Costituzioni dell'ordine dei frati Predicatori (1375)
da Bibl. Vaticana,
Vat. lat. 7658 (xiv2), ff. 139r-184v
Traduzione a cura di Emilio Panella O.P., 2010
Dal sito “e-theca.net/emiliopanella/”
Link al testo originale latino-italiano competo di note
Costituzioni dell'ordine dei frati Predicatori.
Indice dei capitoli
<Prologo>.
Parte prima
<I 1> Ufficio canonico, capitolo
primo
<I 2> Inchini, capitolo secondo
<I 3> Suffragi dei defunti,
capitolo terzo
<I 4> Digiuni, capitolo quarto
<I 5> Pasti, capitolo quinto
<I 6> Refezione penitenziale,
capitolo sesto
<I 7> Malati, capitolo settimo
<I 8> Salasso, capitolo ottavo
<I 9> Letti, capitolo nono
<I 10> Vesti, capitolo decimo
<I 11> Rasura, capitolo undicesimo
<I 12> Silenzio, capitolo
dodicesimo
<I 13> Chi e come accogliere
nell'ordine, capitolo tredicesimo
<I 14> Novizi e loro istruzione,
capitolo quattordicesimo
<I 15> Professione, capitolo
quindicesimo
<I 16> Colpa leggera, capitolo
sedicesimo
<I 17> Colpa grave, capitolo
diciassettesimo
<I 18> Colpa graviore, capitolo
diciottesimo
<I 19> Colpa gravissima, capitolo
diciannovesimo
<I 20> Apostati, capitolo ventesimo
Parte seconda
<II 1> Case e conventi, capitolo
primo
<II 2> Elezione del priore
conventuale e istituzione del sottopriore, capitolo secondo
<II 3> Elezione del priore
provinciale, capitolo terzo
<II 4> Elezione del maestro,
capitolo quarto
<II 5> Elezione dei definitori del
capitolo provinciale e generale, capitolo quinto
<II 6> Capitolo quotidiano,
capitolo sesto
<II 7> Capitolo provinciale,
capitolo settimo
<II 8> Capitolo generale, capitolo
ottavo
<II 9> Solenne celebrazione del
capitolo, capitolo nono
<II 10> Capitolo generalissimo, capitolo decimo
<II 11> Visitatori, capitolo
undicesimo
<II 12> Predicatori, capitolo
dodicesimo
<II 13> Itineranti, capitolo
tredicesimo
<II 14> Studenti, capitolo
quattordicesimo
<II 15> Conversi, capitolo
quindicesimo
<II 16, CG Perpignan 1327>
Costituzioni papali
<II 17, CG Firenze 1374>
Costituzione di papa Gregorio XI su capitolo generale biennale o triennale
Costituzioni dell'ordine dei frati Predicatori.
<Prologo>.
Poiché la
Regola ci ordina unità di cuori e
di menti nel Signore, è bene che vivendo secondo medesima regola e professione
siamo trovati uniformi nelle osservanze
canonicali; l'interiore unità dei cuori sarà pertanto alimento e segno
dell'esterna uniformità di condotta. E di certo, potremo meglio realizzare il
nostro proposito di vita se l'affidiamo allo scritto, se tutti avranno
conoscenza del modello di vita da attestazione scritta, se nessuno oserà a
piacimento mutare aggiungere o rimuovere alcunché. Rischieremmo progressiva
dissipazione se trascurassimo le benché minime prescrizioni.
In tutto ciò il prelato ha tuttavia facoltà di dispensa con i frati del
proprio convento quando lo ritenga opportuno. Specie in quelle cose che potrebbe
intralciare lo studio la predicazione la cura delle anime, dato che il nostro
ordine, come noto, è stato istituito fin dalle origini specificamente per la
predicazione e salvezza delle anime; e il nostro studio è principalmente
destinato ad utilità spirituale del prossimo. Al pari degli altri frati anche i
priori beneficiano della dispensa.
Ci sta a cuore la pacifica
unità dell'ordine intero. Cosicché dichiariamo che le nostre costituzioni ci
obbligano a responsabilità di pena non di colpa, salva concomitanza di precetto
o disprezzo. Per evitare il moltiplicarsi delle costituzioni proibiamo per
l'avvenire che alcuna legge diventi costituzionale se non approvata da due
capitoli generali consecutivi, confermata poi o abrogata nel terzo capitolo
immediatamente successivo, sia esso dei priori provinciali che dei definitori,
ovunque celebrato. Interpretazioni della Regola e delle costituzioni date dal
capitolo generale non hanno valore costituzionale se non approvate da tre
capitoli. Con cura abbiamo redatto questo libro, e suddiviso in due parti.
Parte prima
<I 1> Ufficio canonico,
capitolo primo
Ai primi tocchi di
sveglia i frati si levano e recitano in piedi l'ufficio della beata Vergine del
tempo liturgico. Prendono parte comunitariamente al Mattutino, alla messa, a
tutte le Ore canoniche, salve personali dispense concesse dal prelato. Tutte le
Ore sono recitate in chiesa in ritmo scorrevole, in modo che né la devozione dei
frati venga distratta né lo studio impedito. Si faccia così: s'osservi la pausa
di cadenza metrica a metà verso, non protraendo oltremodo la voce né alla pausa
né a fine verso, bensì chiudendo con rapida leggerezza, come detto. L'andamento
del ritmo tuttavia lo si adatti ai tempi liturgici.
Durante il periodo
di duplice refezione, in chiesa si legge prima di Compieta la pericope «Siate
temperanti, fratelli». Fatta la confessione e recitata Compieta, il presidente
dà la benedizione e l'ebdomadario asperge l'acqua benedetta. Si dice poi
Pater noster e
Credo in Deum; parimenti da recitare
antecedentemente a Prima e Mattutino. L'intero ufficio, notturno e diurno, sia
uniformemente celebrato così come corretto e riordinato dal venerabile padre fra
Umberto maestro del nostro ordine [† 1277]; e nessuno in avvenire osi mutarlo.
Nei nostri conventi una sola campana chiama i frati a tutte le Ore canoniche.
Soltanto l'ebdomadario è autorizzato a indossare la cappa di seta in coro e in
processione.
<I 2> Inchini, capitolo
secondo
Terminato il
Mattutino della beata Vergine, nell'accedere in coro i frati fanno inchino
profondo davanti all'altare. Prendono posto nei propri stalli. Al segno del
prelato dicono Pater noster e
Credo in Deum in ginocchio o
inchinati a seconda del tempo liturgico. Al nuovo segno del prelato tornano
eretti. Ad avvio dell'Ora canonica si segnano rivolti all'altare. Al Gloria
Patri si fa inchino profondo coro contro coro, o prosternazione a seconda del
tempo liturgico, fino al Sicut erat.
E così si fa ogniqualvolta si dicono
Pater noster e Credo in Deum;
eccetto a messa, inizio letture, e rendimento di grazie, dove inchiniamo solo al
Pater noster
e all'orazione Retribuere.
E così si fa
alla prima colletta della messa, all'orazione susseguente la comunione,
all'orazione per la chiesa; nelle singole Ore alla colletta e al
Gloria Patri d'inizio Ora. Ad ogni
Gloria Patri, ai versi ultimi degli
inni, al penultimo verso del cantico
Benedicite inchiniamo fino alle ginocchia; parimenti al canto delle parole «suscipe
deprecacionem nostram» del Gloria in
excelsis, e alle parole «ex Maria
Virgine et homo factus est» del Credo nella messa. Parimenti al nome di Gesù
nella colletta, nel prefazio, nell'antifona o nel
Gloria in excelsis, dovunque ricorra;
laddove invece il nome di Gesù ricorre sott'altra forma, si fa riverenza con
solo inchino di capo. E ancora nella benedizione premessa alla lettura, in
capitolo all'orazione Sancta Maria, ad ogni orazione dove ricorrano i nomi della
beata Vergine e del beato Domenico; al nome della beata Vergine nell'antifona
Salve, nella messa, nel prefazio.
Iniziata dunque
l'Ora come detto, e fatto inchino al Gloria susseguente il Venite, si sta eretti
coro contro coro. Al primo salmo siede un coro, al secondo si alza e siede
l'altro coro, alternandosi così fino al «Laudate
Dominum de celis». Così in tutte le Ore canoniche. Terminata la lettura nel
Mattutino, se non è ufficio dei defunti il lettore fa inchino tra pulpito di
centro coro e gradini dell'altare, oppure prosternazione a seconda del tempo
liturgico.
Nell'inchinare
sforziamoci di conformarzi alle virtù di coloro cui prestiamo riverenza.
Cosicché al Salve sancta Parens, al
Veni Creator Spiritus in Pentecoste e
l'intera settimana, alle parole «ex Maria
Virgine et homo factus est» del Credo della messa, al Salve Regina dopo
Compieta, al Veni Sancte Spiritus,
c'inginocchiamo. Nei giorni feriali restiamo prostrati dal Sanctus fine all'Agnus
Dei. Nelle feste di tre e nove lezioni restiamo prostrati dall'elevazione
del Corpo di Cristo fino al Pater noster.
Medesima norma in fatto di prostrazioni nelle feste di tre e nove lezioni.
Quando il prelato
ingiunge un'orazione comunitaria, tutti fanno l'inchino. Così pure coloro ai
quali abbia dato qualche commissione. Chiunque riceve un ordine, un ufficio, un
ministero, si prosterna umilmente in atto d'ubbidienza. Nel ricevere un
qualsiasi vestimento, i frati inchinando rispondono «Sia benedetto Iddio nei
suoi doni».
<I 3> Suffragi dei defunti,
capitolo terzo
Dalla festa san Dionigi (9
ott.) fino all'Avvento, per l'anniversario dei frati e dei familiari ammessi ai
benefici dell'ordine, il frate chierico dice il salterio, il sacerdote tre
messe, il laico cinquecento Pater noster.
Al medesimo suffragio son tenuti: ciascun frate a beneficio del frate defunto
del proprio convento; tutto l'ordine per il maestro dell'ordine; coprovinciali
per il priore provinciale; tutto l'ordine per il definitore al capitolo generale
o suo socio, per gli elettori del maestro, per il socio del priore provinciale
al capitolo generale, qualora taluno di costoro morisse in viaggio per il
capitolo o nel capitolo stesso; per il procuratore dell'ordine se deceduto nella
curia romana durante l'ufficio; per il visitatore deceduto durante l'ufficio da
parte delle case della propria visitazione.
Ciascun frate sacerdote
celebra trenta messe l'anno in suffragio dei frati e suore del nostro ordine
defunti, ciascun convento venti messe; ciascun chierico dice trenta volte i
sette salmi penitenziali, ciascun converso trenta volte cento
Pater noster. Anniversari e loro
celebrazione: dei padri e delle madri il terzo giorno dopo la Purificazione
della beata Vergine (= 4 febbr.); dei benefattori e familiari il giorno dopo
l'ottava della Sant'Agostino (= 5 sett. ); dei frati e suore del nostro ordine
il giorno dopo la San Dionigi (= 10 ott.); di tutti i sepolti nei nostri
cimiteri il primo giorno vacante dopo l'ottava degli apostoli Pietro e Paolo (=
7 lugl.). Non si astringano i nostri frati a certo numero di messe in
anniversari perpetui.
<I 4> Digiuni, capitolo
quarto
Dalla Pasqua alla Santa
Croce (14 sett.) i frati prendono due pasti quotidiani; eccetto i giorni delle
Rogazioni, tutti i venerdì, vigilia di Pentecoste, digiuni delle Quattro
Tempora; vigilia dei Santi Giovanni Battista (24 giug.), Pietro e Paolo (29
giug.), Giacomo (25 lugl.), Domenico nostro padre (5 ag.), Lorenzo (10 ag.),
Assunzione della beata Maria (15 ag.), Bartolomeo (24 ag.), Natività della beata
Maria vergine (8 sett.). Dalla Santa Croce (14 sett.) alla Pasqua osserviamo
continuato digiuno, e recitata Nona consumiamo il pasto, salve le domeniche.
