Minke de Vries

 

L'avventura ecumenica di Grandchamp

estratto dal libro "Verso una gratuità feconda" - Ed. Paoline

 

Siamo nel 1940: tre donne della chiesa riformata vanno ad abitare in un'antica casa della frazione di Grandchamp, sul lago di Neuchàtel, in Svizzera. Vogliono iniziarvi una vita comune di preghiera e di accoglienza. Un tentativo senza precedenti nelle chiese della Riforma che dal XVI secolo e dalle critiche di Lutero hanno rinunciato ai voti e agli ordini monastici. Una delle prime sorelle scriveva: « A Grandchamp c'è tutto da creare, tutto da vivere». Oggi, a quasi settantanni dalla creazione della comunità, questa vita ha portato frutti abbondanti: la comunità raduna ormai più di cinquanta sorelle e rappresenta per le chiese un segno forte di vita e di unità. (Dalla prefazione a cura di Enzo Bianchi)

 

 


Parte prima

 

DI INIZIO IN INIZIO (Capitolo parziale N.d.R.)

 

 

QUANDO IL MONDO È SCONVOLTO E NELL'ANGOSCIA, DIO AGISCE

 

Dio stesso, così come la chiesa, ha bisogno di testimoni che vivano chiaramente la propria fede, mostrando con tutta la loro esistenza che Dio esiste - e che Dio agisce. L'amore del Padre, la sua compassione, brucia il Cristo e i suoi testimoni. Sanno che egli prega, che infonde il suo ardore nelle comunità oranti affinché, per amor suo e del Vangelo, si impegnino a far sì che questo amore venga amato e faccia del bene, diffondendo la sua capacità di guarigione.

Questo « agire di Dio » è presente in ogni epoca della storia. Come ha agito Dio nel cuore del XX secolo, in particolare nelle chiese nate dalla Riforma? Quale segno vuole dare attraverso la nascita e le esperienze ecumeniche della comunità di Grandchamp, piccola cellula della chiesa di cui faccio parte? Che cosa possiamo cogliere di questo progetto di Dio, per attualizzarlo sempre meglio nel luogo e nel « qui e ora » di ognuna delle nostre comunità?

Questo « agire » ci supera di gran lunga. Tra le altre cose, la nascita della comunità di Grandchamp, comunità di ispirazione monastica, di preghiera, di riconciliazione e a vocazione ecumenica, si inserisce nella terra di una chiesa lavorata dal movimento ecumenico fin dal secolo precedente. Questa nascita inoltre entra a far parte di un momento preciso della storia.

« Quando il mondo è sconvolto e nell'angoscia, - come oggi - Dio agisce! »[1]. Madre Geneviève - all'origine della comunità di Grandchamp, insieme ad alcune sorelle - lancia queste parole nel 1948, poco dopo il disastro della seconda guerra mondiale. Auschwitz, Hiroshima, i gulag sono stati i cupi indicatori in grado di mostrare fin dove può spingersi il crimine contro l'umanità quando è organizzato... E quante ripercussioni ha tutto questo ancora oggi! Gli sconvolgimenti continuano ad agitare il nostro mondo, e vivono in ognuno di noi. Solo per citare un esempio, il « libero mercato » sfrenato - mosso da un desiderio di globalizzazione - colleziona già molti risultati devastanti, mortiferi, non solo a livello umano, ma anche nei confronti dell'universo intero. Sfibrato dagli abusi, il creato non geme più soltanto, urla. Come diventare dunque segno di speranza, di gioia gratuita e creativa?

All'inizio del suo messaggio «Testimonianza di una comunità in preghiera », madre Geneviève, abitata dal libro di Geremia, colloca subito nella storia della salvezza la comunità di Grandchamp e tutta la rinascita delle comunità religiose sorte in seno alle chiese della Riforma. La loro esistenza fa parte del progetto di Dio per la chiesa e il mondo di oggi! Sono davvero opera dello Spirito. Ne sa qualcosa questa donna, rimasta, giovanissima, vedova e madre di tre figli. Perché né lei né nessun altro avevano mai pensato di fondare una comunità a Grandchamp. E non ci aveva mai pensato nemmeno nessun pastore. C'era troppa resistenza a «tutto quello che sembra cattolico... »! La comunità è il punto di arrivo di una serie di « sì » - pronunciati talvolta a fatica - a esigenze spirituali che si sono fatte sentire e che sono diventate a poco a poco evidenti per le persone interessate da questa nuova chiamata, per il loro ambiente, e per la loro stessa chiesa. Sempre in questo periodo, in diversi paesi d'Europa, lo Spirito Santo fa sorgere nuove comunità in tutta la chiesa.

Le nuove comunità religiose, nate all'interno del protestantesimo, sono fortemente ispirate e incoraggiate dal libretto di Dietrich Bonhoeffer intitolato Vita comune[2], frutto di un'esperienza di vita comune che egli ha proposto ai futuri pastori della Chiesa Confessante in Germania. Lo scrive tutto d'un fiato, dopo la chiusura del seminario a opera del regime nazista. Fonda questa vita comune sul Vangelo, ispirandosi anche a ciò che è riuscito a vivere e a capire nel 1935, a Londra, da una comunità monastica anglicana[3] all'epoca in cui si trovava in questa città a esercitare il suo ministero pastorale.

