonami!”? Non vi fu né umiltà, né pentimento, ma l’opposto. L’uomo replica: La  donna che tu mi hai dato (Gen 3,12); non dice: “La mia donna si è presa gioco di me”, ma: La donna che tu mi hai dato, come se dicesse: “La sventura che hai posto sul mio capo”. Così accade, fratelli, quando l’uomo non persevera nel rimproverare se stesso; non esita neppure a incolpare Dio stesso. Dio va poi dalla donna e le dice: “Perché anche tu non hai osservato il comando?”, come per dirle: “Di’ almeno tu: ‘Perdonami!’, perché la tua anima si umilii e tu trovi misericordia”, ma di nuovo non vi fu nessun “Perdonami!”. Anch’essa risponde: Il serpente mi ha ingannata (Gen 3,13), quasi a dire: “Se quello ha peccato, io che c’entro?”. Che fate, infelici? Fate una metania, riconoscete la vostra colpa, abbiate pietà della vostra nudità! Ma nessuno di loro si degnò di accusare se stesso, nessuno mostrò di avere un minimo di umiltà.

10. Ed ecco, vedete chiaramente a quale situazione siamo giunti; ecco a quali e quanto grandi mali ci ha portato il fatto di giustificare noi stessi, di fidarci di noi stessi, di attaccarci alla nostra volontà, cose tutte generate dall’orgoglio, nemico di Dio; allo stesso modo sono cose generate dall’umiltà l’accusare se stessi, il non fidarsi del proprio giudizio, l’odiare la propria volontà. Grazie a queste siamo fatti degni di riprenderci e di ritornare allo stato secondo natura[12] attraverso la purificazione operata dai santi comandamenti di Cristo. Senza umiltà, infatti, non è possibile obbedire ai comandamenti, né giungere a un qualsiasi bene, come ha detto abba Marco: “Senza contrizione del cuore, è impossibile allontanarsi dal male, è assolutamente impossibile acquistare una virtù”[13]. E attraverso la contrizione del cuore, dunque, che si accolgono i comandamenti, ci si allontana dal male, si acquistano le virtù e si ritorna così al proprio riposo.



[1]    Cf. Everghetinos IV,22,2,4, pp. 372-373.

[2]    Troviamo un identico inizio in Abba Isaia, Discorsi 2,1, p. 40 ( = PG 40,11070).

[3]   Per tutta la tradizione patristica orientale la nozione di “natura” designa la condizione dell’essere umano creato buono, a immagine di Dio. Chiamato a vivere “secondo natura”, cioè secondo l’immagine di Dio deposta in lui, con il peccato agisce “contro natura”.

[4]    In greco: autoexousion, dotato di libero arbitrio.

[5]   Preferiamo tradurre letteralmente il greco diábolos. Su questo passo cf. Ireneo di Lione, Esposizione della dottrina apostolica 18, in Id., Contro le eresie e gli altri scritti, a cura di E. Bellini, Milano 1981, p. 495.

[6]   Così rendiamo il greco noûs, da altri tradotto con “mente”, “intelletto”, “spirito”. Designa la suprema facoltà umana, ove sono deposte l’immagine e la somiglianza con Dio; esso si trova nelle profondità del cuore dell’uomo, inteso in senso biblico, quale centro vitale dell’essere umano, sede non solo della vita affettiva, intellettuale, morale, ma anche dell’intelligenza e della sapienza.

[7]   II verbo greco qui impiegato plerophoréo indica la comunicazione di un’intima certezza da parte di Dio.

[8]    Gregorio di Nazianzo, Discorsi 28,13; 45,9, PP- 668-671, 1142-1144.

[9]   Cf. Zosima, Colloqui 3, p. 103: “II nostro Signore è buono; ci ha dato per guarirci dai nostri mali i santi comandamenti perché ci purifichino come un ferro rovente e come un medicamento atto a purificare. Chi dunque vuole e desidera essere curato per guarire dalla sua malattia deve sopportare ciò che fa il medico”.

[10]   Insegnamento tradizionale nei padri del deserto: cf. Detti dei padri, Serie alfabetica, Antonio 7, p. 83; Teodora 6, p. 227; Macario l’Egiziano 11, p. 309; eccetera.

[11]   Cf. Ireneo di Lione, Contro le eresie IV,37,7, p. 398: “Dio ha mostrato la sua magnanimità nell’apostasia dell’uomo e l’uomo è stato istruito per mezzo di essa, come dice il profeta: Ti istruirà la tua apostasia (Ger 2,19); perché Dio ha preordinato tutte le cose per portare l’uomo alla perfezione

[12]   Cf. supra, n. 3.

[13]   Marco l’Asceta, A quelli che credono di essere giustificati 197, in La filocalia I, a cura di M. B. Artioli e M. F. Lovato, Torino 1982, p. 207.

 


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1 dicembre 2024                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net