Regime quaresimale osserviamo nell'intero Avvento, Quaresima, digiuni delle
Quattro Tempora; nella vigilia dell'Ascensione e Pentecoste, dei Santi Giovanni
Battista (24 giugno), Pietro e Paolo (29 giug.), Giacomo (25 lugl.), Domenico
nostro padre (5 ag.), Lorenzo (10 ag.), Assunzione di santa Maria (15 ag.),
Matteo (21 sett.), Simone e Giuda (28 ott.), Ognissanti (1 nov.), Andrea
apostolo (30 nov.); tutti i venerdì. Nei soli venerdì varrà dispensa per gli
addetti a lavori defatiganti, in luoghi regolati da altra dieta, se cadesse
festa di grado semiduplice e duplice. Agl'itineranti è permessa duplice
refezione, eccetto in Avvento, vigilie di Natale e Purificazione della beata
Vergine, venerdì dentro e fuori convento, e salvi i digiuni principali istituiti
dalla chiesa. Quando la vigilia d'una festa con digiuno ordinato dall'ordine
cadesse di lunedì, il digiuno vigiliare è anticipato al sabato precedente,
nonostante consuetudini in contrario. Lunedì e martedì dopo Quinquagesima,
dentro e fuori convento, osserviamo vitto quaresimale e digiuno. L'intero giorno
di Venerdì santo ci asteniamo dappertutto da qualsiasi cibo e bevanda.
<I 5> Pasti, capitolo quinto
Ad ora congrua, prima di pranzo
e prima di cena il sacrista suona pochi tocchi di campana, e i frati non tardino
a venire alla refezione. Quindi a vitto apprestato, e solo allora, si percuote
il cembalo. Ci si lava le mani, il priore suona il campanello del refettorio,
entrano i frati. Il versicolario premette
Benedicite, e tutti proseguono la benedizione. I servitori seguono l'ordine:
dagli ultimi su su verso la mensa del priore.
Oltre a servitori e custodi
nessun frate presente in prima mensa si trattenga in refettorio se non
autorizzato. Quanti restano, mangino tutti in seconda mensa, e si eviti una
terza. Nessun piatto speciale per servitori o ministranti che non sia stato
servito a tutti, a meno che non siano infermi o salassati. Il frate non passi
pietanza a frate, eccetto il priore; ricevuta, può passarla alla sua destra e
sinistra.
I priori consumino i pasti in
refettorio e si accontentino del vitto conventuale; parimenti gl'infermieri,
addetti agli ospiti ed altri. Il priore tuttavia può concedere, per giusta
ragione e all'occasione, che qualcuno mangi fuori convento. Nei nostri conventi
le vivande siano dappertutto senza carni, eccetto nelle infermerie. Potranno i
nostri frati consumare fuori convento portate cotte con carni, per non esser di
peso agli ospiti.
Là dove abbiamo convento, sia
priori che semplici frati non prendano i pasti fuori convento, eccetto in
compagnia col vescovo o in case religiose, e raramente. I frati dispongono
giornalmente di due portate cotte; d'altro in sovrappiù, a giudizio del priore e
secondo le disponibilità. Chi s'avvedesse che al proprio vicino di mensa manca
alcunché, ne faccia richiesta al servitore. Chi mancasse di rispetto ai
servitori o criticasse il servizio, al levar della mensa chieda venia; al segno
del prelato torni a suo posto.
<I
6> Refezione penitenziale, capitolo sesto
Nei tempi di digiuno, ad ora
congrua il sacrista dà il segno della refezione, poi il refettoriere percuote il
cembalo. Entrati i frati in refettorio, il lettore premette
Iube domine benedicere, quindi si dà
la benedizione «Il Signore onnipotente e misericordioso ci conceda una notte
serena e una morte santa». Durante la lettura, è permesso assumere bevande, dopo
che il priore abbia fatto segno, il lettore pronunciato Benedicite,
l'eddomadario impartita la benedizione «Il Largitore d'ogni bene benedica la
bevanda dei suoi servi». Al termine della refezione penitenziale, chi presiede
dice «Il nostro aiuto è nel nome del Signore», e in silenzio i frati entrano in
chiesa. Chi volesse bere fuori orario, chieda licenza al prelato e si faccia
accompagnare.
<I 7> Malati, capitolo
settimo
Nessuna negligenza del prelato
circa i malati. Siano accuditi in modo da ristabilirsi al più presto, come vuole
il nostro padre Agostino. Possono nutrirsi con carni, se così esige il loro
stato di salute e a giudizio del prelato. Laddove abbiamo convento, non mangino
carni fuori del chiostro. Chi soffrisse malessere che né debilita l'organismo né
altera l'appetito, non giaccia su materasso né infranga i digiuni soliti né muti
il vitto servito in refettorio.
Due soli locali siano
predisposti per gracili e malati: uno delle carni, il secondo d'altri cibi,
salvi casi di palese necessità o d'urgente malattia. Anche altri frati non
prendano pasto se non nel comune refettorio o nei locali degli ospiti. I priori,
se malati, siano curati insieme con gli altri nell'infermeria. I frati lebbrosi
siano accuditi entro i recinti del proprio convento in luogo isolato; in
mancanza di spazi o per altra legittima ragione, siano dal provinciale
trasferiti in altro convento del nostro ordine.
<I 8> Salasso, capitolo
ottavo
Quattro i salassi annui: primo
in settembre, secondo dopo Natale, terzo dopo Pasqua, quarto intorno alla San
Giovanni Battista (24 giug.). Nessuno si praticherà salasso oltre quelli
stabiliti, eccetto casi speciali a discrezione del priore. I salassati prendono
cibo in silenzio, fuori refettorio, laddove praticabile; più adeguatamente
accuditi, secondo le disponibilità della casa. A motivo del salasso, non
mangeranno carni.
<I
9> Letti, capitolo nono
I frati non dormano su
materassi, se non in mancanza di pagliericci o simile. Dormiranno invece su
lettiere di paglia, lanicci e sacconi. Fuori convento riposeranno su
qualsivoglia giaciglio loro apprestato, per non pesare sugli ospiti. Chi
pretendesse materassi, è punito con digiuno a pane ed acqua per un giorno.
Giacciano indossando tonaca e calzature. A nessuno, che sia abile al regime
comune, è concesso dormire in locali speciali, fuorché al maestro dell'ordine, e
salvo il bisogno di sorvegliare i beni di casa. Si provveda tuttavia ai lettori
secondo discernimento del priore.
<I 10> Vesti, capitolo
decimo
Indosseranno i nostri frati
vesti di lana grezza, laddove possibile, altrimenti di tessuti ordinari, in
special modo quanto alla cappa. Non panni di lino a contatto pelle, nemmeno i
malati. Si bandiscano rigorosamente dalle infermerie i bendaggi di tessuto
prezioso. Non più di tre tonache a testa, oltre il vello invernale, oppure
quattro tonache senza vello; quest'ultimo da portare sempre sotto la tonaca.
Velli di selva o coperte di
pellame vario si usino solo in infermeria, ad esclusione di coperte di pelli
silvestri. Tonaca lunga fino alle caviglie, scapolari fino a coprire i ginocchi.
Cappa e vello siano alquanto più brevi della tonaca. Calzature e zoccoli a
seconda delle necessità e disponibilità. Esclusi schinieri (o ginocchiere) e
guanti. Uòse (gambiere chiuse lateralmente a fibbia) non le si calzino fuori i
recinti conventuali.
<I
11> Rasura, capitolo undicesimo
La rasura superiore (del capo)
non sia troppo ristretta, bensì come si addice allo stato religioso: tra essa ed
orecchie non si lasci oltre tre dita di spazio. Si faccia il taglio dei capelli
anche al disopra delle orecchie. Tempi della rasura: ogni quindici giorni nel
periodo da Pasqua ad Ognissanti, successivamente ogni tre settimane;
anticipabile o differibile di qualche giorno in coincidenza con festività
solenni.
<I
12> Silenzio, capitolo dodicesimo
Si osservi il silenzio nel
chiostro dormitorio celle refettorio e oratorio dei frati; se urge dir qualcosa,
lo si faccia sottovoce e a discorso incompiuto. Altrove è lecito parlare con
speciale permesso. Dappertutto, dentro e fuori convento, sia frati che priori
tacciano durante la mensa, eccetto taluno di grado superiore, o il delegato a
rappresentare, ed eccetto i maestri in teologia. Il priore conventuale può dar
facoltà di parlare a uno dei commensali. In caso di più priori conventuali nella
medesima mensa, quello del convento più antico ha diritto di parola, e può
autorizzare un altro. Nessun altro parli se non dei necessari servizi di mensa,
a frase ellittica e bassa voce; oppure con licenza di vescovi, ancorché soltanto
eletti, o di persone di rango superiore, re, maestro dell'ordine, maestro
generale dei frati Minori, quando ci accadesse desinar con loro. Il priore
provinciale, assente il maestro dell'ordine, entro la propria provincia può dar
facoltà di parlare ai frati suoi commensali, fuori di essa a uno solo. Chi
infrange intenzionalmente la norma del silenzio, o presumesse dar facoltà di
parola, è punito a sola acqua in un pranzo, e a una pubblica disciplina in
capitolo, esclusi i malati degenti; eventuale dispensa è competenza esclusiva
del maestro dell'ordine e priore provinciale, in casi rari e per motivi
ragionevoli.
Osservino inoltre il
silenzio: i malati non allettati da pranzo a Vespro, e al segno di dopo
Compieta; i salassati dal giorno susseguente il salasso. Delle infrazioni al
silenzio, si accusino i frati in capitolo al pari delle altre colpe, e siano
puniti dal priore. Chi tra capitolo e capitolo avesse rotto il silenzio sette
volte, pranzerà una volta seduto a terra.
<I 13> Chi e come accogliere
nell'ordine, capitolo tredicesimo
In ciascun convento tre
frati idonei, eletti nel capitolo conventuale, esaminano condotta ed istruzione
degli aspiranti all'ordine; riferiscono poi al priore e capitolo, ai quali
spetta decidere dell'accettazione. Condotti in capitolo, i vestiendi si
prostrano al centro. Interrogati dal prelato che cosa chiedano, rispondono "La
misericordia di Dio e la vostra". Il prelato fa loro segno d'alzarsi, espone le
austerità dell'ordine, sollecita a dichiarare la loro decisione. Se esprimono
totale assenso, il prelato dirà "Il medesimo Signore che ha ispirato il vostro
proposito lo porti a compimento"; tutti rispondono "Amen". Dismessi allora i
vestiti secolari e indossato l'abito religioso, vengono ricevuti in capitolo a
far parte della nostra comunità. Tuttavia prima d'impegnarsi stabilmente alla
vita comune e di promettere obbedienza al prelato e suoi successori, vien loro
intimato il periodo del noviziato; faranno essi esperienza dell'austerità
dell'ordine, i frati della loro condotta.
Prima di ricevere un
aspirante si accerti se sia coniugato, di stato servile, debitore, professo
d'altra regola, affetto da occulta malattia. Possono ricevere frate chierico
alla prova del noviziato o alla professione il priore provinciale, o un suo
espresso delegato, il priore conventuale con assenso unanime o maggioritario del
capitolo. Né priore provinciale né suo delegato possono ricevere un aspirante
converso senza consenso del priore e due terzi dei frati del convento per il
quale vestirà l'abito; né viceversa un convento può ricevere un converso senza
licenza del priore provinciale. Passaggio del converso allo stato clericale è
esclusiva competenza del maestro dell'ordine.
Non saranno accettati nel
nostro ordine: chi abbia emesso professione in qualsivoglia ordine mendicante,
se non con licenza del maestro dell'ordine o del capitolo generale; chi abbia
meno di diciotto anni d'età; illegittimo di nascita, se non con speciale licenza
del priore provinciale. Se ricevuto e dispensato per accedere alla carica
priorale, l'illegittimo rimane inabile ad esser difinitore del capitolo generale
e provinciale, predicatore generale, elettore del maestro dell'ordine, se non
dopo speciale dispensa del maestro dell'ordine. Nessuno ammetta donne alla
tonsura, all'abito, alla professione.
<I
14> Novizi e loro istruzione, capitolo quattordicesimo
Diligente maestro viene
assegnato dal priore alla formazione dei novizi. Li introduce alla vita
dell'ordine, li sprona in chiesa, ne corregge con parole e segni le negligenze
ovunque commesse, provvede quanto possibile alle loro necessità. Assegna
penitenza per negligenze vistose quando gliene chiedono venia, o li proclama nel
capitolo dei novizi. Li esorta ad umiltà di sentimenti e di comportamento,
secondo il detto evangelico «Imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt
11, 29). Esigente e discreto insieme, li istruisce circa la confessione, la vita
in povertà, la volontà del prelato da preporre alla propria, in tutto consentita
obbedienza. E ancora: congruo contegno nelle situazioni più diverse;
accontentarsi del posto assegnato;
medesima cortesia verso chi dona e chi toglie, verso l'affabile e l'insolente;
prudenza nelle visite alle camere personali; nessuna alterigia di sguardi; modi
e parole della preghiera, sottovoce per non assordar il vicino; come far venia
in capitolo o dovunque ripresi dal prelato; quando fosse stato di scandalo in
qualche maniera al fratello, giacer contrito ai suoi piedi finché non perdonato.
