L'ATTUALITÀ DELLA REGOLA DI S. BENEDETTO
SAN BENEDETTO E L'EUROPA
L’EUROPA NELLO 
SPIRITO DI SAN BENEDETTO
P. Réginald Gregoire 
(1935-2012) O.S.B. - Università di Pisa
Conferenza tenuta a Norcia 
l’8 marzo 1986 e pubblicata da
«Bulletin 
Européen» n. 4 aprile 1986 - Edizioni Nagard – Roma
(Libera traduzione dal francese. Le aggiunte sottolineate sono del traduttore)
Dalla fine del VI secolo a.C., l’estensione 
della romanizzazione ha lentamente creato l’antica Europa politica. Partendo da 
Roma, dopo la sconfitta degli Etruschi, questa entità culturale della
romanitas comprese successivamente i 
seguenti territori: Italia, Sicilia, Sardegna, Corsica, Macedonia, Grecia, 
Iberia, Gallia, Germania, Norico, Dalmazia, Pannonia, Mesia, Tracia, Bretagna, 
Dacia 
[1] 
. Dalla fine del III secolo d.C., i confini dell'impero subiscono modifiche che 
portano alla "deromanizzazione" nel IV secolo: spostamento della capitale a 
Costantinopoli (330), scissione dell'Impero (395), fondazione del regno visigoto 
(418), invasioni barbariche del V secolo (sacco di Roma del 410 e del 455), 
deposizione di Romolo Augustolo nel 476. Ma in questa Europa che si estende 
dall'Oceano Atlantico al Mar Nero, dalle Colonne d’Ercole al Bosforo e fino al 
Don, coabitano diverse entità militari e politiche che trovano la loro coesione 
nel cristianesimo. Il Vescovo di Roma è il patriarca d'Occidente ed i vescovi, 
sia cattolici che ariani, amministrano i territori appartenenti alla Chiesa ed 
esercitano funzioni di supplenza in materia previdenziale e scolastica con, 
inoltre, competenze giuridiche. Grandi entità locali, a partire dal V secolo, 
indicano le future sezioni dell'Europa: Spagna, Gallia, Italia in primo luogo. 
Regno dei Franchi e dei Visigoti. Germani e slavi occidentali, papato: ecco il 
nuovo volto dell'Europa romano-barbarica che acquisirà, nel corso dell’VIII-IX 
secolo, una più ampia unità sotto la dinastia carolingia. L'imperatore di 
Bisanzio, Michele I, riconobbe nel 812, la dignità imperiale di Carlo Magno, 
quando salutò Carlo con il titolo di basileus. Ma nel 775 un monaco 
(irlandese) 
si era già rivolto al sovrano franco, poco dopo la conquista d'Italia, con 
espressioni solenni: «Rendi gloria con tutti i tuoi eserciti a Dio, re dei 
regni, e ringrazialo con tutto il tuo regno: poiché è stato lui che ti ha 
innalzato all’onore della gloria del regno d’Europa». 
Questo sconosciuto asceta, il cui nome era Catulfo
[2] 
, invitava poi il sovrano a privilegiare la Chiesa ed a governare i monasteri, 
ad amministrare la giustizia nella tradizione biblica di Davide e di Salomone.
Questi erano i principi capaci di creare, partendo dalla mentalità monastica, un'Europa unita nella fede comune e nell’autenticità dei valori morali del cristianesimo: iniziò così una lunga tradizione, sempre viva e stimolante.
Il 4 luglio 1958 Pio XII lanciò un 
messaggio alla città di Norcia, in occasione della riapertura al culto della 
Basilica di San Benedetto. Il papa affermava: "Siamo lieti di ricordare la dolce 
figura del Grande Patriarca, il padre dell'Europa cristiana", che in seguito 
definì "il santo della preghiera e dell’azione", sospinto dalla grazia "a 
ristabilire in Europa la pace e l'unità". Durante l'omelia pronunciata 18 
settembre 1947, per il XIV centenario della morte di San Benedetto, Pio XII 
dichiarava pure: "San Benedetto è il padre dell'Europa" ed ancora "L'Europa di 
cui è il fondatore". Questa stessa convinzione fu espressa da Paolo VI. Il 29 
aprile 1967, parlando all'Assemblea generale dell'Association des Instituts d'Etudes Européennes 
(Associazione degli Istituti di Studi Europei), questo papa ricordò 
la continuità dell’interesse europeista dei suoi predecessori Pio XII e Giovanni 
XXIII, ed aggiunse: "Permetteteci soltanto di ricordare che una delle nostre 
principali preoccupazioni fu quella di dare all'Europa un celeste protettore e 
che noi abbiamo voluto cogliere l'occasione della visita all'abbazia di 
Montecassino nel 1964 per procedere alla proclamazione solenne di San Benedetto, 
Patrono d'Europa".
La domanda che viene subito in mente è 
questa: se queste affermazioni pontificie possono essere intese in una 
dimensione pastorale e di esortazione, qual è il giudizio degli storici, ovvero 
dei più autorevoli esperti? Non possiamo fare a meno di chiamarli in causa ed il 
risultato sarà probabilmente una varietà di conclusioni, secondo le modalità 
della ricerca scientifica.
1. Il 
Giudizio degli storici
Giorgio Falco,
(storico italiano, 1888-1966), in un saggio che ha segnato la sua epoca 
storiografica e che si chiamava "La Santa 
Romana Repubblica. Profilo storico del Medioevo", pubblicato sotto uno 
pseudonimo nel 1942 e che conobbe un nona edizione nel 1973, 
 
