FOTIOS IOANNIDIS
SAN BENEDETTO
SEGNO DELLA COMUNE ESPERIENZA SPIRITUALE
DORIENTE E D'OCCIDENTE
Estratto dal sito dellUniversitΰ
Aristoteleion di Tessalonica
Link al testo originale con bibliografia e testi
paralleli
Questa veritΰ
si incarna dalla presenza dei santi della Chiesa e dal loro culto dal popolo di
Dio. Laccettazione
della santitΰ
di un membro della Chiesa indivisa, quella del primo millennio, e il suo culto
comune in onore della sua memoria in Oriente e in Occidente, attesta proprio
questa comune esperienza spirituale fra i due mondi cristiani. Una tale santa
presenza, onorata sia dai Cattolici che dagli Ortodossi
θ
il Santo fondatore del monastero di Monte Cassino, Benedetto.
1.
L'influsso del monachesimo orientale sulla Regola di San Benedetto
Benedetto nacque nel 480 a Norcia. Molto giovane, in etΰ
di diciassette anni, ha scelto la vita monastica. Nel 529 fondς
sul Monte Cassino lomonimo
famoso monastero. Fu abate della comunitΰ
fino al 547, quando fini la sua santa vita terrena.
San Benedetto fu lorganizzatore
della vita cenobitica dOccidente.
Scrisse la sua famosa
Regula Monachorum
nel 530. In essa, si riflette quasi tutta la tradizione monastica dOccidente
e dOriente,
fino al suo tempo. La
Regola
benedettina e un testo che esala lo spirito ecumenico della Chiesa indivisa e la
comune esperienza spirituale.
La
Regola
di San Benedetto appartiene alla categoria delle
Regole di sintesi.
Alla stessa categoria appartengono la
Regola del Maestro (Regula Magistri)
e le due
Regole Monastiche
di Cesario d'Arles.
Lopera
benedettina consiste dal Prologo e 73 capitoli. Nel Prologo il santo invita i
suoi monaci di pentirsi. I capitoli 2 e 3 si riferiscono al modo dellamministrazione
del cenobio. Nei capitoli 4 - 7 il santo svolge le virtω
della vita monastica. In seguito, nei capitoli 8 - 20 parla per lufficio
divino. Nei capitoli 21 - 30 si riferisce al codice penale e allorganizzazione
interna del convento. Dal capitolo 31 fino al capitolo 66, Benedetto si
riferisce ai vari temi come la preghiera, lopera
delle mani, la disciplina, dei cibi e della vestitura dei monaci, per i rapporti
del monaco col mondo e tanti altri consigli utili per la vita monastica. Nel
capitolo 67 fino al capitolo 72 il santo consiglia i suoi monaci di avere fra di
loro delle relazioni buone, piene di amore reciproco e umiltΰ.
Nel capitolo 73, lultimo
della sua
Regola,
Benedetto ci presenta un breve catalogo delle opere dei santi padri che avesse
usato per scriverla.
Indubbiamente, nel corso del sesto secolo, la realtΰ
storica, la mentalitΰ,
la lingua e le situazioni politiche e ecclesiastiche erano diversi nel mondo
orientale da quello occidentale. Perς,
il santo di Monte Cassino e riuscito a superare queste difficoltΰ
e con la norma della comune esperienza spirituale, ha ottenuto la congiunzione
delle due tradizioni.
San Benedetto per sintetizzare la sua
Regola
ha usato molti testi monastici orientali. Soprattutto, la
Regola (Κανών)
di San Pacomio, il
Testamentum (Διαθήκη)
di Orsiesi, le
Vite dei Padri (Vitae Patrum),
la
Storia dei monaci dEgitto
(Historia Monachorum in Aegypto)
e il
Parvum Asceticum (Μικρόν Ασκητικόν)
di San Basilio Magno.
Il santo di Monte Cassino non conosceva la lingua greca. Ha usato i suddetti
testi dalle traduzioni che avevano fatto in latino, nel quarto e quinto secolo,
San Girolamo e Rufino di Aquileia. Ha usato, pure, le opere monastiche di San
Giovanni Cassiano, il quale fu il trasportatore della spiritualitΰ
e delle esperienze monastiche orientali in Occidente.
Cosμ,
possiamo dire che la
Regola
di San Benedetto risona abbastanza il modello
cenobitico
della
Koinonia - Societΰ
(Κοινωνία)
pacomiana di Tabennesi, in Egitto, e della
Fraternitΰ
(Αδελφότης)
basiliana di Cappadocia, in Asia Minore. Pero, questo non significa che
Benedetto copia il modello cenobitico dellOriente.
Anzi, lo filtra in maniera critica e cosi lo trasferisce in Occidente,
attraverso la sua
Regola.
