Le prime
«consuetudini»
(1215-1220)
Estratto da “La
vita quotidiana di un convento medievale”,
di Pietro Lippini O.P. -
Edizioni Studio Domenicano, 2003
(Digitalizzato da
Google Books)
Le prime «consuetudini» (1215-1220)
Con certezza sappiamo quindi che almeno dal 1215 S. Domenico e i suoi compagni
si erano dati una regola di vita da aggiungere alla Regola di S. Agostino da
essi adottata, che, data la genericità delle sue prescrizioni non era certamente
in grado di reggere da sola un Ordine come essi lo stavano concependo.
Dell'esistenza di questa regola di vita o
«consuetudines»
ce ne danno indiscussa conferma anche gli Atti di Bologna del processo di
canonizzazione del Santo. I testi di quel processo ci parlano infatti di una
Regola che S. Domenico osservava e faceva osservare, con prescrizioni tali circa
il digiuno, il vestire, ecc., da farci capire che essi evidentemente parlando
della Regola non intendevano alludere a quella generica di S. Agostino, ma alle
prescrizioni proprie che l'Ordine si era date (Atti 5, 13, 25, 28, 31 , 43). Non
ci è rimasta però alcuna testimonianza diretta del loro contenuto, anche se
sappiamo, per la testimonianza del b. Umberto, che nel formularle Domenico e i
suoi compagni si erano ispirati alle consuetudini degli Ordini precedenti: «non
avendo potuto ottenere dal Papa una nuova e più rigida Regola, proporzionata al
loro fervore, scelsero quella di S. Agostino, dopo aver preso dalle consuetudini
degli altri Ordini quanto vi avevano trovato di bello, di decoroso e di arduo,
da essi reputato adatto» (U. Il, 3).
Dopo averle esperimentate per quattro anni, il Santo Patriarca credette giunto
il momento di fare la stesura definitiva delle «consuetudines» fino allora
adottate. All'uopo radunò e presiedette a Bologna nel 1220 il primo Capitolo
generale dell'Ordine.
Purtroppo di tale stesura, come pure delle modifiche apportatevi dal Capitolo
dell'anno successivo, nessun documento diretto ci è pervenuto. Dai testimoni del
processo di Bologna siamo però informati che molte delle leggi tramandate fino a
noi, risalgono al Fondatore. È sua, ad esempio, la legge dei pieni poteri ai
Definitori (Atti 33), del digiuno e dell'astinenza perpetua (Atti 4, 5, 13, 18,
28, 31), della povertà (Atti 17, 38, 42, 47), del silenzio (Atti 13) e
dell'obbligo di parlare sempre con Dio o di Dio (Atti 37, 41, 48).
Il «Liber consuetudinum» o «Consuetudinarius» (1228)
A quel Capitolo i Definitori ebbero pieni poteri: anche quelli di poter fare
leggi non dispensabili né dai futuri Maestri generali né dai futuri Capitoli. N
o n si servirono però di tale potere se non per proibire in perpetuo di avere
proprietà, i ricorsi ad autorità fuori dell'Ordine e nello stabilire che ogni
nuova prescrizione di un Capitolo, per diventare legge, dovesse venire approvata
da tre Capitoli successivi.
Fortunatamente le Costituzioni uscite approvate da tale Capitolo (Liber
consuetudinum o Consuetudinarius), frammiste alle piccole varianti dovute ai
Capitoli successivi fino al 123 7, ci sono state tramandate. E fortunatamente
dall'esame interno delle varie leggi i nostri storici sono riusciti a
selezionare quelle che risalgono alle «Consuetudini» del 1215-1216, riguardanti
in gran parte la vita regolare dei frati, da quelle introdotte nei primi due
Capitoli dell'Ordine (1220-1221) e nei successivi, riguardanti invece quasi
sempre la struttura e il governo dell'Ordine.
Dalla comparazione con le Consuetudini e la legislazione delle altre famiglie
religiose - specialmente con quelle dei
Premostratensi - il Padre A. H. Thomas ci ha poi potuto dare di queste prime
leggi un'edizione critica, in cui fra l'altro appaiono, distinte da caratteri
diversi, le fonti dalle quali l'Ordine le attinse.
Di tale edizione, preziosissima per la conoscenza della vita di un convento
domenicano della prima generazione, noi daremo nell'Appendice, tradotto per la
prima volta in Italia, il testo integrale. Di essa ci serviremo abbondantemente
anche nel corso di tutta la nostra trattazione. E siccome essa riporta il testo
diviso in un Prologo e in due
Distinzioni, e queste a loro volta
sono divise in Capitoli aventi un
titolo ma anche un numero progressivo, nel citarla, per semplificazione useremo
semplicemente il numero romano per indicare la
Distinzione, seguito da uno arabo per
indicare il Capitolo.
Nel nostro lavoro, per rendere più completa la conoscenza della vita domenicana
nel '200, ci serviremo, però, quando è necessario, anche delle aggiunte e delle
varianti apportate al Liber consuetudinum
dai Capitoli successivi nel corso del secolo, notando che le aggiunte e le
varianti non furono molte, anche se esso, d'autorità dei Capitoli del 1249, '50
e '51, mutò il suo nome in quello di
Liber Constitutionum. Ci serviremo abbondantemente anche delle altre fonti
domenicane, per fortuna abbastanza numerose, dalle quali si possono ricavare
notizie che ci permettono di ricostruire con una certa sicurezza la vita
primitiva di un convento dell'Ordine. E fra tutte, la più ricca di dettagli è
senz'altro l'opera De vita regulari,
soprattutto la parte che tratta dei vari ufficiali del convento, lasciataci dal
b. Umberto di Romans (†1277), quarto successore di S. Domenico nel governo
dell'Ordine. La citeremo con la lettera U, seguita da un numero romano per
indicare il volume e da uno arabo per la pagina. Per non appesantire l'opera,
confidando che il lettore abbia fede nelle nostre asserzioni, non daremo invece
volta per volta la citazione delle altre fonti delle quali ci siamo serviti, ma
ci limiteremo a riportarle nella bibliografia.
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5 ottobre 2022 a cura di Alberto "da Cormano" alberto@ora-et-labora.net