 ha voluto descrivere alcuni momenti cruciali e certi avvenimenti diventati 
"patrimonio della cultura comune". Dopo aver condotto un esame approfondito 
dell'impero cristiano e dell'incontro tra il germanesimo ariano ed il 
cattolicesimo romano, Falco dedica un intero capitolo al monachesimo 
occidentale. L’intervento è interamente focalizzato su San Benedetto. Egli ne 
studia il proposito personale facendo ricorso alla Regola ed al secondo libro 
dei Dialoghi di Gregorio Magno. "San 
Benedetto, come migliaia di altri cenobiti ed eremiti per tutto l'orbe romano, 
vuol fuggire dal mondo. Fuggire, ma, — è questo il suo grande significato, — non 
per rinnegare, potremmo anzi dire per affermare, per salvare i più alti valori 
della civiltà, per creare, tra le tempeste, l'isola di pace, dove arrida la 
fede, dove siano sacri le meditazioni e il lavoro, la purezza del costume e la 
carità fraterna, dove l'uomo possa levar gli occhi al cielo senza avvilimento, e 
la vita, liberata d'ogni gravezza, assuma un suo ritmo alto, operoso, sereno. 
Era la negazione ed era la tacita, appassionata invocazione dei tempi. San 
Benedetto sentì in sé, accolse nella sua grande anima questo grido, e ne fece la 
ragione della sua vita. Da ogni parte dell'Occidente gli si rispose, ed in ogni 
terra lontana, appena conquistata alla fede, l'istituto benedettino fu il 
baluardo della Romanità e lo strumento di più alte conquiste.... Poiché l'Ordine 
rispondeva ad una profonda, generale esigenza, oltre la coscienza del fondatore, 
e contro il suo stesso intendimento, il monastero s'incorporò nel mondo e svolse 
una grandiosa azione economica, sociale, culturale, che fece dei Benedettini i 
maestri e gli agricoltori d'Europa, diventò per larghissima cerchia, banca, 
laboratorio, azienda agricola, scuola, biblioteca "
[3] 
.
Troviamo considerazioni simili in Gregorio 
Penco 
(Padre benedettino e storico italiano, 
1926-2013): 
"Benedetto è unico nella storia del monachesimo occidentale, in particolare per 
la composizione della Regola ... Il valore spirituale della Regola benedettina è 
il fatto che, pur non rinunciando agli ideali del monachesimo antico in materia 
di vita ascetica e solitaria, fu in grado di rendere accessibili questi ideali, 
grazie alla sua discretio, alla nuova cristianità occidentale così come nasceva 
dall'incontro e dalla fusione tra Romani e barbari". E ancora: "Questa stessa 
transizione graduale tra mondo monastico e mondo secolare tipica del Medioevo - 
con la formazione, per esempio, di agglomerati sociali intorno ai monasteri - 
favorì la diffusione della cultura e della civilizzazione di cui i monasteri non 
erano gli unici rappresentanti, ma i più attivi ".
Henri Pirenne, famoso storico 
(belga, 1862-1935), 
sottolinea che nei secoli VII ed VIII "la Chiesa è la grande o, meglio ancora, 
l'unica forza civilizzatrice di quei tempi. In effetti è grazie a lei che la 
tradizione romana si è perpetuata ed è stata perciò la Chiesa ad impedire che 
l'Europa ricadesse nella barbarie".
Il volume 
Origine et Formation de l'Europe médiévale
(Origine e formazione dell'Europa 
medievale), coordinato da 
 Robert 
Folz (1910-1996), André Guillou (1923-2013), Lucien Musset (1922-2004) e 
Dominique Sourdel (1921-2014) (storici francesi), non cita San Benedetto, ma spiega il ruolo del 
monachesimo nella formazione e nell’organizzazione dell'impero carolingio, la 
sua partecipazione "alla rinascita degli studi", al risanamento ed 
all'evangelizzazione. Infatti, Carlo Magno voleva "fare del cristianesimo il 
legame essenziale dei così diversi popoli che componevano l'impero." Lanciata da 
Pipino il Breve, questa doppia concezione si precisò lungo tutto il regno di 
Carlo Magno per apparire nella sua interezza all’indomani dell’incoronazione 
imperiale: essa ha determinato una reciproca compenetrazione dello spirituale e 
del temporale ed uno stretto avvicinamento tra la Chiesa e lo Stato, al punto di 
formare una singola unità sotto la guida del Re "per grazia di Dio"; sebbene il 
sovrano dichiarasse di essere solo il "difensore devoto" della Chiesa, 
da lui aiutata in ogni momento, egli ne era, tuttavia, il “protettore 
autoritario".
Sotto l'aspetto del mondo del lavoro, il 
giudizio di Perry Anderson 
(storico 
britannico e saggista politico, n.1938) è piuttosto categorico e 
negativo: "Lo sviluppo del monachesimo durante l'inizio dell'impero, non fece 
probabilmente che peggiorare il parassitismo economico della Chiesa, togliendo 
altre braccia alla produzione. Inoltre, non svolse nemmeno un ruolo stimolante 
per l'economia bizantina poiché il monachesimo orientale divenne ben presto 
contemplativo o anche, nel peggiore dei casi, solo ozioso ed oscurantista ". Se 
questa affermazione si riferisce a Bisanzio, quella che riguarda l'Occidente non 
è certamente più positiva: "Negli ordini monastici dell’Occidente i lavori 
manuali ed intellettuali si trovarono, infatti, uniti nel servizio di Dio; il 
lavoro nei campi è stato elevato alla dignità di adorazione del Signore ed è 
stato affrontato da monaci che sapevano leggere e scrivere:
laborare est orare
[4]. E’ così 
che cadde, senza dubbio, una delle barriere culturali all'invenzione ed al 
progresso tecnico. Sarebbe tuttavia sbagliato attribuire questo cambiamento ad 
una capacità autonoma all'interno della Chiesa... Fu l’insieme dei rapporti 
sociali e non l'istituzione religiosa in se stessa che ha determinato, in ultima 
analisi, questo ruolo economico e culturale diverso dal monachesimo 
 
