ILDEGARDA DI BINGEN
Santa, monaca, erbosista
Estratto dall’introduzione al libro “La farmacia di Dio: Antichi rimedi per la salute, il buon 
umore, la bellezza e la longevità dalla tradizione monastica e francescana”, 
Anna Maria Foli, 
Edizioni Terra Santa 2021
La benedettina Ildegarda di Bingen è una delle personalità più significative 
nella tradizione monastica dei rimedi naturali per la salute, il buon umore e la 
bellezza.
Mistica, veggente, scrittrice, musicista, drammaturga, linguista, filosofa, 
poetessa, consigliera politica, profetessa, naturalista, farmacista, guaritrice: 
sono molte le parole con cui è possibile definire questa santa poliedrica, 
multiforme e originalissima, canonizzata e dichiarata dottore della Chiesa da 
Benedetto XVI nel 2012.
Nasce a Bermersheim, in Germania, nel 1098. È la decima e ultima discendente di 
una famiglia nobile, soffre di salute cagionevole ed è soggetta fin 
dall'infanzia a folgorazioni improvvise: forse sono questi i motivi per cui, a 
soli otto anni, viene fatta entrare dai genitori in un monastero benedettino, 
dove a quindici prende i voti perpetui.
Nel 1136 diventa badessa di Disibodenberg e poco dopo intraprende la scrittura 
del suo primo libro, Scivias, 
che sta per scito vias, 
"conosci le vie", un testo in cui rende finalmente pubbliche le visioni che 
continua regolarmente ad avere e le relative spiegazioni. Si ritiene incaricata, 
per volontà divina, di divulgare verità rimaste fino a quel momento ignote anche 
se in realtà, più che rivelare, si limita a raccontare ciò che è già noto nella 
cultura in cui vive dimostrando, in fin dei conti, ben poca originalità. Eppure 
per le donne della sua epoca questa è l'unica modalità di espressione possibile 
e la sola accettata in una società prevalentemente maschilista.
Dopo aver letto questa opera, papa Eugenio III la incita a continuare a scrivere 
per far conoscere quanto le è trasmesso dallo Spirito Santo.
Allo Scivias seguono altri due 
scritti frutto di estasi mistiche, il 
Liber vitae meritorum (1163), una rassegna dei trentacinque vizi che 
affliggono gli esseri umani, e il Liber 
divinorum operum (1174), descrizione della creazione del mondo e 
dell'uomo. Entrambi riscuotono un grande successo, tanto che le immagini del 
futuro del mondo e della Chiesa proposte dall'autrice eserciteranno un grande 
influsso sul pensiero escatologico medievale. Questi testi sono scritti in 
latino, ma nonostante la grande erudizione di cui dà prova, la stessa Ildegarda 
ammette di non conoscere questa lingua e di aver fatto ricorso a un monaco di 
fiducia per le traduzioni dal volgare.
Nel 1150 fonda il monastero di Rupertsberg nei pressi di Bingen (da cui prenderà 
il nome) e nel 1165 quello di Eibingen. La sua fama si diffonde e viene 
interpellata anche per tenere prediche contro le eresie. Entra così in contatto 
con varie personalità politiche e religiose del tempo, tra cui Federico 
Barbarossa e Bernardo di Chiaravalle. Man mano che cresce la sua notorietà di 
consigliera, la sua presenza diventa sempre più richiesta e quindi Ildegarda 
viaggia in tutta Europa per visitare monasteri e predicare nelle piazze.
Muore il 17 settembre 1179 all'età di ottantun anni, un'età venerabile per 
l'epoca. Subito dopo il monastero di Eibingen diventa meta di un abbondante 
flusso di pellegrini, mentre cominciano a venirle attribuiti vari miracoli. 
Così, a quasi cinquant'anni dalla morte, da Rupertsberg parte la domanda di 
canonizzazione, che però rimane in sospeso fino al 2012.
Sembra piuttosto strano, ma le opere di Ildegarda inviate a Roma insieme alla 
richiesta di santificazione non sono quelle per cui oggi risulta più famosa: 
Physica 
(Sulle scienze naturali) e 
Causa et curae 
(Cause e cure delle infermità), 
trattati di medicina di incerta datazione. La spiegazione sta nella novità e 
nell'aspetto "rivoluzionario" di questi scritti, ben diversi da quelli 
contenenti visioni stereotipate e conformi allo spirito del tempo che avevano 
riscosso tanto successo.
Il secondo testo, in particolare, testimonia un interesse per il corpo umano che 
è praticamente assente in tutte le opere del periodo, in cui viene per lo più 
censurato: la monaca, al contrario, lo studia e lo descrive attentamente per 
comprendere come curarlo dalle malattie e prevenire i malanni che lo allontanano 
dall'armonia e dalla vita per cui è stato creato.
