DOROTEO DI GAZA

SCRITTI E INSEGNAMENTI SPIRITUALI

V. LA NECESSITÀ DI NON FONDARSI SUL PROPRIO GIUDIZIO

 

Estratto da "Doroteo di Gaza, Insegnamenti spirituali", a cura di Maurizio Paparozzi - Città Nuova Editrice 1993

(Il testo originale contiene molte note esplicative)

 

 

61. Nei Proverbi è detto: Coloro che non hanno guida cadono come le foglie; la salvezza invece consiste nel molto consiglio (Pr 11,14). Vedete il significato del detto, fratelli, vedete che cosa c'insegna la Sacra Scrittura: ci mette in guardia perché non ci fondiamo su noi stessi, perché non ci consideriamo intelligenti, perché non crediamo di essere capaci di governarci da soli.

Abbiamo bisogno di un aiuto, abbiamo bisogno di chi, dopo Dio, sia nostra guida. Non c’è nulla di più sventurato, nulla che sia più facile da conquistare di coloro che non hanno nessuno che li avvii sulla via di Dio. Perché dice: Coloro che non hanno guida cadono come le foglie? La foglia all’inizio è verde, rigogliosa, gradevole; poi pian piano si secca e cade e infine viene disprezzata e calpestata. Così è anche l’uomo che non è guidato da nessuno. Da principio ha fervore per il digiuno, la veglia, la quiete, l’obbedienza e altre simili virtù; ma poi pian piano quel fervore si spegne e, poiché non ha chi lo guidi ed alimenti e riaccenda quel fervore, si secca cosi, insensibilmente, e cade; e infine diventa soggetto ai nemici, che gli fanno quello che vogliono.

Invece di coloro che manifestano la loro condizione e fanno tutto con consiglio, è detto: La salvezza consiste nel molto consiglio. Non dice molto consiglio perché uno si consigli con, chiunque capita, ma perché si consigli in ogni cosa, evidentemente con colui con cui deve avere confidenza e non tacere alcune cose e dirne altre, ma manifestare tutto e consigliarsi, come ho detto, in tutto. Per costui sicuramente la salvezza consiste nel molto consiglio.

 

62. Infatti se l’uomo non espone tutto quello che ha dentro, specialmente se proviene da una vita o da un’educazione cattive, il diavolo trova in lui una volontà propria o una presunzione di aver ragione e per mezzo di esse lo getta a terra. Quando infatti il diavolo vede che uno non vuol peccare, non è mica tanto ingenuo nel fare del male da suggerirgli subito cosi direttamente un peccato evidente. Non gli dice: « Vattene a fornicare », oppure: « Vattene a rubare », perché sa che queste cose non vogliamo farle e non si azzarda a dirci quel che non vogliamo; ma trova, come ho detto, che noi abbiamo una volontà propria o una presunzione di aver ragione, e per mezzo di esse, sotto pretesti ragionevoli, ci danneggia. Ecco perché è ancora scritto: Il maligno opera il male quando mette in mezzo la presunzione di aver ragione (Pr 11,15). Il maligno è il diavolo, e fa il male quando mette in mezzo la presunzione, cioè la nostra presunzione. È allora che ha più forza, che nuoce di più, che agisce di più. Quando infatti ci attacchiamo alla nostra volontà e ci fondiamo sulle nostre presunzioni, proprio allora, credendo di fare una bella cosa, tendiamo insidie a noi stessi, ci perdiamo e non sappiamo nemmeno come. E come possiamo conoscere la volontà di Dio o cercarla veramente, se confidiamo in noi stessi e ci attacchiamo alla volontà propria?