(originario). La sua 
vocazione produttiva poté manifestarsi solo quando la disgregazione dell’antica 
schiavitù ebbe liberato le sue forze per seguire una nuova dinamica che doveva 
portare alla nascita del feudalesimo".
Roberto S. Lopez 
(storico taliano, 1910-1986), che considera "i monasteri, 
come un grande successo," per non dire "il più grande successo del Medioevo", 
ricorda Benedetto da Norcia a proposito di Cassiodoro
[5], 
nella seconda metà del VI secolo, creatore di un istituzione monastica a 
Vivarium (Squillace in Calabria) ed afferma: "Non è lui, ma un uomo più modesto, 
Benedetto da Norcia, che trasmette alle generazioni future la formula in cui la 
lunga esperienza del monachesimo orientale si adatta alle aspirazioni 
dell’Occidente". E continua: "Dedicati al lavoro manuale o intellettuale, così 
come alla preghiera, le comunità monastiche sono state a lungo le uniche eredi 
dello spirito latino di ordine e di organizzazione, gli unici agglomerati capaci 
di crescere e moltiplicarsi nel mezzo della dispersione e della confusione 
generale. Queste comunità ripresero, in parte, la funzione di centri culturali e 
di centri economici che i centri urbani avevano perso. Nelle regioni ancora 
prive di città, come l'Irlanda, esse ne presero il posto nella misura in cui i 
loro mezzi lo consentivano ".
Un altro momento della storiografia è 
rappresentato da Federico Chabod 
(storico 
e politico italiano, 1901-1960). In uno dei 
suoi stimolanti studi, Histoire de l'idée d'Europe
(Storia dell'idea d'Europa), egli 
dichiara: "Come notato da Denys Hay 
(storico inglese, 1915-1994), il termine "christianitas" fa parte, nel XII secolo, del vocabolario abituale: 
la parola "Europa" non gli fa concorrenze in quanto viene utilizzata solo in 
senso geografico. L'uso del termine Europa nella terminologia del tempo di Carlo Magno - come sottolinea 
Walter Ullmann 
(storico 
austriaco, 1910-1983) – è sempre in un contesto 
geografico: Carlo Magno è "rex pater 
Europae" 
(Re padre dell’Europa), egli è "Europae venerandus apex" 
(Venerabile capo d’Europa); 
ma il contenuto morale, vorrei dire (per usare un termine più moderno) 
ideologico di questo Europa è la "ecclesia" 
romana, il "regnum sanctae ecclesiae", 
sono i "Romani" in opposizione ai "Greci", a Bisanzio, che rimane completamente 
al di fuori. Cristianità "occidentale" = Europa, politicamente sottomessa a 
Carlo Magno, cristianità "orientale" = Bisanzio, sottomessa all'imperatore di 
Costantinopoli"
[6] 
.
Nel libro 
Histoire d'Europe (Storia 
dell'Europa) di Georges Livet 
(storico francese, 1916-2002)
et Roland Mousnier 
(storico francese, 1907-1993), il
Medioevo è stato affidato a Marcel 
Pacaut 
(storico francese, 1920-2002) che dedica diverse pagine all’"Europa 
dei monasteri", ma è presa in esame l’Europa del XII secolo, quella dove si è sviluppato il 
ramo benedettino (Cluny, Citeaux, la Chaise-Dieu, e molte case isolate). La 
mappa dell’Europa monastica è dello stesso tipo di quello dell’”Occidente delle 
signorie", con il sistema dei raggruppamenti locali e dei “grandi feudi".
"Considerato nel suo complesso, il 
monachesimo rappresenta una struttura di solidarietà ed un tessuto di fedeltà 
così potente quanto il regime delle signorie... Tutti questi monaci hanno in 
comune il desiderio di realizzare la propria salvezza e di contribuire alla 
salvezza degli altri attraverso le loro preghiere, i loro meriti e le loro 
opere... Tutti hanno anche un influsso sulla società laica e collaborano a 
consolidare la cristianizzazione attraverso numerose iniziative. Al di fuori, 
forse, dei certosini all'inizio della loro storia, tutti sono infatti propensi 
ad interessarsi dei grandi eventi religiosi del tempo. Quando, tra la fine del 
secolo X e l'inizio del secolo XI, si diffusero i movimenti pacifisti, alcuni 
abati contribuiscono a svilupparli, anche se non ne diventano i reali 
promotori... ". Attraverso la cultura intellettuale, il rigore morale e la 
preparazione del clero: "L’opera monastica determina un miglioramento 
dell’adesione al cristianesimo che meglio unifica gli uomini. Essa contribuisce 
a fornire ad alcuni di loro - sparsi dalla Polonia al Portogallo, dall'Italia 
alla Scandinavia, dall’Inghilterra all’Ungheria – degli elementi che si 
irradiano diventando il punto di partenza per lo sviluppo di comportamenti 
identici, almeno in alcune aree. In breve, l'iniziativa monastica unisce". 
Marcel Pacaut non esita a concludere affermando: "Hanno deliberatamente 
concepito grandi idee ed operazioni in tutto il mondo occidentale, dimostrando 
in tal modo l'apertura delle loro menti e la forza della loro nobile ambizione; 
ma tuttavia essi hanno anche dimostrato che vi era, in quei secoli, la 
consapevolezza di una certa omogeneità ed originalità di questa parte del mondo 
cristiano". Il giudizio dello storico, tuttavia, rimane problematico: 
"L'espansione della fede cristiana, la solidità delle strutture ecclesiastiche, 
lo sviluppo del monachesimo forniscono soluzioni al disordine dell’epoca e sono 
un elemento di sollievo che lenisce gli eccessi della "Barbarie". E’ vero, 
inoltre, che le realizzazioni di questo periodo avranno, in seguito, 
un’influenza sullo sviluppo dell’occidente... Il monachesimo - quello di San 
Colombano, di San Benedetto - è semplicemente un elemento unificante ed i loro 
superiori sono spesso trascinati, come i vescovi, nelle controversie locali e 
nei grandi scontri politici. Inoltre - ciò che non viene mai sottolineato a 
sufficienza - la vocazione monastica contiene in sé stessa il veleno più 
pericoloso dal punto di vista dell’organizzazione del mondo e della società, 
semplicemente perché essa rappresenta un rifiuto di questi ultimi... Le comunità 
monastiche, che costituiscono un gruppo molto specifico, molto isolato, molto 
difficilmente assimilabile agli altri, rischiano di suscitare una certa 
indifferenza nei confronti di ciò che sta accadendo intorno a loro". E lo 
storico riconosce che alcuni monaci benedettini erano effettivamente degli 
evangelizzatori, ma "molti di loro rimasero per tutta la vita all'ombra dei 
chiostri, pregando, lavorando ed esercitando le virtù, senza tuttavia cercare di 
espandere i propri orizzonti al di fuori del loro convento. "
2. LA REALTA’ DELLA STORIA
Non è possibile intravedere nella Regola di 
San Benedetto delle opinioni o dei concetti che possano suggerire una funzione 
"politica" o "culturale" a livello europeo o regionale. Il cenobitismo è una 
realtà autosufficiente, ma inserita nell'economia locale per quanto riguarda, in 
particolare, il lavoro ed il commercio. Non ci sono idee relative al superamento 
delle identità etniche, anche se i Dialoghi di Gregorio Magno dimostrano questa libertà del cuore e di 
comportamento nella comunità benedettina originale. Questo dettaglio merita di 
essere sottolineato, perché l'Impero Romano d'Occidente era appena crollato ed i 
nuovi piani di sviluppo politico iniziano a prendere forma lentamente. La guerra 
che colpisce la penisola italiana, divisa tra Bizantini e Longobardi, non lascia 
sperare per un futuro entusiasmante. Un movimento di trasformazione 
"vocazionale" dell'Europa è in corso. L'Impero, che comprendeva anche il "mare 
