Formula finale dell’Istituto della Compagnia di Gesù approvata da Giulio III
Tratto dalla bolla pontificia di Giulio III
Exposcit debitum,
21/07/1550
(Dal sito gesuiti.it – luglio 2022)
Ci fu umilmente chiesto che ci degnassimo di confermare la Formula nella quale
l’Istituto della sopraddetta Compagnia, in seguito a quanto ha insegnato
l’esperienza e l’uso delle cose, è delineato con maggiore chiarezza e
precisione, pur mantenendo intatto lo spirito. Ed eccone il testo preciso:
1. Chiunque, nella nostra Compagnia che desideriamo insignita del nome di Gesù,
vuole militare per Iddio sotto il vessillo della croce e servire soltanto il
Signore e la Chiesa sua sposa, a disposizione del Romano Pontefice, Vicario di
Cristo in terra, emesso il voto solenne di castità, di povertà e di obbedienza,
si persuada profondamente di far parte di una compagnia istituita allo scopo
precipuo di occuparsi specialmente della difesa e propagazione della fede, e del
progresso delle anime nella vita e nella dottrina cristiana. [E ciò], mediante
pubbliche predicazioni, conferenze ed ogni altro servizio della parola di Dio,
gli Esercizi spirituali, l’insegnamento della verità cristiana ai fanciulli e ai
rozzi, e la consolazione spirituale dei credenti, con l’ascoltarne le
confessioni e con l’amministrazione degli altri sacramenti. Ed egli nondimeno si
dimostri adatto a riconciliare i dissidenti, a soccorrere e servire piamente
quelli che sono in carcere e negli ospedali, e a compiere, in assoluta gratuità,
tutte le altre opere di carità che sembreranno utili alla gloria di Dio e al
bene comune; non percependo stipendio alcuno per il proprio lavoro svolto in
tutte le attività sopra elencate . Faccia anche in modo di avere dinanzi agli
occhi, finché vivrà, prima d’ogni altra cosa, Iddio, e poi la forma di questo
suo Istituto che è una via per arrivare a Lui, e di conseguire con tutte le
forze tale fine propostogli da Dio. Ognuno, tuttavia, secondo la grazia
comunicatagli dallo Spirito Santo, ed il grado proprio della sua vocazione.
2. Pertanto, affinché non avvenga che si abbia forse zelo, ma zelo non
illuminato, il giudizio, sulla decisione a quale categoria appartenere e sulla
ripartizione e distribuzione degli incarichi, dipenderà completamente dal
Superiore Generale o prelato che, quando avverrà, ci eleggeremo, o di colui che
egli sostituirà a sé munito di tale autorità, affinché si mantenga il debito
ordine necessario in ogni comunità ben regolata. E questo Superiore, con il
parere dei compagni, avrà autorità di comporre Costituzioni utili al
conseguimento del fine a noi proposto; salvo sempre il diritto di decidere a
pluralità di voti; ed [avrà autorità] di dichiarare i punti eventualmente dubbi
del nostro Istituto contenuti in questa formula. Il Consiglio, poi, che dovrà
convocarsi obbligatoriamente per comporre o mutare le Costituzioni e negli altri
affari più importanti, quali l’alienare o chiudere case o collegi già eretti ,
deve intendersi costituito dalla maggior parte di tutta la Compagnia professa,
che potrà essere convocata dal Superiore Generale, senza grave incomodo, (come
sarà dichiarato nelle nostre Costituzioni). Negli affari di non grande
importanza, lo stesso Superiore, coadiuvato dal consiglio dei suoi fratelli, se
e come stimerà opportuno, avrà pieno diritto di decidere personalmente e di
comandare ciò che, nel Signore, gli parrà utile alla gloria di Dio e al bene
comune, come verrà spiegato nelle medesime Costituzioni.
