ORIGINE E MIRABILI EFFETTI DELLA CROCE O MEDAGLIA DI S. BENEDETTO ESPOSTI DA D. FRANCESCO-LEOPOLDO ZELLI-JACOBUZJ CASSINESE MONACO DELLA BASILICA E BADIA DI S. PAOLO SULLA VIA OSTIENSE .ROMA - TIPOGRAFIA MARINI E MORONI - 1849
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INDICE
PROLOGO
CAPITOLO I. I benefizj della Croce
spiegati nelle sue figure..
CAPITOLO II. Religiosità della Croce sino dai
primi tempi del Cristianesimo.
CAPITOLO III. Come Iddio si compiacesse
accrescere questo culto operando meraviglie.
CAPITOLO IV. Si dimostra con
nuove ragioni, che si debba ascrivere a S. Benedetto l’origine della Croce o
Medaglia che va sotto il suo nome.
CAPITOLO V. Si descrive e spiega la Croce
di S. Benedetto consentanea alla sua Regola e ai Santi Padri.
CAPITOLO VI.
Visione del Papa S. Leone IX.
CAPITOLO VII. Nuovo accrescimento alla
devozione di questa santa Croce.
CAPITOLO VIII. Grazie prodigiose ch’ella
fece in Lorena.
CAPITOLO IX. Il Papa Benedetto XIV. aggiunge nuovo splendore
e ricchezza alla Croce di S. Benedetto.
CAPITOLO X. Formola
(in latino) della benedizione delle Croci o
Medaglie di S. Benedetto.
CAPITOLO XI. Sommario delle Indulgenze.
CAPITOLO
XII. Modo di valersi della Croce o Medaglia di S. Benedetto.
EPILOGO.
PROLOGO
Io offro ad ogni uomo rimedio a’suoi bisogni comechessiano, col presente
libretto. Imperciocché egli è fatto per accrescere il culto della Croce, già
tanto caro ai primi fedeli, e per il corso dei secoli, a noi serbato dalla
tradizione e dai Padri.
Ora la Chiesa ha sempre tenuto santo il segno della Croce, come il vessillo
trionfale di Gesù Cristo , sul quale morendo pacificò col suo sangue tutte le
cose che sono sulla terra e nel cielo; e come il legno, cui egli attaccò
la sentenza di morte data contro gli uomini, scancellandone lo scritto, e
mutandola in grazia di salvezza . Perciò i Santi Padri chiamano questo vivifico
segno onore della fronte, segno fedele, fortezza di vita, gran bene, scudo
inespugnabile, spada regia da vincere e disfare il demonio . E
particolarmente S. Giovanni Crisostomo
è talmente preso dalla sua lode che, con infinita ripetizione, quasi uomo
che mai trova fine all’ encomio, chiama la Croce speranza dei cristiani,
risurrezione dei morti, duce dei ciechi, via dei traviati, gruccia dei zoppi,
consolazione dei poveri, freno dei ricchi, distruzione dei superbi, giudice
degli ingiusti, libertà degli schiavi, lume agli ottenebrati, gloria dei martiri, astinenza dei
monaci, castità delle vergini, gaudio dei sacerdoti, fondamento della Chiesa, e
più altro che per brevità non riporto.
Onde
fu con sapientissima ragione il comparire della Croce a Costantino Imperatore,
colle simboliche parole -
hoc signo vince • con
questo segno abbi vittoria. Perché ciò fu detto non tanto letteralmente della
vittoria su Massenzio e della presa di Roma, quanto allegoricamente delle
vittorie su i falsi idoli e vane passioni del Gentilesimo, che allor allora era
venuto all’estremo di sua possanza. Nè credo medesimamente, che il padre d’ogni
civiltà e il ristoratore della società umana a seconda dell’ Evangelio, S.
Benedetto, siasi fatto a caso apostolo della Croce. Imperocché a lui fu dato
inalberarla sull’ultimo rifugio dell’ idolatria, e per la sua savia instituzione
si dovea dar l’ultima mano alla grand'opera di tramutare i costumi gentileschi
in cristiani, e piegare gli spiriti a quella scuola d’umiltà, di che Iddio lo
fece sì buon maestro.
Bene
adunque dissi, che col presente libretto offro ad ognuno il rimedio di che
abbisogna. Conciossiachè la devozione della Croce di S. Benedetto è strettamente
unita al più gran mistero della nostra augusta religione cattolica, ed oltre le
meraviglie di che qualsiasi Croce sempre diede splendore, vi si aggiungono una
benedizione apostolica ed un ricco tesoro d’indulgenze, onde
l’accrebbe la S. M. di
Benedetto XIV.
Leggi
adunque questo libretto, e poni la santa Croce come segno sul tuo cuore, come
segno sul tuo braccio; cioè, come spiega S. Ambrogio: „ Cristo segno nella
fronte, segno nel cuore, e segno nel braccio; nella fronte, perché ognora lo
confessiamo; nel cuore , perché sempre l’amiamo; e nel braccio, perché sempre
operiamo il bene. Cosi pregando e combattendo durerai fedele sino alla morte, e
in quel momento la Croce di scudo ti si cambierà in corona per tutta l’eternità.
ORIGINE
E MIRABILI EFFETTI
DELLA
CROCE O MEDAGLIA
DI
S. BENEDETTO
CAPITOLO
I.
I
benefizj della Croce spiegati nelle sue figure
II
nostro Salvatore Gesù Cristo, siccome Iddio, Sapienza infallibile , non permise
che gli avvenisse o fosse fatta cosa alcuna nel mondo senza qualche mistero o
ragione. Egli infatti prese sopra di sé, oltre l'ufficio di redentore, anche
quello di nostro maestro, tutto a fine di raddrizzare il nostro cammino per
giungere alla felicità. Non si può dunque credere, ch’egli volesse morire sopra
una croce, senza che a ciò lo movessero sapientissime cagioni. E S. Agostino
apertamente disse: « Che Gesù Cristo essendo morto perché volle, morì ancora
quando volle, nè senza cagione scelse piuttosto la croce che un altro istrumento
di morte ».
E di
vero sono celati nella Croce grandi misteri, come dall’istessa tradizione dei
pagani, dalla sua naturale forma, dalle figure d’essa nelle sante Scritture, e
dalle sue significazioni mistiche si ricava.
E
prima, sappiamo degli Egizj, che ne’ loro caratteri geroglifici, la croce
significava la vita avvenire; come riporta Rufino. I Romani usavano in più cose
date a loro venerazione e rispetto sommo il segno della croce. Guardate la forma
dei trofei militari, che s’inalzavano ai vincitori, e vedrete che rappresentano
questo segno. I
Cantabra
e
Sipara dei vessilli che altro dimostrano se non la croce? Gli uni e gli altri
erano aste ornate d’oro, sormontate da un altro legno orizzontale, donde pendeva
un velo di porpora ad oro. Le aquile ad ali spiegate messe in alto sull'aste, e
gli altri segni militari , ch’avevano sulla cima una mano od altra imagine,
sempre terminati da due ali, richiamano pure alla mente questo seguo .
Talmentechè Costantino, nel voler ridurre il vessillo imperiale, a fine di
ricordare a’ soldati quella Croce per la quale aveva vinto, non fece altro che
aggiungervi da capo il simbolo che
voleva dire
Christus; quasi gli premesse solo di nominare colui dond’ebbe
la visione, non l’oggetto d’essa . Anzi in quell’istesso monogramma la
X
è testimonio d’una tradizione dei pagani, della quale parla Platone, dicendo: «
Che la virtù secondo il primo Iddio è nell’universo fatta a forma di
X
o di croce
» . Ciò che Platone
disse, dopo letto nei libri mosaici il fatto del serpente di bronzo.
Ma è più mirabile di ciò il vedere che in molti usi salutevolissimi agli uomini
fino da remotissima antichità s’adoperò questo segno. L’antenna d’una nave fu
sempre foggiata a figura di croce; e ad essa è appesa la vela, per la quale la
nave cammina e giunge al porto: nel che è facile riconoscere Gesù Cristo
Salvatore del mondo attaccato alla croce. E qualunque agricoltore nel voler
fendere la terra e acconciarla al seme ch’ei vi dovrà piantare, non si è sempre
servito di questo segno ?
Il
ferro unito alla stiva nell'aratro forma palesemente una croce. Infine gli
uomini medesimi, se vogliano chiedere sollievo o ai numi immortali o ad altri
loro simili, eglino per natura aprono le braccia, ed eccoli pure a rappresentare
la croce. Anzi la divisione istessa del cielo nei suoi quattro lati di
settentrione, oriente, mezzogiorno, e occidente
è
altresì a forma di croce .
Apriamo le Scritture, rischiarandone le ombre misteriose e facendo alzare il
velo delle cose coperte ai Santi Padri: ed ecco amplissime lodi e nobilissime
figure di questo segno. «Quando il popolo combatteva contro Amalech, dice S.
Giustino , e il figlio di Nave soprannominato Gesù si batteva nelle prime file,
lo stesso Mosé pregava a Dio, distese ambedue le braccia; Ur poi e Aronne gliele
sorreggevano tutto il di, perché, lui stanco, non si abbassassero. Imperciocché
se pure un attimo ei rimetteva da questo segno imitante la croce, il popolo
perdeva, come nei libri di Mosé è scritto; se poi rimaneva in quella positura,
Amalech avea la peggio. E il forte era forte per la croce: non perché Mosé sì
pregava, il popolo
vinceva, ma perché essendo a testa della battaglia il nome di Gesù, egli
mostrava il segno della Croce. » E altrove si degnò Iddio accennare il mistero
della Croce per mezzo dello stesso Mosé , quando benedisse a Giuseppe, dicendo:
Come del primogenito del toro è la di lui bellezza, e le sue
corna
sono
di monoceronte; con essi prenderà le genti da un capo all’altro della terra. Ciò
che il predetto S. Giustino e dopo lui Tertulliano
spiegano di Gesù Cristo aggiungendo, che le corna d’un monoceronte messe
sulla testa d’un toro ritraggono maravigliosamente questo segno della Croce. Di
fatti sta in mezzo diritto e prominente un corno, e di lato sono applicate
altre, due mostranti al vivo la Croce. Si dice poi che con essi ha preso le
genti da un capo all’altro della terra, poiché il sacramento della Croce le ha
vinte e soggiocate. Non riferirò la notissima istoria del serpente di bronzo
inalzato in mezzo al campo là nel deserto, dove guardando i feriti dai morsi dei
serpi si risanavano; nè le allusioni dei Santi Padri all’Agnello Pasquale, che
al fuoco s’arrostiva in forma di croce; perché uno spiedo lo trapassava dalle
parti infime sino al capo, e un altro a seconda delle scapole, dove le zampe
anteriori dell’agnello s’affigevano. Ma certamente uno dei migliori luoghi della
Scrittura, dove lo Spirito Santo ha adombrato la Croce e i suoi mirabili
effetti, egli è nella profezia d’ Ezecchiello; quando il profeta
vide sei uomini scorrere la città e scrivere il Tau, ch’è una lettera a questa forma T, sulla fronte degli uomini zelanti
dell’ onore di Dio, i quali soli furono salvi della strage che venne appresso.