nostrum" (il Mediterraneo), aveva il suo centro ideale a Roma, l'Urbs eterna. Ma dopo la costruzione di una nuova capitale 
(Costantinopoli) ed il crollo della parte occidentale dell'impero, questo 
centro, con la sua forza propulsiva ed il suo carattere di elemento unificante, 
non esiste più. Questo ruolo sarà invece giocato dalla Sede Apostolica (non 
bisogna implicare, in modo superficiale, tutta la Chiesa cattolica in questa 
faccenda...), in una dimensione spirituale e, all’occorrenza, politica (ad 
esempio, quando Gregorio Magno sarà obbligato, durante il suo tormentato 
pontificato negli anni 590-604, a colmare una funzione supplente 
nell’amministrazione della città di Roma e del Lazio, risolvendo i problemi di 
alimentazione e di protezione, di diplomazia e di soccorso). La fede cristiana 
sarà il fattore di sintesi dei popoli europei e svilupperà le sue radici nelle 
loro culture.
E’ in questa prospettiva che si può capire 
perché, durante il periodo carolingio, i consiglieri dell'imperatore (Paolo 
Diacono, Alcuino, Benedetto di Aniane, solo per citarne alcuni) hanno destinato
una sola regola monastica, e cioè 
quella di San Benedetto, alla realizzazione dell’unificazione europea. Carlo 
Magno aveva un grande ideale: eliminare le divergenze di qualsiasi natura per 
ricostruire il vecchio sogno di unificazione che aveva creato la
Pax Romana
[7] . Pace e 
cultura, fede ed agricoltura, chiesa e politica: tutto ha ormai assunto un 
elemento decisivo e qualificatore che va al di là del Vangelo e dell'esegesi 
biblica. Le stesse debolezze dei papi, isolati e poco preparati, sono state 
sfruttate da parte dell'autorità imperiale. L'Europa delle nazionalità e delle 
città, dei comuni e delle abbazie si è ispirata al Vangelo ed all'esigenza di un 
nuovo comune denominatore valutato nella sua inevitabile giustificazione.
In un impero che da romano era diventato 
germanico l’aspetto di sacralità sarà una sottolineatura di questo riferimento 
alla fede: l'unzione liturgica del sovrano, il suo riconoscimento da parte della 
Sede Apostolica di Roma, il collegamento tra l'azione militare (che è spesso 
colonialismo, sviluppo degli agglomerati territoriali e delle azioni 
bellicose...) e l'evangelizzazione, questi ed ancora altri elementi favoriscono 
la creazione di un'identità europea. Questo continente non si rende conto di 
diventare cristiano, anche se la realtà del fenomeno di una
christianitas europea è un fatto 
utopistico piuttosto che un’entità monolitica ed univoca facilmente verificabile 
nei fatti. Si tratta di una espressione geografica in cui ci sono dei fattori di 
unità. Tra questi fattori la radice evangelica della nuova cultura è il più 
importante.
Il vescovo Adalberone di Laon
[8] 
indica, nel secolo XI, la divisione in tre parti della società: i
bellatores, vale a dire i combattenti, 
sono i nobili ed i soldati incaricati di proteggere il territorio e di 
difenderlo con la strategia delle armi; i 
laboratores, vale a dire i lavoratori, sono la spina dorsale della nuova 
società in via di affermazione e che sarà la borghesia comunale ed urbana; ed 
infine gli oratores, cioè i preti ed i 
monaci, costruiscono la societas 
christiana grazie al loro contributo specifico di preghiera e di cultura. I 
monaci spesso appartengono a queste tre categorie contemporaneamente. Ma tutto 
l’insieme indica l'interdipendenza di queste funzioni considerate vitali ed 
indispensabili per l'armonia civile ed ecclesiastica.
Questa fede riesce a sviluppare una coscienza 
unitaria, un’unità religiosa che si rivelerà in modo sorprendente durante le 
crociate, specialmente durante la prima (1096-1099) in cui la lotta per liberare 
il Santo Sepolcro dai Saraceni ed il desiderio di morire in Terra Santa (forse 
anche sul Tabor!) hanno attirato molti cristiani decisi a lasciare tutto per 
raggiungere questo obiettivo. Questa è probabilmente l'ultima manifestazione di 
una unità europea fondata sulla fede comune. Successivamente, le crociate 
perderanno la loro vitalità, perché la loro testimonianza fu sminuita a causa di 
interessi materiali, profani e territoriali, a danno dell'Impero bizantino e 
della stessa credibilità cristiana. Ma ci sarà, poi, un altro sforzo, più o meno 
analogo alle crociate: sarà la politica di difesa e di attacco contro l'esercito 
ottomano nei secoli XVI (vittoria di Lepanto nel 1571) e XVII (vittoria di 
Vienna nel 1683). Ma allora l'Europa era già divisa in tre gruppi religiosi 
principali: cattolica, luterana e calvinista, anglicana. La Chiesa cattolica 
era sostanzialmente limitata all'area del Mediterraneo, mentre il nord e centro 
Europa era interessato al fenomeno protestante.
Fu in quel momento che il monachesimo perse 
la sua caratteristica di stimolo culturale e religioso. La cultura sviluppata 
nelle università è una cultura laica, staccata dal dominio della Chiesa, della 
teologia, dei valori etici sanciti nella letteratura biblica ed insegnati dal 
magistero della Chiesa. Il monachesimo è rimasto brutalmente segnato dal 
feudalesimo che ne fece un uso politico e territoriale, a scapito delle 
sue qualità profetiche. L'Europa si sta muovendo su un percorso pieno di 
fermenti e di trasformazioni: il centro del mondo non sarà né il Mediterraneo, 
né Roma, ma l'Atlantico. Il grande sogno di un'Europa unita ed unificata da una 
fede comune ed identica svanisce. La cultura
latina deve, a sua volta, lasciare il posto ad una molteplicità di 
espressioni dove si incontrano le varie lingue germaniche, slave ed 
anglo-sassoni. E’ ormai la fine dell’ora e dell'era del monachesimo che, grazie 
al suo spiccato e fecondo interesse per la cultura greco-latina aveva trasmesso, 
dal periodo carolingio, il meglio dell’antica propedeutica.
Allo stesso tempo il pensiero filosofico sarà 
di nuovo laicizzato. Il centro del cosmo e della storia non è più Dio conosciuto 
mediante la fede, ma l'uomo e l’antropologia diventano il fondamento di una 
scienza tipicamente "laica ed illuminata". Dopo l'era della teologia considerata 
come la vera conoscenza, si entra in un'era scientifica e sperimentale. Questa è 
l'era dell'ottimismo scientifico.
Ma tale diversificazione elimina e soffoca le 
radici cristiane dell'Europa progettata da Carlo Magno e verificata in tante 
iniziative, come dimostra la storia degli Ordini monastici che hanno trovato la 
loro identità in Montecassino, Cluny, Citeaux (per citare solo tre espressioni 
di una realtà multiforme di impegno ecclesiale e sociale). Il progressivo 
declino del monachesimo corrisponde ad una nuova visione della società, più 
materialista e meno credente, più sensibile alla ragione che alla fede, più 
preoccupata dell'antropologia che del trascendente. Dopo l'istituzione delle 
università e la diffusione dell’umanesimo, si crea una nuova Europa: l'Europa 
delle nazioni e dei nazionalismi. Ma è anche l'Europa che si vede lacerata dal 
punto di vista della realtà ecclesiale: staccata dall’Oriente (a poco a poco, 
come dimostrano, tra l'altro, le scomuniche reciproche nel 1054
[9] 
), ferita da fratture dogmatiche e disciplinari (che portano i nomi dei vari 
protestantesimi e dell’anglicanesimo) e già attaccata da profonde crisi interne 
influenzate da fattori politici (che portano al Grande Scisma d’Occidente, 