Ulteriore materia
d'istruzione dei novizi. Non presumere di contrastare alcuno; obbedire in tutto
al loro maestro; nelle processioni tenersi allineato col compagno collaterale;
non parlare in luoghi e tempi interdetti. Non giudicare alcuno; e se il
comportamento altrui apparisse disonesto, sospettino retta intenzione, ché
spesso fallace è l'umano giudizio. Non parlare degli assenti se non in bene.
Sottoporsi di frequente alle discipline. Bere con due mani e a sedere. Custodire
con diligenza libri vesti e altri beni del monastero. Fatta una richiesta a un
priore, non rivolgersi contemporaneamente ad un altro se non esponendo il
motivo; rivoltisi al superiore non ricorrere all'inferiore.
Prima della professione i
novizi accedono alla confessione, istruiti che siano su questa. Similmente prima
della professione regolano le pendenze economiche, mettono a disposizione del
priore tutti gli altri beni, liberandosi così da ogni diretta responsabilità.
Similmente tutti i frati una volta l'anno rendono conto ai rispettivi priori di
quanto loro affidato, e lo rimettono a loro disposizione. Qualsiasi frate che
abbia ricevuto o detenga danaro e altri beni, li abbia spesi, distribuiti o
fatti distribuire, sottoponga la propria amministrazione ai responsabili una
volta l'anno, più volte se richiesto: maestro dell'ordine ai definitori del
capitolo generale, priore provinciale ai definitori del capitolo provinciale,
priore conventuale al priore provinciale o al visitatore, gli altri frati al
priore conventuale. I novizi inoltre durante il tempo di prova imparino
diligentemente salmodia e divino ufficio.
Durante il tempo o l'anno
di noviziato i novizi non saranno inviati in regioni remote se non per
necessità; non impiegati in uffici. Prima che emettano la professione, né le
loro vesti siano alienate né essi promossi ad ordini sacri. Non partecipano al
capitolo, non giacciono nel dormitorio dei frati, laddove possibile. Il maestro
ne ascolta fuori capitolo le mancanze, li istruisce con diligenza nel
comportamento, li corregge con carità.
<I
15> Professione, capitolo quindicesimo
Formula della professione:
«Io N. faccio professione e prometto obbedienza a Dio, alla beata Maria, al
beato Domenico, e a te N. maestro dell'ordine dei frati Predicatori e ai tuoi
successori, secondo la Regola del beato Agostino e le istituzioni dei frati
Predicatori, che sarò obbediente a te e ai tuoi successori fino alla morte».
Formula della professione quando fatta a un priore: «Io N. faccio professione e
prometto obbedienza a Dio, alla beata Maria, al beato Domenico, e a te N. priore
di tal convento, in luogo di N. maestro dell'ordine dei frati Predicatori e dei
suoi successori, secondo la Regola del beato Agostino e le istituzioni dei frati
Predicatori, che sarò obbediente a te e ai tuoi successori fino alla morte».
All'atto della professione
si benedicono le vesti dei novizi nel modo seguente. Versicolo «Mostraci Signore
la tua misericordia», responsorio «E donaci la tua salvezza», «Il Signore sia
con voi» eccetera. Orazione: «Signore Gesù Cristo, ti sei degnato di vestire
l'abito della nostra natura mortale; imploriamo la tua immensa generosità:
benedici queste vesti, dai santi padri approvate in segno d'innocenza ed umiltà;
chi le indossa, possa meritare di rivestirsi di te, Cristo nostro signore». Si
asperga poi l'acqua benedetta.
<I
16> Colpa leggera, capitolo sedicesimo
Ecco quali sono le
trasgressioni leggere. Tardare, appena udito il segnale, nel porre opportuno
termine a quanto in corso e nel prepararsi per accedere in chiesa ordinati e
composti. Arrivare in coro dopo il Gloria del primo salmo. Sbagliare nel leggere
o cantare in coro, e non scusarsene. Anziché raccolti nella recita del divino
ufficio, lasciarsi andare a sguardi vaganti e movenze frivole. Crear disturbo in
chiesa dormitorio celle. Ridere e far ridere in coro. Non prepararsi a tempo
giusto alla lettura. Presumere di cantare o leggere quanto non approvato da
condivisa tradizione.
Comportamento e chiacchiere
futili nell'andare alle prediche. Ridere sregolatamente; con schiamazzi e burle,
motti e mosse, trascinare altri a consimile leggerezza. Nell'attraversare piazze
o villaggi trattenere di frequente sguardi curiosi su materia frivola. Nella
vigilia dell'Annunciazione e del Natale del Signore non esser presente per
negligenza al capitolo fin dall'inizio, laddove si proclamano gli esordi della
nostra redenzione, e mancare pertanto di renderne grazie a Dio con tutto se
stesso. Al rientro in convento o nel partire, assenti più d'una notte, omettere
di chiedere la benedizione. Dormicchiare alle lezioni. Non presentarsi con gli
altri alle lezioni all'ora prefissata. Leggere libri interdetti.
Maneggiare con incuria
arredi di chiesa e d'altare. Non riporre in buon ordine vestiti e libri al loro
posto, o bistrattarli. Appropriarsi senza permesso d'indumenti od altro dati o
concessi a un frate. Mandare in frantumi o smarrire utensili. Versar cibo o
bevande. Far smarrire per negligenza il libro di lettura comunitaria. Dire o far
qualcosa che danneggia altri frati. Prender vitto e bevanda omettendo la
benedizione. Differire il rientro in convento. Mancare il capitolo, la
collazione, la refezione comune. Tralasciare obbligo comunitario. Proclamare
(correggere pubblicamente) lo stesso giorno in capitolo quasi per vendetta chi
l'aveva a sua volta proclamato. Proclamare animosamente fino alla rissa.
Negare o asserire giurando,
come usa nel linguaggio corrente. Far chiacchiere turpi o sciocche, peggio se
per abitudine. Omissione o negligenza negli obblighi d'ufficio: i priori nel
presiedere il convento, i maestri nell'insegnare, gli studenti nell'applicarsi
allo studio, i copisti nel trascrivere, i cantori nei loro compiti, i
procuratori nell'amministrazione materiale della casa, il vestiario nel
provvedere e far rammendare i vestiti, l'infermiere nel curare i malati e
predisporre il necessario ai morti, e così via gli altri, ciascuno nel proprio
settore, come ordinato. Chi di costoro sia proclamato o proclami se stesso circa
le sopraddette inadempienze, è sottoposto alla pena ritenuta opportuna dal
prelato.
<I 17> Colpa grave, capitolo
diciassettesimo
Trasgressioni gravi.
Contendere scompostamente in incontri con secolari. Litigare con altro frate
dentro o fuori convento. Lanciar parole di vituperio. Mentire sapendo di
mentire. Infrangere d'abitudine il silenzio. Giustificare trasgressioni proprie
o altrui. Proclamare animosamente fino alla rissa. Inveire e imprecare contro
chi l'avesse proclamato in capitolo, o contro chicchessia. Rinfacciare ad altri
colpe trascorse e riparate.
Vomitare malignità su
padri, fratelli, sorelle, case, non comprovate dalla testimonianza dei fratelli.
Viaggiare a cavallo senza permesso e necessità, mangiar carni, portar danaro o
farlo portare. Fissar lo sguardo su donne, e farlo d'abitudine; conversare a tu
per tu con una donna non su materia onesta o di confessione. Infrangere i
digiuni ecclesiastici senza giusta causa e permesso.
Per siffatte e simili
trasgressioni la pena sarà: per chi di sua iniziativa abbia chiesto venia e non
proclamato, tre discipline in capitolo e tre giorni a pane ed acqua; per i
proclamati, un giorno e una disciplina in più. In aggiunta, salmi e venie a
discrezione del prelato e secondo la natura delle colpe. Medesima pena a chi
inviato in qualche luogo abbia fatto ritorno senza permesso, o procrastinato il
rientro; a chi mormora del vitto vestito o quant'altro. Ci si astenga dal
proclamare alcuno in capitolo per sentito dire, ma solo quando in possesso di
prove del crimine. Chi non è in grado di provare l'imputazione contro il diniego
dell'accusato, sconterà la pena prevista per l'accusato. Difetti e vizi non
restino occulti: chi ne è a conoscenza, denunci al prelato quanto veduto e
udito.
<I 18> Colpa graviore,
capitolo diciottesimo
Trasgressioni graviori.
Ostinata e manifesta ribellione al proprio prelato. Osare proterva resistenza al
medesimo, dentro e fuori convento. Percuotere. Delitto capitale. Tentare di
farsi esimere, se stessi o altri, dalla giurisdizione del proprio prelato.
Ricevere donativi vietati. Nascondere quanto ricevuto; comportamento da punire
alla stregua del furto, a detta del beato Agostino.
Chi proclamato vien provato colpevole, si alzi, implori perdono, confessi e
compianga la gravità del proprio crimine, denudato per ricevere la pena meritata
sia frustato a discrezione del prelato; occupi l'ultimo posto in convento; in
tal modo chi non s'è vergognato per mala condotta di farsi membro del diavolo,
resti separato dal consorzio dei discepoli di Cristo fino a piena resipiscenza.
A mensa non siede con gli
altri, mangia su nuda terra al centro del refettorio, separatamente servito di
pane rozzo e sola acqua, salva misericordiosa indulgenza del prelato. I suoi
avanzi non vengono mescolati con gli altri: per mostrargli che è separato dalla
compagnia dei fratelli finché la penitenza non lo ricongiunga alla compagnia
degli angeli.
Alle Ore canoniche e al rendimento di grazie dopo i pasti, giace prostrato
davanti all'uscio di chiesa mentre i frati entrano ed escono. Nessuno osi fargli
compagnia o fornirgli assistenza.
Chi soggetto a pena
graviore non sia tuttavia abbandonato al rischio della disperazione. Il prelato
invii frati anziani e saggi che sappiano muoverlo a pentimento, provocarlo a
pazienza, consolarlo compatendo, esortalo a riparazione, sostenerlo
intercedendo, se ne scorgano interiore conversione. Coinvolta l'intera comunità;
perché non accada che il prelato rifiuti un gesto misericordioso. Se necessario,
sia di nuovo frustato a piè dei singoli frati, del prelato prima, poi di quelli
seduti all'uno e l'altro lato. Nel corso di siffatta punizione, il trasgressore
non è ammesso all'eucarestia né al bacio della pace. Se predicatore, è sospeso
dall'ufficio di predicazione. Privo d'uffici liturgici nella celebrazione
divina, di pubblici incarichi, di voce (elettiva)
- se non per accusare se
stesso -
fino a piena riparazione; restituibile a tali diritti dal maestro
dell'ordine o dai definitori dei capitoli generale e provinciale. Se sacerdote o
diacono, resta interdetto a tali uffici finché non abbia dato prova di ravveduta
condotta.
Alla pena del carcere è
condannato: chi commette, Dio non voglia, peccato carnale, o furto cospicuo; chi
falsifica lettere e sigilli del maestro dell'ordine o dei priori provinciali, o
ne fa intenzionale impiego; chi mena le mani sul proprio prelato; chi percuote
chicchessia mortalmente, o con spietata violenza; chi indebitamente porta con sé
armi d'offesa entro i recinti conventuali; chi fa fare una delle suddette cose.
Con pena carceraria è parimenti punito: chi imputa falsamente a un frate del
nostro ordine o all'ordine stesso crimini puniti dalle nostre costituzioni con
carcere; chi svela tali crimini a persone secolari estranee alla giurisdizione
del nostro ordine, con conseguente infamia delle persone o dell'ordine.
Assolvere siffatti demolitori della nostra istituzione è competenza dei soli
maestro dell'ordine e capitolo generale.
Medesima pena carceraria è inflitta a chi addetto al gioco di dadi; a chi
consapevolmente incorso in sentenza di scomunica pronunciata secondo diritto da
qualsiasi giudice del nostro ordine.
Se qualcuno commettesse tali gravità fuori convento, il compagno si affretti a
intimargli d'emendarsi. Emendato, non faccia ritorno al luogo della
trasgressione; a meno che, ricuperata religiosa condotta, i definitori del
capitolo generale o provinciale gli diano licenza di farvi ritorno.
Se il crimine fosse rimasto occulto, si ingiunga al trasgressore debita pena
tramite procedure riservate.
