DOROTEO DI GAZA

SCRITTI E INSEGNAMENTI SPIRITUALI

 IX. LA MENZOGNA

Estratto da "Doroteo di Gaza, Comunione con Dio e con gli uomini, Vita di abba Dositeo, Insegnamenti spirituali, Lettere e Detti", a cura di Lisa Cremaschi - Edizioni Qiqajon 2014

 

96. Voglio ricordarvi, fratelli, alcune cose riguardo alla menzogna perché vedo che non vi preoccupate affatto di custodire la vostra lingua e da questo ci lasciamo facilmente trascinare a molti mali. Vedete, fratelli miei, in ogni cosa, come vi dico sempre, ci si abitua, sia nel bene che nel male. Occorre dunque molta vigilanza perché non ci lasciamo sorprendere dalla menzogna. Nessuno che menta è unito a Dio; la menzogna è estranea a Dio. Sta scritto infatti: “La menzogna viene dal Maligno”, e di lui: E menzognero e padre di menzogna (Gv 8,44). Ecco, chiama padre della menzogna il diavolo. La verità invece è Dio; egli stesso, infatti, dice: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6). Vedete dunque da chi ci separiamo e a chi aderiamo attraverso la menzogna! Evidentemente al Malvagio. Se dunque vogliamo essere realmente salvati, dobbiamo amare la verità con tutte le forze e con ogni impegno, e guardarci da ogni menzogna per non separarci dalla verità e dalla vita.

97. Vi sono tre forme di menzogna: vi è chi mente con il pensiero, con le parole, con la vita stessa. Mente con il pensiero chi accoglie i sospetti. Se costui vede qualcuno parlare con suo fratello, nutre sospetti e dice: “E di me che parlano”, e se interrompono la conversazione, di nuovo sospetta che l’abbiano interrotta a causa sua. Se uno dice una parola, sospetta che l’abbia detta per ferirlo, e, insomma, in ogni cosa sospetta il prossimo e dice: “E a causa mia che ha fatto questo”; “E a causa mia che ha detto questo”; “Per questo motivo ha fatto questo”. Questi è colui che mente con il pensiero. Non dice niente di vero, ma tutto in base a sospetti. Da questo poi provengono la curiosità, la maldicenza, l'ascoltare di nascosto, i litigi, le condanne degli altri. Ma accade che uno sospetti una cosa e che gli eventi mostrino che era vera; in base a questo egli dice di volersi correggere e continua a curiosare ovunque pensando: “Se uno dice qualcosa contro di me, vedo qual è la mancanza di cui mi si incolpa e mi correggo”. Anzitutto l’inizio stesso di tale comportamento proviene dal Malvagio; ha cominciato con una menzogna: non sapeva e ha sospettato ciò che non sapeva. Come può un albero malvagio fare frutti buoni (cf. Mt 7,18)? Se desidera veramente correggersi, quando il fratello gli dice: “Non fare questo”, o: “Perché hai fatto questo?”, non si turbi, ma faccia una metania e lo ringrazi; allora si correggerà. E se Dio vede che questa è la sua intenzione, non permetterà mai che si inganni, ma gli manderà sempre colui che deve correggerlo. Ma dire: “E per la mia correzione che mi fido dei miei sospetti”, e restare ad ascoltare di nascosto e curiosare ovunque è una giustificazione che viene dal diavolo.

98. Quando ero nel monastero, ero tentato di capire la situazione di una persona dal suo modo di muoversi. Mi accadde dunque un fatto del genere. Una volta, là dov’ero, mi passò davanti una donna che portava una brocca d’acqua e, non so come, ne fui attirato, la guardai negli occhi e subito il pensiero mi suggerì che era una prostituta. Come il pensiero mi suggerì questo sospetto, rimasi molto turbato e lo manifestai all’anziano, ad abba Giovanni: “Signore, pur non volendo, come vedo l’atteggiamento di qualcuno, il pensiero mi suggerisce il suo stato interiore; che cosa devo fare?”. E l’anziano mi diede questa spiegazione: “Come dunque? Non accade che uno abbia un difetto naturale e che si sforzi di correggerlo? Non è possibile conoscere la sua situazione a partire da questo. Non fidarti dunque mai dei tuoi sospetti perché una regola distorta distorce anche quello che è diritto. I sospetti sono menzogneri e fanno del male”. Da allora se il pensiero mi diceva del sole che è sole, o della tenebra che è tenebra, non mi fidavo. Nulla è più grave dei sospetti; sono talmente dannosi perché quando perdurano in noi cominciano a convincerci e a farci credere di vedere cose che non esistono e che non sono mai esistite.