Ognuno vede quanto e propriamente e misticamente questa figura e questa visiono
rispondano bene alla Croce .
Finalmente passando al mistero ch’è nella forma della Croce, meglio non potremo
spiegarlo che colle parole di S. Paolo, là dove dice:
Affinchè possiate comprendere con tutti i Santi,
quale sia la larghezza e lunghezza,
la sublimità e il profondo . Il
qual tratto è spiegato da S. Ireneo, S. Agostino, San Girolamo, e Teofilatto
come significativo della Croce. Imperciocché il legno trasverso è la larghezza,
la sublimità è quel prezzo che sovrasta al trasverso , la lunghezza é il
rimanente dell’ asta insino a terra, e il profondo é quello che sta piantato nel
suolo. E S, Agostino insegna, esser qui celata tutta la perfezione cristiana; il
profondo infatti rappresenta la fede, la sublimità la speranza, la larghezza la
carità, la lunghezza la perseveranza. Di più il Nisseno vede in questo segno
della Croce espresso, che i celesti, i terrestri, e gl’infernali spiriti devono
tutti adorare Gesù Cristo. E di vero il legno superiore significa il cielo
aperto per la sua passione e Iddio placato, la parte inferiore profondata nel
suolo indica l'inferno deserto e il diavolo vinto, il legno trasversale volto a
oriente e a occidente allude a tutto il mondo redento e salvato.
CAPITOLO II.
Religiosità della Croce sino dai primi tempi del Cristianesimo.
Dalle
figure sino qui svelate, ma più dal pensiero che il segno della Croce era stato
santificato dal nostro Salvatore, il quale l’aveva fatto diventare da strumento
d’ignominia e maledizione in strumento di gloria e di salute, venne che sino dai
più remoti tempi del Cristianesimo ebbesi grandissima religione di questo segno.
A tale che d’ esso si è sempre valuta e vale la Chiesa, sì nel formare o
conferire i sacramenti, come per benedire qualsiasi cosa o ad invocare il nome
del Signore contro i demonj.
Marziale discepolo degli Apostoli scriveva: Che i fedeli devono avere la Croce
del Signore non solamente nella mente e nella bocca, ma ancora in segno . Qui é
manifestamente esposta la tradizione apostolica di segnare sé medesimi e l’altre
cose colla Croce. Tanto vero che S. Dionigi, il quale parimente poteva averlo
avuto di tradizione apostolica, afferma: Che in tutti i sacramenti s’ adoperava
il segno della Croce . S. Giustino pure ci rende testimonio antichissimo del
costume sino a noi venuto di formare la Croce colla destra. Infatti nella
questione centesima decima ottava, alla domanda dei gentili, perché i cristiani
pregassero verso oriente, risponde: « Noi nel tempo della preghiera volgiamo »
la faccia all’oriente, perché è più eccellente dell’altre parti del mondo; nella
stessa guisa che segniamo colla mano destra in nome di Cristo quelli
ch’abbisognano di questo sigillo, essendoché la destra vien giudicata più nobile
della sinistra, quantunque non differiscono per la natura ma per la posizione. »
Quanto
poi all’ uso religioso di formare sulla fronte il segno della Croce, celeberrimo
è il testimonio di Tertulliano, che i Protestanti indarno cercano di spiegare
altrimenti, « Ad ogni cammino, egli
dice, ad ogni arrivo nell’entrare, e nell’uscire, nel vestirsi, nel calzarsi,
alle lavande, alla mensa, ai lumi, nei letti, e nei seggi, dovechessia la
società civile ci rattenga, logoriamo la fronte col segno della Croce . » E
notate la parola
terimus, logoriamo,
vivissima ad esprimere, che per molto ripetere di
questo segno quasi si faceva un solco sulla pelle. Gli altri Padri a una voce
fanno testimonianza di questa religiosità. Origene ne parla nell’Omelia sesta
sul decimoquinto capo dell’Esodo ; San Basilio la novera tra le prime
apostoliche tradizioni ; S. Giovanni Crisostomo ripete che tutti i sacramenti si
facevano col segno della Croce ; San Agostino ne fa menzione nel primo libro
delle sue auree Confessioni ; San Cipriano dice: « La fronte pura col segno di
Dio non potè sopportare la corona del demonio e si riserbò alla corona del
Signore » . S. Ambrogio ci esorta a cominciare ogni nostra opera col segno della
Croce ; il medesimo fa San Cirillo nelle sue Catechesi . «Dipingiamo, dice Efrem
, sulle porte e sulle fronti nostre, e sulla bocca, e sul petto, e in tutte le
membra il segno della vita: armiamoci di questa insuperabile armatura dei
Cristiani ». « Spesso, aggiunge S. Girolamo , fortifica la tua fronte col segno
della Croce;» e altrove: « La mano ad ogni passo disegni la Croce; ». Finalmente
S. Gregorio Nazianzeno riferisce, che gli stessi soldati usavano disegnarsi
colla Croce avanti di mettersi a mensa . E sì che questo santo Arcivescovo era
quanto mai si può dire religioso della Croce! In uno dei suoi Carmi, i quali per
una certa soavità greca e cristiana semplicità meriterebbero d'essere dati a
modello di poesia sacra, apostrofa il diavolo perché fugga, e lo minaccia di
batterlo colla Croce, aggiungendo subito: « La Croce sulle mie membra porto, la
Croce nei viaggi, la Croce sul cuore, la Croce è mia lode .» E nel Giambico
ventunesimo invita il cristiano a segnarsi colla Croce, affermando aver lui
usato di quest’ arme con successo contro tutti i rischi. Per ultimo, onde non
essere infiniti, citeremo l’inno di Prudenzio prima del riposo notturno. « Fa,
egli dice, quando chiamato dal sonno ti gitti sul casto letto, che tu segni la
fronte e il luogo del cuore colla figura della Croce: la Croce scaccerà ogni
peccato; fuggono le tenebre dinanzi alla Croce, e la mente santificata con
questo segno non sa più vacillare . »
Imperciocché a vero dire non era già sterile questa religiosità della Croce,
anzi Iddio stesso se ne faceva predicatore con tali e tante meraviglie, che
basterebbe appena un libro intiero a narrarle tutte. Non sarà però discaro che
ne tocchiamo alcuna, perché cresca il mio argomento.
CAPITOLO III.
Come
Iddio si compiacesse accrescere questo culto operando meraviglie.
E in
prima Tertulliano nel principio dello Scorpiaco dice: Che i cristiani segnando o
giurando non solo giovarono a loro medesimi, ma eziandio agl’idolatri. Anzi S.
Epifanio racconta d’un Giuseppe, il quale non ancora cristiano aveva cacciato i
demonj col solo segno della Croce, e indi rendutosi cristiano avea disfatto
nello stesso modo alcune incantazioni dei Giudei . E pare che il Signore volesse
glorificare la Croce specialmente agli occhi dei gentili, ai quali era
abbominevolissimo strumento di supplizio e di morte. Infatti, a detto di
Lattanzio , accadde che, chiedendo solennemente gli augurj un Imperatore, il
diavolo non volle dare risposta alcuna, perché ivi era presente un cristiano, il
quale s’era munito del segno della Croce.
Tale
stupenda intenzione dell’Altissimo è mirabilmente palese da ciò che,
quando furono pieni i giorni per fare i tutto il mondo glorioso e sfolgorante o
strumento della morte del Salvatore, Iddio elesse predicatore e sostenitore di
questa gloria un gentile, cioè Costantino. Sanno tutti la visione meravigliosa
della Croce all’Imperatore , nell’ atto che veniva contro Massenzio
insignoritosi di Roma. Sanno tutti il prodigioso scritto - E’ν
τóυτω υιχα
con questo abbi vittoria;
sanno il mutamento
fatto al vessillo imperiale, e la rotta di Massenzio, e la presa di Roma,
e l'abolizione del supplizio della Croce. Ma non è già a tutti noto, che sino la
quel momento i vessilliferi di Costantino furono assicurati da ogni pericolo
nelle battaglie. Chi portava il vessillo era invulnerabile: Sozomeno narra, che
una volta colui che portava questo divino
segno della Croce, vedendo irrompere i nemici da quella banda, e un
nuvolo di dardi essere scagliato alla sua volta, diede il vessillo a un altro e
posesi, a suo credere, in salvo, fuggendo alla lontana. Ma (mirabile cosa!)
colui il quale novellamente
ebbe in mano la Croce, tuttoché d’ogni lato morissero i soldati e fossergli
lanciate contro migliaja di freccie, fu incolume; laddove il misero disertore,
lungi dalla battaglia, e fuor della tratta del dardo , all’improviso ferito
malamente morì sul campo.
Dopo
Costantino le meraviglie della Croce vennero crescendo ognidì. Quantunque volte
il Signore voleva richiamare gli animi traviati al pensiero della redenzione o
ravvivare la fede e il coraggio, ei faceva apparire questo segno. Sfolgorò
lucidissimo sul monte Oliveto a’ tempi di Costanzo Imperatore, e ne è testimonio
S. Cirillo Gerosolimitano in una sua Epistola a Costanzo. Fu veduto a’
tempi di Giuliano Apostata in mezzo a un cerchio di luce in cielo, quando si
tentava la riedificazione del tempio di Gerusalemme in onta di Gesù Cristo, e
subitamente vidersi croci disegnate sulle vesti di quasi tutti gli abitanti: n’attesta S. Gregorio Nazianzeno . Apparve la Croce in cielo a’ tempi d’Arcadio,
quando era in sull’intraprendere la guerra contro i Persi persecutori dei
cristiani ; lo riferisce S. Prospero .
Apparvero croci sulle vestimenta degli uomini a’ tempi di Leone Iconomaco,
quando gli eretici insanivano contro le sante imagini: tale assicura Paolo
Diacono.