 

63. Per questo l’abbas Poimen diceva: La volontà è un muro di bronzo che si frappone tra l’uomo e Dio. Vedete il significato del detto. E ancora aggiungeva: È una roccia respingente, come a dire: che si oppone, che si scontra con la volontà di Dio. Se dunque l’uomo la lascia da parte, può dire anche lui: Nel mio Dio valicherò il muro. Il mio Dio, irreprensibile è la sua via. (Sal 18 (17), 30-31) È detto in modo mirabile. Si scorge la via di Dio che non ha alcun difetto quando si lascia da parte la propria volontà; quando invece ci si lascia convincere dalla propria volontà, non si vede la via di Dio priva di difetto, ma se uno ascolta una messa in guardia, subito recrimina, disprezza, rifugge, si oppone. Come può tollerare qualcuno o obbedire a un qualsiasi consiglio chi è attaccato alla propria volontà? Quindi l’Anziano parla anche della presunzione: Se poi con la volontà collabora anche la presunzione di aver ragione, non si mette bene per l’uomo. Ohimè, che coerenza hanno le parole dei santi! È proprio la morte, quando la presunzione di aver ragione si combina con la volontà, un gran pericolo, una gran paura. Allora lo sventurato cade completamente: chi riesce a convincerlo a credere che un altro uomo sa meglio di lui quel che gli giova? Allora si abbandona completamente a seguire il proprio ragionamento e così il nemico lo fa cadere come vuole. Per questo è detto: II maligno opera male, quando mette in mezzo la presunzione di aver ragione; egli odia la parola di sicurezza. (Pr 11,15)

 

64. È detto che odia la parola di sicurezza perché maligno odia non solo la sicurezza in quanto tale, ma non ne può nemmeno ' ascoltare la voce, anzi odia la parola stessa di sicurezza, cioè il fatto puro e semplice che si parli di sicurezza. Intendo dire: prima ancora che chi rivolge domande sull’utilità faccia qualcosa, prima ancora di sapere se osserva o no quello che gli viene detto, il nemico odia il fatto stesso che si pongano domande o che si ascolti qualche cosa di giovevole: la voce stessa, il suono stesso di quelle parole li odia e li detesta. E dico perché. Egli sa che le sue malefatte vengono individuate proprio interrogando ed esercitandosi a parlare sull’utilità, e nulla odia, nulla teme quanto di essere scoperto, perché allora non trova più modo di insidiare come vuole. Se dunque l’anima si mette al sicuro raccontando tutto e ascoltando da qualcuno che sa: « Questo, fallo; questo, non lo fare; questo è buono, questo non è buono, questo è presunzione, questo è volontà propria », o ancora: « Non è il momento adatto per questa cosa », o un’altra volta: « Adesso è il momento », il diavolo non trova con quale pretesto danneggiarla né come buttarla a terra perché, come ho detto, essa .si lascia sempre guidare ed è al sicuro da ogni parte, e si realizza in essa il detto: La salvezza consiste nel molto consiglio. Invece il maligno questo non lo vuole, anzi odia, perché vuole fare del male e si compiace piuttosto di coloro che non hanno guida. Perché? Perché cadono come foglie.

 

65. Ecco, il maligno amava quel fratello di cui parlava l’abbas Macario: Ho un fratello che, quando mi vede, gira come una banderuola. Egli ama questi tali, si compiace sempre di costoro, che non hanno una guida, non si affidano a qualcuno che possa, dopo Dio, aiutarli e dar loro una mano. Non fece forse il giro di tutti i fratelli quel demonio che il santo vide portare tutte quelle specialità in vasetti? E non le presentò forse a tutti? Ma ciascuno di loro, accorgendosi del tranello, corse a raccontargli i propri pensieri e trovò aiuto nel momento della tentazione, e perciò il maligno non ebbe forza contro di loro. Trovò invece solo quel poveraccio che si fondava su se stesso e non aveva aiuto da nessuno: lo trattò come un giocattolo e se ne andò ringraziando lui e maledicendo gli altri. Quando raccontò la faccenda a san Macario e gli disse il nome del fratello, il santo corse da lui e trovò che la causa della sua rovina era questa: trovò che non voleva confessare, trovò che non aveva l’abitudine di aprirsi, e per questo il nemico se lo rigirava come voleva. Alla domanda del santo: « Come vanno le tue cose, fratello? », rispose: « Bene, grazie alle tue preghiere ». Quello chiese di nuovo: « Non ti danno guerra i pensieri? »; e lui rispose: « Per ora sto bene », e non volle confessare niente, finché con arte il santo lo convinse a dire quel che aveva dentro, e dopo avergli detto la parola di Dio lo mise in guardia e se ne tornò indietro. Il nemico dunque venne di nuovo, secondo l’abitudine, volendo gettarlo a terra, ma ci fece una brutta figura, perché lo trovò ben fondato, trovò che non si lasciava più prendere in giro; sicché se ne dovette andare senza aver combinato niente, svergognato anche da quel fratello. Perciò, interrogato ancora dal santo: « Come sta quel fratello amico tuo? », non lo chiamò più amico, ma nemico e lo maledisse dicendo: « Anche lui si è guastato, non mi obbedisce più nemmeno lui, anzi, è diventato più selvatico di tutti ».