Le donne e gli uomini che si impegnano in queste comunità scoprono una vita di preghiera dal forte accento cenobitico, e condividono tutti i loro beni materiali e spirituali, le gioie e i dolori: fino alla fine Dio è, la sua presenza agisce; egli è l'origine e il compimento di ogni cosa! Più volte al giorno, la comunità si raduna per esprimerlo nella lode comune, fortificarsi attraverso l'ascolto, la preghiera, la meditazione e lo studio della Parola. Tutti portano insieme il mondo a Dio, a Cristo, al quale appartengono con tutta la loro esistenza. Intercedono, si mettono tra Dio e l'umanità, tutti questi esseri umani senza voce di cui vogliono farsi voce. Cercano con tutto il cuore di far sì che l'Amore venga amato in loro (Gv 3,16-17), e tra loro. In tal modo queste comunità stesse diventano luoghi di speranza: «vedete come si amano! » (Gv 13,35). Oasi di accoglienza semplice e calorosa, segno del Regno che viene, che è già qui, che è là « dove due o tre sono riuniti nel suo Nome» (Mt 18,20).

Questa descrizione somiglia molto a quella della vita delle prime comunità negli Atti degli Apostoli (At 2,42-47; 4,32-35). È vero, ogni comunità all'inizio gode di un tempo di grazia. Le persone che vivono in comunità lo sperimentano nella loro stessa carne: dopo viene il momento dei temporali e delle tempeste, quando si impara a vivere in fraternità, si verifica che la costruzione sia fatta sulla roccia e non sulla sabbia (Mt 7,24-27).

Tra queste comunità c'è la nostra, a Grandchamp. Fino ad oggi, fedeli nella preghiera comune, rinnoviamo quotidianamente, con il dono della vita, l'esperienza del momento dell'offerta al centro dell'Eucaristia. Alla parola del celebrante: « Preghiamo insieme al momento di offrire l'azione di grazie di tutta la chiesa...», noi rispondiamo insieme ai fedeli — non con le parole, ma con l'offerta radicale delle nostre vite: «Per la gloria di Dio e la salvezza del mondo».

Come dice la nostra Regola, la mia vita, la offro in un doppio movimento: tesa verso Dio e solidale con il mondo. Ecco il senso principale delle nostre vite consacrate nella sequela del nostro unico grande sacerdote, Gesù Cristo (Eb 5,1-10). Vocazione a viverlo nella chiesa e per il mondo.

A Grandchamp, il legame tra vita fraterna e vocazione all'unità è profondo. In una lettera indirizzata all'abbé Couturier agli inizi della comunità, sr. Irène, una delle prime tre sorelle, ci permette di coglierlo parlando del quotidiano: «Il maligno è per eccellenza colui che divide (...). Questo maligno ci dimostra, A + B, che è impossibile capirsi, che non ci si riuscirà mai, che non si può andare d'accordo senza capirsi, e allora, perché darsi tanto da fare? (...) E cresce sempre più forte dentro di me la convinzione che invece "si può andare d'accordo senza capirsi". (...) In Cristo, si stabilisce una comunione, un'intesa di anime per chi vive da cristiano, e cioè ai piedi della croce (...) e guardandosi intorno, talvolta ci si stupisce profondamente di ritrovare quell'altro, così "lontano"... così vicino a sé, allo stesso livello, amato da uno stesso amore, ai piedi di Gesù». La sua lettera è un grido d'amore per la chiesa quando dice: «Il pensiero della grande ricomposizione è per noi quotidiano e vitale »[4].

 

Segni nella chiesa

 

Le comunità protestanti nate in questo clima nel ventesimo secolo sono presenti innanzitutto come un segno nelle loro proprie chiese, straziate dalla guerra oltre che dal loro approccio intellettualista e individualista. Esse diventano, abbastanza rapidamente, fonte di ispirazione per i cristiani di altre chiese. Conosciamo tutto l'impatto dei fratelli di Taizé[5], della loro Regola, di tutti gli scritti di fr. Roger - soprattutto dopo la partecipazione di fr. Roger e di fr. Max al concilio Vaticano II, dove sono stati invitati in qualità di osservatori ecumenici.

Alcune comunità cattoliche sono state ispirate da queste nuove comunità protestanti. Da parte loro, le nostre comunità protestanti hanno ampiamente beneficiato dell'accoglienza delle comunità cattoliche, anglicane e, in seguito, ortodosse. A Grandchamp, non avevamo forse tutto da imparare, da ricevere, per vivere la nostra chiamata a una vita consacrata[6] di ispirazione monastica?

Parlerò in seguito delle radici ecclesiali riformate molto concrete della Regola di Taizé, secondo la quale noi viviamo, pur con qualche adattamento. Questa Regola intende essere un semplice commento del Vangelo. È fortemente improntata sulla vita cenobitica benedettina (lode) e sulla vita fraterna francescana (semplicità). E, allo        stesso modo, quando fr. Roger l'ha scritta, si è lasciato ispirare dai Piccoli Fratelli e dalle Piccole Sorelle di Gesù, persino in una parte della loro forma di vita! Così, a partire dagli anni Cinquanta, anche i fratelli di Taizé sono andati a vivere in piccole fraternità, «i fratelli in missione». E noi, sorelle di Grandchamp - a quell'epoca molto legate a loro - siamo andate in Algeria. In seguito ci sono state altre partenze per altre missioni. Anche in questo caso, le nostre comunità devono molto alla generosa accoglienza e alla semplice condivisione di fratelli e sorelle appartenenti ad altre confessioni.