Gli scritti di San Pacomio e di San Basilio Magno costituiscono le fonti di un
grande movimento cenobitico che arriva fino alla
Regula Benedicti.
C'e una corrente ininterrotta che, percorrendo due secoli di storia monastica da
Pacomio a Benedetto, tramanda una serie di istituzioni sostanzialmente
identiche, anche se adattate alle condizioni particolari dellOccidente
e filtrate dai grandi maestri del monachesimo latino, quali Girolamo e Giovanni
Cassiano.
Nel testo della
Regola
benedettina si trovano molti termini greci latinizzati i quali esprimono lo
stato di vita del monaco, alcuni temi spirituali, come pure temi che riguardano
la preghiera e lassemblea
liturgica della comunitΰ.
Luso
di questi vocaboli greci denota un notevole influsso orientale sulla lingua
monastica di Benedetto. Si puς
notare i termini:
monachus =
μοναχός
coenobita =
κοινοβίτης
anachorita =
αναχωρητής
heremita =
ερημίτης
heremus =
έρημος
monasterium =
μοναστήριον
cella =
κελλίον
chorus =
χορός
psalmodia =
ψαλμωδία
antiphona =
αντίφωνα
analogium =
αναλόγιον
o
αναλογείον.
Tra la
Regola
di Benedetto e gli scritti pacomiani la continuitΰ
istituzionale e l'accordo dottrinale sono particolarmente significativi nei
motivi per preferire il cenobitismo allanacoretismo,
nella figura dellabate,
nel rapporto tra
Regola
e
comandamenti di Dio,
nellorganizzazione
decanale della comunitΰ,
nellufficio
del preposito, nellatteggiamento
di fronte ai chierici nel cenobio, nelle norme di disciplina monastica circa i
ranghi dei fratelli, i ritardi agli atti comuni, la pena della scomunica, lammissione
e la formazione dei postulanti, il rito della vestizione dei novizi, la
preghiera per i fratelli in viaggio e alcuni aspetti della "meditatio".
Nel corpo della
Regola,
Benedetto fa molti riferimenti ai santi padri orientali del deserto. Ricorda ai
suoi monaci il loro eroismo e la loro santitΰ,
proponendoli come esempi della perfezione. Certo, il santo di Montecassino non
fa nella
Regola
un elogio esplicito della solitudine. Tuttavia lo spirito della solitudine, bene
prezioso per i padri del deserto, resta tale anche per Benedetto che cerca di
renderlo presente nella comunitΰ
cenobitica attraverso la clausura, la stabilita e il silenzio (taciturnitas).
Egli sa che la solitudine e tesa allesichia.
La
taciturnitas
benedettina designa una tendenza allinterioritΰ,
alla tranquillitΰ
e alla quiete sia fisica che spirituale. Il suo corrispondente greco potrebbe
essere lhesychia
(ησυχία),
nel senso di tranquillitΰ,
quiete, stato dellanima
necessario alla contemplazione da ciς
che distrae, spazio per lascolto
e la preghiera. Il monaco esicasta pratica la solitudine e il silenzio per amore
dellorazione,
della perfezione spirituale, dellunione
a Dio.
Linsegnamento
della
Regola
benedettina si volge intorno alla virtω
della caritΰ
e ha un fortissimo contenuto cristocentrico. San Benedetto, come i padri dOriente,
ammonisce ai suoi figli spirituali di avere fra di loro lamore
reciproco, lumiltΰ
e lobbedienza.
Lunanimitΰ
dei fratelli assicura e protegge lunita
della vita cenobitica e garantisce ladempimento
dello scopo unico e centrale, cioθ
la salvezza delle anime. Certamente, in questo punto, hanno offerto troppo a San
Benedetto le esperienze pastorali di San Pacomio e soprattutto quelle di San
Basilio Magno. Il santo di Monte Cassino onorava specialmente San Basilio, dato
che lo nomina nell'ultimo capitolo (cap.73) della sua
Regola:
"sed et Regula sancti patris nostri Basilii".
Nel campo amministrativo, responsabile per la
scola
benedettina, cioθ
per il cenobio, e la persona carismatica dellabate.
Lui, come un vero padre, si cura i suoi figli spirituali con grande amore.
Esercita a vita la sua diaconia amministrativa del cenobio e le sue opere
coincidono con i precetti di San Basilio Magno ai pastori delle anime.
Lautoritΰ
dellabate,
a causa del suo ruolo istituzionale nel monastero come
Vicarius Christi,
si modera dal Consiglio della Fraternitΰ
e dei Decani. Cosi, esiste e funziona un tipo di sinodali e di autoritΰ
sotto controllo, che avvicina abbastanza il modello dellamministrazione
monastica dellOriente.