Caso di frate dalle ambigue frequentazioni: più volte ammonito dal prelato con
consiglio e alla presenza di frati discreti, e non mutato comportamento, il
prelato gli ingiunge in forza del voto d'obbedienza e alla presenza dei suddetti
saggi di recedere da siffatte frequentazioni; se trasgredisce il comando, sarà
ritenuto reo comprovato di tale crimine.
Caso di trasgressore che volesse confessarsi al suo socio, e costui avesse
notizia del crimine per altre vie: il frate socio non accetti la confessione, se
non a condizione che a tempo e luogo debiti si riserva il diritto a proclamarlo
pubblicamente.
Manifesta cospirazione,
congiura o maliziosa macchinazione contro i propri priori e prelati: si proceda
alla correzione alla maniera or ora detta. Per l'avvenire il colpevole occuperà
sempre l'ultimo posto; in capitolo conventuale conserva il solo diritto
all'autoproclamazione; non gli si affidino pubblici incarichi, salva
restituzione ai diritti decisa dal maestro dell'ordine o dai definitori del
capitolo generale o provinciale.
Chi pur senza programmata malizia ha di messo in atto comportamenti
intollerabili contro il proprio prelato: lo si esorti prima con tutta umiltà e
carità a correggersi. Se più volte ammonito ignora o rifiuta d'emendarsi, si
riferisca la cosa al priore provinciale o ai visitatori, cosicché alla prossima
visita conventuale vaglino il caso e informino i definitori del capitolo
provinciale o generale.
In nessuna altra maniera i sudditi osino diffamare i propri prelati.
<I 19> Colpa gravissima,
capitolo diciannovesimo
Colpa gravissima è
l'incorreggibilità. Quella di chi non solamente non ha remore a trasgredire ma
anzi rifiuta di subirne la pena. Costui, dietro consiglio dei savi, sia
rinchiuso in carcere; a seconda delle gravità delle colpe, sia punito dal
prelato con digiuno ed astinenza. Oppure, a norma della Regola del nostro padre
Agostino e se il caso l'esige, sia spogliato dell'abito religioso ed espulso dal
nostro ordine, supposta fino allora capacità d'intendere e di volere. Anche chi
a giudizio dei savi non è tollerabile nella vita comunitaria senza grave rischio
o scandalo, sia chiuso in carcere e punito secondo le colpe a discrezione del
prelato.
<I 20> Apostati, capitolo
ventesimo
Chi abbia apostatato
dall'ordine è per ciò stesso scomunicato in forza di questo statuto. Se
rinsavito torna in convento, deponga l'abito, si presenti nudo in capitolo
recando le verghe di disciplina, prostrato confessi l'errore, supplichi perdono.
Sconterà pene di colpe graviori per la durata stabilita dal prelato, e
continuerà a presentarsi nudo in capitolo una volta la settimana.
Durante questo periodo di
punizione, l'apostata pentito occupa dappertutto in convento l'ultimo posto,
digiuna a pane ed acqua due volte la settimana per la durata d'un anno. Scontata
la pena, non ricupera il diritto al primitivo posto, salva dispensa dei
definitori del capitolo generale o provinciale; gli anni trascorsi in apostasia
non gli vengono computati nell'ordine del posto, cosicché egli sussegue i frati
con più anni di vita religiosa di quanti lui ne aveva al tempo della defezione.
Che se fuggisse una seconda
volta e poi tornasse, subirà la medesima punizione sopra descritta, aggiungendo
un secondo anno al primo, un terzo anno, un quarto e così via. A siffatti
trasgressori tuttavia, se in capitolo fanno umile richiesta d'indulgenza, il
prelato può diminuire o rimettere la pena a sua discrezione. Gli apostati d'un
convento non sono ricevibili di nuovo all'ordine dal priore d'altro convento
della medesima provincia senza licenza del priore provinciale; gli apostati
d'una provincia non sono ricevibili in altre province senza licenza del maestro
dell'ordine.
Chi in apostasia avesse
ricevuto gli ordini sacri o celebrato messa dopo la scomunica, è privato in
perpetuo del proprio ufficio; dispensabile solo con autorità apostolica quando
avesse dato prova di ravveduta condotta. Chi sia stato una volta apostata, o
colpevole provato di peccato carnale, o incarcerato legittimamente, è interdetto
per l'avvenire dal predicare, ascoltare confessioni, partecipare a qualsiasi
elezione, partecipare al trattato sulle mozioni al capitolo generale e
provinciale. Competenti a restituirlo all'esercizio di tali diritti sono i
definitori del capitolo generale o provinciale, non prima tuttavia che siano
trascorsi almeno tre anni. Se il trasgressore è predicatore generale, resta
privato dell'ufficio. È inabile ancora a cariche quali priorato, sottopriorato,
lettorato, definitore del capitolo generale o provinciale, predicatore generale,
elettore del maestro dell'ordine, se non con speciale licenza del maestro
dell'ordine. Medesima sentenza di pena colpisce chi falsifica lettere e sigilli
del maestro dell'ordine o del priore provinciale, e ne fa intenzionale impiego.
Parte seconda
<II 1> Case e conventi, capitolo
primo
L'istituzione d'una casa è
concessa dietro richiesta avanzata dal priore provinciale e definitori del
capitolo provinciale; congrua locazione od eventuale trasferimento sono
competenza dei medesimi. I frati destinati a nuove case son debitori in materia
di suffragi ai conventi d'origine, e viceversa i conventi nei loro confronti
come a propri frati conventuali, fintanto che risultino assegnati in quel
medesimo convento. Quanto al resto, tali frati appartengono semplicemente alle
case predette. Il convento non può essere istituito al di sotto di dodici frati,
senza autorizzazione del capitolo generale, e senza un priore e un dottore; se
tale numero legale venisse meno per diminuzione o trasferimento di frati, sia
reintegrato tramite nuove assegnazioni. Il convento in difetto di numero legale
non ha alcun diritto di partecipare nel capitolo provinciale o elezione del
provinciale a quella materia riguardante priore, suo socio ed elettori del
capitolo provinciale; salvo il caso di numero legale venuto meno per decesso
d'un frate entro l'anno. Sono dispensate dal numero legale le sole province di
Terra santa e Grecia. Il trasferimento d'una casa da provincia e provincia è
deliberato da tre capitoli.
Semplici e modesti siano gli
edifici delle nostre abitazioni. Né ricercatezza né superfluo nelle nostre case
in materia di sculture pitture pavimenti, o quant'altro possa compromettere la
nostra povertà. Chi contravviene in questo campo è punito con pena annessa a
colpa graviore. Parimenti non siano in nessun modo accettate proprietà e
redditi, né chiese con cura parrocchiale. Nessuno osi sollecitare benefici a
favore di suoi consanguinei.
In forza della professata
obbedienza e sotto pena di scomunica proibiamo rigorosamente a qualsiasi frate
d'adoprarsi per l'avvenire perché ai nostri frati sia affidata la cura di
monache o d'altre donne, se non con licenza del maestro dell'ordine. Proibiamo
rigorosamente che alcuno accetti predetta cura se non approvata da tre capitoli
continui, o demandata all'ordine per volontà del papa e di chi a ciò competente.
Chi contravviene è punito con pena di colpa graviore. Alle donne è
permanentemente precluso l'accesso al chiostro, oratorio, laboratori; eccetto il
giorno della consacrazione della chiesa, quando sono ammesse al coro e chiostro;
al solo coro fino a inizio ufficio il Venerdì santo. Per portiere sia nominato
un frate, chierico o converso, discreto maturo responsabile. Esegua il suo
compito con diligenza; se necessario, si scelga pure in aiuto un altro frate, o
un secolare d'onesta condotta.
<II 2> Elezione del priore
conventuale e istituzione del sottopriore, capitolo secondo
I priori conventuali sono eletti dal proprio convento seguendo la
procedura canonica: per scrutinio della maggioranza (assoluta) degli elettori,
oppure per compromesso, oppure per comune ispirazione, ignorate altre
sottigliezze giuridiche. Procedura da seguire quando l'elezione prescelta è per
interpellazione e scrutinio della volontà dei vocali: i voti dagli elettori
vengono raccolti dal sottopriore, o suo vicario in assenza del sottopriore, e
dai due frati più anziani di vestizione e mai receduti dall'ordine, salva
dispensa concessa dal maestro dell'ordine o dal capitolo provinciale o generale.
Si rende noto lo spoglio dei voti, si raffronta numero con numero. Nel caso che
la minoranza, interpellata se intende accedere al nominativo espresso dalla
maggioranza, acconsente, allora il primo vocale si alza e proclama: «Io N. a
nome mio e di tutti gli elettori qui presenti eleggo N. a priore di tale
convento», oppure «di tale provincia» in caso d'elezione del priore provinciale.
Se non l'intero collegio
elettorale bensì la sola maggioranza consente sull'eletto, allora il primo
vocale come sopra proclama: «Io N. per me e per quanti con me consentono eleggo
N.» eccetera come sopra. Medesima procedura si segue nell'elezione del maestro
dell'ordine e dei priori provinciali. Il priore eletto dev'esser confermato dal
priore provinciale, se ritiene congruo. Medesima procedura se l'eletto dalla
maggioranza dei vocali è d'altro convento. Nel chieder conferma del priore
eletto, il convento informa per iscritto circa numero e nomi degli elettori. Se
costoro entro un mese non eleggono o postulano, spetta al priore provinciale
nominare il priore di tale convento.
I frati hanno voce attiva
nell'elezione priorale dopo il quarto anno di professione. Prima di tale
termine, sono ineleggibili a socio del priore, a elettore del priore
provinciale, a priore. Frati d'altra provincia sono ammessi ad eleggere il
priore se al tempo dell'elezione abbiano trascorso un anno continuato nel
convento d'assegnazione. Prima di tale termine, non sono ammessi all'elezione
degli elettori del priore provinciale né al trattato sulle mozioni da inviare al
capitolo generale e provinciale. Il diritto a eleggere priori sia provinciali
che conventuali è esercitato solo dai vocali presenti di persona all'atto
d'elezione, come avviene per l'elezione del maestro.
Il priore conventuale col
consiglio dei savi istituisce il sottopriore. Ufficio del sottopriore è
soprintendere con diligenza al convento, sorprendere i trasgressori; altre
competenze delegate o permesse dal priore. Deceduto o rimosso il priore, il
sottopriore gli subentra con pieni diritti finché nuovo priore sia eletto,
confermato e presente in convento, a meno che il priore provinciale non disponga
altrimenti.
Deceduto rimosso o assente il
priore, e assenti sottopriore e vicario del priore, tre frati del convento colà
presenti e vocali nelle elezioni, più anziani di vestizione e mai receduti
dall'ordine, salva dispensa del maestro dell'ordine o del capitolo generale o
provinciale, son tenuti a eleggere
- differito ogni pasto, e
nonostante qualsiasi rinuncia -
un frate del convento nelle
veci di priore finché in convento non siano presenti priore o sottopriore; a
meno che priore provinciale o conventuale non abbia disposto altrimenti. Nei
capitoli quotidiani il sottopriore non è proclamabile, se non in caso di grave
eccesso a giudizio del priore.
<II 3> Elezione del priore
provinciale, capitolo terzo
Deceduto o rimosso il
priore provinciale, il priore del convento ospite del prossimo capitolo
provinciale ne fa le veci. Che se
il capitolo provinciale per qualche ragione fosse trasferito altrove -
traslazione di competenza del priore provinciale o suo vicario col consiglio dei
savi - a traslazione decretata il potere del priore vicario cessa, e le veci del
priore provinciale le assume il priore del convento dov'è stato trasferito il
capitolo. Parimenti se il capitolo generale fosse trasferito ad altra provincia,
anche l'autorità della vicarìa passa al provinciale di tale provincia.
Se il convento ospite del
capitolo assegnato o trasferito manca di priore, o costui decedesse durante la
propria vicarìa o fosse rimosso o si trovasse fuori provincia, in sua assenza fa
in tutto le veci del priore provinciale il priore del convento ospite del
precedente capitolo; e così a ritroso finché non si trovi il priore del convento
ospite del pregresso capitolo provinciale che assuma piena vicarìa del priore
provinciale. Se poi il priore del convento ospite del prossimo capitolo
provinciale non fosse in provincia o per qualche ragione non intervenisse al
capitolo, allo stesso modo il priore del convento ospite del precedente capitolo
fa in tutto le veci del priore provinciale nel solo capitolo. E così
continuando, finché il priore della medesima provincia non sia stato eletto e
confermato, presente in provincia lui o il suo vicario; o finché maestro
dell'ordine o capitolo generale non dispongano altrimenti.