Ma
siccome gli uomini prendono maggior rispetto ed amore per le cose ond’ebbero
giovamento, Iddio si degnò valersi di questo segno per operare meraviglie di
questa specie. Leggiamo in Eusebio
che, stando infermo di podagra nello stesso palazzo imperiale un tal Probiano, e
tormentandolo crudelmente i dolori, fu di presente sanato apparendogli una
mirabile visione. Perché egli sebbene venuto al Cristianesimo, errava con più
altri nel non volere adorare la Croce; e però se gli fece manifesto un angiolo
additantegli la Croce posta sull’altare, e facentegli noto ch’ogni benefizio era
venuto all’uomo da quella crocifissione. E il medesimo riporta , ch'una volta
presso il ponte d’Iperi eravi un drago sdrajato sulla strada pubblica, il quale
arrappava pecore , capre, cavalli, buoi, ed anche uomini, facendone suo cibo; a
questo andò innanzi il Vescovo Donato, senza spada, senza dardo; e nel levare
che fece il capo la bestia per divorarlo, egli colla mano disegnò la Croce e
sputò nell’avide canne del mostro, che subito cadde estinto. Leggiamo in S.
Agostino d’una piissima e nobilissima donna chiamata Innocenza. Ella fu
miseramente presa in una mammella da quel male orribile, che dicono cancro, a
detto di tutti i medici, quasi insanabile. Invano saggiati molti e crudeli
rimedj, la buona femmina ringraziò l’arte umana e misesi nelle mani della
provvidenza. Una notte che s’appressava la Pasqua, ebbe in visione un avviso,
che nel giorno del battesimo se n’ andasse alla chiesa, e facesse segnare la
Croce sul membro infermo dalla prima donna tra le neocristiane che se le tosse
parata davanti. Sì fece, e in quell’atto fu sanata. Molto più meraviglioso è il
seguente prodigio, perché avvenuto a un nemico di Cristo. Giuliano Imperatore,
avendo abbandonato la religione de’ suoi padri, continuamente rimproverava ai
cristiani l’essere religiosi della Croce, chiamando ciò superstizione e
fanatismo. Ma, come narra S. Gregorio Nazianzeno , quando cominciò ad essere
turbato da certi suoni orrendi, e brutti odori, e infocati spettri , effetto
della sua fantasia scorrucciata, ricorse tremebondo al vecchio rimedio della
Croce; e valse questo segno; si chetarono i demonj, fu sgombrato il timore.
Imperciocché sin d’allora Iddio voleva far palese agli uomini, che contro queste
vane imaginazioni ed altre opere diaboliche il gran rimedio é la Croce. Lo disse
già di sé medesimo il più volte lodato S. Gregorio Nazianzeno, che col solo
proferire il nome di Cristo o segnare colla Croce l’aria, avea messo in fuga i
demonj, e riportato trionfo sul nemico, non altrimente di quando Mosé pregava a
braccia stese, sul monte . E che cosa dirò dell’angustie provate da’ primi
monaci ed eremiti nella solitudine, per ardire del diavolo, che poteva tuttavia assai su quelle terre? È
noto che questi spiriti maligni apparivano a S. Antonio, quale in forma di leone
quale d’orso e altre fiere , digrignanti i denti e urlanti spaventosamente, ma
non ardivano d’accostarsi nemmeno al santo anacoreta, sol perché si segnava
colla Croce . V’è di più: essendoché l’Abbate Sereno
ricorda che, nei primi tempi in cui cominciarono ad abitare i monasteri
otto o dieci monaci, i demonj aveano tanta baldanza ad infastidirli, che quei
buoni cenobiti erano astretti darsi muta nella notte, rimanendo alcuni a
recitare salmi e orazioni, gustando frattanto gli altri un attimo di riposo. E
nulla ostante cresciuto il numero, del gran potere del nemico non ne fu più
altro, dice
l’Abbate
Sereno, forse in virtù del segno della Croce.
Finalmente giova riferire la rivelazione avuta da S. Patroclo Abbate, per la
quale si dimostra, che il segno della Croce è balsamo salutevolissimo contro le
tentazioni del maligno, e i pericoli di peccare. Si trasformò una volta il
demonio in angiolo di luce, e mostratosi al santo Abbate, cominciò con molte
astute parole a persuaderlo di ritornare al secolo e abbandonare la solitudine.
Ma l’uomo di Dio, che si sentì subito scorrere per le vene come un fuoco
pestilenziale, prostrossi in orazione, pregando il Signore che facessegli
adempiere la sua volontà. E tale orazione, che mai non falla, ebbe tosto il suo
effetto. Conciossiachè eccoti comparire un angiolo innanzi all’Abbate rapito in
visione, e gli diceva: Se vuoi vedere il mondo, ascendi su questa colonna, e
scernerai quello che si faccia in esso. Infatti gli pareva d’avere avanti una
colonna di mirabile altezza. V'ascese, e di colassù vide omicidj, furti, stragj,
adulterj, fornicazioni e tutto il pessimo dell’universo. Ahi, esclamò l'Abbate
discendendo, ahi Signore! deh ch’io
non torni giammai in mezzo a tante abbominazioni, le quali, te confessando,
aveva già dimenticato! Allora l’Angiolo a lui : Lascia dunque di desiderare il
mondo, che tu non perisca con esso lui, e vanne anzi nel tuo oratorio a
supplicare il Signore; quello
che vi troverai siati sollievo alla tua peregrinazione. Andò alla
celletta del suo oratorio e trovò il segno della Croce scolpito sopra un
mattone; ond’ebbe inteso il dono di Dio e conosciuto, essere desso fortezza
inespugnabile contro le inique tentazioni del demonio . E di questo cantava
Paolino quando disse :« Il segno e la confessione della Croce invitta noi
fortifica ,ne armiamo le membra del corpo, ma a Dio chiediamo l’armi della
mente, e benché esternamente sembriamo inermi, portiamo però di tali arma, colle
quali gli animi nostri in pace e calma combattono contro gli spirituali nemici »
CAPITOLO IV
Si dimostra con nuove
ragioni, che si debba ascrivere a S. Benedetto l’origine della Croce o Medaglia
che va sotto il suo nome.
Preparati gli animi con tale e tanta religione della Croce, nasceva nel 480
dell’Era volgare S. Benedetto, quell’uomo egregio e dopo gli Apostoli
singolarissimo, al quale avea riserbato Iddio la grand’opera di mettere civiltà
nelle nazioni, giusta lo spirito di Gesù Cristo. Quest’uomo grandissimo, cui
dovrebbero alzare monumento di gloria non che i cattolici, gli stessi nemici del
Crisianesimo, siccome colui donde a loro venne mitezza di costumi, conservazione
delle lettere, francamento degli schiavi, ospitalità dei pellegrini, fertilità
delle terre, dissodamento di paludi e più altri benefizj che al rinnovamento
sociale recò il Cristianesimo per mezzo di lui, quest’uomo, dissi, dovea ardere
d’amore e devozione per la Croce. E di vero egli fu salutato nuovo Mosé da S.
Gregorio il Magno, da S. Oddone, e da Guarrico Abbate Igniacense. Imperciocchè
essendo egli destinato a così nobile ministero, Iddio lo riempì di tutto quello
spirito ond’avea arricchito Mosé nel deserto: anzi a maggior ragione, perché
questo fu duce di quelli ch’uscivano dall’Egitto, ed egli di quelli che
rinunziano al secolo, legislatore l’uno, legislatore l’altro , ma il primo della
lettera che dovea cadere, e il secondo dello spirito vivificante . Ora sappiamo
di Mosé, che a salvare il popolo, l’una volta contro Amalech e l’altra contro i
morsi dei serpenti, si valse solamente dal segno della Croce. E così il Mosé
redivivo nel petto di S. Benedetto propose ai fedeli il culto della Croce,
contro Amalech, che può significare le tentazioni del mondo e della carne, e
contro i morsi dei serpenti, che bene alludono all’insidie del nemico infernale.
Difatti esistono tuttavia manifesti e nobilissimi testimonj della tenera e
costante devozione di S. Benedetto verso la Croce. È ancora in Roma nella chiesa
di S. Benedetto
in Piscinula, un’
immagine venerabilissima di Maria così devotamente dipinta, che
insino a oggi muove a pietose lagrime
buoni
cristiani. Di essa è costantissima tradizione che Benedetto tuttora fanciullo,
quando a Roma era dedito a coltivare gli studj liberali, l’amasse e venerasse
tanto. Questa effigie è dipinta cosi: la beata Vergine sostiene col braccio
destro il pargoletto Gesù, e questi tiene nella, sinistra una piccola Croce.
Quasi a dimostrare che Benedetto non voleva Venerare la madre senza il figlio,
nè il figlio senza la Croce. È altresì stupendo documento di questa sua
divozione la Croce di bronzo, sopravi l’imagine del Crocifisso, che si conserva
nell’insigne Santuario di S. Benedetto di Subiaco , da presso il sacro speco del
Patriarca. Di questa pure un immemorabile tradizione riferisce, essere stata
essa portata colassù da Benedetto medesimo, quando fuggì la conversazione degli
uomini per prepararci con quella degli angioli alla sua grand’opera. Questa
croce esaminata attentamente da uomini esperti fu giudicata tale,
cui
plurimum rude artificium adstipulatur illius saeculi barbariem
referens, come parla il manoscritto della sua storia . Eccone la descrizione dalla
quale maggiormente si vedrà essere ella tutta cosa di S. Benedetto. L’ estremità
superiore e le laterali sono terminate in forma ovale, e dentro vi sono
incastonati tre smalti rappresentanti ciascuno una figura umana. Nel superiore
v’é l’imagine del Salvatore in atto di benedire, in quello a destra la
beatissima Vergine Maria, e in quello a sinistra S. Giovanni Battista, verso cui
S. Benedetto fù assai devoto, e cui pure dedicò una Chiesa a Monte Cassino.
L’asta inferiore della croce è interrotta da un’altra piccola fascia trasversa
pure ovale. Siegue indi un quarto smalto distante dal centro egualmente che gli
altri, nel quale vedesi la figura d’un santo eremita che tiene in mano un
bastone. Sino ad ora è stata creduta imagine di S. Antonio, o altro padre del
deserto; ma io la crederei piuttosto, o di. S. Basilio che San Benedetto chiama
nella Regola santo Padre nostro , o meglio di S. Martino vescovo di Tours che fu
particolarmente caro al Patriarca, e cui anche dedicò una Chiesa a Monte
Cassino. Nè ai conoscitori d’antichità ecclesiastiche farà meraviglia che o S.
Basilio o S. Martino qual che si sia, vesta alla monacile, quandoché si sa
bene che era segno di
costumatezza vestire in tal guisa, i Vescovi hanno anch’oggi alcune vesti
ch’ebbero origine dalle monastiche . Dopo questo smalto l’asta va a finire in
punta; e tutta la Croce è poco più lunga di un palmo.