1378-1429, ed alla cattività avignonese, 1309-1378), questa Chiesa d'Occidente 
non è più in grado di creare o di consolidare l'unità europea. I papi, infatti, 
presi da gravi problemi politici e dinastici, sono sempre i vicari di Cristo ed 
i guardiani della fede, ma il loro prestigio è diminuito a causa di alcune 
figure inquietanti il cui comportamento morale è molto dubbio e debole.
La venuta di un nuovo Benedetto era allora 
auspicabile, così come una rinnovata testimonianza di pace e di laboriosità, di 
preghiera e di cultura. La risposta non verrà comunque dal monachesimo ma, al 
contrario, dall'Illuminismo; la Chiesa si troverà poi, ancora una volta, sola, 
isolata, nonostante la presenza di alcuni forti, intelligenti e coraggiosi 
testimoni della fede. L'era della riforma cattolica divulga l'insegnamento del 
Concilio di Trento (1545-1564), suscitando nuove forme di vita religiosa e di 
presenza nella diversificata realtà umana, sia all'interno che al di fuori 
dell'Europa (nei "territori di missione").
CONCLUSIONI
Europa è un progetto: non è una nostalgia. E 
se stiamo "sognando" una nuova Europa, la testimonianza dei secoli monastici e 
benedettini del vecchio continente può, probabilmente, stimolarci in questa 
direzione. È ovvio che questa Europa non sarà più una grande famiglia basata su 
una sola cultura, cioè la cultura 
latina. Ma sarà un'Europa decisa a rinunciare ai diversi paganesimi, per 
ritrovare ciò che ha creato la sua unità nel mezzo di diversità etniche e 
politiche. Il cristianesimo - il cristianesimo guidato da papi energici - fu, in 
questa Europa del secolo XI, l'elemento di sintesi con tutta una rete di 
strutture religiose, educative e di assistenza. E’ dal cristianesimo e dalle 
specifiche esigenze culturali che nacquero le università. E queste divennero, a 
poco a poco, i nuovi centri di pensiero e di studio approfondito, in un'epoca 
che ha anche dato vita allo spirito comunale, affermazione della propria 
identità di città e di comune all'interno dell'organizzazione nazionale.
Ma, al tempo stesso, la Chiesa confermava 
l'urgenza di creare una coscienza professionale, una deontologia economica, con 
particolare attenzione ai deboli ed a i poveri, accettando l'istituzione di 
forme di vita associate i cui elementi caratterizzanti erano la cristologia e la 
povertà (ad esempio, i Francescani).
Un’Europa umana, degna dell'uomo e delle sue 
radici culturali inserite dappertutto; queste radici sono le diverse culture che 
in seguito la modellarono.
Un'Europa unita, consapevole del valore 
dell’intesa comunitaria e dell'interdipendenza dei vari popoli che l’hanno 
strutturata e che la mantengono sempre nella sua vitalità.
Il ricordo del monastero come un corpo 
organicamente ben articolato può facilitare una riscoperta ed una 
reinterpretazione di un ruolo storico. L'Europa ha insegnato il rispetto per la 
persona, della sua sacra identità. I migliori elementi della saggezza greca, del 
diritto romano, della religione ebraica, così come del dinamismo germanico 
trovarono nel cristianesimo un fermento di sintesi ed un alimento per il sempre 
rinnovato coraggio che richiede la volontà di superare gli egoismi nazionalisti.
Nello spirito di San Benedetto, l'Europa è 
essenzialmente una coscienza. La coscienza di un servizio da offrire a tutta la 
comunità dei popoli anche al di fuori dell'Europa. Coscienza di uno spirito da 
offrire, questo spirito è sancito dalla 
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948)
[10] 
. Diritto alla vita, alla nazionalità, alla proprietà ed al lavoro, al 
matrimonio ed alla sicurezza, al riposo ed allo svago, all’istruzione ed alla 
partecipazione alla vita culturale, libertà di movimento e di espressione, 
libertà di pensiero e di coscienza, libertà di religione e di riunione, con 
analoghi doveri verso la comunità: questi diritti e questi doveri sono la 
traduzione moderna degli "Strumenti delle buone opere" del capitolo 4 della 
Regola benedettina! E’ qui ormai che si situa la vera civilizzazione della 
promozione totale di tutti gli uomini, di tutti i gruppi, di tutte le nazioni. 
Ed allo stesso tempo, insistiamo nel sottolineare la dignità del lavoro, della 
ricerca scientifica che si estende a tutte le aree del pensiero e del 
comportamento. Il progresso della comunità europea non risiede solo nelle 
dichiarazioni dei governi e negli accordi tra le industrie multinazionali, ma la 
conoscenza espressa da un Erasmo
[11] 
(m. 1536) o da un Tommaso Moro
[12] 
(m. 1535) costituisce un modello in grado di nutrire la speranza e l’impegno:
l’Elogio della Follia e
l’Utopia sono due poli di una 
riflessione sul futuro dell'uomo e della civilizzazione europea. Questa è anche 
la coscienza del pensiero che deve diventare la base per l'azione, fino al punto 
di realizzare l'ideale proclamato da Henri Bergson 
(filosofo francese, 1859-1941): 
pensare da uomo d'azione ed agire da uomo di pensiero.
La coscienza, che è servizio e pensiero, 
esprime un giudizio sui modelli di vita e di etica. L'Europa non può avere una 
propria identità che significhi progresso e dinamismo, se si rifiuta un codice 
morale creato sulla base del diritto naturale, sul Decalogo, sull'accettazione 
della Trascendenza. Tale è la sua vera identità, in cui il materialismo ed il 
tecnicismo sono superati da valori di vita più puri e più definitivi. Non è 
senza ragione che Paolo VI dichiarava durante il
III° Simposio dei Vescovi europei: "Attraverso questo cammino 
spirituale, l'Europa deve ritrovare il segreto della propria identità,
del suo dinamismo, del servizio provvidenziale al quale Dio la chiama 
costantemente e della testimonianza che essa deve offrire al mondo intero.  Parafrasando la famosa Lettera a Diogneto, 
noi potremmo dire: “Ciò che è l'anima nei corpi , i cristiani 
lo sono nel mondo, in questo mondo dell'Europa "
[13] 
.
San Benedetto ha voluto educare gli uomini 
semplici alla ricerca ed all'analisi approfondita delle loro proprie identità; 
verso la fine del secondo millennio dell'era cristiana, l'Europa sta cominciando 
a crearsi una nuova identità, utilizzando le sue enormi potenzialità umane e 
spirituali. La comunità benedettina sviluppa la consapevolezza della libertà 
individuale nel contesto del bene comune; l'Europa unita sarà il risultato del 
superamento degli egoismi, della multiforme sete di potere poliedrico in un 
clima di solidarietà autentica e disinteressata. Benedetto XVI vuole mantenere 
l’uomo nella realtà della responsabilità personale e comunitaria; l'Europa unita 
sarà caratterizzata da un senso di corresponsabilità e di sussidiarietà.
	Lo spirito di 
	San Benedetto conserva, in questa dinamica, tutta la sua efficacia. E’ nel 
	rifiuto del lassismo e del permissivismo, nell’accettazione di un 
	significato dell'esistenza e dell'uomo in quanto tale, che l'Europa rinnova 
	il suo senso di accoglienza, eliminando i confini che dividono e non 
	lasciano spazio alla collaborazione ed alla sana emulazione, nel rispetto 
	delle leggi del lavoro e del mercato intercontinentale. E’ mirando al pieno 
	sviluppo delle energie individuali e sociali che l'Europa ritroverà la 
	padronanza del tempo, appresa dalla Regola di san Benedetto, con un valore 
	di eternità e lo sguardo verso la Trascendenza.
	