Sì, attraverso tutta la chiesa, Dio agisce in questo periodo tormentato. Nella chiesa cattolica, Dio agisce attraverso le comunità, o meglio, le fraternità, una nuova espressione ecclesiale. Seme caduto nella terra all'inizio del ventesimo secolo, Charles de Foucauld, beatificato nel 2005, aveva sperato tanto di avere dei compagni con cui vivere la sua chiamata. Il suo apparente insuccesso ha fruttato il centuplo (Mt 19,29). Veramente ovunque sta germinando un'altra forma di vita monastica. Certo, ci saranno sempre monaci e monache nel deserto, che vivono completamente separati dalla vita della società, e la loro presenza continua a essere vitale. Ma, ovunque nel mondo, altri devono raggiungere il cuore delle masse, secondo l'espressione di padre René Voillaume, fondatore dei Piccoli Fratelli di Gesù.

A partire dal dopoguerra, si assiste allo schiudersi di nuove forme di impegno spirituale e sodale. Dio agisce in mezzo ai sacerdoti e ai fedeli. Alcuni si sentono spinti ad amalgamarsi di più alla vita della gente comune. È l'epoca dei preti operai[7]. Rinunciando alla loro posizione privilegiata, vivono veramente immersi tra la gente ordinaria, nella maggior parte dei casi non cristiana, e proprio nel loro impegno diventano più forti. Se Roma mette disgraziatamente fine a questo slancio nel 1954, il concilio Vaticano non esita ad autorizzarlo nuovamente e a incoraggiarlo. Una presenza sempre più ampia di sacerdoti nel mondo del lavoro si manifesta allora nei settori della salute e del lavoro operaio. Dio agisce ancora e ancora durante il Concilio: l'audace ispirazione di papa Giovanni XXIII di invitare osservatori di altre confessioni ha avuto una grande risonanza. Ognuno può scoprire l'altro diverso, ma anche sorprendentemente vicino. Attraverso gli incontri, gli scambi, anche noi, uomini e donne, prendiamo coscienza di essere animati dalla stessa preoccupazione: come « dire » Cristo a questo mondo così cambiato, come trasmettere il Vangelo, come rendere la chiesa credibile e trasparente affinché la Buona Novella possa confortare, guarire, rinnovare? Il Concilio non ha forse permesso di scoprire una vera reciprocità nel popolo di Dio, già una comunione feconda?

Quale grande dono il fatto che l'intuizione di grandi testimoni appartenenti alle diverse confessioni possa uscire alla luce del sole - con così tanta chiarezza in occasione ilei Concilio - ed essere accolta all'interno della chiesa; che delle comunità suscitate e preparate dallo Spirito siano pronte a ricevere questa intuizione profetica, parola dei tempi nuovi, per incarnarla, per diventare comunità-testimoni. Come è stata esaudita la preghiera, e quanto frutto ha portato il lavoro indefesso del grande testimone dell'Unità, l'abbé Paul Couturier!

Quale grazia prendere a cuore insieme la preghiera che Cristo ha pregato, rivolta al Padre suo alla vigilia della passione: «Padre, che siano una sola cosa...» (Gv 17,21).

Oggi, continuare fedelmente... senza stancarsi. Sì, è anche la mia professione di fede: quando il mondo è sconvolto e nell'angoscia - come oggi - Dio agisce!

 

 

Parte seconda

L’AVVENTURA DI UNA COMUNIONE APERTA

INSERIMENTO ECCLESIALE VICINO E LONTANO

 

Le chiese protestanti possiedono una diversità con cui nemmeno la ridondanza ortodossa può rivaleggiare... In quanto « comunità di ispirazione monastica di preghiera e di riconciliazione, a vocazione ecumenica », le nostre radici nella chiesa locale e universale sono essenziali. Evidentemente, l'inserimento ecclesiale « da vicino », permette l'inserimento ecclesiale «da lontano». Il villaggio di Grandchamp si trova nella zona di Neuchàtel. La nostra comunità, che riunisce suore di diverse chiese protestanti, è riconosciuta dalla Chiesa Evangelica Riformata del Cantone di Neuchàtel, che a sua volta fa parte della Federazione delle Chiese Protestanti Svizzere. In questo modo, siamo legate anche al Consiglio Ecumenico delle Chiese, con sede a Ginevra.

E tuttavia non basta conoscere l'origine di un protestante (riformato, luterano, mennonita, eccetera) per sapere da quale «stile» di chiesa proviene. Molte delle nostre sorelle sono riformate, ma provengono da Paesi diversi. In essi, come nei vari cantoni della Svizzera, il colore di queste stesse chiese può differire poiché ognuna porta le tracce della sua storia, del suo contesto culturale e politico. Questa grande diversità di chiese sottolinea ancora di più l'influenza del movimento ecumenico suH'avvicinamento di alcune di loro in tutto il mondo. A partire dal 1947, per esempio, nell'India del Sud si è costituita una nuova chiesa, nata dall'unione - sotto la responsabilità di un unico vescovo - di anglicani, presbiteriani e metodisti. In seguito si sono verificati altri raggruppamenti. Nel periodo del dopoguerra, nella Svizzera romanda, molte chiese libere che vivevano separate dalle chiese di stato fin dal XIX secolo si sono nuovamente riunite. Assistiamo a un movimento simile in altre parti del mondo, in Canada per esempio. Infine, molto di recente, nei Paesi Bassi, le tre chiese protestanti maggiori (due chiese riformate e una chiesa luterana) si sono unite per formare la Chiesa Protestante nei Paesi Bassi. E il frutto della paziente preparazione ventennale del processo «Insieme in cammino». A livello europeo, nelle diverse chiese nate dalla Riforma, la Concordia di Leuenberg ha creato, a partire dal 1973, un altro spiraglio... il riconoscimento plenario dei ministeri e dei sacramenti: «Dopo un cenno alla comprensione comune del Vangelo, constata che le condanne dottrinali a proposito della Cena, della cristologia e della predestinazione, che avevano causato la rottura delle famiglie nate dalla Riforma, non riguardano più la dottrina degli interlocutori attuali»[8].