Che
diremo poi dell’uso che il Santo faceva di questo augustissimo segno ? Abbiamo
ne’ Dialoghi di S. Gregorio , dove non è certo descritto tutto quello che
Benedetto operò, più e più meraviglie fatte da lui col solo ségno della Croce.
Quando se gli offerse alla vista un uccello nero e infernale, che indicava la
tentazione prossima, egli lo scacciò colla Croce . Quando volevano i falsi
fratelli dargli a bere il veleno , il
Santo saputolo per divina illustrazione, col segno della Croce fece
rompere il vaso . E allora quando il nemico infernale eccitò fiamme fantastiche,
S. Benedétto non diede altro rimedio ai monaci che segnarsi colla Croce, e
i’illusione svanì. Finalmente quel monaco turbato da vani e superbi pensieri,
appena fu segnato dal Santo Padre colla Croce, fu libero dallo spirito maligno .
Per ultimo egli ordina nella sua mirabile Regola , che il novizio sottoscriva la
formola di sua professione col segno della Croce. Tanto era a lui venerando e
caro questo segno.
Basterebbero tutte queste testimonianze e considerazioni per accreditare la
tradizione, che S. Benedetto avesse da Iddio rivelazione delle lettere e
preghiere che sono scolpite sopra e intorno la Croce o Medaglia, che indi da lui
fu nominata. Ma vi
si
può anche aggiungere, che nell’Inno Giambico
Archilochio di Paolo Diacono sui miracoli di S. Benedetto, tra le altre
meraviglie che s’accennano, assicurando di riferire quello che manca nella vita
fatta da S. Gregorio, vi sono queste parole:
Aether
pluit numismata, colle quali parmi si confermi la nostra opinione. E tal pensamento viene
anche ratificato dalle parole usate nella benedizione delle medaglie, approvata
dalla S. Sede Apostolica . V’è scritto infatti così:
Deus omnipotens etc., supplices te rogamus, ut per intercessionem S. Patris
Benedicti, his sacris Numismatibus litteris ac characteribus a te designatis
etc.;
e più sotto: Qui Sanctum Nomen tuum litteris ac characteribus a te sedignatis
invocaverit etc.
Ma ella è ora che passiamo a descrivere questi
caratteri e lettere, e spiegarne la ragione e lo spirito.
CAPITOLO V
Si descrive e spiega la Croce di S. Benedetto
consentanea alla sua Regola e ai Santi Padri.
La Croce di S. Benedetto è impressa sopra una
medaglia fino da remotissimo tempo. La sua forma è alquanto simile a quella del
Sacro Ordine Gerosolimitano: imperciocchè le quattro fascie che la compongono
sono terminate da una linea curva che va allargando fino all’estremità. Ond’essa
è chiusa dentro un’ellisse a fascia larga, e lascia nei suoi quattro spazj
quattro triangoli sferici, dei quali formano due lati le linee curve della
Croce, e il terzo quella parte d’ellisse ch’esse abbracciano. Nei triangoli
sferici, sulle fascie della Croce, e sulla fascia dell’ellisse, che circonda
tutto, sono impresse alcune lettere; ma le misteriose, di cui parlavamo, sono
soltanto sulla Croce e sull’ellisse. Quest’ultime formano alcuni piccoli sensi
di giaculatorie, tutta religione e tutto amore di Dio, e additano chiaramente
che l’uso di questa Croce è contro qualunque tentazione o inganno diabolico.
In ciascuno dei triangoli sferici è una di queste quattro lettere, cominciando
sempre a dritta dalla Croce.
C. S. P. B.
che vuol dire
CRUX. SANCTI. PATRIS. BENEDICTI.
Croce del Santo Padre Benedetto
Sulla
fascia perpendicolare della Croce è scritto:
C. S. S. M. L.
che dai nostri Benedettini
di Germania trovo spiegato,
(Vedere nota nel testo:
Effectus et virtut. Crucis, sive Numsmat.
S. Benedict etc. Salisburgi. Typ Ioann. Bapt. Mayr Aulc. Academ Typogr 1664.)
CRUX. SACRA. SIT. MIHI. LUX,
e dagli Italiani ,
(vedere nota nel testo: Effetti e virtù della S. Croce improntata nella
Medaglia del Santissimo Patriarca Benedetto. Velletri, Tipograf. Di Luigi
Sartorj 1832 Ed anche: Santissima Croce del Patriarca S. Benedetto Abbate.
Ancona. Per Sartorj Cherubini 1840.)
CRUX. SANCTA. SIT., MIHI. LUX;
con piccolissima
differenza, significando l’una e l’altra:
La
Croce santa sia a me luce.
Sulla
fascia orizzontale è scritto:
N.
D. S. M.D.,
che i
Tedeschi spiegano,
NON.
DRAGO. SIT. MIHI. DUX,
e gl’Italiani,
NON.
DAEMON. SIT. MIHI. DUX;
e significa:
Non il Drago ( ovvero il Demonio ) sia a
me duce.
Finalmente sulla fascia dell’ellisse, cominciando d’alto e girando sulla
sinistra della Croce, sono impresse le seguenti lettere;
V. R. S. N. S. M. V. S. M.
Q. L. I. V. B.
che i
Tedeschi leggono,
VADE.
RETRO. SATANA. NUNQUAM. SUADE. MIHI. VANA. SUNT. MALA. QUAE. LIBAS. IPSA.
VENENA. BIBAS,
e gl’italiani,
VADE.
RETRO. SATANA. NUMQUAM. SUADE. MIHI. VANA. SUNT. MALA. QUAE. LIBAS. IPSE.
VENENA. BIBAS.
e significa:
Vanne addietro, o Satanasso, mai tu possa
persuadermi vanità ; sono cose cattive quelle che spargi, deh gli stessi veleni
tu bevi, ovvero secondo gl’italiani; deh tu stesso i veleni bevi.
Nella
parte superiore della fascia , tra l’ultima lettera a destra e la prima a
sinistra, in alcune Medaglie v’è una Croce ,
in altre il Monogramma IHS ; l’una e
l’altro ad indicare, ch’ogni virtù di questa divozione dipende dalla fede in
Gesù Cristo.
Ognuno
vede, che la differenza tra la lezione dei Tedeschi e quella degl’italiani,
quanto al significato dei caratteri, è piccolissima ; anzi non consiste che
nelle tre parole
Sacra, Draco, ed
Ipsa, alle quali i Nostri hanno sostituito
Sancta, Daemon, ed
Ipse, senza perciò alterare
menomamente il senso. Pure, se avessi ad esprimere la mia opinione, direi che la
buona elezione è quella dei Benedettini di Germania; nè l’italiana è altro che
una corruzione della prima, venuta dalla smania di spiegarne meglio il senso. E
ciò arguisco, primo dall’essere tolta ogni misura di verso nelle giaculatorie
della Croce, sostituendo
Sancta e
Daemon a
Sacra e
Draco; laddove con queste ultime parole si forma un ben misuralo pentametro; come
dell’ultima giaculatoria viene apertamente un distico. Secondo, perché la prima
lezione spira meglio l’antica forma di stile , e chiaramente lo accenna la voce
Draco ripetuta in questo
medesimo senso le migliaja di volte nell’Apocalisse, e corrisponde alla maniera
del
Vade retro,
Satana, ch’è
tolto di peso dal cap. 8. di S. Marco vers. 33. Finalmente la maggior parte de’
miei lettori verrà nella mia opinione, tosto che avrà scorso il resto di
quest’istoria. Ma non occorre qui anticipare la narrazione.
Checché ne sia, è indubitato che le giaculatorie sopraddette spirano tutta la
semplicità e rozzezza del quinto secolo, e tendono a spiegare gli effetti di
questa santa Croce: ciò sono, vincere qualunque illusione diabolica e respingere
tutte le tentazioni del maligno nemico.
Ora
queste virtù sono applicate al segno della Croce per sentimento comune dei
Padri. Udite Origene: È tanta la forza della Croce di Cristo, egli dice, che
s'ella vien posta avanti gli occhi,e ritenuta fedele nella mente, sì che si
sguardi alla stessa morte di Cristo cogli occhi intenti dell’animo, non possa
prevalere nessuna concupiscenza, nessuna libidine, nessuna invidia, ma subito
alla sua presenza tutto l’esercito del peccato e della carne vien messo in fuga
». « Col segno della Croce, aggiunge S. Atanasio , ogni operazione magica viene
repressa, gli avvelenamenti diventano inefficaci, tutti gl’Idoli sono lasciati
deserti, ogni voluttà irrazionale s’accheta, ogni uomo mira dalla terra al cielo
»; e più sotto: « Una volta, dice , i demonj con vane apparenze ed illusioni di
cose confondevano gli uomini, impadronitisi dove delle fonti, dove de’ fiumi,
pietre, o
legni, e cosi
prestigiosamente sbalordivano gli sciocchi; ma appena venuto il Verbo di Dio,
tali fantasmi ed illusioni cessarono: infatti valendosi l’uomo del solo segno
della Croce, scaccia da sé i loro inganni » ; e poco appresso:« Venga, esclama,
venga oltre chi vuol fare saggio delle cose da me dette e nei prestigj del
demonio, nell’impostura de’ vaticinj, nei miracoli della magia usi del segno
della Croce da lui deriso, ed invochi il nome di Dio, e vedrà come per timore di
ciò i demonj fuggano, i vaticinj s’ammutoliscano, le magie e gli avvelenamenti
cadano a vuoto ». S. Gregorio Nazianzeno propone per rimedio contro l’ira il
segno della Croce, anzi dice che tutte le cose temono questo segno, ed afferma
averlo provato efficacissimo contro qualunque tentazione.
S. Antonio anacoreta d’Egitto, quando i diavoli in mille guise
trasformati visibilmente lo travagliavano, fattosi il segno della Croce ad essi
non rispondeva altro che : Se voi avete alcun potere sopra di me, traete
innanzi, assalitemi; ma se voi non potete nulla, a che indarno mi turbate?
conciossiachè sigillo e muro di sicurezza è per noi la fede nel nostro Signore.
E il Benedettino Gersen, nel suo inimitabile Trattato dell’Imitazione di Cristo,
scrive: « L’inimico demonio non
paventerai se tu stia guernito di fede, e della Croce di Cristo marcato (
Vers. di Cesari)
».