99 E a questo proposito vi racconto un fatto straordinario a cui ho assistito quando mi trovavo ancora nel monastero. Avevamo là un fratello che era molto importunato da questa passione; si fidava a tal punto dei suoi sospetti che credeva che la realtà fosse tale e quale il suo pensiero la descriveva e non ammetteva che fosse altrimenti. Con il tempo il male peggiorò e così i demoni lo convinsero a lasciarsi ingannare a tal punto che una volta entrò nell’orto per osservare quello che succedeva - sempre infatti se ne stava a spiare e ad ascoltare - e gli sembrò di vedere un fratello rubare dei fichi e mangiarseli. Era per giunta un venerdì e non erano ancora le otto. Persuaso di aver visto veramente la cosa, si nascose, uscì senza dir nulla e al momento della liturgia [1] osservò per vedere che cosa avrebbe fatto alla comunione il fratello che aveva rubato e mangiato i fichi. Come vide che si lavava le mani per andare a ricevere la comunione, corse a dire all’abba: “Vedi quel fratello che va a ricevere la comunione con gli altri fratelli? Ordina che non gli sia data perché l’ho visto stamattina rubare fichi dal giardino e mangiarli”. In quel momento quel fratello stava andando a ricevere la santa comunione con grande compunzione; era infatti uno dei più fervorosi. Come l’abba lo vide, lo chiamò prima che si avvicinasse al presbitero che distribuiva la comunione, lo prese in disparte e gli disse: “Dimmi, fratello, che cosa hai fatto oggi?”. Quello si meravigliò e gli rispose: “Dove, signore?”. Gli disse l’abba: “Nell’orto dove sei andato stamattina. Che cosa ci facevi?”. Il fratello, stupito, gli disse: “Signore, non l’ho nemmeno visto l’orto quest’oggi e non ero neppure qui, in monastero stamattina; sono appena rientrato. Subito dopo la fine della preghiera notturna, l’economo mi ha mandato a fare la tal commissione”. La commissione di cui aveva parlato richiedeva un cammino di molte miglia e il fratello era arrivato giusto all’ora della liturgia eucaristica. L’abba mandò a chiamare l’economo e gli disse: “Dove hai mandato questo fratello?”. L’economo rispose quello che aveva già detto il fratello: “L’ho mandato nel tal villaggio”, e fece una metania dicendo: “Perdonami, mio signore. Tu riposavi dopo la veglia e per questo non l’ho mandato da te per ricevere il permesso”. L’abba, pienamente rassicurato, non ebbe dubbi e li mandò a ricevere la comunione con la sua benedizione. Poi fece chiamare il fratello che nutriva sospetti, lo rimproverò e gli proibì di fare la santa comunione. Non solo, ma fece anche chiamare tutti i fratelli dopo la liturgia, raccontò piangendo quello che era accaduto, svergognò il fratello davanti a tutti, ottenendo con ciò un triplice risultato: confuse il diavolo e lo denunciò come seminatore di sospetti, procurò al fratello il perdono per il suo peccato e l’aiuto di Dio per l’avvenire, e rese i fratelli più saldi nel non accogliere mai i propri sospetti.

Dopo molte ammonizioni su questo tema rivolte a noi e al fratello, disse che niente è più dannoso dei sospetti e ci portò a esempio l’accaduto.

100. E in diversi modi i padri ci hanno detto altre cose simili per metterci al sicuro dal danno procurato dai sospetti. Cerchiamo dunque con tutte le nostre forze, fratelli, di non fidarci mai dei nostri sospetti; niente distoglie tanto l’uomo dall’essere attento ai propri peccati e fa sì che si interessi costantemente di ciò che non lo riguarda. E non ne viene nulla di buono, ne derivano turbamenti e tribolazioni senza numero, e l’uomo finisce per non dedicarsi mai ad acquistare il timore di Dio. Anche se, a causa della nostra malvagità, vengono seminati in noi sospetti, trasformiamoli subito in buoni pensieri e non ne patiremo danno. I sospetti sono malvagi e non lasciano mai che l’anima sia in pace. Ecco, questo è la menzogna nel pensiero.

101. È menzognero con le parole chi, ad esempio, quando si alza in ritardo per la preghiera della notte non dice: “Perdonami! Sono stato pigro nell’alzarmi!”, ma dice: “Ho avuto la febbre e le vertigini, non potevo alzarmi, ero senza forze”, e dice dieci parole menzognere per non fare una sola metania e umiliarsi. Se poi lo si rimprovera per qualcosa, stravolge il discorso e lo aggiusta per non portare il peso del rimprovero. Ugualmente, se gli accade di litigare con un fratello, non smette di giustificarsi e di dire: “Ma sei tu che hai detto, ma sei tu che hai fatto, ma non l’ho detto io, ma è stato quell’altro a dirlo, ma questo, ma quello”, soltanto per non essere umiliato. E ancora, se desidera una cosa, non osa dire: “Desidero questo”, ma rigira il discorso e dice: “Soffro di questo e ho bisogno di questa cosa”, oppure: “Mi è stata prescritta questa cosa”, e dice tante bugie fino a quando il suo desiderio viene soddisfatto. Ogni peccato infatti nasce dall’amore per il piacere o dall’amore per il denaro o dall’amore per la gloria. Ugualmente, anche la menzogna nasce da queste tre cose: si mente per non essere rimproverati e umiliati, o per soddisfare un desiderio o per ottenere un guadagno e non si smette di girare e rigirare le cose inventandosi che cosa dire per realizzare il proprio scopo. Chi fa così non è mai creduto, ma anche se dice una parola vera, nessuno può fidarsi di lui e anche quello che dice di vero non è certo.