Inoltre la badessa affronta un argomento che fino a quel momento era stato 
trascurato o addirittura escluso dai letterati del tempo: quello della 
sessualità, non solo maschile, ma anche femminile, trattando temi come i dolori 
mestruali o i disturbi tipici delle donne.
ARMONIA E MALATTIA
Nella visione di Ildegarda macrocosmo e microcosmo sono strettamente 
interdipendenti e perfettamente integrati in un tutto armonico, sempre in 
movimento.
Dalla fisica alla medicina, una stessa legge di corrispondenza attraversa le 
scienze: siccome uomo e universo sono inscindibilmente legati, il malessere 
dell'uno si ripercuote sull'altro. Di conseguenza, per raggiungere o 
riacquistare il benessere psico-fisico, l'essere umano, che è una parte del 
tutto, deve riattingere le energie necessarie dal mondo circostante, perché i 
suoi disturbi dipendono proprio dalla perdita di armonia con se stesso e 
l'ambiente in cui vive.
Ogni volta che soffriamo di un abbassamento della nostra energia vitale (viriditas) 
per cause interne o esterne, esistono altre creature che possono venirci in 
soccorso: le piante.
Le erbe che Ildegarda sceglie per i suoi rimedi hanno proprio questo 
significato: parlano lo stesso linguaggio del corpo umano e trasferiscono in 
esso l'energia necessaria al percorso di guarigione.
Il suo pensiero si ricollega naturalmente alla cultura dell'epoca, che ha le sue 
fondamenta nella tradizione ippocratico-galenica.
Secondo tale pensiero alla base del benessere c’è l'equilibrio tra caldo, 
freddo, secco e umido, che si fonda a sua volta sulla dottrina tradizionale dei 
quattro elementi, cioè le radici del mondo di cui è costituito il creato e 
quindi lo stesso uomo: fuoco, aria, terra, acqua. A questi corrispondono, in un 
certo senso, i quattro umori in virtù dei quali vive l'essere umano.
Quando questi sono in equilibrio tra loro siamo in stato di salute, viceversa 
entriamo nella condizione di malattia. Questa è vista come una mancanza, una 
rottura dell'ordine interiore, la perdita del rapporto ottimale con noi stessi e 
di noi stessi con il creato.
La guarigione, quindi, diventa uno sforzo di riallineamento con l’armonia 
universale, perduta dopo la creazione. Essa non avviene solo attraverso la cura 
del mero disturbo organico, ma per ottenerla occorre valutare anche la 
dimensione psicologica, spirituale e cosmica, cioè il nostro rapporto con gli 
altri e con l'ambiente che ci circonda.
Inoltre la salute non può essere raggiunta una volta per tutte, ma è necessario 
riconquistare ogni giorno, attraverso pratiche quotidiane, l'unità e 
l'equilibrio tra mente, corpo e anima.
Questo benessere si ottiene rispettando alcune semplici norme: alimentazione 
sana, rigide regole di vita (regolazione dei ritmi sonno-veglia), coerenza 
morale, ricorso alle forze curative presenti nella natura.
Quest'ultimo aspetto, in particolare, riguarda l'utilizzo delle erbe medicinali.
Nell'opera Herbora sempliciorum 
Ildegarda elenca le piante coltivate nei conventi da cui si ricavano i rimedi. 
L'aspetto è quello di un erbario, ma si differenzia da quelli prodotti durante 
il Medioevo in quanto, accanto alla descrizione esteriore di ogni vegetale e 
delle sue proprietà, la Santa illustra anche l'effetto che la sostanza produce 
quando entra in relazione con l'uomo.
In tutti i suoi testi dedicati ai composti naturali, inoltre, distingue 
l'efficacia del prodotto in base al sesso, alla costituzione e allo stato di 
salute o di malattia di chi ne fa uso. In questo senso il suo approccio è 
"distico" ed estremamente moderno, perché considera sia la complessità della 
natura umana sia l'ambiente in cui vive l'uomo.
Secondo Ildegarda, ogni malessere più o meno grave, ogni disturbo del corpo e 
dello spirito può essere alleviato grazie alle proprietà medicinali di piante ed 
erbe, che agiscono insieme all'amore di Dio per rendere l’uomo sano 
interiormente ed esteriormente:
«Le medicine furono indicate da Dio: salveranno l'uomo o egli morirà
oppure Dio non avrà voluto salvarlo».
[1]
		
		
		
		
		[1]
		
		Ildegarda di Bingen,
		
		
		Cause e cure delle Infermità, Sellerio, Palermo 2019. 
		Tutte le ricette di santa Ildegarda riportate nel presente volume sono 
		tratte da questa pubblicazione.
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9 giugno 2021   
            a cura di
Alberto
"da Cormano"     
    
      
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