Deceduto o rimosso il
priore provinciale nel capitolo generale o nel tempo intermedio tra questo e
capitolo provinciale o nello stesso capitolo provinciale, oppure una provincia
manchi del priore provinciale entro quel medesimo tempo per qualsiasi ragione,
spetta al capitolo provinciale la sua elezione. Se il priore provinciale eletto
non vien confermato, oppure muore od è rimosso dopo il capitolo provinciale, chi
ne tiene le veci convoca quanto prima gli elettori, costoro nel giorno stabilito
procedono a eleggerlo o postularlo; si celebra poi il capitolo provinciale, a
meno che precedentemente (in quell'anno) non fosse già stato celebrato. Che se
nel giorno stabilito gli elettori non avessero né eletto né postulato il
provinciale, spetta al maestro dell'ordine provvedere.
Hanno diritto di voto
nell'elezione del provinciale i priori conventuali e due frati per ogni
convento. Quest'ultimi da eleggere appositamente per ciascuna elezione
provinciale, in caso di più d'una; a maggioranza dei vocali conventuali, essendo
scrutatori il sottopriore o suo vicario e due frati più anziani di vestizione,
dopo convocazione di tutti i frati assegnati al convento, raggiungibili da
nunzio in un giorno di viaggio. Queste stesse norme elettorali valgono anche
nell'elezione del priore conventuale e nel trattato sulle mozioni da inviare al
capitolo provinciale. Gli elettori del priore provinciale seguono medesima
procedura descritta nell'elezione del maestro dell'ordine, eccetta reclusione in
conclave. Frate della medesima provincia, istituito vicario di provincia dal
maestro dell'ordine o dal capitolo generale, ha diritto di voto nell'elezione
del provinciale.
Scrutinano i voti dei frati
i tre priori conventuali più anziani di vestizione. Venga eletto uno dei due
frati elettori da dare in socio del priore conventuale al capitolo provinciale
di quell'anno, se va celebrato. Che se gli elettori, o uno dei due, fossero
impediti dall'andare al capitolo elettivo, il convento può eleggerne altri al
loro posto. Medesime disposizioni circa il socio del priore conventuale al
capitolo provinciale. Imminente l'elezione del priore provinciale, proibiamo
l'assoluzione dall'ufficio dei priori conventuali di tale provincia, salvo caso
di crimine o scandalo grave.
Il priore provinciale è
confermato o rimosso nel capitolo generale dal maestro dell'ordine e definitori
dopo diligente esame. Anche al solo maestro tuttavia è data facoltà di
confermarlo o rimuoverlo. Se l'ordine è senza maestro, la conferma spetta al
vicario dell'ordine. Se il maestro dell'ordine morisse o fosse rimosso dopo
conferma concessa e prima che pervenga all'eletto, la conferma conserva il
proprio valore.
Il priore provinciale nella
propria provincia ha la medesima autorità del maestro dell'ordine; e medesima
reverenza e obbedienza gli devono i coprovinciali quale al maestro dell'ordine,
a meno che costui sia presente. Il priore provinciale ha il dovere di visitare
l'intera sua provincia una volta l'anno, lui personalmente se possibile, o
tramite idonei vicari, ai quali a discrezione delega autorità e competenze.
Assolti dalla carica, i priori provinciali fanno ritorno ai conventi dai quali
furono assunti, salva diversa disposizione dei superiori. Se morissero durante
il provincialato, libri e altri beni ricevuti per provvigione dell'ordine dalla
provincia o da qualche convento prima del provincialato, appartengono a tale
provincia o convento. Tutto il resto appartiene ai conventi dai quali furono
assunti. Quanto invece acquisito durante il provincialato, appartiene alla
provincia di cui erano priori.
<II 4> Elezione del maestro, capitolo quarto
Deceduto o rimosso il
maestro dell'ordine prima della San Michele (29 sett.) o il giorno stesso della
festività, il priore conventuale o provinciale più prossimo al luogo del decesso
ne dà sollecita notizia al più vicino dei due conventi parigino o bolognese.
L'uno dei due conventi per primo informato ne trasmette notizia all'altro. Il
convento parigino ne dà al più presto notifica ai provinciali della Spagna,
Tolosana, Anglia, Teutonia, Dacia, Aragonia, Sassonia, Provenza; il bolognese a
quelli dell'Ungheria, Romana, Regno di Sicilia, Polonia, Terra santa, Grecia,
Boemia e Lombardia superiore. Deceduto o rimosso il maestro dopo la San Michele
(29 sett.), se ne dà ugualmente notifica ma per soprassedere quell'anno anno al
capitolo generale.
Deceduto dunque o rimosso
il maestro dell'ordine, il priore provinciale della provincia ospite del
seguente capitolo fa in tutto le veci del maestro dell'ordine finché eletto il
nuovo; eccetto assoluzioni dei priori provinciali e conventuali d'altre
province, ed eccetto trasferimenti dei frati da una provincia all'altra: nessuna
intromissione in questa materia, salvo il caso di frate non provinciale
richiesto per l'ufficio del provincialato. Se la provincia ospite del celebrando
capitolo manca del provinciale, o costui fosse deceduto o rimosso durante la
vicarìa, il priore provinciale della provincia ospite del capitolo
immediatamente precedente assume la suddetta vicarìa; e così a ritroso finché in
qualcuna delle province sia reperito il vicario. Appena tuttavia la provincia
ospite del capitolo celebrando ha il priore provinciale confermato, costui
ottiene la suddetta vicarìa.
Accedono al capitolo
generale i singoli priori provinciali delle diciotto province, insieme con due
frati eletti nel capitolo provinciale dalla maggioranza assoluta di vocali. Se
in qualche provincia è stato già tenuto il capitolo provinciale e nella prossima
Pentecoste cade l'elezione del maestro, il definitore del capitolo generale e il
suo socio fungono quell'anno da elettori del maestro dell'ordine. Nell'anno
invece dei priori provinciali, elettori del maestro saranno i due più anziani di
vestizione tra i definitori del precedente capitolo provinciale. Il più anziano
dei due, sarà anche definitore del capitolo generale dell'anno; se poi costui
non potesse accedere al capitolo o fosse stato definitore nel precedente
capitolo, a definire sarà ammesso l'altro. Convenuti la vigilia di Pentecoste, i
capitolari vengono rinchiusi in stretto conclave nel luogo dell'elezione dai
priori e frati locali; nessuno ne possa uscire, e nessun alimento sia
somministrato fino ad avvenuta elezione del maestro dell'ordine secondo
procedura canonica. Tenuti a osservare tali disposizioni sono e i vocali e i
custodi del conclave. Chi contravviene è issofatto punito con scomunica e pena
di colpa graviore.
Procedura d'elezione.
Chiusi in conclave gli elettori, quando l'elezione prescelta è per
interpellazione e scrutinio della volontà dei vocali, i tre provinciali più
anziani di vestizione dei diciotto raccolgono uno per uno i voti dei singoli, li
scrutinano alquanto in disparte nel medesimo luogo e alla vista di tutti, ne
scrivono il risultato. Se ispirati dalla grazia divina i vocali concordano
unanimi nella stessa persona, costui è il legittimo maestro dell'ordine.
Altrimenti, chi ottiene più della metà dei voti, costui è il maestro legittimo
in forza di siffatta elezione e della presente costituzione. Impossibilitati
taluni degli elettori a venire al capitolo elettivo, l'elezione del maestro vien
celebrata in ogni modo dai vocali presenti. Il lunedì dopo Pentecoste il
capitolo abbia sempre il maestro, di nuova o antica elezione, presente o
assente. In tal giorno infatti il capitolo inizia la sua solenne celebrazione, e
non può restare acefalo.
Quanto stabilito circa
elezione del maestro va osservato con fermezza e senza obiezione. Chiunque osa
contraddire pertinacemente o ribellarsi, è da ritenere scomunicato, scismatico e
demolitore del nostro ordine; fino ad avvenuta riparazione, rimane segregato
dalla comunione di tutti i fratelli e sottoposto a pena di colpa graviore. In
virtù dello Spirito santo ordiniamo che nessuno osi mutare alcunché circa
l'assetto dell'ordine prima dell'elezione del maestro.
<II 5> Elezione dei
definitori del capitolo provinciale e generale, capitolo quinto
Nei singoli capitoli
provinciali annuali delle province di Spagna, Tolosana, Francia, Lombardia
inferiore, Romana, Regno di Sicilia, Ungheria, Teutonia, Anglia, Grecia,
Polonia, Dacia, Gerosolimitana, Aragonia, Boemia,
Provenza, Lombardia superiore, Sassonia, vengono eletti quattro frati più
maturi e idonei; scrutatori dell'elezione sono il priore provinciale, o suo
vicario, priore e sottopriore del convento ospite del capitolo; se uno di questi
mancasse, l'elezione procede con due scrutatori; se mancassero due, scrutatori
saranno i due frati più anziani di vestizione presenti in capitolo. I tre
scrutatori, o due se il terzo mancasse, raccolgono uno per uno i voti dei
singoli, li scrutinano alquanto in disparte nel medesimo luogo e alla vista di
tutti, ne scrivono fedelmente il risultato. Subito dopo, nel medesimo luogo e
prima che i frati si disperdano o scambino parola, gli scrutatori rendono
pubblico il risultato proclamando nome degli elettori e degli eletti. Coloro che
raccolgono più voti sono dichiarati definitori.
Se i voti si dividono in
parti uguali, si passa allora ad eleggere con medesima procedura di scrutinio un
frate non vocale nell'elezione precedente; la parte cui costui aderisce deciderà
dei definitori. Se nell'eleggere costui non si raggiunge la maggioranza, si
procede ad eleggere un altro, e così via fino a maggioranza raggiunta. I quattro
definitori vengono eletti il giorno immediatamente precedente l'indizione del
capitolo provinciale, e da allora ha inizio la loro autorità. Se qualcuno dei
quattro definitori muore durante il capitolo o fosse impedito per legittima
causa, gli elettori sopraddetti ne eleggono senza indugio un altro secondo
medesima procedura; l'eletto ottiene medesima autorità degli altri definitori, e
in luogo del deceduto o impedito dibatte e definisce con gli altri tutte le
questioni del capitolo.
La maggioranza dei capitolari
delle diciotto province per due anni elegge inoltre un frate dei più idonei a
definitore del capitolo generale, seguendo procedura elettiva sopra descritta
per i definitori del capitolo provinciale; scrutatori dell'elezione sono il
priore provinciale, o suo vicario, priore e sottopriore del convento ospite del
capitolo; se uno di questi mancasse, l'elezione procede con due scrutatori; se
mancassero due, scrutatori saranno i due frati più anziani di vestizione
presenti in capitolo. Priore provinciale e definitori assegnano al definitore
(del capitolo generale) un socio competente. Sia definitore che socio siano
scelti entro la propria provincia; criterio da osservare senza riserve anche per
gli elettori del maestro dell'ordine. Parimenti, soci dei priori al capitolo
provinciale ed elettori del provinciale siano scelti entro i propri conventi.
Se un anno il capitolo
generale non è celebrato, definitore del capitolo generale sarà chi eletto nel
seguente capitolo provinciale. L'eletto nel precedente capitolo non è
rieleggibile al medesimo ufficio nel capitolo dei definitori immediatamente
successivo. Il socio prende automaticamente il posto del definitore se nel
frattempo costui morisse, o fosse eletto e confermato priore provinciale, o in
qualunque modo impedito a partecipare al capitolo generale. Se l'uno o l'altro
fosse sorpreso da simile impedimento, il primo convento ospite gli fornisca
congruo compagno di viaggio. Frati eletti un anno a definitori del capitolo
provinciale non sono rieleggibili al medesimo ufficio l'anno successivo.
Medesima disposizione vale per i definitori del capitolo generale.
<II 6> Capitolo quotidiano,
capitolo sesto
Il capitolo si tiene dopo il
Mattutino; talvolta dopo Prima, o lo si omette per non impedire lo studio, a
discrezione del prelato. Entrati in capitolo, il lettore dà lettura della luna
calende martirologio eccetera, il sacerdote prosegue con «Preciosa
est» eccetera. I frati seggono, il lettore pronuncia la lezione delle
costituzioni o del vangelo del tempo, premesso
Iube domine e data dall'eddomadario
la benedizione Regularibus disciplinis
se son da leggere le costituzioni, o
Divinum auxilium se è da leggere il vangelo. Suffragati i defunti, chi
presiede il capitolo dice Benedicite,
tutti rispondono Dominus e fanno
inclinazione.