 

66. Ecco perché il nemico odia la parola di sicurezza: perché vuole sempre la nostra rovina. Ecco perché ama quelli che si fondano su sé stessi: perché collaborano col diavolo, tendendosi insidie da soli. Io non conosco altro motivo- di caduta per un monaco se non perché si fida del proprio cuore. Certuni dicono: « L’uomo cade per questo o questo motivo ». Io invece, come ho detto, non conosco che per nessuno ci sia altro motivo di caduta se non questo. Hai insto qualcuno caduto? Sappi che si fondava su se stesso. Niente è più grave che fondarsi su sé stessi, nulla è più rovinoso di questo. Dio mi ha protetto e ho sempre temuto questo pericolo. Quando ero nel cenobio, confidavo tutto all’Anziano, l’abbas Giovanni: mai, come ho detto, mi azzardavo a far nulla senza il suo parere. Qualche volta il pensiero mi diceva: « Ma l’Anziano non ti dirà forse la tal cosa? Perché vuoi disturbarlo? »; io però dicevo al pensiero: « Anatema a te, al tuo discernimento, alla tua intelligenza, alla tua saggezza e alla tua coscienza, perché quello che sai, lo sai dai demoni ». Poi andavo a interrogare l’Anziano, e talvolta mi rispondeva quella parola che avevo pensato anch’io; allora il pensiero mi diceva: « Beh? Ecco, è la stessa cosa che avevo detto io: non era inopportuno che tu seccassi l’Anziano? ». Ma io dicevo al pensiero: « No, adesso va bene, adesso viene dallo Spirito Santo; quel che dici tu è cattivo, proviene dai demoni, proviene da uno stato d'animo passionale ». E così non permettevo mai a me stesso di obbedire al mio pensiero senza interpellare l'Anziano: e credetemi, fratelli, ero in un grande riposo, in una grande libertà dalle preoccupazioni, tanto che ne ero perfino inquieto, come mi pare di avervi detto un’altra volta9. Infatti sentivo dire che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte afflizioni, (At 14,22) e vedevo che di afflizioni non ne avevo nemmeno una: perciò ero preoccupato e non sapevo come regolarmi, non conoscendo la causa di una tale tranquillità, finché non me lo spiegò l'Anziano: « Non affliggerti. Chiunque si sottomette all’obbedienza dei Padri possiede questo riposo e questa mancanza di preoccupazioni » “.

 