Noi stesse viviamo già l'ecumenismo all'interno della nostra comunità, con sorelle battiste, metodiste, luterane e riformate. Un'altra peculiarità ci apre all'universalità della chiesa: il nostro inserimento ecclesiale locale dipende dal nostro insediamento territoriale oltre che dal paesaggio della chiesa circostante. Nella Svizzera romanda e tedesca, la nostra comunità è inserita nelle chiese riformate; in Algeria, nelle chiese metodista e riformata che cercano di prendersi cura della piccola Chiesa Protestante d'Algeria, di composizione sempre più autoctona e molto sostenuta dalla chiesa cattolica di questo paese. A Gerusalemme, la nostra fraternità di S.te Elisabeth è legata alla chiesa luterana.

E' di vitale importanza che la nostra situazione all'interno della chiesa - il nostro radicamento ecclesiale - sia senza equivoci. Ecco perché il riconoscimento della comunità di Grandchamp in quanto tale da parte della chiesa evangelica riformata del cantone di Neuchàtel (1987) ci ha colmate di gioia. Fin dagli anni Sessanta questa chiesa ha designato il pastore Robert Cand[9] a essere punto di raccordo con il Consiglio sinodale e a essere a disposizione della comunità per le celebrazioni, l'accompagnamento spirituale, le confessioni, e via dicendo. Per quanto riguarda le celebrazioni eucaristiche, la comunità intende essere dipendente dai pastori, uomini o donne, della regione. Su nostra richiesta, essi vengono a celebrare: è un'esperienza formativa per entrambe le parti, e ci impedisce di bastare a noi stesse. Noi abbiamo bisogno della nostra chiesa locale, ed essa può contare su di noi, sulla nostra preghiera. Questa reciprocità è il nucleo stesso della nostra vocazione all'Unità.

Ricordiamo che nelle chiese protestanti l'autorità si colloca a livello sinodale mentre su scala mondiale le Chiese si organizzano in alleanze o in federazioni (Alleanza riformata mondiale, Federazione luterana mondiale). In questo contesto, in quanto comunità di ispirazione monastica con vocazione ecumenica, e tenuto conto della nostra appartenenza a diverse chiese della Riforma, abbiamo sentito l'esigenza di costituire un gruppo di riferimento. Questo è composto da due sorelle, tra cui la priora, e da cinque membri esterni alla comunità, protestanti e cattolici, tra cui il cappellano, un religioso e una monaca di clausura; esso presta fraterna attenzione alla comunità e può essere consultato su certi punti particolari. In questo modo la nostra comunità sottolinea la volontà di non bastare a se stessa e manifesta il proprio inserimento nella chiesa.

Per quanto riguarda l'inserimento locale più concreto, per i primi trent'anni la domenica le sorelle hanno partecipato alla celebrazione del culto nelle parrocchie circostanti. A quell'epoca, la celebrazione della santa Cena (l'Eucaristia) era rara. Grandchamp faceva eccezione! Ogni giovedì sera un pastore proveniente dai dintorni celebrava la santa Cena nella nostra cappella.

Essendo sempre più numerose le persone che usufruivano della nostra accoglienza, abbiamo deciso di vivere le nostre celebrazioni eucaristiche la domenica e i giorni festivi, prima di colazione. In occasioni particolari, alcune nostre sorelle continuano a partecipare al culto della domenica in uno dei villaggi vicini... e le nostre sorelle africane ogni tanto partecipano al culto organizzato dalla comunità africana di Neuchàtel, a volte trascinando con sé altre sorelle. In questo modo manteniamo un legame con l'ambiente immediatamente circostante, e con le realtà che vivono intorno a noi.

A proposito della nostra liturgia, il pastore Bruno Burki, per molti anni professore di liturgia alla Facoltà cattolica di teologia di Friburgo, scrive: «Attraverso il suo desiderio di rispondere alle attese di una spiritualità eucaristica, la comunità di Grandchamp ha reso un importante servizio a molti fedeli e ministri delle chiese protestanti che - in questa generazione - hanno scoperto il posto necessario dell'Eucaristia nella vita di qualsiasi comunità cristiana. Il movimento per l'Eucaristia in quanto celebrazione domenicale ordinaria nel protestantesimo di questo paese ne è stato ampiamente sostenuto »[10].

Nel 1962, i fratelli di Taizé pubblicano le Liturgie pasquali, che propongono, tra l'altro, una liturgia dell'alba pasquale. L'anno successivo noi l'abbiamo introdotta nella nostra comunità, sempre attente al fatto che è la liturgia a formare la nostra fede. Questa importante celebrazione si è a poco a poco diffusa nella regione, e anche all'interno di comunità parrocchiali protestanti altrove nella Svizzera romanda.

