Fulgenzio di Ruspe

Vita e opere

Estratto da “IL CRISTO” Volume III, a cura di Claudio Leonardi

Fondazione Lorenzo Valla – Arnoldo Mondadori Editore 2001

 

Nel 429 i Vandali avevano già occupato gran parte dell’Africa romana. Nel 430 Agostino morì a Ippona durante l’assedio della città: egli parve avere compreso la nuova situazione, quando scrisse in una lettera - come riferisce il suo biografo Possidio - che i cristiani, e anzitutto i preti, non dovevano fuggire davanti al nemico, germanico e ariano - come molti tentavano di fare - ma dovevano accettare il confronto, confessando la vera fede e testimoniandola, se fosse stato necessario, con il martirio.

La Chiesa africana fu così per circa un secolo, fino alla riconquista di Giustiniano nel 533, una Chiesa dominata dalla confessio e dal martyrium. Se in quegli stessi anni Salviano di Marsiglia (400-480 circa) poteva additare la Chiesa africana come la più corrotta, essa veniva ora sottoposta a una dura prova. La pressione dei re vandali contro i cattolici fu infatti continua; nel 484 re Unerico impose per legge la conversione e confiscò tutti i beni ecclesiastici e li passò agli ariani. In queste condizioni molti cattolici furono esiliati in altre regioni dell’Africa, in Corsica, in Sardegna.

Nato in Africa nel 462 (o nel 467), Fulgenzio si convertì alla fede cattolica quando già aveva mostrato capacità amministrative e ingegno intellettuale (anche per questo si è pensato che un autore africano di questo tempo, Fulgenzio il Mitografo, che ha scritto alcune importanti opere evidentemente pagane, possa essere identificato con il Fulgenzio cristiano: cfr. Langlois, in bibliografia). La sua scelta fu ben presto quella del ritiro monastico, che proprio poco tempo prima aveva trovato in Giovanni Cassiano (360-435 circa) il suo primo teorizzatore occidentale, e aveva avuto grandissima diffusione. In seguito alla lettura di Cassiano, se dobbiamo credere alla biografia di Fulgenzio scritta poco dopo la sua morte dal diacono Ferrando (B.H.L. 3208), il giovane volle dedicarsi alla vita eremitica e s’imbarcò per l’Egitto. Ma il suo destino era altrove. Perseguitato a varie riprese, dovette passare da un monastero all'altro: fu in Sicilia e nel 500 a Roma.

Quando divenne re Trasamondo (493-523), la persecuzione si fece meno dura; ma Fulgenzio fu mandato in esilio perché eletto verso il 502 vescovo di Ruspe contro un divieto regio. Da allora gran parte della sua vita si svolse a Cagliari, dove era possibile una maggiore libertà religiosa pur sotto il dominio vandalico. Qui egli condusse vita monastica e una intensa attività intellettuale, componendo vari trattati, pronunciando sermoni, scrivendo lettere. Il ritorno definitivo in Africa avvenne dopo il 528.

Una singolare parentesi si verificò durante l’esilio sardo, quando Trasamondo, che voleva rendersi personalmente conto dei termini concettuali della disputa teologica, fece per breve tempo (515-517) tornare Fulgenzio a Cartagine, e volle interrogarlo e sottoporgli varie questioni. Così Fulgenzio scrisse le Responsiones alle Obiectiones del re (che ci sono rimaste) e i tre libri ad Trasamundum. Il problema centrale di questi, come di molti altri scritti, è quello trinitario: in particolare egli vuole mostrare contro la fede ariana che la divinità del Figlio (come quella dello Spirito) è in tutto pari alla divinità del Padre. Su questo tema meglio si può constatare la fedeltà di Fulgenzio ad Agostino: anche lui usa le analogie agostiniane degli atti dell’anima e del corpo per la comprensione della trinità divina.

Fulgenzio sottolinea con forza la divinità del Figlio, che è senza inizio, senza fine, oltre il tempo, è eterno, infinito, immenso, è consostanziale al Padre: il Verbo non perde la sua piena divinità e immensità nel farsi uomo, e pienamente uomo (con un corpo di carne e un’anima razionale). La formula di Calcedonia è così rigorosamente mantenuta, e solo al suo interno opera l’eredità agostiniana. Si è voluto sostenere (cfr. Cal Pardo, in bibliografia) che la cristologia di Fulgenzio è tutt’uno con la sua soteriologia, nel senso che l’incarnazione è considerata esclusivamente in funzione della redenzione di un’umanità peccatrice; il giudizio non è del tutto vero, se in lui è viva la mistica della deificazione: «Dio è nato dall’uomo perché gli uomini nascessero da Dio» (Epistola 17, 14).

