La missione dei Domenicani nella chiesa e nel mondo

 di Yves Congar O.P.

da “laicidomenicani.it” – 6 sett. 2013


 

L'Ordine dei Frati Predicatori ha un'attualità ed un futuro per la fedeltà alla sua missione: la sua esistenza, infatti, dipende da essa ed è in funzione della medesima. Questa consiste nel servizio al Vangelo in modo particolare attraverso la parola, lo studio e la diffusione delle verità salvifiche così com'è unico il presbiterio intorno al Vescovo grazie alla missione e alla consacrazione, ed è ad un tempo molteplice per i compiti da assolvere (responsabilità di una parrocchia, servizi caritativi, amministrativi, preti operai, ecc.). Il servizio alla verità e alla sua diffusione si esprime in moltissimi campi di azione.

Di questo esercito di servitori, regina è la predicazione - sia che avvenga in cattedrali, parrocchie, cappelle, pellegrinaggi, comunità di religiose, piccoli gruppi informali -, proclamazione della parola di Dio. Questa proclamazione è, nello stesso tempo, per i predicatori invito ad una vita santa. Caterina da Siena afferma che noi esercitiamo l'ufficio della parola. Per un Domenicano, questo è un momento di pienez­za. Ha certamente un aspetto di soddisfazione del tutto uma­na, quasi «carnale»: ci si trova nella posizione di capi, talvolta di divi. Ma quella che predomina è la convinzione di essere un servitore in atteggiamento di umile ed intensa preghiera: «Mio Dio, dateli a me perché io possa darli a Voi ».

La Costituzione pastorale del Concilio sulla Chiesa nel mondo contemporaneo cominciava con il cercare i «segni dei tempi». Questo vale anche per l'Ordine di San Dome­nico nel mondo contemporaneo. Segno dei tempi è ora il ruolo dell'opinione pubblica e i mezzi di comunicazione sociale che la plasmano: quotidiani e settimanali, radio e televisione.

In questo campo i Domenicani si trovano a casa loro. Vi hanno operato e vi operano attivamente. Hanno una specie di connaturalità con gli artisti. Padre Lacordaire ha reclutato in mezzo ad essi molti dei suoi primi compagni. Alla morte di Tommaso d'Aquino, la Facoltà delle Arti di Parigi ne reclamava il corpo in forza di una amicizia e di relazioni del tutto particolari.

Per molti i Domenicani sono essenzialmente degli intellettuali. L'Ordine ha dato al mondo Tommaso d'Aquino, uno degli intelletti speculativi più potenti di tutti i tempi. Dovrebbero mettermi a durissima prova per strapparmi una parola contro la teologia, scienza della fede, ed io cercherei di tirarmi indietro il più possibile. Tommaso d'Aquino è tesoro immenso. Lo studio scientifico delle discipline filosofiche e teologiche con le faticosissime esigenze di documentazione, riflessione, messa in opera, fanno parte imprescrittibile della missione dell'Ordine. Se si venisse meno alla fedeltà alla missione, questa grazia sarebbe donata ad altri. Ma occorre essere tanto più coscienti di un possibile pericolo quanto più spesso si è corso il rischio di cadere in esso: Questo consiste nel porre sotto forma di un ideale di «predicazione dottrinale» e di teologia dogmatica o morale, la ripetizione di tesi del passato e una concatenazione verbale di astrazioni sonore. Ho conosciuto dei confratelli che si vantavano di aver predicato gli articoli della Summa. Questo mi è successo una volta soltanto, durante la guerra: dovendo parlare sull'amore e l'odio verso i nemici, volevo liberarmi delle passioni del momento e offrire una dottrina oggettiva…

Il dogma non cambia, ma esiste una attualizzazione nel modo di presentarlo, come pure una modernità di mezzi nello studiarlo. Nelle scienze bibliche, nella conoscenza delle fonti e della storia abbiamo oggi a disposizione risorse che un teologo non può fare a meno di studiare ed adoperare. La storia è diventata una dimensione del pensiero. Essa è un'alleata impareggiabile nella ricerca e nel servizio alla verità.