A livello locale, i nostri legami con la Facoltà di teologia di Neuchàtel sono stati molto forti, e molte sorelle hanno seguito i suoi corsi. Negli anni Cinquanta e fino all'inizio degli anni Ottanta, questa facoltà era rinomata, e non solo in Europa, per i suoi insegnanti aperti all'ecumenismo[11]. Allora si trattava di qualcosa di molto raro. C'era tra noi una bella collaborazione: in occasione dei seminari ecumenici organizzati a Grandchamp da madre Geneviève, gli studenti della facoltà avevano dei giorni di permesso per potervi partecipare.

Anche i legami con la Chiesa locale sono molto concreti: alcune sorelle sono state membri del Consiglio parrocchiale di Boudry, il paesino dal quale dipendiamo dal punto di vista amministrativo. Da parte nostra, noi accogliamo senza problemi i responsabili delle parrocchie della regione, e siamo invitate a contribuire a tutto ciò che riguarda il rinnovamento della spiritualità o l'ecumenismo. Inoltre, una delle nostre sorelle è delegata presso il Sinodo della chiesa riformata evangelica del nostro cantone.

Manteniamo i contatti con la Federazione delle chiese protestanti svizzere, anche in modo molto concreto. Per esempio, quando si parlava di costruire il piccolo aerodromo nella pianura dell'Areuse, la Federazione ha sostenuto la nostra opposizione - purtroppo invano! E siamo state molto felici quando la stessa Federazione ci ha invitate a partecipare all'accoglienza a papa Giovanni Paolo II a Kehrsatz nel 1984. Questo legame si è fatto più regolare da quando, alcuni anni fa, è stato creato un ufficio che mantiene i contatti con le comunità religiose protestanti composte da persone che vivono nel celibato (tra cui le diaconesse) o miste.

 

Con un unico slancio ecumenico

I primi passi del Consiglio Ecumenico delle Chiese e quelli di Grandchamp affondano le radici nella stessa passione ecumenica. Il messaggio di Geremia: «Quando il mondo è sconvolto... Dio agisce », si è manifestato anche nel «sì» di alcuni cristiani che il Signore ha reso grandi testimoni, profeti del riavvicinamento - innanzitutto tra persone - nei movimenti giovanili e in quelli studenteschi cristiani[12]; poi tra coloro che erano impegnati nella missione e nell'azione sociale attraverso chiese diverse, protestanti e anglicane. La grande miseria che regnava nei paesi di missione e nelle metropoli dei paesi « cristiani » (povertà, alcolismo) aveva aperto i loro occhi. Si erano resi conto dello scandalo dello spirito di concorrenza che caratterizzava i rapporti tra le diverse chiese, quando le popolazioni, che vivevano nella precarietà, avevano soprattutto bisogno di una parola di liberazione e di vera compassione, di una parola evangelica. Nel 1910 a Edimburgo, in Scozia, ha avuto luogo un primo grande incontro con John Mott, metodista americano, e Charles Brent, vescovo episcopaliano[13] che risiedeva nelle Filippine. Nel messaggio finale di questa conferenza si disse: « Lo scopo di qualsiasi lavoro missionario è quello di seminare in ogni nazione non cristiana una chiesa di Cristo non divisa »[14].

Grazie a questi incontri internazionali e interconfessionali si sono tessuti preziosissimi legami. In questo contesto, il fatto di trovarsi improvvisamente in campo nemico - e parlo della prima guerra mondiale (1914) - è stato per molti un grande choc. Nel 1920, seguendo questo orientamento dello Spirito, il Patriarca ecumenico ha scritto una lettera alle diverse chiese per incoraggiare la comunione, la koinonia tra cristiani. Così, nel periodo tra le due guerre, sempre più uomini e donne, responsabili di chiese e di movimenti giovanili, si sono mobilitati per incontrarsi in vista di un rinnovamento delle chiese, di una più grande unione di pace, di apertura all'altro. Con il tempo, anche Roger Schutz, che diventerà fr. Roger di Taizé, partecipa al grande raduno mondiale dei giovani ad Amsterdam nell'agosto 1939, come presidente dell'Associazione degli studenti cristiani della Svizzera romanda.

Tutti questi incontri sono stati, per i partecipanti, un'occasione per approfondire la fede, per aprirsi ad altre espressioni della liturgia e per essere stimolati da una lettura rinnovata della Bibbia e della propria spiritualità. Ognuno di loro era mosso dalla preghiera di Cristo, « Che siano una cosa sola perché il mondo creda» (Gv 17,21).

I successivi incontri ecumenici, anche con gli ortodossi, hanno permesso ai partecipanti di nutrire legami di amicizia e di solidarietà al di là delle frontiere. Nemmeno la seconda guerra mondiale è riuscita a interrompere questa esperienza forte, vissuta nella comunione dei santi sulla terra. Queste amicizie sono state fonte di esperienza e di fiducia - una grande consolazione in mezzo a tutta quella desolazione. Dietrich Bonhoeffer, per esempio, l'ha sperimentata in maniera molto concreta durante la resistenza e anche in prigione, fino al momento in cui è stato ucciso dai nazisti. È stato intensamente sostenuto dall'amicizia del vescovo anglicano Bell e del dott. Visser't Hooft. Prima di avviarsi al patibolo, chiede ancora a un altro prigioniero anglicano, Payne Best, che riferisca a mons. Bell: « Ditegli che per me è la fine ma anche l'inizio. Con lui, io credo alla nostra fratellanza universale che si eleva al di sopra di tutti gli interessi nazionali, e che la nostra vittoria è certa »[15].