3. Quelli, poi, che faranno professione in questa Compagnia sappiano e si
ricordino, non solo nei primi tempi di professione, ma finché vivranno, che la
Compagnia intera e i singoli [membri], che in essa fanno professione, militano
per Iddio, fedelmente obbedienti al ss.mo signor nostro il Papa Paolo III e agli
altri Romani Pontefici suoi successori. E benché apprendiamo dal Vangelo,
sappiamo per fede ortodossa, e crediamo fermamente che tutti i fedeli cristiani
sono sottomessi al Romano Pontefice come a capo e a Vicario di Gesù Cristo,
tuttavia, per una maggiore devozione all’obbedienza verso la Sede Apostolica e
una maggiore abnegazione delle nostre volontà, e una più sicura direzione dello
Spirito Santo, abbiamo giudicato sommamente opportuno, che ognuno di noi e
chiunque farà in seguito la medesima professione, oltre che dal vincolo dei tre
voti sia legato da un voto speciale. In forza di esso, tutto ciò che l’attuale
Romano Pontefice e gli altri suoi successori comanderanno come pertinente al
progresso delle anime ed alla propagazione della fede, ed in qualsivoglia paese
vorranno mandarci, noi, immediatamente, senza alcuna tergiversazione o scusa,
saremo obbligati ad eseguirlo, per quanto dipenderà da noi; sia che
giudicheranno inviarci presso i Turchi, sia ad altri infedeli, esistenti nelle
regioni che chiamano Indie, sia presso gli eretici, scismatici o fedeli quali
che siano.
4. Pertanto, coloro che si uniranno a noi, meditino a lungo e profondamente,
prima di sobbarcarsi a questo peso, se posseggono tanto capitale di beni
celesti, da potere, secondo il consiglio del Signore, condurre a termine questa
torre. E cioè, se lo Spirito Santo che li muove prometta loro grazia sufficiente
perché possano sperare, con il suo aiuto, di sostenere il peso di questa
vocazione. E una volta che, per ispirazione del Signore, si saranno arruolati in
questa milizia di Gesù Cristo, bisogna che, giorno e notte, cinti i fianchi,
essi siano pronti a pagare un debito così grande.
5. Inoltre, affinché tra noi non sia possibile né sollecitare tali missioni o
incarichi né rifiutarli, sappiano tutti indistintamente, che né direttamente né
indirettamente possono trattare di tali missioni col Romano Pontefice, ma ne
rimetteranno tutta la cura a Dio, allo stesso Pontefice, come Vicario di Lui, e
al Superiore della Compagnia. Ed anche questi, come gli altri, non potrà
minimamente brigare presso il Pontefice per essere inviato in un posto piuttosto
che in un altro; salvo che ciò avvenga con il consiglio della Compagnia.
6. Ognuno faccia anche voto di volere obbedire, in tutto ciò che riguarda
l’osservanza di questa nostra Regola, al Superiore della Compagnia. Questi,
adatto il più possibile per tale incarico, sarà eletto a maggioranza di voti,
come si dichiarerà nelle Costituzioni. Egli, poi, abbia sulla Compagnia tutta
l’autorità e potestà giovevole alla buona amministrazione, ammonizione e governo
della medesima. Prescriva quanto saprà convenire al conseguimento del fine
propostogli da Dio e dalla Compagnia; memore sempre, nell’esercizio della sua
autorità, della benignità, mansuetudine e carità di Cristo, e dell’esempio di
Pietro e Paolo. Tanto egli quanto il suo Consiglio si ispirino continuamente a
tale norma. I singoli sudditi, poi, sia per i grandissimi vantaggi derivanti
dall’ordine, sia per il costante esercizio dell’umiltà, virtù non mai abbastanza
lodata, saranno tenuti ad obbedire sempre al loro Superiore, in ogni cosa
riguardante l’Istituto della Compagnia. In lui dovranno riconoscere Cristo, come
fosse presente, e degnamente lo riveriranno.
7. E poiché noi già sappiamo, per esperienza, che più lieta, più pura e più
edificante per i fedeli è la vita, quando è assolutamente lontana da ogni ombra
di interesse e più conforme alla povertà evangelica; mentre, d’altra parte,
siamo certi che Gesù Cristo nostro Signore darà vitto e vestito ai suoi servi
che cercano unicamente il regno di Dio, [vogliamo che] tutti e singoli i nostri
facciano voto di povertà perpetua. [Essa dovrà essere intesa] in modo che, né i
professi né alcuna loro casa o chiesa, non solo in privato ma neppure
comunitariamente, possano acquisire alcun diritto civile a proventi, rendite e
possessioni; e neppure [diritto] a ritenere beni stabili di sorta (tranne quelli
che saranno opportuni per proprio uso e per abitazione), paghi delle cose date
loro per carità, per sovvenire alle necessità della vita.