		
		
		
		[1]
		La storia antica in Europa è la storia dell'assorbimento e successivo 
		smembramento dei territorî europei quale parte dell'impero romano, di 
		cui richiamiamo le tappe capitali di tale processo nella sua fase 
		ascendente.
Fine sec. VI 
		a.C.: Roma si libera dal dominio etrusco; 500 circa-270 conquista 
		dell'Italia centrale e meridionale, ritardata dall'invasione gallica del 
		386; 241 termine della conquista della Sicilia occidentale; 238-227 
		della Sardegna; 231 della Corsica; 222 di parte della Gallia Padana 
		(completata dal 200 al 191); 210 della Sicilia orientale, già dominata 
		da Gerone II; 148 della Macedonia; 146 della Grecia; 133 dell'Iberia 
		centrale e nord-orientale; 125-120 della Gallia narbonese; 58-51 del 
		resto della Gallia transalpina; 45 delle terre illiriche; 19 del resto 
		dell'Iberia; 16-15 della Rezia e delle zone attigue; 12 a.C.-9 d.C. 
		momentanea occupazione della Germania fino all'Elba; 16 a.C. conquista 
		del Norico; 6 d.C. della Dalmazia; 6-8 d.C. della Pannonia e Mesia; 46 
		d.C. della Tracia meridionale, già sede dei dinasti Odrisî; 43-85 della 
		Britannia; 107-109 della Dacia.
Fu questa 
		l'estrema estensione della romanizzazione d'Europa.
(Dal sito 
		www.treccani.it)
		