Il Consiglio ecumenico delle Chiese (cec) viene fondato nel 1948 ad Amsterdam, quando i suoi partecipanti sono ancora straziati dalla guerra, e purtroppo senza la partecipazione della chiesa cattolica. La seconda guerra mondiale aveva ritardato l'avvenimento di dieci anni: infatti, già nel 1939, il dott. Visser't Hooft viene nominato segretario di un ufficio di preparazione e si trasferisce a Ginevra, dove mantiene il maggior numero possibile di legami internazionali, iniziando già a organizzare il dopoguerra! A partire dal 1946, riesce a prendere in affitto il castello di Bossey, vicino a Ginevra (attualmente Istituto Ecumenico di Bossey), e ne fa un luogo di incontri, di formazione ecumenica permanente e di riconciliazione. Da quel momento, i partecipanti provenienti dalle diverse chiese di tutto il mondo possono incontrarsi là per qualche settimana, o anche per un tempo più lungo. Dopo la guerra, una delle nostre sorelle olandesi aveva già partecipato a un incontro tra «lavoratori nella chiesa». I nostri legami particolari con il cec superano di gran lunga il nostro ricongiungimento organico attraverso la Chiesa riformata. La comunità di Grandchamp è sempre stata vicina al cec, in particolare grazie ai seminari ecumenici di Grandchamp per preparare la Settimana di preghiera per l'Unità (dal 1950 al 1965). Spesso madre Geneviève e il pastore Jean de Saussure, in seguito il professor Leuba, hanno invitato alcune personalità del cec a intervenire. A quell'epoca niente era dato per scontato, e i teologi cattolici non sempre potevano presenziare. Tuttavia, il dott. Hamer, op, ad esempio, vi ha partecipato nel 1956, insieme a Dom Olivier Rousseau, di Chevetogne. In seguito è stato più facile ottenere l'autorizzazione dalle istanze ecclesiali cattoliche. Oltre ai teologi ortodossi, come Paul Evdokimov e Léon Zander, e ai teologi delle altre facoltà della Svizzera romanda, alcuni venivano dall'Istituto di Bossey. Questi incontri hanno permesso di tessere molti legami privilegiati. Suzanne de Diétrich[16], per esempio, ha scelto di iniziare a Grandchamp il suo ritiro professionale (1954). Le nostre sorelle hanno avuto il privilegio di accoglierla e di studiare la Bibbia insieme a lei, o di incontrare alcune sue amiche venute da tutto il mondo. Oltre al suo insegnamento e alla sua presenza a Bossey, era stato riconosciuto che si doveva a lei l'aver saputo tenere insieme correnti assai diverse del movimento ecumenico, come Movimento giovanile, Missione, Fede e Costituzione, Cristianesimo pratico e Rinnovamento liturgico.

Frutto di questa amicizia, il legame privilegiato che ci unisce a un figlio spirituale di Suzanne de Diétrich, Hans- Ruedi Weber, per molto tempo responsabile del dipartimento biblico del cec. Così, i nostri legami si sono ulteriormente rafforzati alla fine degli anni Settanta. Dal 1980 al 1985, poi dal 1990 al 1994, alcune nostre sorelle hanno partecipato alla Graduate School, all'Istituto Bossey, un semestre di studio organizzato per pastori, sacerdoti, studenti e studentesse di teologia. Le nostre sorelle avevano in particolare la responsabilità di preparare la lode della sera e costituivano una presenza di preghiera, di ascolto e di amicizia. Ancora nel 1981, un gruppo di teologi del cec è venuto a Grandchamp per lavorare alla preparazione dell'assemblea di Vancouver[17].

Fin dall'inizio, Grandchamp ha portato nella sua preghiera questa grande organizzazione, riconoscente per tutto il lavoro di riavvicinamento tra cristiani che in essa si compie. Siamo molto attente a ciò che si vive al suo interno. Per esempio, a Harare[18], nel 1998, il cec ha attraversato un momento di crisi: le chiese ortodosse hanno rimesso in questione la loro partecipazione, scoraggiate da una supremazia decisionale dei protestanti; la crisi si è placata all'assemblea di Porto Aiegre (2006). In questi momenti, intensifichiamo la nostra preghiera, senza perdere la speranza, perché, attraverso la storia della nostra stessa comunità, sappiamo che Dio veglia sull'opera a cui ha voluto dare inizio. Anche se le forze delle tenebre sono al lavoro per distruggere e separare ciò che deve essere unito, o addirittura per metterlo in ridicolo - è questa la temibile responsabilità dei media, e di chi dà loro potere - queste forze non possono vincere la chiesa di Dio e l'opera dello Spirito (Mt 16,18)! Così, la creazione di una comunione universale tra le diverse chiese e confessioni cristiane viene in parte già vissuta attraverso il cec, comunione di chiese in un mondo attraversato da dolorose fratture, di cui è vittima il creato stesso.