102. A volte però si presenta un caso di estrema necessità e, se non si dissimula un poco, ne conseguono turbamento e tribolazione ancor più grandi. Quando si presenta una situazione del genere, se ci si vede costretti, si stravolga il discorso perché non ne venga, come ho detto, turbamento, tribolazione, pericolo maggiore. Come ha detto abba Alonio ad abba Agatone: “Ecco che due uomini hanno commesso un omicidio davanti a te e uno dei due fugge nella tua cella. Ed ecco che il magistrato lo cerca e ti chiede: ‘C’è stato un delitto in tua presenza?’. Se non cerchi sotterfugi, consegni quell’uomo alla morte” [2]. Anche in caso di estrema necessità, non si deve restarsene tranquilli, ma pentirsi, piangere davanti a Dio e considerare l’accaduto come un’occasione di prova, e questo non avvenga continuamente, ma una sola volta su mille! Avviene come per un antidoto contro il veleno o un lassativo: presi continuamente fanno del male, se invece li si prende ogni tanto in caso di assoluta necessità, sono di giovamento. Così bisogna fare anche nel ricorrere alla menzogna; se è necessario mentire, lo si faccia, ma una volta su mille, se si vede, come ho detto, che è assolutamente necessario e lo si faccia una volta ogni tanto mostrando a Dio con timore e tremore sia la nostra intenzione sia lo stato di necessità, e così si è al riparo perché altrimenti anche in questo caso ci si fa del male.

103. Ecco, abbiamo detto chi è colui che mente con il pensiero e chi è che mente con la parola; vogliamo dire ora anche chi è quello che mente con la sua vita stessa. Mente con la propria vita chi, pur essendo dissoluto, simula di essere casto oppure chi è avaro e parla di elemosina e tesse le lodi della compassione, oppure chi è orgoglioso e ammira l’umiltà, ma non l’ammira con l’intenzione di tessere le sue lodi. Se infatti parlasse a questo scopo, dapprima confesserebbe con umiltà la propria debolezza dicendo: “Povero me! Sono privo di ogni bene”. E dopo aver confessato la propria debolezza, potrebbe ammirare e tessere le lodi della virtù. Ma non tesse le lodi della virtù per non scandalizzare qualcuno; anche in questo caso, infatti, dovrebbe pensare: “Sì, sono infelice e pieno di passioni; perché scandalizzo anche un altro? Perché faccio del male anche a un’altra anima e impongo su di me un carico ulteriore?”, e anche se ha peccato nei confronti di se stesso, potrebbe tuttavia raggiungere il bene, perché è umiltà considerare misero se stesso ed è compassione darsi pena del prossimo. Ma chi mente non ammira la virtù per uno dei motivi elencati, come ho detto, ma fa proprio il nome della virtù e parla di essa come se lui stesso la possedesse per ricoprire la propria vergogna oppure spesso per far del male a qualcuno e ingannarlo. Nessuna malvagità, infatti, nessuna eresia né il diavolo stesso è in grado di ingannare uno se non simulando la virtù, come dice l’Apostolo: il diavolo stesso si traveste da angelo di luce (2Cor 11,14). Non è gran cosa dunque se anche i suoi servi si travestono da angeli di giustizia [3]. Così dunque anche chi mente perché vuole evitare l’umiliazione per timore della vergogna, sia, come ho detto, perché vuole sedurre e ingannare qualcuno, parla delle virtù, le loda e le ammira come se se ne fosse appropriato nella pratica. Questi è colui che mente con la vita stessa, questi non è un uomo semplice, ma doppio: è uno all’interno e un altro al di fuori. Tutta la sua vita è doppia, è tutta una commedia.

Ecco, abbiamo detto quanto riguarda la menzogna che viene dal Maligno, abbiamo anche detto della verità che la verità è Dio. Fuggiamo dunque la menzogna, fratelli, per sfuggire alla sorte del Malvagio e lottiamo per acquistare la verità, per essere uniti a colui che ha detto: Io sono la verità (Gv 14,6). Dio ci renda degni della sua verità!

 


[1] Letteralmente: “sinassi” (riunione). In questo caso indica la liturgia eucaristica.

[2] Cf. Detti dei padri, Serie alfabetica, Alonio 4, p. 140.

[3] Cf. Ep. 405, pp. 370-371.

 


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1 gennaio 2025                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net