Lorganizzazione
del monastero benedettino avvicina il modello pacomiano. Cioθ,
si basa allamministrazione
discentrante, poichι
il corpo della comunitΰ
monastica e diviso in decanie. Ogni decania aveva come responsabile un Decano.
Tutti i fratelli si alternavano alle diaconie, cioθ
alle opere, ogni settimana, come facevano i monaci della
Koinonia
di Tabennesi.
Un altro importantissimo punto di contatto tra lideale
monastico benedettino e della tradizione monastica orientale e la funzione del
monastero come scuola, per la formazione dei fanciulli e dei maggiorenni, dei
poveri e dei ricchi. Lo stesso fenomeno si trova nei monasteri pacomiani e
basiliani. Cosi, si conferma in modo innegabile il contributo del monachesimo
alla civilizzazione dei vari territori.
La comunitΰ
di Monte Cassino era una societΰ
taciturna, nella quale tutti i membri si praticavano ogni giorno alla preghiera
continua e allopera
delle mani, seguendo cosμ
lesempio
degli Apostoli e dei monaci dOriente.
In questo punto dobbiamo chiarire la seguente realtΰ.
Il principio sintetico di
Ora et Labora,
il quale fino ai nostri giorni caratterizza soprattutto lideale
monastico di San Benedetto, bisogna dire che ha le sue radici nella Bibbia e
provenga dallApostolo
Paolo. Pero, come insegnamento e pratica il suddetto principio e cresciuto nellideale
monastico di San Pacomio e di San Basilio Magno, prima che apparisca la
Regola
benedettina.
Il papa San Gregorio Magno, chiamato
il Dialogo (ο Διάλογος)
nella Chiesa Ortodossa, ha scritto la biografia di Benedetto nel secondo libro
della sua opera
Liber Dialogorum.
Scrisse per Lui: "Luomo
di Dio che brillς
su questa terra per tanti miracoli, non rifulse meno per leloquenza
con cui seppe esporre la sua dottrina. Scrisse infatti la
Regola dei monaci,
che si distingue per la discrezione e per lo splendore della forma. E chiunque
voglia conoscere piω
da vicino il pensiero e la vita di lui, potrΰ
ritrovare tutto il suo insegnamento e le sue gesta nei precetti di quella
Regola,
poichι
il santo non potι
mai insegnare diversamente da come visse" (II, 36).
In questo punto dobbiamo sottolineare la seguente realtΰ.
Mentre parliamo di un forte influsso dei vari testi monastici orientali sulla
Regola
benedettina, non possiamo pretendere che questo influsso ha funzionato in modo
reciproco. La
Regola
di San Benedetto non ha esercitato nessuna influenza nelle opere monastiche dOriente.
Pero, tanto la
Vita
quanto la
Regola
del santo erano note in Oriente cristiano e ne diffusero assai.
La narrazione gregoriana della vita benedettina e stata tradotta in greco nella
seconda meta dellottavo
secolo dal papa Zacharia. Questa
Vita (Βίος)
spesso si era diffusa tra i monaci del mondo greco, come nota in nono secolo il
patriarca Fozio, nella sua opera che si intitola
Biblioteca (Βιβλιοθήκη
o
Μυριόβιβλος).
Il piω
antico codice che salva la traduzione greca della
Vita
benedettina e il
Vaticanus Graecus 1666
dellanno
800 e proviene dallItalia
del sud. Nellundicesimo
secolo si mostrano in Grecia, a Monte Athos, due codici che salvano la
traduzione della
Vita.
Si tratta del
Codice B 68
del monastero di Lavra e del
Codice 3
del monastero di Vatopedion.
La
Vita (Βίος)
di San Benedetto, piena dei miracoli e di santitΰ,
era una lettura amabile fra i cicli dei monaci, poichι
il santo proveniva dal loro ordine. Questo fatto si conferma dallopera
di monaco Paolo lEvergetis,
il fondatore del monastero di Theotocos Evergetis, a Costantinopoli, nellundicesimo
secolo. Lui ha scritto un'opera molto popolare e con grande diffusione nel mondo
ortodosso che si intitola
Συναγωγή
(Raccolta).
Si tratta di una raccolta di verbi e dinsegnamenti
dei padri della Chiesa. Nel suo trattato ci sono tredici frammenti provenienti
proprio dalla
Vita
greca di Benedetto, i quali si riferiscono soprattutto ai miracoli del santo.
Per quanto riguarda la
Regola
benedettina, essa fu nota dai monaci del Monte Athos verso la fine del secolo
decimo. Probabilmente, la
Regola
e stata portata in Monte Athos, tradotta in greco, da qualche monaco che
proveniva dallItalia
del sud. Questa ipotesi si verifica da un trattato di San Atanasio lAthonita,
il fondatore del monastero di Lavra. Il trattato si intitola
Hypotyposis (Υποτύπωσις).