Ma veggasi come bene S. Benedetto istesso abbia adombrato la preghiera e lo
spirito di queste giaculatorie, nel Prologo della sua mirabile Regola. Egli
vuole ivi spiegare quelle parole del Salmo decimoquarto che dicono : A nulla
s’è ridotto al di lui cospetto il maligno, e il fa in questa guisa: « Colui
il quale ridusse a niente il maligno diavolo che insinuavagli alcuna cosa, e lo
respinse d’innanzi il suo cuore colla stessa insinuazione di lui, e prese i
bassi pensieri dell’iniquo schiacciandoli sovra Cristo ». Chi ben rifletta
scorgerà qui gli stessi sentimenti che nella preghiera Vade retro Satana
già bene esposti; ma assai meglio ancora li riconoscerà nel seguente brano di
Gersen. « All’antico avversario, egli dice , dà la colpa di tutto ciò che di
cattivo e di turpe ti rappresenta. Di a lui: va via, spirito immondo; ti
vergogna, o infelice: or sei ben sozzo, che tali brutture mi metti dentro le
orecchie. Togliti da me, seduttor maledetto; tu non avrai in me alcuna ragione;
anzi con meco starà Gesù, siccome forte combattitore, e tu ne rimarrai
svergognato ». Non lascerò per
ultimo di riferire le
melliflue parole di S. Bernardo, il quale ci esorta a vincere il nemico, con
tali parole: « Sempre lo spirito
della carne spira mollezza, lo spirito del mondo cose vane, lo spirito della
malizia cose ree. Quante volte adunque il pensiero carnale flagelli la mente
siccome suole; quando per esempio la smania del bere, del cibo, del sonno o
altro che appartenga alla carne accende in noi desiderj mondani, teniamo per
certo essere questa insinuazione dello spirito della carne e respingiamolo come
nemico dicendo: Vade retro Satana, perché tu non sai nulla delle cose di
Dio, ma di più la tua sapienza egli è contraria
».
Similmente si legge in tutti i libri di vita, spirituale, che qui non
riporto per amore di brevità. D’altronde ho già convenientemente provato, che lo
spirito della Croce di S. Benedetto è totalmente consentaneo alla tradizione e
ai Padri.
CAPITOLO VI.
Visione del Papa S. Leone IX.
Non sembra che la devozione alla Croce di S. Benedetto si propagasse molto
avanti il 1000; o almeno ci mancano documenti da poterlo attestare. Forse dal
secolo quinto insino al decimo, con tante perturbazioni civili, religiose, e
monastiche, se ne venne impiccolendo la fama. Ed ecco come Iddio si degnò di
richiamarne il culto e rinnovarne la devozione, per mezzo d’un uomo chiarissimo
per santità che poscia sali al Sommo Pontificato.
Questi fu Brunone nato in Alsazia da Ugone Conte di Eginiskein e da Eilewide,
nobilissimi amendue per prosapia e religione. Iddio volle dimostrare alla madre,
quando n’era gravida , quale e quant’uomo fosse colui ch’ella portava in grembo.
Una notte infatti vennele dinnanzi in visione un uomo vestito d’abito religioso
il quale l’assicurava: avrebbe dato alla luce un figliuol maschio, che un dì
sarebbesi fatto grande innanzi a Dio, e gli mettesse nome Brunone . Penso che
quest’uomo in abito religioso comparso a Eilewide non fosse altri che San
Benedetto: io l’arguisco dall’essere poi stato monaco Brunone, e più ch’altro da
quel che siegue. Ma l’antico scrittore della vita non ne dice nulla. Certo è che
sgravatasi di Brunone la madre secondo la promessa, fu trovato mirabilmente il
corpo del bambino tutto chiazzato di crocette impresse ; come se il Signore
volesse mostrare in una la vocazione di Brunone all’accrescimento del culto
della Croce, e la consacrazione di lui ai più sublimi ministeri della Chiesa.
Ciò fu ai 17 di luglio dell’anno 1002. Venuto grandicello il figliuolo,
mandarono i genitori presso Bertoldo vescovo Tullense, il quale avea
fondato un gran collegio
ove i giovani nobili ricevevano tutti gli utili insegnamenti sott’ottima
disciplina. Quivi egli s’ebbe a compagno ed amico tenerissimo Adalberone figlio
dell’esimio Principe Federico. Il quale Àdalberone già fino d’allora tutto
dedito alta mortificazione e alla pietà, fu poi insigne vescovo Mettense.
Io intanto tocco questi fatti inquanto che mi devono servire poco
più sotto ad illuminare altri fatti, che senza questi parrebbero affatto isolati
ed oscuri. Ma veniamo alquanto più da vicino alla narrazione proposta,
lasciandone tutta la fede all’antico autore della sua vita.
Era dunque Brunone quasi sul compiere la sua educazione ed era un poco più
libero, cosicché poteva spesso recarsi alla casa paterna: nè egli ciò faceva
tanto per vaghezza del luogo e del giovanile umore, quanto per desio del
religioso conversare dei genitori. Una bella notte d’estate ch’egli dimorava
presso loro nel nobile suo castello di Eginiskeim, volle prendere riposo in un’amenissima
e fresca cameretta, la quale non era sì alzata dal suolo, che un rettile non vi
si potesse introdurre. Ora avvenne che vi si strascinasse un sozzissimo e
velenoso rospo, il quale salito sino alla destra gota del dormiente, e messogli
una delle zampe anteriori sulle guancie e l’altra sotto il labbro, fermando
delle posteriori la prima dietro l'orecchio e la seconda sotto il mento, si
diede a morderlo e stringerlo orrendamente. A tanto spasimò, destatosi, il
giovane levò alto le strida; e subito dato dalla palma forte dietro l’orecchio,
respinse da sé la venefica bestia sul letto , non si arrischiando di prenderla a
mezzo il corpo e indi strapparla, per tema ch’essa non stringesse vieppiù
crudelmente. Ma il perfido animale benché cadendo sul letto avesse reso suono
come di chi scoppia, pure non indugiò un momento a risalire sul volto di Brunone,
lui veggente, imperciocchè alcuni raggi di luna si mettevano dentro la camera.
Ratto corsero i servi al grido del padrone, con lumi accesi e pieni di ansietà e
timore; ma giunti non videro nulla, essendo sparito anche il menomo indizio
dello Schifoso rettile. Scorgevasi però, a testimonio della verità
dell’accaduto, gonfio strabocchevolmente il volto la gola e il petto del
giovane, e dolori acerbissimi lo straziavano così che portatolo a braccia in
letto, quanto prima s’infermò a morte , durando come in una specie d’agonia per
due interi mesi. Non è a dire la pena dei parenti, ai quali venuta meno, la
speranza non altro pensiero restava che quello dei funerali. Ma il benigno Gesù,
solito soccorrere cui manca la speranza negli uomini, degnossi di consolare quei
pii genitori. Ed ecco, un dì che Brunone, già perduta la loquela da otto giorni,
se ne stava a volto supino e vegghiante, vide come una luminosa scala che
dappiedi del suo giaciglio si levava, e trapassando per la fenestra che gli era
davanti, si stendeva sino al cielo. E giù per gli scaglioni di essa scendeva
maestosamente un vecchio di vivissimo splendore e veneranda canizie, in abito
monacile avente nella destra un’asta sopravi una croce bellissima. Il quale,
come fu presso all'infermo, colla sinistra tenne la scala e colla destra
sovrappose la Croce alla bocca di quello; poscia segnò colla medesima il luogo
del tumore, ed estrasse di dietro l’orecchio la materia purulenta del
veleno. Dopo di che ritornossene per la stessa via, restando il malato riavuto
d’assai. Allora Brunone volse subito al suo Adalberone che solo gli era daccosto,
e da questo sparsasi la notizia dell’insperato miglioramento, tutta la casa
cessò dai lunghi sospiri. Alcuni giorni appresso se gli ruppe la pelle dietro
l’orecchio, e uscitone tutto il resto del veleno, presto sano ed incolume si
levò da letto. Allora e poi sempre narrando Brunone agli amici tanta
misericordia del Signore sopra di sé, affermava, ch’egli in quell’estasi subito
riconobbe alla qualità del volto e dell’abito il beatissimo padre dei monaci
Benedetto. Brunone si rese poi monaco, indi fu eletto Vescovo Tullense, e nel
1048 ascese la Cattedra Romana sotto il nome di Leone IX, e durò ricco d’opere e
meriti a vantaggio della Chiesa sino al 1054; nel quale anno se ne volò al cielo
.
Ora l’accrescimento del culto della Croce dopo questa visione è abbastanza
chiaro per quello che abbiamo in un’Epistola di S. Gregorio VII. Imperciocchè,
trattandosi d’una questione insorta tra Ugone e Gerardo nepoti di S. Leone IX
circa il diritto d’avvocazia o protezione sopra il Monastero di Monache
Wosencheimense vicino ad Eginiskein loro feudo, il gran pontefice narra, ch’esso
fu fondato da S. Leone IX nella terra sua ereditaria in onore della Santa Croce,
a proprie spese costrutto, e alla Santa Sede Romana in diritto consegnato . Che
poi da S. Leone IX si debba ripetere quasi il riconoscimento della Croce di S.
Benedetto bene apparisce dagli avvenimenti posteriori. E ne è anche testimonio
l’effigie di questo santo Patriarca nel rovescio di molte delle predette
medaglie, colla Croce in mano, quasi in atto di sanare altrui, come già fece a
Brunone.
CAPITOLO VII.
Nuovo
accrescimento alla devozione di questa santa Croce.
Quantunque coll’andare degli anni s’indebolisse la devozione alla
Croce di S. Benedetto, anzi si perdesse affatto la spiegazione di quei caratteri
e lettere misteriose che vi sono sopra impresse, pure non ne cadde del tutto
l’uso e la memoria. Eranvi molte di queste medaglie, e s’applicavano sempre con
mirabile effetto. Fintantoché piaccque al Signore di farne ritrovare la
spiegazione nel modo che siegue.
Nell’anno 1647, in un castello di Germania che chiamasi Natteremberg,
cominciò a abbondare una certa razza di vipere velenose strette ed attortigliate
insieme. Male ne veniva a quei terreni, persone, o bestie che ne fossero state
tocche, e si conosceva palesemente starvi celato sotto un maleficio diabolico.
Ma per esperienza si vide, che dove era attaccata o seppellita la Croce di S.