8. Tuttavia, poiché le case che il Signore ci darà dovranno essere destinate al
lavoro nella sua vigna e non per compiervi studi scolastici; e poiché, d’altra
parte, sembra che debba riuscir utile che vengano preparati operai per la
medesima vigna del Signore, scelti tra i giovani inclini alla pietà e atti a
dedicarsi allo studio, che siano come un seminario della nostra Compagnia, anche
professa; questa potrà avere, per comodità di studio, collegi di studenti,
dovunque vi sarà chi, mosso da devozione, li edifichi e li doti. E non appena
questi saranno edificati e dotati (non però di beni, il cui conferimento spetti
alla Sede Apostolica), supplichiamo fin d’ora che siano eretti per Autorità
Apostolica; cioè, siano considerati come eretti. Detti collegi potranno avere
rendite, entrate e possessioni da destinare all’uso e alle necessità degli
studenti. La loro amministrazione, [poi], o sovrintendenza dipenderà
completamente dai Superiori Generali o dalla Compagnia, per ciò che concerne la
scelta dei rettori o superiori e degli studenti; l’ammissione e la dimissione,
l’accettazione e l’esclusione, l’ordinamento degli statuti; la preparazione,
istruzione, edificazione, ammonizione dei medesimi studenti. [Ed anche] la
somministrazione del vitto e del vestiario, e di quanto fosse loro necessario;
di tutto ciò che riguarda il loro governo, direzione e cura. In modo tale che,
né gli studenti possano abusare di questi beni, né la Compagnia professa sia in
grado di convertirli in proprio uso, ma provveda, invece, ai bisogni degli
studenti medesimi. Questi, poi, dovranno essere tali per intelligenza e
moralità, che, una volta finiti gli studi, a buon diritto possa sperarsi dover
riuscire adatti alle attività della Compagnia. E così, infine, quando avranno
dato prova dei loro progressi nello spirito e nella scienza, e saranno stati
sufficientemente provati, potranno essere ammessi nella nostra Compagnia. Tutti
i compagni, poi, dovendo essere sacerdoti, saranno tenuti all’Ufficio [divino]
secondo l’uso generale della Chiesa, tuttavia in privato e non comunitariamente
o in coro. Similmente, saranno tenuti, in ciò che riguarda il vitto, il
vestiario e le altre cose esteriori, a seguire l’uso comune ed approvato dei
sacerdoti di specchiata onestà. Così, ciò che ne sarà sottratto, per necessità
di ciascuno o per desiderio del progresso spirituale, venga offerto per
devozione e non per obbligo, come culto ragionevole del corpo a Dio, secondo
quanto parrà conveniente.
9. Ecco le grandi linee della nostra professione che, come in un disegno,
abbiamo potuto tracciare con il beneplacito del signor nostro Paolo III e della
Sede Apostolica. Questo è quanto abbiamo fatto, ora, allo scopo di informare
sommariamente, e quanti ci interrogano sulla nostra maniera di vivere, ed anche
i nostri posteri, se, a Dio piacendo, avremo forse imitatori in questo genere di
vita. E poiché già sappiamo per esperienza nostra che esso comporta molte e
gravi difficoltà, abbiamo giudicato opportuno di stabilire che nessuno sia
ammesso a far professione in questa Compagnia se non dopo che, con lunghe ed
accuratissime prove, si sia investigato sulla sua vita e dottrina, come si
dichiarerà nelle Costituzioni. Questo Istituto, infatti, esige uomini quanto mai
umili e prudenti in Cristo, e ragguardevoli per purezza di vita cristiana e per
sapere. Anzi, anche coloro che sono ricevuti come coadiutori, per le attività
spirituali e per le mansioni temporali, e come studenti [o scolastici], soltanto
dopo essere stati esaminati con diligenza, e ritenuti adatti al fine che la
Compagnia si prefigge, siano ammessi in questa milizia di Gesù Cristo. Costoro,
sia gli uni che gli altri, dopo sufficienti prove ed il periodo stabilito nelle
Costituzioni, saranno tenuti a fare i loro voti per maggiore devozione e merito.
Questi non saranno solenni; tranne per alcuni che potranno fare i tre voti
solenni, autorizzati dal Preposito Generale, in considerazione della qualità
delle persone. Da [tali voti] saranno vincolati finché il Superiore Generale
giudicherà di doverli ritenere nella Compagnia, come sarà spiegato più
diffusamente nelle Costituzioni. Al medesimo Gesù Cristo piaccia di favorire i
nostri modesti inizi a gloria di Dio Padre, a cui solo sia sempre lode e onore,
nei secoli. Amen!
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29 luglio 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net