Si tratta del primo regolamento monastico del Monte Athos. Lopera
fu scritta dallAtanasio
in greco, fra gli anni 965-971. In essa esistono tre estratti dalla
Regola
benedettina. L'uno corrisponde al capitolo 57 e gli altri due corrispondono al
capitolo 67.
Un altro estratto, scritto in greco, esiste nel
Codice 3071, 2
della biblioteca del monastero di Cutlumusion in Monte Athos. Questo codice
θ
di undicesimo secolo e anche esso proviene dallItalia
del sud. Il suddetto estratto corrisponde ai capitoli 18 e 43 della
Regola
di San Benedetto.
La presenza letteraria del santo di Monte Cassino era fortissima oltre il mondo
greco anche nel mondo slavo. Gli Slavi hanno conosciuto la
Vita
benedettina attraverso la traduzione greca dellopera
dei
Dialogi
di San Gregorio Magno. Un codice slavo, del quindicesimo secolo, che si intitola
Rimskij Paterik,
contiene la
Vita
del santo. Questo
Paterikon
forse era quello che tradusse dalla lingua greca in paleoslavo, verso la fine
del nono secolo, lApostolo
degli Slavi, San Metodio.
Unaltra
traduzione della
Vita
di San Benedetto esiste in lingua slavonica. Questa e di decimo secolo che
proviene direttamente dal testo latino dei
Dialogi
di papa Gregorio Magno.
Fra gli anni 980 e 1028 il monaco Eutymio, fondatore del monastero d'Iviron a
Monte Athos, nel quale si erano stabiliti i monaci della Chiesa di Georgia,
tradusse dal greco la
Vita
di San Benedetto nella loro lingua.
Cosi, gli Slavi, poco fa dalla loro cristianizzazione e proprio nel primo
periodo della loro letteratura ecclesiastica avevano conosciuto la
Vita
del patriarca del monachesimo occidentale.
Oltre le suddette antiche traduzioni greche e slave della
Vita
e della
Regola
benedettina, il santo fu noto anche nella Chiesa Armena. Nel dodicesimo secolo,
molti Armeni avevano lasciato la loro patria, la quale era sotto il dominio dei
Seltzuki, e si sono trasferiti in Siria.
Il vescovo Armeno di Tarso, Narsete di Lambrone (1153-1198), il quale fu un uomo
erudito, ha visitato nel 1179 il monastero benedettino di San Paolo in
Antiochia. Lΰ
ha conosciuto la
Vita
e la
Regola
di San Benedetto e ne le tradusse dal latino nella lingua Armena. Queste due
traduzioni esistono in un codice del tredicesimo secolo nella biblioteca
Nazionale di Erevan, in Armenia. Pure, una copia di questo codice esiste a
Venezia nella biblioteca del monastero di San Lazzaro dei padri Mechitaristi.
Per quanto riguarda la presenza letteraria della famosa
Regola
benedettina nelle lingue contemporanee del mondo ortodosso dOriente,
dobbiamo notare le due traduzioni di essa nella lingua neogreca. La prima e dellanno
1914 e lha
fatta dal latino il monaco Paolo lAghiorita.
Laltra
e del 1981 e lha
fatta il greco-cattolico Antonio Vacondios. Nella lingua russa, esiste una
traduzione del 1892 che lha
fatta il vescovo Teofane il Reclusso (1815-1894). In fine, esiste una traduzione
nella lingua romena, dellanno
1929, che lavevano
fatta i monaci del monastero di Dovruzza.
La Chiesa Ortodossa Greca onora la memoria di San Benedetto il 14 di Marzo. In
suo onore sono stati scritti due uffizi (Ακολουθίες)
in lingua greca. Tutti e due sono opere antiche, di nono e di decimo secolo. Il
primo uffizio compose linnografo
siciliano Iosepho (816-886). Il secondo uffizio compose, verso lanno
980, linnografo
italo-greco San Nilo di Rossano, il fondatore di monastero di Grottaferrata.
Nel 1957 il monaco di Monte Athos Gerassimos Micragiannanitis, linnografo
del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, compose in onore di San Benedetto
alcuni inni liturgici.
Concludendo, dobbiamo sottolineare, che questo fortissimo e reciproco movimento
letterario, il quale e cresciuto fra i cristiani della Chiesa indivisa, quella
del primo millennio, era accettabile dal popolo di Dio perche si basava sulla
comune tradizione ecclesiastica. Lo stesso succede anche ai nostri giorni, colla
venerazione dei Santi comuni. Credo che oggi, tutti noi, bisogna studiare con
prudenza questa comune tradizione spirituale non solo di conoscerla meglio, ma
soprattutto per avere la coscienza che siamo le membra dellunico
e indiviso corpo del Signore, il quale e smembrato violentemente nel millennio
che e appena passato.
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21 giugno 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net