A SCUOLA DI MANAGER CON SAN BENEDETTO?
Qualche assaggio dal libro edito da Il Sole-24 Ore
Dante per i manager. La
Divina Commedia in azienda di Enrico Cerni
Tutte le teorie (e le pratiche) del
Thinking Big
sono già in lui.
Con una differenza: l’approdo al big, analizzato secondo l’angolazione
prospettica del poeta, è sì importante ma non sufficiente. A Dante non basta
pensare in grande. L’enorme lente d’ingrandimento che Schwartz suggerisce di
utilizzare è uno strumento che a Dante piace. Ma percepisce che questo
tool
è privo di qualcosa. Per il poeta è stato possibile compiere un passo in
più.
Andando alla ricerca dell’eccellenza, l’autore della
Commedia ha
puntato al Grande per arrivare all’Alto. Alto come il Paradiso,
come la Candida Rosa. Alto come i canti musicali che possiamo ascoltare nella
terza cantica. Alto e profondo come lo stupore che ci lascia a bocca aperta
quando leggiamo i suoi sonetti o quando rinnoviamo noi stessi leggendo la Vita
nova.
Ecco, quindi, la nuova visuale, il nuovo punto di vista, la nuova occasione di
profondità: puntare in Alto può diventare - per tutti noi - un Fine. Il Fine.
Proprio come lo è stato per lui.
Dante, nei secoli, è riuscito a creare un rilevante clima di
intimacy
con il suo pubblico, con i suoi
clienti. Ha conquistato
seguaci. Ha creato con i lettori un legame tanto profondo da essersi fatto
chiamare dalla Storia per nome di battesimo.
Tutta l’Italia è disseminata di vie, strade, scuole, centri culturali e piazze
dedicate al poeta ma anche nel resto del mondo si incontrano
Dante street
o rue D. Alighieri, con l’accento sulla ultima i. E l’evidenza di
intimità con gli amministratori pubblici contemporanei è così forte che alcune
di queste strade sono addirittura per A. Dante…
Il cognome diventa abbreviato a testimonianza che Dante è Dante. E Shakespeare -
sia pur lodato il drammaturgo inglese - non è Willy.
Dante legge, eccome se legge: leaders are readers! Studia, studia;
scrive, scrive. Fin da ragazzo. Convinto che il successo sia dato al 90 % dalla
traspirazione, cioè dalla fatica. E prende spunto da vari maestri che lo
conducono attraverso percorsi di educazione retorico-grammaticale (communication
training del tempo), filosofico-letteraria, filosofico-teologica. Tra questi
maestri apprezzati dal sommo, spicca il manager-divulgatore Brunetto
Latini.
Quali le fonti di ispirazione di Dante? Da dove parte? Per il proprio
corporate
storytelling, trae spunto sia dalla conoscenza dei
sette peccati capitali (nei termini del knowledge
cristiano) sia da un
libro, l’Etica Nicomachea, scritto da Aristotele, filosofo greco vissuto
nel IV secolo avanti Cristo. Quel libro in cui il filosofo greco descrive le
virtù come quelle cose che stanno in mezzo: tra gli opposti estremi del
temerario e del codardo c’è colui che sa difendersi.
Secondo Serge Latouche, filosofo francese autore dell’Invenzione
dell’economia, oltreché di una serie di saggi sulla decrescita serena,
l’Etica Nicomachea rappresenta una prima riflessione organica sul valore
e sui prezzi e cioè sul “cuore stesso dell’economia”. Dante mescola insieme
questi elementi e il risultato è lo scenario che ci apprestiamo a visitare. Uno
scenario fantastico e innovativo ma strutturato sulla base di un concretissimo
business plan.
Nel mezzo del cammin di nostra vita,
mi ritrovai per una selva oscura
che la diritta via era smarrita.
Chi dirige un gruppo di persone o un’azienda sa che aver smarrito la “diritta
via” può essere causato da due tipi di mancanze. La più grave per il manager?
L’assenza di una meta, ossia di un obiettivo chiaro e delineato cui
protendere (di una vision). La lucidità (lucidità è
lux, luce,
opposta all’oscurità della selva) nel ri-conoscere gli obiettivi da raggiungere
è la chiave di volta di qualunque posizione di guida. La seconda possibile
mancanza, da guardare con maggior benevolenza rispetto alla prima ma ugualmente
minacciosa, è la non conoscenza del percorso per raggiungere gli
obiettivi noti. In questo contesto, la meta è conosciuta, delineato il
punto di arrivo; ignoto resta come arrivare fino a lì, dove imboccare la strada
che conduce alla soluzione, quale sentiero seguire.
Ognuno segue dei modelli
e la maggior parte degli individui lo fa a
livello inconscio, senza rendersene conto, bombardata e “massaggiata” (come ci
insegnava Mc Luhan tanti decenni fa) dal contesto nel quale vive. Se riusciamo a
scegliere, scegliere per davvero, le persone che ci sappiano motivare e che ci
possano aiutare, acquisteremo il controllo del nostro destino. Una delle più
straordinarie ricchezze della vita consiste nel disporre di
mentori personali.
Maestri con i quali confrontarsi. Maestri da studiare. Maestri da imitare in
ogni loro comportamento. E Dante, da questo punto di vista, che ha fatto?
Ebbene, si è scelto, quale mentore, il top dei top del suo tempo: Virgilio,
vissuto tredici secoli prima ma ancora ben risonante nel Medioevo.
Qui tutto inizia con un contratto. Sì, un contratto stipulato da due
corporations, quella dei da Polenta, signori di Ravenna, e quella dei
Malatesta, signori di Rimini. Era poco dopo il 1275 (Dante-autore aveva quindi
una decina d’anni quando l’atto negoziale tra le famiglie viene realmente
sottoscritto).
Entrambe queste legal entities romagnole si spartivano il mercato della
riviera, facendo affari ciascuna nel proprio territorio e impegnandosi in
politica quel tanto che serviva per ottenere una buona copertura da parte del
papato: guelfe entrambe le imprese familiari.
Forse per mettere fine ad antichi rancori di business, i da Polenta e i
Malatesta si accordano per un’alleanza di comodo: un matrimonio che
consenta di dare continuità al patrimonio e di conseguenza il rafforzamento del
conto economico di entrambe.
Nell’Empireo tratteggiato nel
best seller
dantesco tutto ruota
attorno al concetto di ineffabile, di inesprimibile. Le parole non sono più
idonee a descrivere. Le parole non bastano. Nella società dell’ipercomunicazione,
il loro valore è nullo. Qualunque racconto perde di efficacia di fronte alla
straordinaria maestosità dell’esperienza (mistica) che il poeta ha il privilegio
di sperimentare.
È così anche per il
management. Qualunque libro, qualunque caso
raccontato, qualunque descrizione non potrà mai trasmettere niente
dell’esperienza diretta della gestione: ancora una volta,
significar per
verba non si porria. Ancora una volta, non ci resta che
provare e
riprovare. Commettere errori per cercare stimoli al miglioramento,
frequentare persone e personaggi, chiedere, interrogare,
domandare ad
ogni passo, ringraziare di cuore, lavorare e rimboccarsi le maniche,
agire,
sono l’unico modo per crescere e per
innovare.
L’unica strada che porta all’amor che move il sole e l’altre stelle.
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21 giugno 2014 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net