In questo contesto, la sfida delle comunità monastiche e apostoliche è di grande attualità: come si può essere, in nome di Cristo, e spinti dallo Spirito, sempre più rispettosi gli uni degli altri? Come vivere una vera riconciliazione e diventare un luogo di speranza per tanta gente? Una di noi ha partecipato all'ultima assemblea del cec a Porto Aiegre, nel febbraio 2006[19]. E' tornata portando con sé una speranza rinnovata.

Come priora, ho avuto anch'io il privilegio di partecipare a molte delle nove assemblee che sono state altrettante tappe nella crescita del cec. Ricordo molto bene, ad esempio, la VI assemblea a Vancouver, nel 1983. Sr. Fides, della comunità di Imshausen, e io facevamo parte di un gruppo di preghiera permanente nel campus, insieme a una grande delegazione delle Isole del Pacifico, che testimoniava la dura realtà del suo popolo. Eravamo sulla riva dello stesso oceano e, molto lontano, una popolazione soffriva e correva alti rischi a causa degli esperimenti nucleari che venivano effettuati nella zona. Il giorno di quella testimonianza dovevamo celebrare insieme la festa della Trasfigurazione e «l'anniversario» dell'esplosione della bomba atomica su Hiroshima. Il tema di quell'assemblea piena di speranza, «Gesù Cristo, Vita del mondo», ci spingeva davvero ad assumerci le nostre responsabilità: era necessario aprirci gli uni agli altri, teologicamente, umanamente, spiritualmente. Noi, tutto il popolo di Dio radunato, scegliamo la vita, andiamo incontro all'altro. Creiamo delle alleanze, al di là di queste due settimane, al di là delle celebrazioni sotto la tenda, che esprimono tutta la ricchezza delle diversità, al di là anche delle grida ili disperazione. Tutti insieme, abbiamo preso coscienza della nostra corresponsabilità nella sopravvivenza stessa del pianeta! Il 6 agosto c'è stata una notte di preghiera per ricordare Hiroshima, notte di solidarietà anche con gli abitanti delle Isole del Pacifico e del Sudafrica; una notte passata ad aspettare Desmond Tutu, che finalmente ha ricevuto il visto e ci ha raggiunti a mezzanotte! Com'è bello sentirsi sulla stessa lunghezza d'onda, solidali anche con il creato. Attraverso il nostro modo di vivere, cerchiamo di partecipare al processo di «Giustizia, pace e salvaguardia del creato», ripreso a Seoul nel 1990, a cui hanno partecipato anche i cattolici. A Vancouver, mi raggiunge una intensa consapevolezza di quanto Grandchamp sia una piccola cellula della chiesa universale: incontro molte persone già conosciute, si intrecciano nuovi legami.

Da un punto di vista ecclesiale, il grande avvenimento di Vancouver è senza alcun dubbio la solenne cerimonia di presentazione del documento Battesimo, Eucaristia, Ministero (bem)[20], il testo di convergenza elaborato dalla commissione del cec Fede e Costituzione[21]. Può finalmente iniziare il processo di accettazione di questo documento da parte delle diverse chiese. Da quel momento in poi, questo testo serve effettivamente come punto di riferimento per numerosi accordi di « riconoscimento reciproco » tra le chiese e continua a esserlo ancora oggi.

L'assemblea di Canberra (la settima) ha avuto luogo all'inizio del 1991, in piena guerra del Golfo: «Vieni Spirito Santo, rinnova tutto il creato! ». Sono stata invitata a parlare della «spiritualità monastica» perché, dopo Vancouver, la spiritualità è diventata sempre più importante per il CEC.

Su scala europea, il raduno di Basilea segna una nuova tappa, molto incoraggiante: per la prima volta, la Conferenza delle Chiese Europee / Konferenz Europaischer Kirchen (kek), composta da anglicani, protestanti e ortodossi, e il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (ccee) preparano insieme un grande evento ecumenico. In quell'occasione si assiste a un altro avvenimento: partecipano al raduno anche i cristiani dei Paesi dell'Est. Viene organizzata una marcia molto simbolica attorno alla città, sui territori tedesco, francese e svizzero (Dreilandeck), il tutto senza visto! Le frontiere si aprono, come un segno di quello che deve accadere: pochi mesi dopo crolla il muro di Berlino! A Basilea, gli organizzatori avevano scelto di focalizzare l'incontro sul tema «Giustizia, pace e salva- guardia del creato». Durante il secondo raduno europeo di Graz, hanno affrontato la stessa realtà dal punto di vista della « Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova », e l'hanno fatto così bene che una carta ecumenica è stata proposta e firmata a Strasburgo (2001) da numerose chiese. Questi sono tutti punti di riferimento per le chiese e per i cristiani che cercano di vivere concretamente il quotidiano secondo questo spirito. Il terzo raduno, a Sibiu, in Romania (2007), ha come tema: « La luce di Cristo illumina tutti gli esseri umani».