Benedetto ogni forza ed arte malefica di quelle vipere era nulla. Osservarono
ancora che nel Monastero Mettense, fondato da Carlo Magno circa il 791,
similmente mancava ogni potere a tal veleno, appunto perché trovarono esservi
celata una di queste Croci. Allora il Prefetto del luogo si recò dai monaci
Mettensi, e palesato loro quello che avveniva nel dintorno, e che aveva udito
dire del loro Cenobio, chiese che si facesse investigazione per iscoprire che
cosa significassero quei caratteri e simboli impressi nella Medaglia. Quei buoni
religiosi se ne misero in traccia, ma per lungo tempo non trovarono altro che
parecchie di queste Croci affisse quà e colà per la casa. Ad ultimo
s’abbatterono a un codice scritto da un monaco di quel Monastero in lode di
detta Croce. Quivi erano bene spiegati ed espressi i caratteri e misteri della
medesima. Il libro splendeva d’oro e gemme, ma ricchezza maggiore gli davano
alcune reliquie di Santi tramezzate quà e là. Fu mandato a lngolstadio poscia a
Monaco perché fosse esaminato dal Serenissimo Elettore; d’ogni luogo ottenne
approvazione
(vedere la nota sopra. Effect. Et virtut. Crucis et.
Salisburgi, 1664).
Ognuno de’ miei lettori si ricorderà la tenera amicizia tra S. Leone IX e
Adalberone che fa poi Vescovo Mettense, e mi consentirà di leggieri che
questo fatto dà lume alla visione di Brunone, e alla tradizione d’esser lui
stato propagatore della Croce di S. Benedetto; e che insomma è grandemente
importante alla storia di questa Croce. Dal codice Mettense furono tratte le
spiegazioni che i Benedettini Tedeschi sostengono, e perciò più sopra diceva che
a queste m’atterrei meglio ch’all’italiane. Per questo avvenimento s’accrebbe a
dismisura la devozione di questa Croce in tutta la Germania e Francia. E nel
1664 fu coniata una medaglia, nella quale da una parte era la Croce di S.
Benedetto e nel rovescio la Croce di S. Zaccaria provata mirabile contro la
peste dai Padri del Concilio di Trento. Si stampò nel medesimo anno un libretto
a Salisburgo , dove parlasi dell’ una e dell’altra Croce, e donde ho tratto per
questi miei cenni alcune notizie.
CAPITOLO VIII.
Grazie
prodigiose ch’ella fece in Lorena.
Per fare che nulla manchi a formarsi un’idea esattissima della Croce di S.
Benedetto, si possono qui riferire alcuni fatti prodigiosi avvenuti, a quello
che si dice, poco dopo la scoperta del codice Mettense. Ciò gioverà grandemente,
siccome spero, a ispirare nel cuore dei fedeli fiducia d’ottenere ogni buon
desiderio dal Signore pei meriti del Santo Padre Benedetto. E farà anche
crescere di più in Italia la devozione di questa Croce a’ nostri tempi, in cui,
se non m’inganno, l’Altissimo si compiace richiamarci alla ricordanza ed amore
della passione e morte di Gesù Cristo per mezzo dell’immacolata Concezione di
Maria .
(Nota:
Nel rovescio della Medaglia miracolosa si vede la Croce e i cuori di Gesù e
Maria trapassati da acute spade: che a
mio avviso denotano abbastanza la mia opinione.)
Questi fatti ci vengono attestati da Gabriele Bucellino monaco Benedettino
dell’Imperiale Monastero Weingartense ; il quale ebbeli dai Reverendi Monaci
della Congregazione Lorenese, ch’egli chiama testimonj degnissimi di fede.
Quanto è doloroso che in appresso non si sia tenuto esatto contro delle grazie
che ha operato e opera Iddio con questa Santa Croce! Ma a ogni modo bastino
questi pochi esempj a infervorarci miei lettori.
1.
Nell’anno 1665 era in Luxevil un infelice ossesso, a
sanare il quale erano stati adoperati indarno molti argomenti religiosi. Ad
ultimo venne saputo ai suoi parenti della Croce di S .Benedetto come mirabile
oltremodo contro il demonio. Presero adunque una di queste medaglie, e gittatala
nell’acqua, diedero di questa a bere all’indemoniato. Ed ecco subito il diavolo
contorcersi violentemente e promettere, che all’ore tre della notte prossima
sarebbe uscito di quel corpo. Così disse, e così mantenne restando per sempre
libero l’ossesso. Un fatto simile con altrettanto effetto avvenne a Vesoul.
2.
Nel medesimo anno, infermò a morte in non so qual paese
un nomo per un pestifero ulcere in un braccio. S’angosciavano i suoi per tanta
sventura; ma più assai perché la piaga era riottosa a qualunque rimedio. Il
chirurgo ci aveva sprecati sopra molti unguenti e cauterj e cataplasmi ma con
niuno effetto, finalmente venne in sospetto che potesse essere opera di qualche
diabolico maleficio, e pensò che unico sollievo poteva essere la Croce di S.
Benedetto. Egli adunque applicò una medaglia sull’ulcere, indi messo il solito
empiastro fasciò bene tutto. Il dì vegnente il male era risoluto; dopo di che in
pochi giorni fu sano.
3.
Nel medesimo tempo, un altr'uomo venuto agli estremi di
sua vita sfidato affatto da tutti i medici e con niuna speranza di guarigione,
col solo bere dell’acqua entro cui era una Medaglia di S. Benedetto, si risanò.
4.
Nello stesso anno 1665, un villaggio del Lorenese era
molestato assai dai diavoli. Un giorno, tra le tante illusioni, fecero comparire
come se una casa andasse a fuoco. Ognuno s’imagini il turbamento dei meschini
paesani, e tanto più quando videro che in breve spazio di tempo s'era appreso il
fuoco a dodici case. Allora non sapendo più che si fare, vecchi, donne,
fanciulli corsero tumultuosamente al vicino Monastero dei Benedettini chiedendo
soccorso ed ajuto. Questi confortandoli diedero loro molte Croci di San
Benedetto, dicendo, che le buttassero tra le fiamme e avessero fiducia nel
Signore e nell’intercessione del gran Patriarca.
Tornano subito i borghigiani, ed eseguiscono quello ch’era stato
ingiunto, cessando issofatto l’incendio e l'illusione.
5.
Nell’ Aprile del 1666, a Besanzone una femmina venuta
al tempo del parto era straziata da orribili dolori , senza ch’ella si potesse
sgravare. Vani furono gli sforzi dei chirurghi per alleggerirle il dolore e
ajutarla a partorire. Infine il R. P. D. Costanzo Gravel Vice-Priore del
Monastero dei Benedettini di S. Vincenzo Bisuntino, mosso a compassione, le
appese al collo la Medaglia di S. Benedetto; indi ascoltò la confessione
dell’inferma, la quale, ricevuta l’assoluzione, cominciò a respirare, e nello
spazio d’un Miserere diedè fuori il feto morto.
6.
Otto miglia lungi dalla stessa città di Besanzone e
nella Contea di Borgogna è posta, la fortezza di Maillot. Essa era stata già da
lungo tempo abbandonata, quando nel 1666 cominciò ad essere infestata dai
diavoli. Si sentivano nel paese tutta la notte orribili strida e fracassi
spaventosi, si vedevano su pe’ merli spettri e fantasmi e mille altre cose che
non v’era più anima viva ch’ardisse abitarvi da vicino. Inoltre le pecore e gli
animali del dintorno furono invasi dal contaggio; e tante altre ribalderie che
gli abitanti si diedero affrettatamente a emigrare di colà. Ma ecco a non so
quale viene in mente della Croce di S. Benedetto: prende alcune Medaglie, se ne
va coraggioso alle mura della fortezza, e ve le affige sopra. Non vi volle altro
perché tutti quei malefici finissero in una volta.
7.
Nello stesso anno 1666 al collo d’un bambino che si
moriva, fu appesa questa santa Medaglia, e tosto egli si risentì e riebbe la
salute.
8.
In quel torno ancora un fornaciajo espertissimo del suo
mestiere, avendo dato il fuoco a una sua fornace, s’avvide che per grande ardere
che facesse non si cocevano affatto i mattoni. Rimase meravigliato di questa
singolarità come quegli che conosceva stupendamente le regole della sua arte, e
questa volta le avea adempiute tutte scrupolosamente. Alla fine non sapendo come
spiegare la cosa, giudicò che fosse un’illusione diabolica, e, avute dai
Benedettini alcune di queste sante Croci, le attaccò alle pareti della fornace.
Non occorre dire che subito ottenne il bramato effetto e mai più gli accadde
cosa simile.
9.
Finalmente nella città di Luxevil era una misera
fanciulla, la quale viveva in isconcissime disonestà con scandalo publico di
tutti i buoni. Perché alla mala vita univa la sfacciatezza e una tale impurità
di parlare, che si credeva avesse il diavolo in bocca. Gli sciagurati parenti
n’erano disperati e dopo averla raccomandata alle preghiere di tutti i devoti
cristiani, furono consigliati di darle a bere dell’acqua, dentro la quale fosse
una Croce di S. Benedetto. Il fecero, e immantinente la fanciulla lasciò il
disonesto parlare e divenne la più costumata di tutto il paese.
CAPITOLO IX.
Il
Papa Benedetto XIV. aggiunge nuovo splendore e ricchezza alla Croce di S.
Benedetto.
Era passato quasi un secolo dal ritrovamento del Codice Mettense, per cui
questa devozione s’era di tanto aumentata, allorché il Signore ispirò a un buon
Monaco il desiderio d’ottenere dalla Santa Sede Apostolica l’approvazione d’una
benedizione particolare con applicazione d’indulgenze.
Bennone Lübel Abate del Monastero Brzevnoviense di S. Margarita vicin di
Praga, Preposto di Walstadio degli Slesi, Prelato mitrato del Regno di Boemia, e
visitatore perpetuo dell'Ordine di S. Benedetto in tutta la Boemia, Moravia e
Slesia, si mise in animo di tentare un’opera così santa. Fece egli adunque
presentare supplica su ciò nel principio del 1741 alla Santa Sede Romana, alla
quale sola spetta di conoscere e dichiarare quello che viene d’Iddio ed
autenticare qualsiasi devozione e preghiera. Regnava allora sul Trono
Pontificale il glorioso Benedetto XIV., dalla cui dottrina tanta luce si
spargeva su tutta la religione. Egli accolse di buon viso il pio desiderio
dell’Abate, e con suo Breve de’ 23 Decembre 1741, che comincia -
Coelestibus Ecclesiae thesaurus - approvò la formola della
benedizione delle Medaglie o Croci di S. Benedetto ch’era stata proposta,
fattala però emendare dalla S. Congregazione dell'lndulgenze; e insieme concesse
ampissimo tesoro d’indulgenze, riportandole nell’istesso Breve. Volle però, che
questa facoltà apostolica di benedire le Croci di San Benedetto con applicazione
d’indulgenze, fosse esclusiva dei Monaci Benedettini della Boemia, Moravia e
Slesia, o di quegli altri Monaci e sacerdoti cui fosse piaciuto al Sommo
Pontefice di estenderla. Anzi per dimostrare quanto questa cosa gli fosse a
cuore, l’anno appresso e
precisamente ai 12 marzo 1742 pubblicò un altro Breve che comincia - Ad
augendam -, nel quale conferma tutto quello che ha concesso sì riguardo alla
benedizione, come all’indulgenze.