Si recitano poi i benefici, il
priore pronuncia «Retribuere dignare»
eccetera, tutti dicono i salmi Ad te
levavi, De profundis, seguono
Kyrieleison e Pater noster, i versetti
«Oremus pro domino papa» «Salvos fac
servos tuos et ancillas tuas» «Requiescant in pace» «Dominus vobiscum» da
parte dell'eddomadario, e relative tre collette «Omnipotens
sempiterne Deus qui facis» «Pretende» «Fidelium Deus». Seggono quindi i
frati. Il prelato esorta brevemente all'onestà di condotta e ammonisce i frati,
se ritiene opportuno. I novizi abbandonano il capitolo. Chi presiede dice
«Facciano la venia quanti si ritengono colpevoli di qualcosa». Allora chi si
ritiene in colpa, prostrato chiede perdono, in piedi confessa umilmente le
proprie trasgressioni. Disposto ad accettare proporzionata punizione ingiunta
dal priore e suo delegato.
In capitolo i frati
prendono la parola per due sole ragioni: denunciare proprie e altrui colpe,
rispondere alle domande del prelato. Quando uno sta parlando in piedi, gli altri
tacciono. Nessuno osi proclamare qualcuno sul solo sospetto; né sul sentito
dire, se non indicando da chi, e costui sia reperibile in casa. Finita la
proclamazione delle colpe, si recita il salmo
Laudate Dominum, versetto «Ostende
nobis Domine» e «Dominus vobiscum»,
colletta «Actiones» eccetera. In fine
dice il priore «Adiutorium nostrum in
nomine Domini», e il capitolo ha termine.
<II 7> Capitolo provinciale,
capitolo settimo
Il capitolo provinciale
vien celebrato dopo il capitolo generale; luogo e giorno scelti dal priore
provinciale col consiglio dei definitori. Il capitolo provinciale è l'assemblea
composta dai priori conventuali, dai soci dei priori eletti dalla maggioranza
assoluta del capitolo (conventuale) e dai predicatori generali. I definitori che
fossero eletti al di fuori dei capitolari prendono parte in tutto ai lavori di
quel solo capitolo. Istituiscono i predicatori generali priore provinciale e
definitori del capitolo provinciale; incompetente qualsivoglia vicario, sia pure
con definitori. I predicatori generali esercitano tale ufficio solo nella
provincia d'istituzione. Nessun
priore conventuale porti con sé altri frati al capitolo generale o provinciale
senza legittimo motivo. Se priore provinciale o suo vicario fossero impediti e
assenti, il priore del convento ospite dell'imminente capitolo procede insieme
con i definitori alla celebrazione del capitolo.
I definitori dibattono e
definiscono tutte le questioni insieme col priore provinciale. Qualsiasi vicario
generale della provincia, comunque legittimamente istituito, sostituisce il
provinciale, dice il Fidelium, dà
licena di parola, concede lettere di benedici di quella provincia, nel solo
tempo del capitolo in corso. Se nel votare le decisioni i definitori si dividono
in parti uguali, prevarrà la parte cui aderisce il priore provinciale; prevale
altrimenti la maggioranza. Se per accessione o assenza del priore provinciale o
suo vicario o per qualsiasi altra ragione i voti risultano pari, si elegge
allora un capitolare; prevarrà la proposta della parte cui costui aderisce. I
quattro definitori ascoltano alla presenza dei frati ed eventualmente correggono
con debita penitenza gli abusi del priore provinciale, sia egli confesso che
proclamato nel capitolo provinciale. Se, Dio non voglia, lo trovassero
incorreggibile, lo sospendono dal provincialato fino al capitolo generale, lo
sostituiscono con frate idoneo, riferiscono i suoi errori al capitolo generale
per lettera sigillata.
Ogni anno, ascoltate le
colpe nel capitolo provinciale i definitori presiedono, alla presenza di tutti,
lo scrutinio segreto circa conferma o rimozione del priore provinciale; con
esplicita annotazione dei nomi ed ufficio dei frati votanti. Siffatto scrutinio
non va reso pubblico né mostrato al alcuno; autenticato dai singoli definitori e
sigillato alla presenza di tutti, sarà trasmesso al capitolo generale dal
definitore del medesimo capitolo, o suo socio, oppure dal socio del provinciale
nell'anno del capitolo dei provinciali. Medesime norme di scrutinio si osservano
circa conferma o rimozione del priore conventuale in occasione del trattato
sulle mozioni da inviare al capitolo; scrutatori il sottopriore, o vicario in
assenza del sottopriore, e due frati più anziani di vestizione presenti in
capitolo; autenticato con sigillo conventuale, sarà trasmesso al capitolo
provinciale dal socio del priore.
Ordiniamo in forza del voto
d'obbedienza ai suddetti scrutatori dei voti di non svelare ad alcuno in nessun
modo lo scrutinio. Se qualcuno degli scrutatori del priore conventuale fosse
impedito, la maggioranza degli elettori conventuali ne designa un altro tra i
frati vocali. Costui sostituisce in tutto lo scrutatore impedito nel raccogliere
controllare registrare voti e quanto attinente lo scrutinio; tenuto similmente
dal voto d'obbedienza alla segretezza dello scrutinio al pari degli altri
scrutatori. Medesime norme si osservano in tutto nello scrutinio degli elettori
del priore provinciale e nell'elezione del priore conventuale. I frati professi
con almeno tre anni dall'ingresso nell'ordine possono esser presenti all'accusa
e correzione. I frati con meno d'un quinquennio dall'ingresso nell'ordine non
sono ammessi al trattato sulle mozioni da inviare al capitolo generale o
provinciale, né all'elezione del socio del priore conventuale, né all'elezione
degli elettori del priore provinciale.
priori, insieme col proprio
convento, ogni anno inviano relazione scritta al capitolo provinciale del
bilancio conventuale e d'eventuali debiti. Nessuna petizione è inoltrabile al
capitolo provinciale se non dal convento; nessuna petizione è inoltrabile al
capitolo generale se non approvata dal capitolo provinciale. Nessun religioso
d'altro ordine e regola, nessun secolare di qualsiasi condizione dignità stato,
sia ammesso a materia e dibattiti riservati al capitolo. In ciascun capitolo
priore provinciale e definitori fissano il tempo prima del quale i frati non
devono convenire al capitolo seguente.
<II 8> Capitolo generale,
capitolo ottavo
Il capitolo generale è
celebrato alternativamente un anno in Parigi e un anno in Bologna, salva diversa
decisione del maestro e dei definitori per legittima causa. I diciotto
definitori delle province due anni (consecutivi), e i diciotto priori
provinciali il terzo anno, insieme col maestro dell'ordine, dibattono
determinano legiferano su ogni materia. Se costoro nel votare si dividono in
parti uguali, prevale la parte cui aderisce il maestro dell'ordine; altrimenti
prevale la maggioranza. Se a seguito dell'accesso del maestro le parti ottengono
pari numeri, i definitori eleggono uno a determinare la maggioranza così come
stabilito nell'elezione dei definitori provinciali.
Impediti taluni capitolari
a convenire al capitolo, i presenti insieme col maestro dell'ordine svolgono
tutti i lavori capitolari. Assente per qualche ragione il maestro, uno dei
definitori scelto dalla maggioranza dei definitori stessi è assunto a vicario
del maestro dell'ordine; costui durante il capitolo fa le veci del maestro
soltanto e in tutto quanto concerne i lavori capitolari; al di fuori del
capitolo occupa il posto che gli spetta, nelle definizioni esprime un solo voto.
Se i definitori nello sceglierlo si dividono in parti uguali, eleggeranno allora
uno dei frati presenti; il candidato della parte cui costui aderisce, diventa
vicario. Insieme col vicario i definitori procedono alle decisioni capitolari.
Se nel votare le decisioni si dividono di nuovo in parti uguali, procedono
secondo il suddetto dispositivo.
I definitori del capitolo
generale hanno piena autorità circa correzione degli eccessi del maestro
dell'ordine e circa sua rimozione. In questa e altra materia la sentenza dei
definitori va osservata senza riserve, e a nessuno è lecito far ricorso contro
di essa. Un ricorso presentato sia ritenuto futile e nullo. Sotto minaccia di
scomunica proibiamo ricorsi dentro il nostro ordine. Emendazione degli errori è
il nostro proposito, non contesa.
Dopo che loro stessi sono
stati proclamati, i definitori a tempo opportuno e in luogo separato procedono
alla correzione degli eccessi del maestro dell'ordine. Costui si prosterna e
chiede venia, poi si alza e dichiara i propri errori. I definitori l'ascoltano.
Ascoltate a sua volta le proclamazioni, il maestro si ritira, e in sua assenza i
definitori discutono e decidono la correzione. Se lo trovano prevaricatore delle
proprie competenze e sprezzante dello stato dell'ordine al punto da provocarne
sfaldamento, lo persuadano a dimettersi, a scegliersi una residenza dove
dignitosamente vivere. In caso contrario i definitori hanno facoltà di
rimuoverlo dall'ufficio di governo dell'ordine. Non accettano sue dimissioni se
non per qualcuno dei motivi suddetti, o per impedimento perpetuo a svolgere i
compiti del magistrato. Impedimento perpetuo è quello riconosciuto tale dagli
stessi definitori col consiglio dei savi.
In virtù dello Spirito
santo e del voto d'obbedienza proibiamo fermamente ai frati di divulgare agli
estranei quanto possa turbare o disonorare l'ordine: motivi di deposizione del
maestro o del priore provinciale, loro abusi e correzione, segreti del capitolo,
dissensi tra definitori o tra frati. Chi deliberatamente contravviene sia
considerato scomunicato scismatico e demolitore del nostro ordine; fino ad
avvenuta riparazione, rimane segregato dalla comunione di tutti i fratelli e
sottoposto a pena di colpa graviore. Con medesimo genere di precetto diffidiamo
chiunque dal tramare a dividere il nostro ordine con parole o fatti; se
contravviene, sarà sottoposto alla suddetta punizione.
Se nell'anno del capitolo
dei priori provinciali cade l'elezione del maestro dell'ordine, uno dei (due)
frati elettori di ciascuna provincia eletto nel capitolo provinciale viene
ammesso anche a definire insieme con i provinciali; se costui non fosse venuto
al capitolo, a definire accede il secondo elettore. Se l'elezione del maestro
cade nel capitolo dei definitori, i priori provinciali convengono (al capitolo)
con i definitori, e tutti insieme prendono parte ad unica attività definitoria.
In virtù dello Spirito
santo e del voto d'obbedienza e sotto minaccia di scomunica proibiamo fermamente
ai priori provinciali di compromettere in alcun modo il ruolo dei frati
definitori tramite gli atti definitorii; e viceversa. Che se gli uni o gli altri
tentassero di farlo, con medesimo genere di precetto diffidiamo chiunque dal
prestar loro obbedienza.
I difinitori del capitolo
provinciale assegnano un socio al priore provinciale che va al capitolo
generale. Tutti i priori conventuali insieme con i propri soci e i predicatori
generali della provincia ospite del capitolo generale vengono quell'anno al
capitolo generale; in provincia non sarà celebrato quell'anno altro capitolo
provinciale.
<II 9> Solenne celebrazione
del capitolo, capitolo nono
Il capitolo generale,
quanto all'autorità dei definitori, inizia la vigilia di Pentecoste. Il lunedì
dopo Pentecoste i frati si riuniscono in capitolo, invocano devotamente lo
Spirito santo, che li guida come figli di Dio, dicono il versetto «Emitte
Spiritum tuum» eccetera, con l'orazione dello Spirito santo. Si seggono ai
loro posti, ascoltano in comune la parola di Dio, ché da essa "furono fatti i
cieli". A tutti è lecito attendere al sermone, a propria edificazione.
A fine sermone, per
provvedere quanto prima ai necessari suffragi, si ricordano i frati deceduti
quell'anno, si dà la comune assoluzione, si recita il salmo
De profundis, Kyrieleison, Pater noster,
versetto A porta inferi eccetera,
orazione Absolve eccetera. Si dà
lettura delle missive, alle quali si risponderà a suo tempo. Raccomandati i
vivi, si recita il salmo Ad te levavi,
Kyrieleison, Pater noster, versetto
Salvos fac servos, orazione Pretende.
A questo punto chiunque non sia membro del capitolo si ritira. Prende parola chi
inviato a giustificare le assenze. Si passa alla confessione delle colpe. Se
taluni si son presentati al capitolo generale o provinciale senza licenza,
confessano per primi le colpe, ricevono la penitenza, abbandonano il capitolo.