Anche Fulgenzio fu coinvolto nella questione posta dai monaci sciti circa la formula teopaschita, cioè sulla sofferenza della divinità in Cristo, che egli accettò sulla base della distinzione delle nature. Fu sollecitato a intervenire su altri problemi teologici: sulla grazia, il peccato, la predestinazione, non tanto contro gli ariani quanto contro i semipelagiani della Gallia. Su questi temi mantenne di solito posizioni rigidamente agostiniane. Se fu vescovo e pastore come Agostino, fu innanzitutto monaco e sentì grandemente l’influenza di Cassiano, non solo nella vita ma anche nella generale impostazione dei problemi teologici, non più pensati e svolti in riferimento a una situazione culturale, ma a una esigenza ecclesiastica e spirituale. Nella loro genericità, sono tuttavia comprensibili i giudizi del Lapeyre (in bibliografia) che Fulgenzio non sia un teologo-filosofo come Agostino e tantomeno un filosofo-teologo come Boezio, ma solamente un teologo.

La fortuna di Fulgenzio finisce quando incomincia quella di Boezio. Oltre che in Africa, la sua teologia trinitaria e cristologica ebbe fortuna in Spagna, dove i suoi testi vennero utilizzati in più di uno dei concili toletani, che dovevano affrontare come Fulgenzio l’arianesimo germanico, e poi in epoca carolingia, nelle dispute sull’eucarestia e la predestinazione. Con la scolastica il suo ruolo può dirsi totalmente chiuso (ma cfr. Grillmeier, in bibliografia).

Presentiamo qui alcuni passi da: ad Trasamundum Libri III, e precisamente I 12, 1-2; 20, 1-2; II 7, 1-9; III 5, 1-3; 6, 1-3; 7, 1-3; 8, 1- 4; l’edizione utilizzata è quella di J. Fraipont, in CCL, XCI (1968), pp. 109-10, 118-9, 128-30, 151-4, edizione che è tuttavia quella stessa uscita a Parigi nel 1684 (e ripresa in PL, LXV), benché collazionata con un antico codice Vaticano (Reg. lat. 267); l’apparato critico del Fraipont è totalmente di seconda mano.

 

Bibliografia: resta ancora fondamentale la monografia di G.G. Lapeyre, Saint Fulgence de Ruspe. Un évêque catholique africain sous la domination vandale. Essai historique, Paris 1929

 

Sulla situazione africana si veda:

C. Courtois, Lei Vandales et l'Afrique, Paris 1955;

J.J. Gavigan, De vita monastica in Africa septentrionali inde a temporibus S. Augustini usque ad invasionem Arabam, Roma-Torino 1962;

S.T. Stevens, The Circle of Bishop Fulgentius, «Traditio» 38(1982), pp. 327-41.

 

Per la sua teologia si veda:

B. Nisters, Die Christologie des heiligen Fulgentius von Ruspe, Münster i.W. 1930;

H.-J. Diesner, Fulgentius von Ruspe als Theologe und Kirchenpolitiker, Stuttgart 1966 (Arbeiten zur Theologie. 1. Reihe, 26):

M. Schmaus, «Die Trinitätslehre des Fulgentius von Ruspe», in Charisteria. Alois Rzach zum achtzigsten Geburtstag dargebracht, Reichenberg 1930, pp. 166-75;

H. Bouessé. Le saveur du monde, 1: La place du Christ dans le plan de Dieu, Chambéry-Leysse 1951, passim;

E. Cal Pardo, El motivo de la encarnaciòn segun San Fulgencio de Ruspe, «Revista española de teologia» 30 (1970), pp. 265-306;

B. de Margerie, Analyse «structurale» d'un texte de saint Fulgence de Ruspe sur l’incarnation extrait de «Ad Trasamundum» I, XX, 1-2, «Revue des études augustiniennes» 22 (1976), pp. 90-4.

 

Per il rapporto con Fulgenzio il Mitografo si veda P. Langlois, Les oeuvres de Fulgence le Mithographe et le problème des deux Fulgence, «Jahrbuch für Antike und Christentum» 7 (1964), pp. 94-105; sulla biografia di Ferrando cfr. M. Simonetti, Note sulla «Vita Fulgentii, «Analecta Bollandiana» 100 (1982), pp. 277-89; per la discutibile fortuna entro la Scolastica cfr. da ultimo A. Grillmeier, Patristische Vorbilder frühscholastischer Systematik. Zugleich ein Beitrag zur Geschichte des Augustinismus («Studia Patristica VI», ed. F.L. Cross [ = Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, 81]), Berlin 1962, pp. 390-408.



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21 aprile 2022   a cura di Alberto "da Cormano"   Grazie dei suggerimenti   alberto@ora-et-labora.net