In questa panoramica del nostro inserimento ecclesiale - vicino e lontano - non ho parlato di quella realtà fondamentale della Chiesa Una di cui godiamo: i legami monastici. Sono autentiche "visitazioni", incontri di grazia; ecco perché ho scelto di parlarne in questa prospettiva in un capitolo a parte[22]. Vorrei però citare qui il nostro legame con i monasteri della regione. All'inizio del 1980, come priora, sono stata invitata a partecipare agli incontri del Service des Contemplatives de Suisse romande[23], insieme alle Piccole Sorelle di Gesù che, come noi, sono «contemplative non di clausura ». Questi incontri annuali ci hanno avvicinato molto, e le nostre relazioni si sono intensificate durante il periodo in cui facevo parte del comitato. Ci hanno riunite anche i grandi avvenimenti che hanno segnato la vita di ogni comunità e di ogni monastero, portando con sé una conseguenza concreta: a partire da qualche anno, le nostre novizie beneficiano della formazione biblica proposta nella cornice di un internoviziato promosso da questa unione dei monasteri. Da parte nostra, ogni tanto organizziamo un seminario rivolto alle religiose responsabili di comunità monastiche e alle loro responsabili della formazione, in Svizzera e in Francia. Grazie ai nostri legami monastici, la nostra responsabile delle novizie partecipa all'incontro con i religiosi e le religiose che rivestono lo stesso incarico in Francia, presso gli ordini cistercense e benedettino. Vi ritroviamo le Diaconesse di Reuilly e la comunità di Bose. Questa comunione così reale è una grande ricchezza per tutti noi. Siamo così diversi gli uni dagli altri. Molti pregiudizi sono caduti, ci scopriamo nella verità. Cerchiamo di essere un segno vivente di comunione, testimoni del Cristo vivo.

Sì, credo fermamente che, per dare una testimonianza credibile, le chiese cristiane siano chiamate a ritrovare l'unità: «Che siano una cosa sola, Padre, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Sono chiamate anche a diventare sempre più consapevoli della responsabilità di proclamare il Vangelo di Cristo insieme, di glorificare Dio (Padre, Figlio e Spirito Santo) insieme, ma anche di rendere insieme abitabile il mondo che ci è stato affidato. A immagine di ciò che si vive «in piccolo», a Graz o a Porto Alegre, la Chiesa Una in Cristo porta su di sé la responsabilità di diventare la piattaforma in cui i cristiani delle diverse parti del globo possano esprimersi nella lode così come nel grido della loro miseria. Dobbiamo cercare di comprenderci sul piano teologico, ma non solo. Alla sequela di Cristo, il nostro impegno di solidarietà deve arrivare a dare la parola ai senza voce e, se necessario, a essere parola dei senza voce.




Note

[1]  Madre Geneviève, 1948 (Message, Grandchamp, 1986, p. 29).

[2]  D. Bonhoeffer, Vita comune, trad. it., Queriniana, Brescia, 2001.

[3]  Community ofthe Resurrection, i fratelli di Mirfield.

[4]   Sr. Irène, nella lettera all’abbé Couturier, 1941, archivi del gruppo dì Dombes.

[5]  Divenuta poi una comunità ecumenica composta da fratelli cattolici e di diverse origini protestanti. Vedi Appendice: Alcune comunità frequentemente citate.

[6]  Ogni persona battezzata è consacrata a Cristo. La professione religiosa ne è l'attualizzazione attraverso il dono radicale della vita.

[7]  Movimento nato in Francia nel 1941.

[8]  Cfr. A. Birmelé, in P. Gisel (ed.), Encyclopédie du protestantisme, Cerf / Labor et Fides, Paris - Genève 1995, p. 239. La Concordia di Leuenberg è un accordo che lega le chiese riformate e luterane europee e permette lo scambio dei ministri. Nel 2003 l'alleanza delle chiese che hanno aderito a questo accordo ha preso il nome di Communion d'Églises Protestantes en Europe (cépe).

[9]  Ex presidente del Consiglio sinodale.

[10] B. Biirki, Grandchamp dans le protestantisme francophone de Suisse, in Célébrer 266 (1997) 9-13.

[11]  Si era stabilito un rapporto personale con i professori Philippe Me- noud, Jean-Jacques von Allmen, Jean-Louis Leuba. Ciascuno di loro, secondo il proprio stile, ha stretto un legame particolare con madre Geneviève e la comunità.

[12] ymca/ywca: Young Men's Christian Association / Young Women's Christian Association (Associazione Cristiana dei Giovani Uomini/delle Giovani Donne). Inoltre la wscf: World Student Christian Federation / Federazione mondiale degli studenti cristiani.

[13]  Negli Stati Uniti, la chiesa anglicana si chiama chiesa episcopaliana.

[14] J. Fernand-Laurent, « Que tous soient un... ». En sommes nous proches?, Saint-Augustin, Saint-Maurice (CH) 2003.

[15] Cfr. E. Bethge, Dietrich Bonhoeffer, Queriniana, Brescia 1975.

[16] Appartenente a una grande famiglia di Mouterhouse (villaggio nella Mosella, nel Parco naturale dei Vosgi del Nord), è stata l'ispiratrice della "riunione di Mouterhouse" (1932), una delle prime settimane di studio e di incontri spirituali tra pensatori ortodossi, cattolici e protestanti.

[17] Nel 1983, a Vancouver (Canada) si tenne la VI Assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese.

[18] Ad Harare, in Zimbabwe, i rappresentanti di più di trecento chiese si sono riuniti per l’VIII Assemblea del CEC.

[19]  Vedi, nella Parte quarta, la testimonianza di sr. Anne-Emmanuelle.

[20]  II BEM, come abbiamo già detto, è il testo adottato a Lima (Perù) nel 1982.

[21] La commissione Fede e Costituzione annovera anche teologi cattolici, delegati dalla loro chiesa.

[22]  Vedi, nella Parte terza, il capitolo Di visitazione in visitazione.

[23]  Unione dei monasteri cattolici della Svizzera francofona.

 


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21 giugno 2014                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net