67. Studiatevi anche voi di porre domande, fratelli, e di non fondarvi su voi stessi: imparate quale mancanza di preoccupazioni procura questa cosa, quale gioia, quale tranquillità. E dal momento che vi ho detto che non ho mai provato afflizioni, ascoltate anche, a questo proposito, che cosa mi è capitato una volta. Quando ero ancora là nel cenobio, una volta mi venne una tristezza grande e insopportabile e mi trovavo in tale fatica e angustia, come se dovessi quasi render l'anima. Quell'afflizione derivava dall’insidia dei demoni; una tale tentazione investe a causa della loro invidia: è gravissima, anche se di breve durata, pesante, tenebrosa, inconsolabile; non permette nessun riposo da nessuna parte, ma da ogni parte angoscia, da ogni parte soffocamento. Però presto nell’anima giunge la grazia di Dio, perché nessuno potrebbe sopportarla. Mi trovavo dunque, come ho detto, in una tale tentazione e angustia. Un giorno, mentre stavo nel cortile del monastero abbattuto e supplicando Dio per questo, all’improvviso guardo dentro la chiesa e vedo uno vestito da vescovo, che portava un abito d’ermellino ed entrava nel santuario. Io non mi avvicinavo mai ad un estraneo senza necessità o senza un ordine, ma quella volta qualcosa mi attirò e andai dietro a lui; rimase in piedi un bel pezzo, con le braccia tese verso il cielo, mentre io stavo dietro pregando con molto timore: mi era venuta una gran paura dalla sua vista. Quando ebbe finito la sua preghiera, si girò e venne verso di me, e a mano a mano che si avvicinava, sentivo che la tristezza e la paura se ne andavano. Poi, come si fermò davanti a me, stese la mano, mi toccò il petto e con le dita mi batté sul petto dicendo: Ho aspettato con ansia il Signore, ed egli si è rivolto a me; ha udito la mia supplica e mi ha fatto risalire dalla fossa della miseria e dal fango della palude, ha posto i miei piedi sulla roccia, ha indirizzato i miei passi e mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, un inno al nostro Dio. (Sal 40 (39), 2-4) Recitò tutti i versetti per tre volte, sempre battendomi, come ho detto, sul petto, e così se ne andò. E subito venne nel mio cuore luce, gioia, consolazione, dolcezza, e mi trovai diventato un altro. Uscii correndo dietro a lui, volendolo trovare, ma non lo trovai: era sparito. Da quella volta, per la misericordia di Dio non mi ricordo di essere più stato addolorato da tristezza né da paura, ma Dio mi ha protetto fino ad ora grazie alle preghiere di quei santi Anziani.

 

68. Questo ve l’ho detto, fratelli, perché volevo spiegarvi quanto grande riposo e mancanza di preoccupazioni, accompagnata da ogni sicurezza, dia il non fondarsi su sé stessi, ma l’affidare le proprie cose a Dio e a quelli che, dopo Dio, possono farci da guida; imparate dunque anche voi a far domande, fratelli, imparate a non fondarvi su voi stessi: è tuia cosa bella, è umiltà, è serenità, è gioia. Che bisogno c’è di tormentarsi inutilmente? Non è possibile salvarsi altrimenti che così. Forse qualcuno pensa: ma se imo non ha a chi fare domande, che ha da fare? Certo, se uno vuole veramente fare la volontà di Dio con tutto il cuore, Dio non lo abbandona mai, ma lo guida sicuramente secondo la sua volontà. Se uno indirizza realmente il proprio cuore alla volontà di Dio, Dio illumina anche un bambinetto perché gli dica la sua volontà. Ma se imo non vuole in tutta verità la volontà di Dio e va da un profeta, Dio dà al cuore del profeta di rispondergli conforme al suo cuore storto, come dice la Scrittura: Se il profeta s’inganna e parla, io, il Signore, ho ingannato quel profeta. (Ez 14,9) Perciò, con ogni energia dobbiamo indirizzarci alla volontà di Dio e non fidarci del nostro cuore; ma anche se è una cosa buona e ascoltiamo da qualche santo che è buona, dobbiamo ritenere, si, che è buona, ma non fidarci di noi stessi perché tanto ormai la facciamo bene e deve riuscir bene. Dobbiamo invece fare quanto possiamo e di nuovo esporre come abbiamo fatto e domandare se abbiamo fatto bene, e dopo neppure cosi essere senza preoccupazione, ma aspettare anche il giudizio di Dio, come quel santo, l’abbas Agatone, quando gli fu chiesto: « Hai paura anche tu, Padre? », rispose: « Finora ho fatto il possibile, ma non so se le mie opere sono piaciute a Dio. Altro è il giudizio di Dio e altro quello degli uomini »1S. Dio ci protegga dal pericolo di fondarci su noi stessi e ci conceda di essere attaccati alla via dei nostri Padri.

 


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1 dicembre 2024                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net