		
		
		[2] 
		Carlo Magno «padre d’Europa»?
Nel 774 il nipote di Carlo 
		Martello, Carlo Magno, portò a termine la conquista del regno dei 
		Longobardi. Si trattava della prima importante conquista del sovrano 
		franco, che nel giro di alcuni decenni estese la dominazione franca 
		lungo un arco territoriale che dalla Penisola iberica si estendeva sino 
		alla Sassonia e alla Baviera. Questa vittoria fu celebrata anche da una 
		lettera con la quale il monaco irlandese Catulfo si complimentava con 
		Carlo Magno per le sue imprese e, al contempo, lo ammoniva a onorare 
		sempre Dio e a non dimenticare che «è stato lui che ti ha innalzato 
		all’onore della gloria del regno d’Europa».
Nella lettera di Catulfo il 
		«regno d’Europa» appare, dunque, come il palcoscenico all’interno del 
		quale il re franco poteva ottenere onori e gloria con l’aiuto di Dio, e 
		tutto ciò benché in quest’epoca nulla lasciasse prevedere che egli 
		venticinque anni dopo avrebbe ottenuto il titolo imperiale, 
		«resuscitando» così l’antico Impero romano d’Occidente.
(Estratto da "EUROPA IN COSTRUZIONE" a cura di Giuseppe Albertoni - Centro per gli 
		studi storici italo-germanici - Trento 2003)
		
		
		
		[3] 
		Estratto da “La Santa Romana 
		Repubblica, profilo storico del Medioevo” di Giorgio Falco – 
		Riccardo Ricciardi Editore 1936.
		
		
		
		
		[4] 
		Laborare est orare: frase tardo latina, dal significato letterale: 
		«lavorare è pregare» e, in senso traslato, «anche il lavoro, se fatto 
		con la giusta intenzione, è una preghiera». Mentre il motto dei monaci 
		benedettini, «ora et labora» (prega e lavora) voleva significare che il 
		monaco non doveva unicamente ritirarsi in preghiera, ma doveva pensare 
		anche al suo sostentamento, in questa versione viene in un certo senso 
		presupposto il valore assoluto del lavoro.
		
		
		
		
		[5] 
		Flavio Magno Aurelio Cassiodoro Senatore (Scolacium, 485 circa – 
		Scolacium, 580 circa) è stato un politico, letterato e storico romano, 
		che visse sotto il regno romano-barbarico degli Ostrogoti e 
		successivamente sotto l'Impero Romano d'Oriente. Percorse un'importante 
		carriera politica sotto il governo di Teodorico il Grande (493-526), 
		ricoprendo importanti ruoli vicini al sovrano. Al termine della guerra 
		gotica si stabilì in via definitiva presso la nativa Squillace, dove 
		fondò il monastero di Vivario.
		All'interno del monastero Cassiodoro istituì anche un centro 
		di studi sulla Bibbia e una biblioteca, luogo di conservazione della 
		letteratura classica (greca e latina). Cassiodoro intese in questo modo 
		contribuire al successo del lavoro della sua vita, ossia il tentativo di 
		gettare ponti sulle linee di frattura culturali del sesto secolo: fra 
		romani e goti, fra cattolici ortodossi ed i loro dominatori ariani, tra 
		est ed ovest, fra cultura greca e cultura latina, fra cultura 
		classico-pagana e cultura cristiana.
		
		
		
		[6] 
		L'Europa che ricorre così di frequente nella terminologia di età 
		carolingia, non era più, come osserva lo storico Ullmann, "una massa 
		territoriale amorfa". Stava gradualmente diventando "una salda entità 
		ideologica costruita sulle fondamenta della fede cristiana". Da tempo 
		ormai in Occidente si era andata annullando la differenza tra romani e 
		cristiani: "un romano era un cristiano e un cristiano era un romano. 
		Regno d'Europa significava rerum 
		sanctae ecclesiae. Il concetto di
		christianitas era il nucleo 
		ideologico del termine Europa".
Era per volere di Dio, per la 
		propagazione della vera fede, che Carlo Magno aveva compiuto le sue 
		conquiste militari. Lo sforzo di unificazione territoriale della 
		cristianità sarebbe risultato però sterile senza una corrispondente 
		unificazione culturale, da compiersi nel segno della fede.
(Estratto da "L'altra Europa. Itinerari insoliti e fantastici di ieri e di oggi" 
		di Roberto Giardina - 2004 RCS Libri)
		
		
		
		[7]
		Pax Romana o
		Pax (intesa come divinità 
		romana) o Pax Augusti (la pace 
		donata dall'imperatore al mondo romano), che in italiano significa Pace 
		Romana, è il lungo periodo di pace imposto sugli stati all'interno 
		dell'Impero romano grazie alla presa del potere da parte di Augusto e 
		chiamato per questo anche Pax 
		Augustea.
L'espressione deriva dal 
		fatto che il dominio romano e il suo sistema legale pacificarono le 
		regioni che avevano sofferto per le dispute tra capi rivali. Durante 
		questo periodo Roma combatté comunque un numero di guerre contro gli 
		Stati e le tribù vicine, soprattutto le tribù germaniche e la Partia 
		(zona di dominio dell’Impero dei Parti). Fu un'epoca di relativa 
		tranquillità nella quale Roma non subì né le grandi guerre civili, come 
		il bagno di sangue perpetuo del I secolo a.C., né gravi invasioni, come 
		quelle della seconda guerra punica del secolo precedente.
Questo periodo viene 
		generalmente considerato a partire dal 29 a.C., quando Augusto dichiarò 
		la fine della grande guerra civile romana del I secolo a.C. fino al 180 
		d.C., 
		quando morì l'imperatore Marco Aurelio.
(Estratto da Wikipedia)
		