Esultò il cuore dell’Abbate Bennone a così felice successo, e chiese subito
alla medesima Santità di Papa Benedetto XIV. la licenza di poter pubblicare in
qualsivoglia lingua tanto la formola della benedizione, quanto il sommario
dell’indulgenze; affinchè, giungendo a notizia di tutti la concessione
apostolica, i fedeli se ne potessero giovare a gloria di Dio, della Beatissima
Vergine Maria, e di San Benedetto. Ma giunte alla Sacra Congregazione queste
preci, furono domandati i voti del P. Bugato Barnabita e del P. Pecoroni
dell’ordine de’ Servi di Maria Consultori. Uditi i quali, la S. Congregazione
permise che si pubblicasse in qualunque lingua il sommario dell’indulgenze, ma
volle che la formola della benedizione non si dovesse stampare che in latino .
Allora finalmente il benemerito Abbate Lübel fece uscire alla luce un opuscolo
compilato da un suo monaco intorno alla Croce o Medaglia di San Benedetto , che
fino ad ora è il più completo di questo genere
(Nota: De quid ditate, de esentia etc. Crucis sive Numismatis S. Benedicti
etc. Vienna 1743). Esso è il primo anzi
l'unico che abbia spiegato la visione di S. Leone IX. come fortemente attaccata
alla storia di questa Medaglia, e che abbia dimostrato venire più d’alto che dal
1647 e dal fatto di Natteremberg l’origine di questa santa Croce. E di ciò
merita infinita lode.
La Congregazione Cassinese dei Benedettini Italiani certamente implorò dalla
S. Sede ne’ passati anni la benigna estensione del privilegio concesso da
Benedetto XIV. in favore dei Benedettini di Boemia, Moravia e Slesia. Ma le
terribili convulsioni patite sulla fine del secolo passato e sul cominciare del
presente non che dagli Ordini regolari ma dalle stesse nazioni e regni
dell'Europa, avevano fatto perdere memoria sicura di tal privilegio. Laonde,
sotto gli auspici dell’illustriss. e Beverendiss. P. D. Celestino Gonzaga Abbate
Presidente, il Reverendiss. P. D. Benedetto Tomasetti Procuratore Generale ha
chiesto in quest’istesso anno la grazia alla Santità di N. S. Papa Gregorio XVI.
ed ha comunicato in perpetuo quatenus opus sit alla detta Congregazione
Cassinese le facoltà sunnominato, in ogni modo a norma delle Costituzioni di
Benedetto XIV. .
CAPITOLO X.
Formola della benedizione delle Croci o Medaglie di S. Benedetto.
Pubblico qui a comodo dei nostri monaci quella formola, che fu approvata da
Benedetto XIV. per l’applicazione delle indulgenze.
FORMULA
BENEDICENDI NUMISMATA SEU
CROCES S. BENEDICTI A SS. D. N. BENEDICTO PP. XIV.
APPROBATA .
Sacerdos benedicturus Numismata Sancti Benedicti
incipit absolute.
V. Adjutorium nostrum in nomine Domini.
R. Qui fecit coelum et terram.
V.
Exorcizio vos, Numismata, per Deum Patrem Omnipotentem,
qui fecit coelum et terram, mare et omnia quae in eis sunt. Omnis virtus
adversarii, omnis exercitus diaboli, et omnis incursus, omne phantasma satanae
eradicare et effugare ab his Numismatibus, ut fiant omnibus qui eis usuri sunt
salus mentis et corporis , in Nomine Patris Omnipotentis,
et Jesu Christi filii ejus Domini nostri, et Spiritus Sancii Paracliti,
et in charitate ejusdem Domini nostri Jesu Christi, qui venturus est judicare
vivos et mortuos, et saeculum per ignem.
R. Amen.
Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison. Pater noster secr.
V. Et
ne nos inducas in tentationem.
R. Sed libera nos a malo.
V.
Salvos fac servos tuos.
R. Deus
meus, sperantes in te.
V. Esto
nobis Domine iurris fortitudinis.
R.
A facie inimici,
V.
Dominus virtutem populo suo dabit.
R.
Dominus benedicet populum
suum in pace.
V.
Mitte eis Domine auxilium de Sancto.
R. Et de Sion tuere nos.
V
. Domine exaudi orationem meam.
R. Et clamor meus ad te
veniat.
V.
Dominus vobiscum.
R. Et cum spiritu tuo.
OREMUS.
Deus omnipotens honorum omnium largitor, supplices te rogamus, ut per
intercessionem S. Patris Benedicti, his sacris Numismatibus litteris ac
characteribus a te designatis tuam benedictione infundas, ut omnes qui ea
gestaverint ac bonis operibus intenti fuerint, sanitatem mentis et corporis, et
gratiam sanctificationis, atque indulgentias nobis concessas consequi mereantur,
omnesque diaboli insidias et fraudes, per auxilium misericordiae tuae effugere
valeant, et in cospectu tuo sancti et immaculati appareant. Per Dominum etc.
R. Amen.
OREMUS.
Domine Jesu Christe, qui voluisti pro totius mundi redemptione de Virgine
nasci, circumcidi, a Judaeis reprobari, Judae osculo tradi , vinculis alligari,
spinis coronari, clavis perforari, inter latrones crucifigi, lancea vulnerari,
et tandem in Cruce mori : per hanc tuam sanctissimam Passionem humiliter exoro,
ut omnes diabolicas insidias et fraudes expellas ab eo, qui Nomen Sanctum tuum
his litteris ac characteribus a te designatis devote invocaverit, et eum ad
salutis portum perducere digneris. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum.
R. Amen.
V. Benedictio Dei Patris
Onmipotentis, et Fi lii, et Spiritus Sancti descendat super haec Numismata ac ea gestantes, et maneat semper in Nomine Pa tris, et Fi lii, et Spiritus Sancti. Amen.
Deinde Sacerdos aspergit Numismata aqua benedicta.
CAPITOLO XI.
Sommario delle Indulgenze.
Aggiungo il sommario dell'indulgenze traducendolo fedelmente dalla Copia
autentica fatta nella S.
Congregazione dell’Indulgenze, e tratta dalle Costituzioni della S. M. di Papa
Benedetto XIV.
1.
Chi, almeno una volta la settimana, suole recitare la
corona del Signore, o della Beatissima Vergine Maria, sì tutto il Rosario come
una terza parte ovvero l’Officio, tanto il divino quanto il piccolo, della
medesima. Beatissima Vergine Maria, o quello dei Defunti, o i sette Salmi
Penitenziali, o i Graduali; o pure suole insegnare i principi della santa Fede,
o veramente visitare i carcerati, od anche gl’infermi in qualsiasi ospedale, o
sovvenire ai poveri, o ascoltare la Messa, o ( essendo Sacerdote ) celebrarla:
se da vero pentito si confessi, a un Sacerdote dall’Ordinario approvato, e
riceva il santissimo sacramento dell’Eucaristia, in qualunque dei giorni
seguenti, cioè :
Natività’ dì N. S. G. C., Epifania , Risurrezione, Ascensione , Pentecoste, SS.
Trinità e Corpus Domini , non meno che il di della
Concezione, Natività, Annunziazione, Purificazione, ed Assunzione
della Beatissima Vergine Maria, come anche nel primo giorno di Novembre, festa
di Tutti i Santi, e nel giorno
festivo, di S.
Benedetto pregando per l’estirpazione dell’eresie e scismi, esaltazione della Fede
cattolica, e pace e concordia dei Principi Cristiani ed altri bisogni della
Chiesa Romana, conseguirà l’indulgenza Plenaria e la remissione di tutti i suoi
peccati.
2.
Chi farà qualsivoglia di dette pie opere nell’altre
feste del Signore, o della Beatissima Vergine Maria, dei Santi Apostoli, o di S.
Giuseppe, o dei Santi Mauro, Placido, Scolastica, e Gertrude dell’Ordine di S.
Benedetto; in qualunque d’essi giorni otterrà indulgenza di sette
anni e altrettante quarantene.
3.
Chi udirà la Messa, o ( essendo Sacerdote ) la
celebrerà, pregando Dio per la prosperità dei Principi Cristiani, e tranquillità
de’ loro Stati e Dominj, lucrerà indulgenza di sette anni e altrettante
quarantene.
4.
Chi digiunerà nei Venerdì, per riverenza verso la
passione di G. C. N. S., e nei Sabbati, in onore della Beatissima Vergine Maria,
in ciascuno dei detti giorni conseguirà indulgenza di sette anni e altrettante
quarantene : e qualora abbia serbato il buon costume di digiunare in quésti
giorni per un intiero anno, confessato e comunicato otterrà l’Indulgenza
Plenaria e remissione di lutti i suoi peccati. Di che godrà anche se muoja
dentro l’ anno , coll’intenzione avuta di compirlo in questo buon uso.
5.
Chi una volta o più al giorno usi proferire questa
giaculatoria : Benedetta sia la purissima ed immacolata Concezione,
lucrerà indulgenza di quaranta giorni.
6.
Chi almeno una volta la settimana, costumerà recitare
la Corona o il Rosario, o l’Officio della B. V. M., o dei Defunti, o Vesperi
solo e almeno un Notturno colle Laudi, o i sette Salmi Penitenziali colle
Litanie e preci, ovvero in onore del SS. Nome di Maria dirà cinque volte la
salutazione angelica o l’antifona - Sub tuum praesidium - con qualunque
dell’orazioni approvate per la medesima Beatissima Vergine, in qual giorno il
faccia, conseguirà indulgenza di cento giorni.
7.
Chi piamente penserà alla Passione e Morte di N. S. G.
C. in qualunque Venerdì, e reciterà tre volte l’orazione Domenicale e la
salutazione angelica, otterrà indulgenza di cento giorni, una sola volta in
qualsivoglia dei sopradetti Venerdì.
8.
Chi, per devozione verso i Santi Giuseppe, Benedetto,
Mauro, Scolastica, e Gertrude, recitando il Salmo -
Miserere mei Deus -
o cinque volte l’orazione Domenicale e salutazione angelica, pregherà perché
Iddio a loro intercessione conservi la Santa Chiesa Cattolica, e faccia finire
di buona morte lo stesso pregante, lucrerà indulgenza di cento giorni.
9.