Nessuno si assenti dal
capitolo senza licenza e necessità. Uscito non gironzoli; finita la necessità
rientri al più presto. Gli ufficiali che non hanno debitamente assolto al dovere
delle visite (provinciali o circoscrizionali) dichiarano la propria colpa e
ricevono meritata punizione. Penitenza scritta è inviata agli assenti
ingiustificati, ai trasgressori che non abbiano riparato. Il convento che
sottopone capi d'accusa al capitolo generale e provinciale deve scrivere numero
e nomi degli accusanti, benché testimoni diretti. Un'accusa mossa da uno solo
non ha corso nei capitoli generale e provinciale. Il trattato sulle mozioni da
inviare al capitolo non si prolunghi oltre un giorno.
Chi avesse particolari
questioni sia personali che comunitarie pertinenti all'ordine o alla
predicazione, li propone a una commissione di frati a ciò istituita dal maestro
e definitori; da risolvere a suo tempo e luogo. Controversie tra frati del
nostro ordine, Dio non voglia, in fatto di libri o d'altri beni, non vanno
dibattute in capitolo, ben sapendo quanto lo spirituale debba sopravanzare il
temporale; saranno i suddetti frati commissari a discutere il caso fuori
capitolo, dirimere il conflitto, ristabilire la pace tra i frati.
Risoluzioni circa questioni
particolari, correzione dei frati, predicatori da inviare a predicare e studenti
a studiare, son prese dal prelato maggiore con altri a ciò designati. Quanto
costui disporrà con l'aiuto dello Spirito santo, sia unanimemente e devotamente
fatto proprio dal capitolo. Nessuno mormori, nessuno protesti, nessuno
contraddica. Chiudono il capitolo confessione pubblica delle colpe, assoluzione,
benedizione ai perseveranti. Medesima procedura si osserva nel capitolo
provinciale.
Maestro dell'ordine o
priori provinciali non mutino gli atti dei capitoli provinciale o generale se
non in caso speciale e per ragione necessaria e utile. Parimenti non mutino
costituzione generale dell'ordine o consuetudine da lungo osservata e
comunemente approvata, se non per comprovata volontà di tre capitoli. La
celebrazione del capitolo generale ha inizio la vigilia di Pentecoste; la sua
durata non si protrae oltre sabato dell'ottava di Pentecoste, se non d'un giorno
o due al massimo per ragionevole motivo a giudizio del maestro dell'ordine e
definitori. Medesimo numero di giorni durano i capitoli provinciali. Per urgente
necessità il maestro dell'ordine o suo vicario col consiglio dei savi può
trasferire il capitolo generale all’altro convento della medesima provincia. Se
in quella provincia quello stesso anno non si può comodamente tenere il capitolo
generale, il maestro dell'ordine, o suo vicario in caso di maestro deceduto o
rimosso, può trasferire il capitolo ad altra provincia col consiglio dei savi.
<II 10> Capitolo generalissimo, capitolo decimo
Il capitolo generalissimo
è convocato solo su richiesta della maggioranza delle province, o quando stimato
opportuno dal maestro con metà delle province. Le province richiedenti scrivano
le motivazioni della richiesta; non perché il capitolo generale sia competente
di giudicarne la tenuta, ma perché i frati possano valutarle prima del capitolo.
Prendono parte al capitolo generalissimo i singoli priori provinciali con due
soci eletti dalla maggioranza assoluta dei vocali del capitolo provinciale. La
convocazione sia notificata due anni in anticipo, salva urgente necessità.
L'anno dall'incarnazione
del Signore mille duecento vent'otto convennero a San Giacomo di Parigi i priori
provinciali insieme col venerabile padre fra Giordano di buona memoria maestro
dell'ordine nostro; ciascun provinciale accompagnato da due definitori
assegnatati dai capitoli provinciali. Tutti i frati all'unanimità trasferirono
loro i propri voti e conferirono piena autorità: fermo e stabile sarebbe restato
per l'avvenire quanto da loro deciso, nell'emanare o abrogare costituzioni,
mutare aggiungere sopprimere; a nessun capitolo, di qualsivoglia autorità,
sarebbe stato lecito mutare quanto da loro decretato immutabile per sempre. I
priori predetti insieme con i definitori, invocata la grazia dello Spirito
santo, dopo diligente esame emanarono concordemente talune costituzioni intese a
beneficio onestà e conservazione dell'ordine; le inserirono al loro posto tra le
altre costituzioni. Tra di esse, talune le vollero inviolabili e perpetuamente
vigenti: ricusazione di proprietà e redditi; interdizione dei ricorsi; diffida
ai priori provinciali dal compromettere il ruolo dei frati definitori tramite
atti definitorii, e viceversa. Talaltre costituzioni le vollero immutabili
relativamente, ossia finché capitolo consimile in risposta a nuove emergenze non
decretasse d'introdurre temporanee mutazioni: legislazione costituzionale frutto
di tre capitoli continui; interdizioni di viaggiare su cavalcature, di recar
danaro con sé, di mangiar carni salvo caso di malattia; in tutto ciò tuttavia il
prelato può lecitamente dispensare secondo luoghi e tempi.
<II 11> Visitatori, capitolo
undicesimo
Priore provinciale e
definitori nominano nel capitolo provinciale quattro frati per visitare la
provincia; più di quattro, se il capitolo ritenesse opportuno.
Loro compito è informarsi e emendare errori dei priori conventuali e dei
frati, senza emettere decreti o mutare l'assetto conventuale. Occupano il posto
loro consueto, eccetto in capitolo quando svolgono l'ufficio di correzione;
questa da portare a termine entro tre giorni ininterrotti. Costatato il
persistere di situazioni gravi e pericolose, benché denunciate a suo tempo dal
precedente visitatore, le sottopone al maestro e definitori del capitolo
generale testificate dalla maggioranza del capitolo (conventuale); oppure al
priore provinciale e definitori del capitolo provinciale se lì non si tenesse
quello generale.
I visitatori, oralmente
se presenti o tramite relazione scritta, riferiscono ai definitori del capitolo
provinciale, o generale se tenuto in provincia, circa i frati visitati: se
costanti nella pace, assidui nello studio, ferventi nella predicazione; quale la
pubblica reputazione, quali i frutti; se nel vitto abbigliamento o altro
s'attengono alle prescrizioni costituzionali. Priori lettori sottopriori non
sono eleggibili a visitatori. Se prima o durante la visita un visitatore viene
eletto e confermato priore, oppure muore o altrimenti impedito, il priore
provinciale provvede a sostituirlo con altro frate.
<II 12>
Predicatori, capitolo dodicesimo
Massima cura usino i
priori nell'affidare l'ufficio di predicazione a frati idonei, di riconosciuti
costumi e scienza. L'impreparazione dei predicatori non torni a disonore
dell'ordine e a rischio delle anime. Nessuno è promovibile a predicatore
generale prima d'un triennio di scuola teologica, se non maturo e prudente nel
trattare nei capitoli i problemi dell'ordine.
Chi inferiore a
venticinque anni d'età è inidoneo all'ufficio di predicazione fuori convento e
comunità dei frati; o a predicare al popolo e udire confessioni degli esterni,
senza permesso del priore accordato in capitolo col consiglio dei savi.
Agl'idonei all'ufficio, in partenza per predicare il priore assegna un compagno,
tenuto conto d'onesta condotta di vita. Ricevuta la benedizione, i predicatori
vanno per le vie del mondo intenti alla propria e altrui salvezza, in
rettitudine e onestà, come conviene a persone evangeliche, sulle orme del
proprio Salvatore. Dicono parole d'edificazione con Dio o di Dio, con se stessi
o col prossimo. Evitano frequentazione e familiarità sospette. Si astengono da
liti e processi giudiziari, se non pertinenti a questioni di fede.
Nell'entrare in un
territorio diocesano i nostri frati fanno anzitutto visita al vescovo, se
possibile; secondo i suoi suggerimenti si adoperano a portar frutto spirituale
tra il popolo; al vescovo obbedienti, fintano in sua diocesi, in ciò che non sia
contro il nostro ordine. Non è lecito predicare in una diocesi contro
l'interdizione del suo vescovo, salvo credenziali e mandato del sommo pontefice.
Nelle prediche non si scaglino irosi contro alti uomini (di chiesa), per non
scandalizzare religiosi e chierici; li esortino invece in privato, come loro
padri, ad emendarsi. Il compagno assegnato al predicatore, gli ubbidisce come al
proprio priore. Nelle loro predicazioni i nostri frati si astengano dal
sollecitare danaro o colletta di danaro a beneficio del convento o di singola
persona.
<II 13> Itineranti, capitolo
tredicesimo
Sulle strade del mondo
per annunciare la parola di Dio o per altri ministeri, i frati non portino con
sé né oro né argento né danaro né doni. Loro unico viatico sia lo stretto
necessario: vitto vestiti libri. Al rientro in convento, rimettano a
disposizione del prelato quanto recano con sé. Regali delle donne, i frati né li
accettino né li facciano; specie i confessori. Non accettino di far elargitori
di beni e danari, né depositari d'estranei, se non di libri o paramenti
ecclesiastici.
Predicatori e itineranti
in cammino dicono l'ufficio divino come le circostanze permettono; si adeguano
all'ufficio in calendario nelle chiese ospiti. I frati viandanti recano con sé
lettere testimoniali. Sono soggetti alla correzione di trasgressioni nei
conventi ospiti. Priore provinciale o conventuale, loro vicari, sottopriore,
visitatore e altri, secondo competenza territoriale in qualsiasi provincia hanno
piena autorità di punire gl'itineranti che delinquono allo stesso modo dei
propri frati.
Il più anziano
nell'ordine è il primo sulla strada, se non dato in compagno al predicatore, o
se alla loro partenza il priore abbia diversamente disposto. Nessun frate acceda
alla curia senza licenza del maestro o capitolo generale. S'invii un nunzio ai
frati lì residenti, oppure si designi un procuratore a disbrigare eventuali
negozi. Il priore accolga onorevolmente un priore in visita; l'ospite non
s'aggiri né sosti in città senza parere del priore. I frati Minori, al pari dei
nostri, siano accolti con amore e gioia, convenientemente assistiti secondo le
possibilità del convento.
Priore provinciale senza licenza del maestro, frate qualsiasi senza licenza del
maestro o del priore provinciale, che accettano arcivescovato o vescovato, in
forza di questo statuto sono privati in vita e in morte dei suffragi, della
società e di tutti i benedici dell'ordine.
Frati vescovi del nostro
ordine, o quant'altre persone assegnate fuori dell'ordine, che non osservano
digiuni astinenze vitto vestito prescritti dalle nostre costituzioni, son
privati in vita e in morte dei suffragi e benefici dell'ordine; dopo congrua
riparazione della trasgressione, maestro o proprio provinciale possono
reintegrarli a tali benefici. In virtù del voto d'ubbidienza e dello Spirito
santo proibiamo ai priori provinciali e conventuali e loro vicari di dar licenza
ai frati d'accettare, o trattare in qualunque modo, elezione o postulazione a
qualsiasi dignità e cariche fuori dell'ordine inferiori all'episcopato.
Al medesimo precetto astringiamo il frate che, ottenuta licenza nonostante detta
interdizione, persegue siffatte promozioni per propria o altrui iniziativa.
Chiunque contravviene a quanto sopra, incorre sentenza di scomunica issofatto in
forza di questo statuto. Privato inoltre d'ogni grazia e beneficio dell'ordine;
ad essi reintegrabile soltanto dal maestro dell'ordine o capitolo generale.
Il frate che per sé o per
altri procura di far revocare, tramite qualsiasi persona esterna alla
giurisdizione del nostro ordine, prescrizioni o ingiunzioni a lui o ad altri
fatte; o procura di farsi assegnare a qualche provincia o convento o incarico o
a studio generale, e farsi di lì rimuovere; oppure di poter risiedere con
persone estranee: è issofatto punibile in forza della presente diposizione con
pena annessa a colpa graviore; privato inoltre di ogni voce nella proclamazione
altrui, nelle elezioni, nei trattati circa petizioni da inviare ai capitoli
generali. Dispensabile da tale pena dai soli maestro dell'ordine o definitori
del capitolo generale.
Se frate converso, è issofatto privato di ogni voce, eccetto
nell'autoproclamazione, relegato all'ultimo posto; reintegrabile nei suoi
diritti dai soli maestro dell'ordine o definitori del capitolo generale.
Sconterà in ogni caso la pena annessa a colpa graviore.