		
		
		[8] 
		Adalberone di Laon, (947 circa – Laon 1030), è stato un vescovo e poeta 
		francese che prese parte alle vicende politiche e religiose del tempo, 
		difendendo l'antico ordine sociale. Fu anche autore di componimenti 
		poetici in lingua latina. Un esempio è la sua opera più significativa, 
		il Carmen ad Rodbertum Regem, un poemetto in forma dialogica, scritto 
		attorno al 1025 ed indirizzato al re Roberto II di Francia, affinché 
		restaurasse la centralità del potere, minacciato dalle tendenze 
		autonomistiche di feudatari e ordini monastici. Il poema è storicamente 
		rilevante soprattutto perché contiene la prima enunciazione conosciuta 
		della visione trifunzionale della società feudale, secondo cui detta 
		società si dividerebbe in tre categorie, ciascuna delle quali 
		indispensabile alle altre due: gli
		oratores, coloro che pregano, ossia gli uomini di Chiesa, che 
		gestiscono il rapporto della collettività sociale col sacro e la 
		divinità; i bellatores, coloro 
		che fanno la guerra e hanno il monopolio dell'uso della violenza, e 
		difendono i deboli (e l'ordine sociale) dall'arbitrio e 
		dall'ingiustizia; i laboratores, coloro che lavorano, cioè i contadini, la categoria più 
		umile, che però con la sua fatica sfama le altre due. (Estratta da 
		Wikipedia)
		
		
		
		[9] 
		L'evoluzione autonoma della Chiesa di Costantinopoli e il suo 
		progressivo allontanamento dalla comunione con la sede romana ebbero 
		come sbocco finale lo scisma del 1054, con la reciproca scomunica fra i 
		delegati papali e il patriarca orientale e la nascita di quelle Chiese 
		che si diffonderanno in Oriente con il nome di Chiese ortodosse.
(Estratto da "Cristianesimo." Microsoft Encarta® 2007)
		
		
		
		[10] 
		Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo adottata dall'Assemblea 
		Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948
Preambolo
Considerato che il 
		riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia 
		umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il 
		fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il 
		disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad 
		atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che 
		l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di 
		parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato 
		proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;
Considerato che è 
		indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme 
		giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, 
		come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;
Considerato che è 
		indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le 
		Nazioni;
Considerato che i popoli 
		delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei 
		diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona 
		umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno 
		deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita 
		in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati 
		membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni 
		Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e 
		delle libertà fondamentali;
Considerato che una 
		concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima 
		importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L'Assemblea Generale
proclama
la presente Dichiarazione 
		Universale dei Diritti Dell'Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i 
		popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo 
		della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si 
		sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di 
		questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure 
		progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed 
		effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati 
		membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro 
		giurisdizione.
Seguono i 30 articoli della 
		Dichiarazione.
		
		
		
		[11] 
		Erasmo da Rotterdam, ovvero Erasmo Desiderio, nome latinizzato di Geer 
		Geertsz (nato a Rotterdam il 27 ottobre 1466 e morto a Basilea il 12 
		luglio 1536) è stato il più famoso umanista della sua epoca. In tutta la 
		sua vita Erasmo da Rotterdam ha cercato di conciliare il Cristianesimo 
		con la cultura dell’Umanesimo, senza posporre la fede alla scienza, come 
		gli rimproverava invece Lutero. Egli propone un cristianesimo pratico, 
		per lui una vita vissuta cristianamente ha come centro la carità 
		fraterna, la tolleranza, la prudenza.
Il capolavoro di Erasmo da 
		Rotterdam è l'Elogio della follia, scritto in Inghilterra nel 1509, in 
		casa di Tommaso Moro, del quale fu grande amico.
La parola «follia» (la Follia 
		viene personificata, prende la parola ed è la protagonista di tutto il 
		libro) non va intesa nel senso consueto: si tratta della tendenza 
		naturale all’ignoranza, alla superficialità, alla stoltezza che 
		caratterizza ogni aspetto della vita umana e senza la quale sembrerebbe 
		impossibile persino sopravvivere. Ciò non impedisce all’elegante ironia 
		di Erasmo da Rotterdam di descrivere in modo efficace, talora duramente, 
		talora con benigna comprensione, la decadenza morale della società del 
		suo tempo, specialmente della Chiesa. Forte è la critica nei confronti 
		degli ordini religiosi regolari, visti come ricettacoli di nullafacenti 
		o di gente poco attenta ad una religiosità di tipo interiore.
(Estratto dal sito 
		www.studiarapido.it)
		
		
		
		[12] 
		More, Thomas (Londra 1478-1535) statista, filosofo e scrittore inglese, 
		noto anche con il nome italianizzato di Tommaso Moro. Partecipò 
		attivamente alla vita pubblica: divenne membro del consiglio della 
		Corona, presidente della Camera dei Comuni e poi Lord cancelliere. La 
		sua fortuna cambiò quando si rifiutò di appoggiare la richiesta di 
		divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona. Imprigionato, processato 
		e condannato, fu decapitato il 7 luglio 1535.
L'opera più famosa di More è
		Utopia (1516), in cui critica 
		la società e i costumi dell'Inghilterra del suo tempo attraverso il 
		resoconto della vita nell'isola immaginaria di Utopia, dove gli 
		interessi individuali sono subordinati a quelli della società, tutti 
		svolgono un lavoro, l'educazione universale e la tolleranza religiosa 
		sono pratiche comuni e la terra è di proprietà collettiva.
		
(Estratto da "More, Thomas." Microsoft Encarta® 2007)
		
		
		
		[13] 
		Dalla “Lettera a Diogneto”: 
		“come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani”.
Si veda https://ora-et-labora.net/diogneto.html.
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21 luglio 2017   
            a cura di
Alberto
"da Cormano"        
      
alberto@ora-et-labora.net