Chi, prima di celebrare la Messa, o ricevere la
Comunione, o recitare l’Officio Divino, o il piccolo della B. M. V. dica una
qualche devota preghiera, godrà dell' indulgenza di cinquanta giorni.
10.
Chi pregherà Dio per i fedeli agonizzanti, e dirà per
essi tre volte l’orazione Domenicale e la salutazione angelica, acquisterà
indulgenza di cinquanta giorni.
11.
Chi visiterà i carcerali, o gl’infermi negli ospedali,
ajutandoli con qualunque pia opera, ovvero insegnerà la Dottrina Cristiana in
Chiesa, o in casa ai figli o parenti o servi, oltre l’indulgenze per ciò da
altri Sommi Pontefici concesse, ogni volta conseguirà indulgenza di duecento
giorni.
12.
Chi reciterà la Corona
o Rosario della B. V. M. in onore
della di lei purissima ed immacolata Concezione, supplicandola pel di lei divin
Figlio, che possa vivere e morire senza peccato mortale, riceverà indulgenza di
sette anni.
13.
Chi devoto accompagnerà il SS. «Viatico dell’Eucaristia
agl’infermi, oltre le indulgenze per tanto pia opera dagli altri Sommi Pontefici
concesse, godrà ancora dell’indulgenza di sette anni.
14.
Chi ogni giorno pregherà per l’estirpazione
dell’eresie, otterrà indulgenza di venti anni, una sola volta la settimana.
15.
Chi faccia esame di sua coscienza, e veramente pentito
proponga di correggere e confessare i peccati commessi, devotamente ripetendo
cinque volte l’orazione Domenicale e l’angelica salutazione, acquisterà
indulgenza d'un anno: e confessandosi poi e comunicandosi, in quel giorno
lucrerà indulgenza di dieci anni.
16.
Chi, pel suo buon’esempio o consiglio, ridurrà a
penitenza qualche peccatore, conseguirà la remissione di terza parte delle pene
a lui dovute per i suoi peccati.
17.
Chi da vero pentito si confessi e comunichi, nel
Giovedì Santo e nel Giorno di Pasqua di resurrezione , pregando Dio per
l’esaltazione della Santa Madre Chiesa, e conservazione del Sommo Pontefice,
lucrerà quelle stesse indulgenze, che la Santità Sua concede nei detti giorni,
benedicendo pubblicamente il popolo.
18.
Chi pregherà il Signore per la propagazione
dell’ordine, ossia Religione di S. Benedetto, sarà partecipe di tutte e singole
le buone opere, che nella stessa Religione in qualunque modo si fanno.
19.
Chi, per infermità o altro legittimo ostacolo impedito,
non potesse ascoliare la Messa, o ( essendo Sacerdote) celebrarla, o recitare
l’Officio Divino, o quello della B. V. M. o adempire gli altri virtuosi esercizi
ingiunti per acquistare dette indulgenze delle medesime nulla ostante godrà se
invece di quelle dica tre volte l’orazione Domenicale e la salutazione
angelica con l'antifona - Salve Regina - aggiungendovi in fine:
Benedetta sia la Santissima Trinità, e sia lodato il Santissimo Sacramento,
e la Concezione della Beatissima Vergine Maria senza macchia concetta;
purché però si confessi e comunichi, o almeno contrito proponga
fermamente di poi confessare i suoi peccati.
20.
Chi stando in punto di morte, piamente raccomandando a
Dio l’anima sua, premessa la confessione dei suoi peccati e ricevuta la
Santissima Eucaristia, se può, altrimenti fatto un atto di contrizione,
invocherà i Nomi di Gesù e di Maria colla bocca, se può, altrimenti almeno col
cuore, conseguirà plenaria indulgenza e remissione di tutti i suoi peccati.
21.
Chiunque potrà o acquistare per sé, od applicare in
suffragio all’anime dei fedeli defonti tutte e singole le predette indulgenze, e
remissioni di peccati e pene.
CAPITOLO XII.
Modo
di valersi della Croce o Medaglia di S. Benedetto.
Benché non vi sia ragione ai nostri occhi, perché Iddio voglia operare certe
meraviglie e concedere certe grazie, piuttosto con quella che con questa
preghiera o devozione; pure è certo che nell’ordine della grazia il Signore
suole più spesso esaudire in certe cose meglio a una che ad un’altra prece. In
quanto alla Medaglia di S. Benedetto, la Misericordia divina ha frequentemente
approvato il suo uso per ottenere i seguenti effetti .
1°. Togliere dai corpi umani malefici, legature e ogni altra operazione
diabolica;
2°. Impedire l’accesso a quel luogo dov’ella è alle persone malefiche ;
3°. Offrire subitaneo rimedio agli animali avvelenati o ammaliati;
4°. Restituire la fecondità e l’uso del latte agli animali impediti da
maleficio, come pure nel fare il butiro ed altro conducente agli umani bisogni ;
5°. Porgere quiete e sicurezza agli uomini infestati dal diavolo.
A questi i nostri Benedettini Italiani aggiungono i seguenti, certo per
esperimento da essi fattone ; ciò sono:
1°. D’essere possente antidoto contro ogni veleno;
2°. Di liberare dalla peste;
3°. D’essere efficace rimedio pel male dei calcoli, dolori di fianco, mal
caduco, gitto di sangue ed altre infermità.
4°. D’impedire gli aborti e dare felice gravidanza e parto alle donne.
5°. Di salvare da ogni rischio per causa di fulmini;
6°. Di dare aiuto e soccorso nelle tempeste;
7°. D’essere arme potentissima contro ogni tentazione, ma principalmente per
conservare la purità della mente e del cuore.
Finalmente ad una voce aggiungono, che questa santa Medaglia ha da Dio la
grazia dì prevenire qualunque arte e astuzia del diavolo, prima che s’ordisca; e
ordita che sia, la abbatte; reca per ultimo sollievo e consolazione agli
afflitti, tentati, ed anche a quegl’infelici che sono in procinto di disperarsi
.
Il modo di valersi di questa santa Croce è di portarla pendente dal collo, o
in altro qualsiasi modo sulla persona. Si può anche gittarla in un vaso
d’acqua e indi dar di questa a bere agl’infermi, ovvero abbeverarne o lavarne
gli animali. Si può affigere sulle soglie e sulle pareti o dovechessia, ed anco
seppellirla sotto terra; sempre però pregando Iddio per l’intercessione e meriti
del Santissimo Patriarca Benedetto . I nostri Padri d’Italia raccomandano di
recitare in tali circostanze cinque - Gloria - in onore della Passione di
N. S. G. C., tre - Ave - alla Santissima Vergine Maria , e tre -
Gloria - a S. Benedetto. E consigliano cui non dispiaccia di fare queste
preghiere altresì ogni giorno, o almeno tutti i Martedì, perché questo giorno è
particolarmente destinato alla memoria di S. Benedetto in tutto l’Ordine
Monastico. Io proporrei che a questo soggiungessero le giaculatorie della Croce, cosi:
Crux sacra sit mihi lux, non Draco sit mihi dux.
Vade retro, Satana, numquam suade mihi vana:
Sunt mala quae libas, ipsa venena bibas.
Ma non vi sia alcuno che voglia confondere quest’esortazione colle opere
ingiunte. Imperciocchè, in questa devozione per acquistare le sante indulgenze,
non è necessario altro se non che s’abbia presso di sé la Croce o Medaglia di S.
Benedetto; la quale dev’essere onninamente o d’oro, o d’argento, o di rame, o
d’ottone, o d’altro qualsisia solido metallo, e mai di carta o altra materia,
sotto pena di nullità di benedizione e applicazione d’indulgenze . Similmente le
predette Medaglie o Croci non si possono nè imprestare nè donare nè, vendere
dalla persona, a cui quelli che hanno facoltà le diedero; che se ciò alcuno
faccia, subito sieno prive dell’indulgenze già concesse; né perdendone alcuna,
si può a quella surrogare un’altra se non sia benedetta da cui spetta .
Il privilegio poi della benedizione con autorità apostolica ed applicazione
d’indulgenze resta esclusivamente proprio dei Benedettini di Boemia , Moravia e
Slesia, e di quelli cui precipuamente sia stato concesso dalla S. Sede; come è
di tutti i Monaci Cassinesi, giusta la concessione da me riportata nel Capitolo
IX. E se qualsivoglia altro Sacerdote o secolare o regolare, di qualunque
Ordine, Congregazione, Istituto, eziandio in Dignità costituito s’attenti di
benedire e distribuire le dette Medaglie, oltre l’invalidità di benedizione, può
essere punito ad arbitrio dagli Ordinari locali o dagl’inquisitori della Fede.
EPILOGO.
Eccomi alla fine di questa mia qualunque siasi fatica, che ho volentieri
intrapresa per gloria di Dio, della dolcissima Madre Maria, e del mio gran Padre
S. Benedetto. Ora non mi resta altro se non che pregare il Signore, che il mio
libretto giovi a quanti lo leggeranno, innamorandoli al culto della Santa Croce;
giovi a me, invocandomi dal Cielo l'aiuto che chieggo per salvare l’anima mia; e
rinnovi in tutta l’Italia la preziosa memoria degl’innumerabili benefizi, che le
ha renduto S. Benedetto sì nell’ordine morale come nel civile.
Conchiudo raccomandando a tutti i cristiani la seguente devozione, siccome
giovevolissima e molto cara al mio gran Padre S. Benedetto.
In una delle Rivelazioni di S. Gertrude, la Magna Badessa del nostro Ordine,
leggesi una promessa fatta dal Patriarca dei Monaci a lei, in questi sensi: »
Chiunque si studierà di pregarmi per quell’altezza di gloria colla quale il mio
Signore si degnò onorarmi e beatificarmi, per mezzo di sì glorioso fine: costui
nell’ora di sua morte io voglio assistere tanto fedelmente, che m’opporrò per
lui da ogni parte, dove io vedrò più fieramente scagliarsi i suoi nemici, sicché
egli per la mia presenza fortificato esca libero dai lacci degli avversari, e in
eterno felice salga al gaudio del cielo
».
Adunque, con questa intenzione, si reciti ogni giorno la seguente orazione;
per la quale il Papa Clemente XIV. ha concesso l'Indulgenza Plenaria .
PREGHIERA.
San Benedetto, mio caro Padre, vi prego per quella dignità, con la quale il
Signore si degnò di così glorioso fine onorarvi e beatificarvi, che
vogliate trovarvi presente alla mia morte, eseguendo in me tutte quelle promesse
fatte alla Vergine S. Gertrude.
FINE
Testo ricavato dall'originale digitalizzato da "Google Books"
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