Fra i compiti teologici del nostro tempo, il servizio reso alla grande causa dell'ecumenismo è uno tra i più certi. Non si tratta di una specialità dell'Ordine, dal momento che, grazie a Dio, molti altri vi lavorano e che non tutti i Domenicani vi sono impegnati. Ma è un dato di fatto, riconosciuto da amici di altre Chiese, che i Domenicani hanno una spontanea predisposizione verso questo lavoro. Essi vi apportano l'unione del culto della verità e della libertà, che sembra essere dono specifico dell'Ordine.

Come ha detto Gesù, la verità rende liberi. Noi facciamo esperienza dell'esattezza di queste parole.

Sono un vero Domenicano? Io riconosco l'ideale della mia vita nelle parole di Madame Swetchine, amica di Padre Lacordaire: «Ho amato la verità come si ama con amore una persona», e per questo ho amato e studiato la storia.

La nostra missione è servizio al Vangelo, il nostro stile di vita, la vita evangelica organizzata in forma comunitaria. Questo ha voluto San Domenico. Si scopre qui un nuovo «segno dei tempi». Per quanto miserabile appaia sotto vari punti di vista, la nostra epoca è una delle più evangeliche della storia. Come un torrente sotterraneo perforerebbe il terreno in molti punti dando vita ad una folta vegetazione, il Vangelo sgorga oggi nella vita di uomini e donne e suscita scelte di vita cristiana di una generosità che confonde noi sedicenti specialisti della vita evangelica.

Questa illuminazione e animazione della vita da parte del Vangelo ci sembra particolarmente operante nelle comunità di base, che le popolazioni povere e cristiane dell'America Latina creano per liberarsi e vivere. I miei fratelli Domenicani sono attivamente presenti in esse e il Padre Generale ha seguito con attenzione il loro impegno. Non è senza conseguenza il fatto che Medellín [1], il Sinodo dei Vescovi del 1971, Giovanni Paolo II e Puebla [2] abbiano dichiarato che la liberazione è parte dell'evangelizzazione. Da allora, tutto l'Ordine si interpella: a che punto siamo riguardo alle esigenze di una vita evangelica?

Colui che scrive queste pagine si sente del tutto miserabile, e cerca soltanto di riacquistare il conforto della sua vita mediante un effettivo servizio in quei campi in cui gli è possibile. Il servizio è un buon criterio per una cristiana utilizzazione delle risorse che si hanno a disposizione.

San Domenico ha voluto una vita conventuale liturgica. Noi non siamo monaci: il nostro servizio al Vangelo richiede una certa sobrietà nelle funzioni liturgiche. Ma una vita teologale e dossologica è essenziale per la nostra missione. Essa è richiesta con sempre maggiore urgenza dal momento che i nostri impegni ci portano a vivere sempre più in mezzo al mondo. Infatti è ovvio che aumenta il rischio di perdere il senso dello specifico cristiano. Lo si ritrova nella pratica gioiosa di una liturgia semplice, in cui ci viene proposta con abbondanza la parola di Dio. Il lavoro propriamente teologico non è evidentemente l'ultimo a richiedere una vita preghiera e la pratica della liturgia. Nulla è più efficace della celebrazione dei Misteri per penetrare un po' nella loro comprensione.

Tutto questo è l'inserimento dell'Ordine dei Frati Predicatori in seno alla Chiesa nel mondo contemporaneo. Evidentemente non sono stato completo. Non è un bilancio, ma semplicemente una rievocazione e nello stesso tempo una testimonianza.



[1] Il 24 agosto 1968 Paolo VI inaugurava la Seconda Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano. Le sessioni di lavoro si tennero presso il seminario di Medellín (Colombia), dal 26 agosto al 6 settembre. Medellín è considerata l’unico esempio di ricezione sinodale e collegiale del Vaticano II nel continente latinoamericano.

[2] La Terza Conferenza Generale dei Vescovi dell'America Latina tenutasi a Puebla (Messico) a partire dal 27 gennaio del 1979 rappresentò il completamento di quello che nel '68 i vescovi avevano cercato di fare a Medellin, traducendo lo spirito e la lettera del Vaticano II.



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29 luglio 2022                a cura di Alberto "da Cormano"        Grazie dei suggerimenti       alberto@ora-et-labora.net