<II 14> Studenti, capitolo
quattordicesimo
Cura solerte si deve agli
studenti. Speciale frate (maestro degli studenti) è preposto alla loro
formazione, dispone quando devono trascrivere fascicoli scolastici, attendere
alle lezioni ecc. Ha facoltà di correzione in ambito di studio, ricorre al
prelato quando il caso oltrepassa le sue competenze. Gli studenti non si
applichino ai libri dei pagani e dei filosofi, se non per saltuario ricorso. Non
apprendano scienze secolari né le cosiddette arti liberali, salva personale
dispensa accordata dal maestro dell'ordine, capitoli generale e provinciale,
priore provinciale. Attendano invece, giovani ed altri, ai soli libri di testo
delle scuole di teologia. Tanto dediti allo studio che giorno e notte, in casa e
in viaggio, sempre leggano o meditino qualcosa. E si sforzino di mandare a
memoria quanto più possono.
Avrà cura il priore
provinciale d'inviare frati idonei all'insegnamento, e prevedibilmente atti alla
reggenza, a studiare nei conventi fuori provincia dove vige lo
studium, con consiglio e assenso dei
definitori del capitolo provinciale o loro maggioranza. Se entro sei mesi dalla
celebrazione del capitolo taluno di tali studenti morisse o risultasse
legittimamente impedito, il priore provinciale ha facoltà di surrogarlo. Il
convento ospite non li occupi in altre mansioni, né li rinvii alla provincia
d'origine se non richiamati. Compiuti tre anni in un determinato
studium, gli studenti sono issofatto
assolti dall'assegnazione al medesimo; salvo differimento autorizzato dal
maestro dell'ordine. Disposizioni circa studenti da osservare anche all'interno
della medesima provincia.
Ciascuna provincia deve
provvedere ai propri frati inviati allo
studium almeno tre libri del curriculum teologico: Bibbia,
Historie [di Pietro il Comestore †
1178 ca.], Sententie [di Pietro
Lombardo † 1160]. A questi libri, e testo e glosse, si applichino principalmente
gli studenti. Nessuno faccia copiare libri amministrativi del convento se non
per comune utilità. Nessuno rivendichi uso esclusivo di libri, né si risenta
quando presi da altri o affidati ad altrui custodia. In giorno di domenica e
festività liturgiche di grado semiduplice e duplice, si astengano dal copiare
fascicoli scolastici.
Casi di frate inviato da
provincia a provincia. Se assegnato semplicemente ad altra provincia, libri e
quant'altro avuto per provvisione dell'ordine dalla provincia o convento
d'origine appartengono semplicemente alla medesima provincia o convento; tutto
il resto appartiene alla provincia di destinazione, dovunque morisse dopo
l'assegnazione. Se inviato temporaneamente, alla sua morte libri e altro in suo
uso appartengono alla provincia o convento d'origine. In entrambi i casi,
d'assegnazione cioè semplice o temporanea, convento d'assegnazione nei suoi
riguardi e lui per tale convento, son tenuti al soddisfacimento dei suffragi. Se
morisse tra assegnazione ad altra provincia e destinazione a particolare
convento, il priore di quella provincia provvede a designare il convento che
soddisfi ai suffragi, perché il frate deceduto non resti defraudato dei consueti
ausili dei defunti.
Il prelato farà tale uso
della dispensa che uffici od altri incarichi non distolgano facilmente gli
studenti dall'impegno scolastico. In locale opportuno, scelto dal maestro degli
studenti, i giovani in corso di formazione si radunano dopo la disputa o dopo i
Vespri o in altro orario libero; alla presenza del maestro vi si esercitano a
proporre dubbi o materia di disputazione, a fare collazioni (sermoni serotini
d'esercitazione?). Mentre uno propone la questione della disputa, tacciano gli
altri e non lo intralcino. Chi nel porre domande o formulare obiezioni usasse
modi scortesi confusi chiassosi presuntuosi, sia ripreso sul posto da chi
presiede.
Le celle sono assegnate a
discrezione del maestro degli studenti. Chi negli studi non fa profitto sia
destinato ad altro, la sua cella assegnata a più meritevoli. In cella ci si
dedica a scrivere leggere pregare dormire; anche a vegliare a lume di candela
per motivo di studio, chi lo desidera. Nessuno è abilitato a diventar pubblico
docente [maestro di teologia] o indire disputa scolastica se non dietro licenza
del priore provinciale e definitori del capitolo provinciale.
Nel tener lezione sui
libri dei Salmi e Profeti nessun frate proponga differente senso letterale da
quello approvato dai santi padri. Non è lecito vender libri dell'ordine o dei
frati se non riconvertendo il ricavato in altri libri o testi. Opera trascritta
o composta da frati è approvata alla pubblica diffusione solo dopo diligente
esame di frati periti, designati dal maestro (dell'ordine) o priore provinciale.
<II 15> Conversi, capitolo
quindicesimo
I conversi si levano
insieme con gli altri frati ed osservano medesimo rito d'inclinazioni
liturgiche. Al levarsi per il Mattutino recitano
Pater noster e Credo in Deum; e così
anteriormente a Prima e Compieta. Al Mattutino, detto
Pater noster e
Credo in Deum, eretti dicono
Domine labia eccetera,
Deus in adiutorium eccetera,
Gloria Patri eccetera. Per il
Mattutino dei giorni non festivi recitano ventotto
Pater noster, concludendo con
Kyrieleison, Christeleison, Kyrieleison,
Pater noster, Per dominum nostrum Iesum eccetera,
Benedicamus eccetera; nei Vespri
quattordici Pater noster, sette nelle
altre Ore. Nelle feste di nove lezioni recitano quaranta
Pater noster. Da dire sempre
sottovoce, in chiesa o altrove che sia. Al posto di Preziosa recitano tre
Pater noster. Alla benedizione della
mensa Pater noster, Gloria Patri
eccetera; al rendimento di grazie dopo la mensa tre
Pater noster, Gloria Patri eccetera,
oppure il salmo Miserere mei Deus chi
lo sapesse a mente.
Indumenti dei
conversi sono uguali a quelli degli altri frati, eccetto la cappa. Al posto di
essa, i conversi indossano scapolari lunghi, larghi quanto la giuntura tra pugno
e braccio; non bianchi come la tunica, ma di colore simile alla cappa dei
chierici. Possono anche indossarne più brevi e di color grigio, su misura degli
scapolari dei frati chierici. Nei digiuni, vitto, astinenze, colpe eccetera, in
tutto pari ai chierici. Dispensabili dal prelato da fatiche fisiche. Viaggino
sempre insieme con socio, chierico o converso che sia. Non detengano salteri né
altri libri.
<II 16, CG Perpignan 1327>
Costituzioni papali
Chi in pubblica
predicazione o in assemblee di secolari diffamasse il sommo pontefice, suoi
processi e fatti, o esibisse vistosa irriverenza, è condannato al carcere;
punizione di esclusiva competenza del capitolo generale; lo si obblighi inoltre,
se possibile, a pubblica ritrattazione. Chi ciò facesse in privato, provato il
fatto tramite legittimi testimoni o confessato in giudizio, è punito con pena
annessa a colpa graviore; dispensabile solo dal capitolo generale o provinciale
con maturo consiglio dei savi. Medesima pena incorre chi accusa falsamente,
quando o provato colpevole da legittima testimonianza o reo confesso in giudizio
circa suddetta materia.
Prelati negligenti nel
reprimere siffatte trasgressioni sono rimossi dal loro ufficio dal capitolo
generale o provinciale, severamente condannati inoltre ad altre pene. Quanti nel
nostro ordine conducono vita privata in qualsiasi modo corrotta, contraria al
modello dall'ordine a lungo approvato, sono prima ammoniti; se ignorano
l'ammonizione, separati e inviati in conventi diversi; se pertinaci nella loro
condotta, incarcerati per ordine del priore provinciale o del capitolo
provinciale. Chi perpetra un crimine civilmente punito con pena capitale, va
rinchiuso in carcere, castigato con ulteriori afflizioni in proporzione al
delitto alla persona ed altre circostanze attenuanti o aggravanti; pena
carceraria di stretta competenza del capitolo generale. Se recidivo, è
condannato a carcere perpetuo.
Circa il trasferimento
dei frati si osservi l'ordinazione del capitolo di Bordeaux, che suona così:
Assolutamente libere devono svolgersi le nostre elezioni, senz'ombra alcuna di
coazione. Proibiamo pertanto strettamente ai priori provinciali e a tutti i
vicari di fare assegnazioni e trasferimenti di frati, entro il mese antecedente
qualsivoglia elezione, nei conventi ospiti di tali elezioni; eccetto casi di
lettorato, priorato, grave scandalo, o in capitolo provinciale e luogo della sua
celebrazione, come usa in talune province. In caso contrario, tali trasferimenti
e assegnazioni non sortiscono alcun effetto, né circa la perdita del diritto di
voto nel convento dal quale si è trasferiti né circa l'esercizio di voto nel
convento d'assegnazione. Accertato il fatto, i provinciali trasgressori siano
assolti dall'ufficio dal maestro dell'ordine e definitori del capitolo generale;
i vicari interdetti da qualsiasi ufficio nell'ordine per tre anni. Entro il
medesimo lasso di tempo i frati non possono esser privati del diritto di voce,
salvi i casi contemplati nel capitolo su colpa graviore.
Rigorosamente ordiniamo
che non si promuovano a predicatori generali se non frati maturi, prudenti,
sufficienti in latino, capaci di proporre convenientemente la parola di Dio,
idonei a trattare i problemi dell'ordine. Il numero dei predicatori generali non
ecceda quello dei conventi delle singole province. Là dove eccedente, si
soprassieda a nuove promozioni fino a ristabilire l'equivalenza numerica; senza
computare tuttavia coloro che per età o infermità non sono in grado di
partecipare ai capitoli provinciali.
Siano allontanati i
priori che mal abbinano i frati viandanti. Almeno uno della coppia sia di chiara
fama, d'età matura; uno di loro della lingua del luogo, per quanto possibile.
Alla partenza dal capitolo i frati siano dai superiori in tal modo associati che
anziché girovagare raggiungano per via diretta i propri conventi. Rendiamo noto
ai frati che tutte queste ordinazioni hanno valore costituzionale in forza
dell'autorità apostolica del nostro sommo pontefice, benché approvate dal solo
presente capitolo. Siano integralmente trascritte a fine del libro delle nostre
costituzioni.
<II 17, CG Firenze 1374>
Costituzione di papa Gregorio XI su capitolo generale biennale o triennale
Stabiliamo che il maestro
dell'ordine o chi ne fa le veci o i definitori del capitolo generale, così come
hanno facoltà per causa legittima di mutare luogo del capitolo, allo stesso modo
possono differirlo o anticiparlo temporalmente; a condizione che l'anticipazione
non scenda sotto l'anno susseguente l'indizione del capitolo, la dilazione non
oltrepassi il triennio, salvo caso di vacanza del maestro occorsa a partire
dalla San Michele (29 sett.) del terzo anno del capitolo triennale, come
esplicitato sotto. Facoltà d'anticipare o differire il capitolo non è in nessun
caso conferibile a qualsivoglia vicario.
Aggiungiamo e precisiamo.
Non importa quando si rendesse vacante il magistrato dell'ordine in imminenza
del capitolo biennale, non si dà alcuna mutazione dei tempi del capitolo; salva
vacanza occorsa a partire dalla San Michele (29 sett.) del secondo anno, perché
allora si soprassiede quell'anno al capitolo generale. Se la vacanza del maestro
occorre nel corso del primo anno d'imminente capitolo triennale, si anticipa
allora il capitolo in tal modo che tra vacanza del maestro e capitolo elettivo
cada una sola Pentecoste. Se la vacanza del maestro occorre dopo il primo anno,
computando dalla vigilia di Pentecoste esclusa, non si dà alcuna mutazione dei
tempi del capitolo; salva vacanza occorsa a partire dalla San Michele
dell'ultimo anno (d'imminente capitolo triennale), perché anche allora si
soprassiede al capitolo generale, come premesso a proposito di quello biennale.
In imminenza di capitolo
biennale o triennale, definitore del capitolo generale e suo socio vengono
eletti unicamente durante l'ultimo anno, ossia quello del celebrando capitolo
generale. Chi eletto definitore non è rieleggibile alla medesima carica nel
capitolo immediatamente successivo. Annuali, dopo Pentecoste, permangono i
capitoli provinciali e gli scrutini circa i (priori) provinciali; definitori o
loro soci, oppure socio del provinciale nel capitolo dei provinciali, sono
latori di siffatti scrutini al capitolo generale. Due volte (di seguito) i
definitori, la terza volta i provinciali, hanno piena autorità di dibattere,
definire, legiferare sull'intera materia pertinente (al capitolo generale). Si
farà suffragio inoltre di tutti i frati deceduti dopo il precedente capitolo e
se ne darà collettiva assoluzione, come di consueto.
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4 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net